Autore: basilica

  • LA PACE NASCE DA UN CUORE NUOVO

    Il primo gennaio 2023, sarà la 56.ma giornata mondiale della Pace, da quando nel 1968 Papa Paolo VI, promosse questa celebrazione, con l’auspicio che potesse ripetersi ogni anno, non solo per i cattolici, ma per “tutti i veri amici della Pace”. Da allora ogni primo giorno dell’anno, il Pontefice ripete attraverso il suo messaggio al mondo intero, questo augurio e promessa: «Che sia la Pace a dominare lo svolgimento della
    storia a venire»”
    .

    Nonostante questa speranza, che richiede necessariamente il coinvolgimento di ogni uomo e donna che la desiderano, non solo dei governanti, delle istituzioni, dei partiti politici… oggi noi stiamo vivendo da
    vicino la situazione della Guerra che si sta combattendo tra Ucraina e Russia, mentre nel mondo, secondo uno studio riportato da Armed conflict location & event data project, attualmente sono 59 le guerre in corso, che vanno avanti spesso da decenni, molte delle quali sconosciute o quasi dimenticate.

    La parola greca: “Eirênê”, che traduciamo con “Pace”, appare spesso nel Nuovo Testamento, 91 volte in
    tutto (31 nei Vangeli e negli Atti, 43 in Paolo e 17 nei restanti scritti del Nuovo Testamento). Quindi come si realizza questa Pace annunciata da Dio, ma mai realizzata realmente? A noi che ci diciamo seguaci di Cristo, Egli ha chiesto di essere i primi costruttori di Pace.

    Nel Vangelo di Matteo, nella traduzione in lingua corrente il testo è: «Beati quelli che diffondono la pace,
    perché Dio li accoglierà come suoi figli»
    (Mt 5, 9). Probabilmente nessuno di noi ha la possibilità con le proprie forze di far cessare le guerre in atto nel mondo, ma ognuno di noi ha la possibilità di creare
    le condizioni perché possa esserci la vera Pace, che nasce unicamente da un cuore nuovo! Quello che si lascia ispirare dall’amore…

    Già il pontefice Pio XI affermava che «non può esserci vera pace esterna tra gli uomini e tra i popoli ove non è pace interna, ove cioè lo spirito di pace non possiede le intelligenze e i cuori…»; le intelligenze per riconoscere e rispettare le ragioni della giustizia, i cuori perché alla giustizia si associ, anzi prevalga, la carità.

    Allora come fare? Credo che non ci sia una regola precisa, ma personalmente credo a quanto Giovanni Paolo II scrisse nel suo messaggio per la Pace del 1984: «Riscopriamo la forza della preghiera: pregare
    è accordarci con colui che invochiamo, che incontriamo e che ci fa vivere. Fare l’esperienza della preghiera è accogliere la grazia che ci cambia; Pregare è entrare nell’azione di Dio sulla storia: protagonista sovrano della storia, egli ha voluto fare degli uomini i suoi collaboratori».

    Cosi anche noi nonostante la nostra debolezza, ma per mezzo della Grazia di Dio potremo diventare davvero costruttori di Pace.

    Fabrizio Zo

  • LVI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

    MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO 56a GIORNATA MONDIALE DELLA PACE – 1 GENNAIO 2023

    NESSUNO PUÒ SALVARSI DA SOLO

    Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace

    «Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte»

    Prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi 5,1-2
    1. Con queste parole, l’Apostolo Paolo invitava la comunità di Tessalonica perché, nell’attesa dell’incontro con il Signore, restasse salda, con i piedi e il cuore ben piantati sulla terra, capace di uno sguardo attento sulla realtà e sulle vicende della storia. Perciò, anche se gli eventi della nostra esistenza appaiono così tragici e ci sentiamo spinti nel tunnel oscuro e difficile dell’ingiustizia e della sofferenza, siamo chiamati a tenere il cuore aperto alla speranza, fiduciosi in Dio che si fa presente, ci accompagna con tenerezza, ci sostiene nella fatica e, soprattutto, orienta il nostro cammino. Per questo San Paolo esorta costantemente la Comunità a vigilare, cercando il bene, la giustizia e la verità: «Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri» (5,6). È un invito a restare svegli, a non rinchiuderci nella paura, nel dolore o nella rassegnazione, a non cedere alla distrazione, a non scoraggiarci ma ad essere invece come sentinelle capaci di vegliare e di cogliere le prime luci dell’alba, soprattutto nelle ore più buie.
    2. Il Covid-19 ci ha fatto piombare nel cuore della notte, destabilizzando la nostra vita ordinaria, mettendo a soqquadro i nostri piani e le nostre abitudini, ribaltando l’apparente tranquillità anche delle società più privilegiate, generando disorientamento e sofferenza, causando la morte di tanti nostri fratelli e sorelle.

