Autore: basilica

  • Giornata della San Vincenzo

    Giornata della San Vincenzo

    La Conferenza SAN VINCENZO di Desio opera sul territorio da circa 90 anni. Ha la sede presso il Centro Parrocchiale di Desio e può contare sulla presenza di circa 15 volontari.

    La Conferenza è la denominazione con la quale, sin dall’origine, la Società di San Vincenzo de’ Paoli identifica i gruppi di Vincenziani presenti nell’ambito di una parrocchia.

    L’amicizia è il legame che unisce i Vincenziani tra loro e che li unisce alle persone più disagiate. La riunione di conferenza è il segno di questa amicizia: è un luogo ove attivarsi nella fede e per la pratica della carità.

    I volontari vivono la loro esperienza attraverso le riunioni e l’attività di servizio a favore delle persone in stato di bisogno, con la specificità della visita al domicilio.

    Provvedono alla distribuzione di generi alimentari e vestiti, intervengono per famiglie in stato di necessità, al pagamento di utenze e affitti.

    Per far fronte a questi bisogni organizza una raccolta fondi il 1° novembre di ogni anno con la questua presso i due cimiteri cittadini e, nel mese di ottobre, in occasione della “Giornata della San Vincenzo”, con l’offerta del Pan Tramvai presso la Basilica, la chiesa del S. Crocifisso, la chiesa di S. Francesco e la chiesa del S. Cuore, oltre che ad offerte di privati cittadini.

    ☞ Attendiamo anche il vostro sostegno domenica 16 ottobre per il “Pan Tramvai”fuori dalle chiese citate.

    Irene Motta

  • Sempre umani

    Sempre umani

    Capita di ricevere telefonate sul numero fisso dove gli interlocutori si presentano non per nome e cognome, ma dicono di sé “un cittadino di Desio”, “una parrocchiana”. Sia per un’informazione, sia per una protesta, l’anonimato è garantito (mentre è ben noto chi sta rispondendo).

    Ancora. Negli ultimi tempi, stante l’arretramento della pandemia, il Vescovo autorizza a scegliere se ricevere la Comunione in mano o in bocca. Persone educate si sono presentate per poter ricevere la Comunione in bocca, ma, ben sapendo che in quel caso il ministro deve tornare a sanificarsi le mani, hanno proposto essi stessi di collocarsi in fondo alla fila ed evitare così disagi a sé, al ministro e agli altri fedeli. Capita talvolta che altri si mettano in mezzo e, alla educata richiesta del ministro di riceverla sulle mani oppure di ripresentarsi al termine della fila, senza incrociare il suo sguardo, se ne vadano irritati come se si fosse fatto loro un torto, facendo però venire il dubbio che la fede nell’Eucaristia, come presenza reale e necessaria di Gesù Cristo per la loro vita, non sia poi così solida e determinante.

    L’incarnazione di Cristo, Verbo di Dio, non è un mistero della fede e basta, ma un invito a vivere pienamente la propria umanità, accompagnata dalla capacità di relazioni vere e non funzionali. Quelle funzionali respingono l’altro in un ruolo e fanno male a entrambe le parti.

    Tutti però possiamo riscattarci, senza restare chiusi in una “bolla”, isolati dal mondo.

    don Gianni

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    La Liturgia di oggi prende in esame uno degli aspetti del comandamento dell’amore verso il prossimo: le tre letture parlano della forma di carità che è l’accoglienza, l’ospitalità.

    La prima lettura narra dell’ospitalità offerta generosamente ad Elia da una povera vedova di Sarepta. La lettera agli Ebrei ricorda diversi modi di esercitare la carità, e per primo l’ospitalità. Infine, nel Vangelo, Gesù insiste sull’accoglienza dei suoi discepoli, dei profeti, dei giusti, dei piccoli. Il Vangelo ci presenta l’ospitalità come atto di culto: ogni gesto di carità, di attenzione, anche il più piccolo come l’offrire un bicchiere d’acqua, ha come destinatario ultimo, Gesù stesso e il Padre. Proprio perché è a Gesù che noi offriamo la nostra attenzione, l’accoglienza è per tutti e, se vogliamo fare preferenze, è per coloro che contano meno.

