Autore: basilica

  • Viaggio in Sicilia

    Viaggio in Sicilia

    SICILIA: un viaggio proposto dalla Comunità Pastorale di Desio Dal 22 al 28 GIUGNO 2023

    Sicilia, terra unica che tutto il mondo ci invidia, un “mare di passato” in cui immergersi per scoprire i segreti della civiltà occidentale che qui è sbocciata in epoche antiche. Purtroppo questa è una terra anche di contraddizioni e di grandi uomini che, nel tempo hanno combattuto per i loro ideali e per garantire un futuro
    migliore a tutti noi.

    Per ricevere il PROGRAMMA COMPLETO con costi e disponibilità, ci si può rivolgere alla SEGRETERIA PARROCCHIALE DELLA BASILICA.

  • I laici si prendano cura della Chiesa

    NEL RECENTE MESE DI FEBBRAIO PAPA FRANCESCO HA INCONTRATO I REFERENTI E I PRESIDENTI DELLE COMMISSIONI PER IL LAICATO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI, SOTTOLINEANDO IN QUESTA OCCASIONE IL RUOLO RILEVANTE DEI LAICI, INTESI NON COME “OSPITI” NELLA CHIESA MA PROTAGONISTI AL PARI DEI “CONSACRATI” IN QUANTO TUTTI UGUALMENTE BATTEZZATI.

    Nei lavori delle Commissioni per il Laicato e nell’incontro con il Santo Padre emergono con decisione alcuni punti fermi a proposito del ruolo dei laici nella chiesa attuale: in quanto battezzati esattamente come i “consacrati”, essi rappresentano una realtà viva orientata a camminare insieme, e non più come “binari paralleli” destinati a non incontrarsi mai. Dal Papa c’è il pressante invito a recuperare una “ecclesiologia integrale”, nella quale il laico non è il “non-consacrato” o il “non-religioso”, ma è “il battezzato”, che nel Nuovo Testamento è chiamato “discepolo” e “fratello”. Si opera insieme, ciascuno vivendo il proprio specifico ministero, ma integrato e in armonia con la Chiesa intera.

    Laici e consacrati sono destinati a lavorare insieme come un unico “Popolo di Dio”, orientato alla testimonianza e alla missione come scopo ultimo di una diffusa sinodalità. In questo contesto il laico vive la Chiesa come “casa propria”, e in questo senso non è mai un “ospite”, ma à chiamato a prendersi cura di essa come protagonista. Come tale, il laico è depositario di un carisma (laicale appunto e non
    presbiteriale) che si traduce nella testimonianza cristiana – unitamente a tutti i pastori consacrati – in tutti gli ambienti secolari: il mondo del lavoro, della cultura, della politica, della comunicazione sociale, dove ciascun battezzato appunto è
    chiamato a essere “lievito” e testimone, nello spirito di una missionarietà diffusa.

    Guido Feltrin

  • Ospedale da Campo

    Ospedale da Campo

    «La storia è maestra di vita», anche se i potenti di oggi, con i loro egoismi nazionalistici e le nuove guerre di trincea, ne riportano ampiamente indietro l’orologio.

    In un recente incontro – 24 febbraio alla Pro Desio con lo storico Giorgio Del Zanna – si è parlato del secolo XX, spesso definito secolo breve perché idealmente compreso tra il 1914 (inizio della prima guerra mondiale) e il 1989 (caduta del muro di Berlino).

    A metà del secolo la Chiesa cattolica ha vissuto il Concilio Vaticano II (1962-1965), che intendeva favorire, come affermò papa Giovanni XXIII, un aggiornamento della Chiesa per riproporre con linguaggi nuovi la fede di sempre.

    Mi chiedo se non sia accaduto alla Chiesa quello che parve capitare a una parte della cultura e della politica: l’illusione ottimistica di poter imporre a tutti un modello di vita, sostanzialmente improntato allo schema occidentale, superando le disparità tra Est e Ovest e tra Nord e Sud del mondo. Anche il ’68, con la sua contestazione proprio a quel modello, proclamava per tutti la libertà, figlia però del pensiero europeo e nordamericano. Non fu certamente questa l’illusione
    del Concilio, animato dall’esperienza delle giovani chiese di Africa, America Latina e Asia. Forse però si pensò che, aggiornati linguaggio e approccio alla fede, l’umanità si sarebbe convertita in massa e con entusiasmo. Ed ecco allora in quel periodo moltiplicare le costruzioni di chiese, seminari, parrocchie, ecc. Dopo oltre sessant’anni dal Concilio – che ora per molti è un evento storico di cui non hanno vissuto né clima né idee – la Chiesa deve registrare una forte crisi di adesioni proprio in quel mondo occidentale con cui fino a poco fa aveva un legame preferenziale.

    L’avvento di papa Francesco, così poco “occidentale” e per questo sgradito a qualcuno, ha evidenziato per la Chiesa non un ruolo egemone nella società, bensì quello dell’ospedale da campo. Un’espressione che evita l’ossessione di contare di più nella società e avvicina a chi è ferito: «la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti!
    Si devono curare le sue ferite».