    Spinti nel vortice di sfide improvvise e in una situazione che non era del tutto chiara neanche dal punto di vista scientifico, il mondo della sanità si è mobilitato per lenire il dolore di tanti e per cercare di porvi rimedio; così come le Autorità politiche, che hanno dovuto adottare notevoli misure in termini di organizzazione e gestione dell’emergenza.

    Assieme alle manifestazioni fisiche, il Covid-19 ha provocato, anche con effetti a lungo termine, un malessere generale che si è concentrato nel cuore di tante persone e famiglie, con risvolti non trascurabili, alimentati dai lunghi periodi di isolamento e da diverse limitazioni di libertà.

    Inoltre, non possiamo dimenticare come la pandemia abbia toccato alcuni nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze. Ha minacciato la sicurezza lavorativa di tanti e aggravato la solitudine sempre più diffusa nelle nostre società, in particolare quella dei più deboli e dei poveri. Pensiamo, ad esempio, ai milioni di lavoratori informali in molte parti del mondo, rimasti senza impiego e senza alcun supporto durante tutto il periodo di confinamento.

    Raramente gli individui e la società progrediscono in situazioni che generano un tale senso di sconfitta e amarezza: esso infatti indebolisce gli sforzi spesi per la pace e provoca conflitti sociali, frustrazioni e violenze di vario genere. In questo senso, la pandemia sembra aver sconvolto anche le zone più pacifiche del nostro mondo, facendo emergere innumerevoli fragilità.Dopo tre anni, è ora di prendere un tempo per interrogarci, imparare, crescere e lasciarci trasformare, come singoli e come comunità; un tempo privilegiato per prepararsi al “giorno del Signore”. Ho già avuto modo di ripetere più volte che dai momenti di crisi non si esce mai uguali: se ne esce o migliori o peggiori.

    Oggi siamo chiamati a chiederci: che cosa abbiamo imparato da questa situazione di pandemia? Quali nuovi cammini dovremo intraprendere per abbandonare le catene delle nostre vecchie abitudini, per essere meglio preparati, per osare la novità? Quali segni di vita e di speranza possiamo cogliere per andare avanti e cercare di rendere migliore il nostro mondo?

    Di certo, avendo toccato con mano la fragilità che contraddistingue la realtà umana e la nostra esistenza personale, possiamo dire che la più grande lezione che il Covid-19 ci lascia in eredità è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la
    fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo. È urgente dunque ricercare e promuovere insieme i valori universali che tracciano il cammino di questa fratellanza umana. Abbiamo anche imparato che la fiducia riposta nel progresso, nella tecnologia e negli effetti della
    globalizzazione non solo è stata eccessiva, ma si è trasformata in una intossicazione individualistica e idolatrica, compromettendo la garanzia auspicata di giustizia, di concordia e di pace. Nel nostro mondo che corre a grande velocità, molto spesso i diffusi problemi di squilibri, ingiustizie, povertà ed emarginazioni alimentano malesseri e conflitti, e generano violenze e anche guerre.

    Mentre, da una parte, la pandemia ha fatto emergere tutto questo, abbiamo potuto, dall’altra, fare scoperte positive: un benefico ritorno all’umiltà; un ridimensionamento di certe pretese consumistiche; un senso rinnovato di solidarietà che ci incoraggia a uscire dal nostro egoismo per aprirci alla sofferenza degli altri e ai loro bisogni; nonché un impegno, in certi casi veramente eroico, di tante persone che si sono spese perché tutti potessero superare al meglio il dramma dell’emergenza.

    Da tale esperienza è derivata più forte la consapevolezza che invita tutti, popoli e nazioni, a rimettere al centro la parola “insieme”. Infatti, è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi. Le risposte più efficaci alla pandemia sono state, in effetti, quelle che hanno visto gruppi sociali, istituzioni pubbliche e private, organizzazioni internazionali uniti per rispondere alla sfida, lasciando da parte interessi particolari. Solo la pace che nasce dall’amore fraterno e disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali, sociali e mondiali.Al tempo stesso, nel momento in cui abbiamo osato sperare che il peggio della notte della pandemia da Covid-19 fosse stato superato, una nuova terribile sciagura si è abbattuta sull’umanità. Abbiamo assistito all’insorgere di un altro flagello: un’ulteriore guerra, in parte paragonabile al Covid-19, ma tuttavia guidata da scelte umane colpevoli. La guerra in Ucraina miete vittime innocenti e diffonde incertezza, non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e indiscriminato per tutti, anche per quanti, a migliaia di chilometri di distanza, ne soffrono gli effetti collaterali – basti solo pensare ai problemi del grano e ai prezzi del carburante.

    Di certo, non è questa l’era post-Covid che speravamo o ci aspettavamo. Infatti, questa guerra, insieme a tutti gli altri conflitti sparsi per il globo, rappresenta una sconfitta per l’umanità intera e non solo per le parti direttamente coinvolte.