    È la voce del Papa. Più probabilmente è la voce dello Spirito che chiede di rivoluzionare il nostro modo di sentirci cristiani e membri della Chiesa.

  • KYRIE, il travaglio e la gioia

    KYRIE, il travaglio e la gioia

    Siamo giunti alla seconda settimana di quaresima, periodo forte e intenso che ci prepara alla Pasqua del Signore. Come già nello scorso anno, anche quest’anno ci lasceremo condurre da alcune proposte spirituali di accompagnamento a partire dalla traccia del libretto che la nostra Diocesi ha preparato per la Quaresima “Kyrie il travaglio e la gioia”.

    Seconda settimana di Quaresima
    Promessa e speranza

    Promesse e speranze sono due facce di una stessa medaglia. Quando qualcuno ci promette di fare qualcosa, noi continuiamo a vivere dentro l’attesa del compimento della promessa. Altrettanto ha fatto Dio con il genere umano: ha promesso la salvezza dell’uomo, ha promesso di liberarlo dal peccato, ha promesso la vita eterna, fin dall’antico testamento, fin dalla creazione dell’uomo e fin dalla rottura provocata dal peccato originale.

    La manifestazione della promessa di Dio è visibile dentro il rapporto di amicizia instaurato con Abramo. Potremmo quasi dire che Dio per Abramo ha un debole: lo ha notato, lo ha scelto, gli ha chiesto di fare cose impossibili e gli ha promesso ricchezza, discendenza, una terra. Abramo ha continuato a vivere dentro questa attesa, con la speranza di un compimento che non si è realizzato dentro la sua esistenza sulla terra, ma che si compie fino ai nostri giorni. Perché per Dio il compimento non è qualcosa che inizia e finisce presto, ma che si estende nei secoli, grazie al Suo amore infinito.

    Dio ha promesso di mandare il Suo Figlio unigenito per salvarci dal peccato e dalla morte. Ora noi siamo dentro il compimento di questa promessa (Gesù è venuto al mondo per salvare, non per condannare) e viviamo nella speranza che possiamo essere liberati dall’ultimo dei mali, ossia la morte, e poter godere della promessa della vita eterna.

    Spesso è difficile vivere dentro la speranza di un compimento: abbiamo fretta, siamo nell’epoca
    del “tutto e subito”, ci perdiamo lo spazio e il tempo del silenzio e dell’attesa. Ecco perché in questa settimana vogliamo fermarci e meditare sulla bellezza di questa attesa, sulla certezza che Dio mantiene sempre le Sue promesse, e sulla speranza che possiamo godere presto dei Suoi benefici.

    Affidiamo al Signore le speranze che abbiamo nel cuore, certi che la loro realizzazione avverrà presto in conformità al bene che il Signore vuole a noi e chiediamo il coraggio di vivere le nostre attese senza scoraggiarci mai.

  • LA PREGHIERA DI GESÙ

    LA PREGHIERA DI GESÙ

    Esercizi Spirituali di Quaresima per gli Adulti

    Da diverso tempo all’inizio della Quaresima nella comunità di Desio si offre agli adulti l’esperienza degli Esercizi Spirituali: una predicazione di quattro sere consecutive che introduce a vivere la fede con
    intensità.

    Il nome – esercizi spirituali – richiama gli esercizi di miglioramento, mantenimento o riabilitazione del corpo, tipici degli sportivi, di coloro che vogliono tenersi in forma o di chi deve riabilitarsi dopo un trauma. Così come si fanno per il corpo, si possono fare anche per l’anima e per il benessere complessivo della persona.

    Quest’anno, sull’onda delle indicazioni dell’Arcivescovo, abbiamo proposto un percorso sul tema della preghiera. Per poterci confrontare con il migliore maestro di preghiera in circolazione abbiamo messo a
    tema la preghiera di Gesù.

    Solo guardando alla preghiera di Gesù, infatti, possiamo vivere meglio la nostra preghiera. Lo sapevano gli apostoli che gli chiesero: Signore, insegnaci a pregare.

    Che la preghiera di Gesù fosse frequente e intensa ci viene testimonia fin dall’inizio dal vangelo di Marco: Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto,
    e là pregava (1,35).

    Cosa faceva o diceva Gesù in quei momenti? Certamente egli dedicava un tempo a pregare, così come dovrebbe essere per i suoi discepoli, e viveva un dialogo con il Padre suo.

    Il nostro percorso è partito proprio dal testo del Padre nostro nella versione di Luca, per passare al clima di preghiera dell’Ultima Cena, all’orazione drammatica nel Getsemani e concludere con il grido sulla
    Croce “Ho sete!”.

    Agli approfondimenti che ogni predicatore ha inteso portare nella sua proposta ai partecipanti, si può aggiungere un’osservazione: proprio perché Gesù prega, la nostra preghiera diventa cristiana e ha una
    precisa identità. Infatti noi ci inseriamo nella stessa preghiera di Gesù, ci rivolgiamo all’unico Padre. E Gesù cede a ciascuno di noi il titolo di figlio o figlia, come a dire: «Quando pregate entrate nella relazione
    che io, il Figlio, ho con Dio».

    don Gianni