    Mentre per il Covid-19 si è trovato un vaccino, per la guerra ancora non si sono trovate soluzioni adeguate. Certamente il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano, corrotto dal peccato (cfr Vangelo di Marco 7,17-23).

    Cosa, dunque, ci è chiesto di fare? Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto, di permettere cioè che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l’ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune.

    Per fare questo e vivere in modo migliore dopo l’emergenza del Covid-19, non si può ignorare un dato fondamentale: le tante crisi morali, sociali, politiche ed economiche che stiamo vivendo sono tutte interconnesse, e quelli che guardiamo come singoli problemi sono in realtà uno la causa o la conseguenza dell’altro. E allora, siamo chiamati a far fronte alle sfide del nostro mondo con responsabilità e compassione. Dobbiamo rivisitare il tema della garanzia della salute pubblica per tutti; promuovere azioni di pace per mettere fine ai conflitti e alle guerre che continuano a generare vittime e povertà; prenderci cura in maniera concertata della nostra casa comune e attuare chiare ed efficaci misure per far fronte al cambiamento climatico; combattere il virus delle disuguaglianze e garantire il cibo e un lavoro dignitoso per tutti, sostenendo quanti non hanno neppure un salario minimo e sono in grande difficoltà. Lo scandalo dei popoli affamati ci ferisce. Abbiamo bisogno di sviluppare, con politiche adeguate, l’accoglienza e
    l’integrazione, in particolare nei confronti dei migranti e di coloro che vivono come scartati nelle nostre società. Solo spendendoci in queste situazioni, con un desiderio altruista ispirato all’amore infinito e misericordioso di Dio, potremo costruire un mondo nuovo e contribuire a edificare il Regno di Dio, che è Regno di amore, di giustizia e di pace.

    Nel condividere queste riflessioni, auspico che nel nuovo anno possiamo camminare insieme facendo tesoro di quanto la storia ci può insegnare. Formulo i migliori voti ai Capi di Stato e di Governo, ai Responsabili delle Organizzazioni internazionali, ai Leaders delle diverse religioni. A tutti gli uomini e le donne di buona volontà auguro di costruire giorno per giorno, come artigiani di pace, un buon anno!

    Maria Immacolata, Madre di Gesù e Regina della Pace, interceda per noi e per il mondo intero.

    Dal Vaticano, 8 dicembre 2022

  • IL CONSIGLIO PASTORALE SULL’EMERGENZA ABITATIVA:

    UNA SFIDA IN FAVORE DI CHI CERCA UNA CASA DA ABITARE

    “Se ognuno fa qualcosa, si fanno grandi cose”

    Don Pino Puglisi

    Il Natale è appena passato.

    Eppure… ci sono persone che perderanno la casa e stanno cercandone un’altra, ma non la trovano.

    Problemi ed emergenze si susseguono e rischiano di rubare speranze di dignità e di futuro soprattutto per chi vive giorni e tempi difficili e faticosi per la precarietà o la mancanza di un lavoro, di un reddito adeguato, di una casa.

    Ancora una volta come Comunità Pastorale bussiamo al cuore di ogni persona di buona volontà per porre all’attenzione di tutti il tema dell’abitare, visto come diritto di ogni persona di disporre di un luogo da cui partire o ripartire per tessere relazioni positive, esprimere vicendevole cura l’un l’altro e avere una sistemazione per sé e per la propria famiglia: la casa vissuta come opportunità di vita ricevuta e messa a disposizione, non solo come bene o oggetto di investimento, seppur prezioso.

    Anche nella nostra Città il problema è serio e urgente: da un lato molti alloggi rimangono vuoti e sfitti per diverse e ragionevoli motivazioni; dall’altro molte famiglie si rivolgono alle parrocchie, in particolare ai servizi della Caritas, alla disperata ricerca di una casa che non trovano.

    La situazione non è di facile soluzione eppure il Consiglio Pastorale della Comunità sente la responsabilità di lanciare una sfida e un richiamo perché chiunque avesse un appartamento libero, o ne fosse a conoscenza, si renda disponibile a considerare la possibilità di metterlo a disposizione di chi cerca una soluzione abitativa.

    I Centri di Ascolto della Città sono propensi ad accompagnare l’incontro fra le parti per verificare se e come sia possibile realizzare una soluzione anche temporanea, in tempi e modi da stabilire caso per caso.

    Si tratta di ascoltare e accogliere il grido di aiuto di persone e nuclei in difficoltà e favorire la costruzione di processi facendo crescere legami di comunità e una Città a misura d’uomo.

  • LA FESTA CRISTIANA DELL’EPIFANIA

    LA FESTA CRISTIANA DELL’EPIFANIA

    Gesù manifesta la sua divinità a chi lo incontra con fede.

    L’Epifania tutte le feste le porta via.

    Con questo detto popolare si prendeva atto che ormai erano terminati i giorni di festa e bisognava riporre il presepe e riprendere il lavoro.

    Siccome ai nostri giorni c’è sempre un pretesto per fare regali e divertirsi, anche l’attesa trepidante dell’Epifania è svanita.

    Eppure per i cristiani questa ricorrenza resta sempre significativa, perché ci permette di scoprire che il Messia è accanto a noi. Sia i Magi che i primi discepoli furono sorpresi e felici quando poterono vedere con i propri occhi il Dio-con-noi.

    Quando un tesoro è prezioso, noi ci immaginiamo che sia molto difficile poterlo osservare da vicino. Invece il Figlio di Dio viene Lui a cercarci e si manifesta a chi crede in Lui. La sua luce è visibile solo se il nostro cuore è attento. Questo è il segreto dell’Epifania: Dio può essere incontrato solo da chi lo cerca con amore e fiducia.

    Questa verità è confermata dal racconto dei Magi, che vennero da lontano per adorare il nato re. Sembra strano che proprio chi era più vicino non sia stato capace di accogliere il Dio che nacque per noi.

    Per il Signore però non ci sono persone privilegiate. Ciascuno di noi può incontrare il Salvatore. La nostra società insiste sul “merito”, che permette di ottenere un premio corrispondente al proprio impegno.

    Invece la fede è un dono di Dio, che ogni uomo può ottenere se conserva in sè lo stupore e un cuore semplice.

    don Sandro

  • Auguri comunità pakistana

    Auguri comunità pakistana

    Messaggio natalizio della Comunità Pakistana alla nostra Comunità Pastorale

  • Costruttori di pace

    Costruttori di pace

    «Beati i costruttori di pace» proclama Gesù.

    Il Natale si lega alla pace, perché la invocano gli Angeli nel canto di Gloria e perché l’inerme Bambino non è certo animato da propositi di guerra o di violenza.

    Eppure questo Natale porta l’ombra pesantissima di una guerra crudele, di un’aggressione insensata, di milioni di persone prive delle condizioni elementari di vita, per non parlare del numero elevato di morti, di feriti e soprattutto di cuori resi capaci di odiare.

    Cosa fanno i costruttori di pace? Anzitutto non dimenticano. Davanti al presepio non dimenticano il popolo ucraino, le madri russe in lutto, i popoli di Iran, Siria, Afghanistan, Yemen, Congo e tanti altri. La bellezza della festa mette al centro la fragilità del Bambino, della famiglia lontana da casa perché partita da Nazaret per Betlemme, del popolo contato in un censimento che è segno di sottomissione. La festa è bella perché quel Bambino è il Dio-con-noi: un dono insperato, che nessun potente della terra può immaginare e incarnare (e infatti lo perseguiteranno).

    I costruttori di pace pregano: insistono con Dio, che conosce i nostri drammi, affinché conceda ai responsabili (tanti!) il cambiamento del cuore e faccia crollare le loro certezze omicide.

    I costruttori di pace cercano di convertire prima se stessi ed esaminano le loro parole, i loro comportamenti, il loro stile di vita ed evitano di ferire il prossimo, di ignorarlo, di scartarlo.

    I costruttori di pace si impegnano a realizzare la parola del profeta Isaia: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra».

    Buon Natale ai costruttori di pace.

    don Gianni

  • Bambino Gesù,asciuga ognilacrima

    Bambino Gesù,
    asciuga ogni
    lacrima

    Natività, Lorenzo Lotto, 1523, olio su tavola cm. 46×38 Washington, National Gallery of Art, collezione Kress
    La piccola tavola è firmata e datata “L. Lotus 1523”
    Bambino Gesù,
    asciuga ogni
    lacrima
    Asciuga, Bambino Gesù,
    le lacrime dei fanciulli!
    Accarezza il malato
    e l’anziano!
    Spingi gli uomini
    a deporre le armi
    e a stringersi
    in un universale
    abbraccio di pace!
    Invita i popoli,
    misericordioso Gesù,
    ad abbattere i muri
    creati dalla miseria
    e dalla disoccupazione,
    dall’ignoranza
    e dall’indifferenza,
    dalla discriminazione
    e dall’intolleranza.
    Sei tu,
    Divino Bambino
    di Betlemme, che ci salvi,
    liberandoci dal peccato.
    Sei tu il vero
    e unico Salvatore,
    che l’umanità
    spesso cerca a tentoni.
    Dio della pace,
    dono di pace
    per l’intera umanità,
    vieni a vivere nel cuore
    di ogni uomo
    e di ogni famiglia.
    Sii tu la nostra pace
    e la nostra gioia!

    San Giovanni Paolo II