    Il tema dell’accoglienza è di attualità. Tutti diventiamo diffidenti del prossimo che può abusare della nostra bontà o che, può mettere in pericolo la nostra sicurezza economica, come gli stranieri che bussano alla nostra porta.

    La Parola di Dio di oggi sprona i cristiani impegnati in ambito socio-politico all’integrazione pacifica e dignitosa di queste persone.

    Ma tutti certamente dobbiamo chiederci se la nostra casa è ospitale ; se siamo attenti “ai piccoli“, a quelli che non contano; se siamo capaci “di offrire un bicchiere d’acqua, a chi ce lo chiede; se condividiamo quel poco che abbiamo: il Signore sicuramente farà i miracoli e non si lascerà vincere in generosità.

    don Alberto

  • Gli Angeli Custodi

    Gli Angeli Custodi

    Domenica scorsa, 2 ottobre, era anche la festa dedicata dalla Chiesa al ricordo dei Santi Angeli Custodi.

    Questa devozione, già espressa nella festa degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, si è sviluppata fin dal Medioevo con preghiere a loro rivolte e oggi vogliamo, anche noi, dare uno spazio per ricordare questa memoria liturgica.

    In ebraico l’angelo si chiamava mal’ak (che il greco tradurrà con aggelos e il latino con angelus). Originata dal cananeo laaka (inviare), questa parola designava l’ambasciatore o il corriere che il re utilizzava per far conoscere i propri desideri e ordini. Sono trascorsi soltanto quattro secoli da quando, nel 1608, la devozione verso gli angeli custodi è stata ufficializzata nella liturgia della Chiesa cattolica, con l’istituzione della festa fissata da papa Clemente X per il 2 ottobre.
    In realtà affonda nella notte dei tempi la consapevolezza dell’esistenza di un angelo custode posto da Dio a fianco di ogni essere umano. Sin dal libro dell’Esodo, redatto intorno al sesto secolo avanti Cristo fondandosi su precedenti tradizioni orali e scritte, troviamo infatti che Dio dice: «Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato» (Esodo 23,20), e nel Catechismo della Chiesa cattolica viene affermato che «dal suo inizio fino all’ora della morte, la vita umana è circondata dalla loro protezione e dalla loro intercessione» (n. 336).

    Molti fedeli conservano il ricordo del Catechismo di san Pio X che precisava: «Si dicono custodi gli angeli che Dio ha destinato per custodirci e guidarci nella strada della salute» (n. 170) e l’angelo custode «ci assiste con buone ispirazioni, e, col ricordarci i nostri doveri, ci guida nel cammino del bene; offre a Dio le nostre preghiere e ci ottiene le sue grazie» (n. 172).

    Papa Francesco nell’omelia del 02/10/2018 parlando degli angeli custodi dice: “Sono proprio loro l’aiuto molto particolare che il Signore promette al suo popolo e a noi che camminiamo sulla strada della vita. L’Angelo ci aiuta, ci spinge a camminare.” E dice il Signore: “Abbi rispetto della sua presenza, da’ ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui”.

    Ma io vorrei dire a tutti voi una domanda: Voi parlate con il vostro Angelo? Voi sapete il nome che ha il vostro Angelo? Voi ascoltate il vostro Angelo? Vi lasciate portare per mano sulla strada o spingere per muovervi? Continua Papa Francesco: il Signore dice: “Non disprezzate i bambini perché i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei Cieli”.

    Il nostro Angelo non solo è con noi, ma vede Dio Padre. È in rapporto con Lui. È il ponte quotidiano, dall’ora in cui ci alziamo fino all’ora in cui andiamo a letto la notte, che ci accompagna e è in rapporto con il Padre e noi. L’Angelo è la porta quotidiana alla trascendenza, all’incontro con il Padre: cioè l’Angelo che mi aiuta ad andare per la strada è perché guarda il Padre e sa qual è la strada.

    Non dimentichiamo questi compagni di strada.

  • È dopo il Festival che inizia il Festival!

    È dopo il Festival che inizia il Festival!

    La missione la si ritrova nella quotidianità delle azioni della Chiesa, ma anche nel confronto aperto per-donarsi

    Sono tanti i numeri che un evento come il Festival della Missione si porta dietro: a Milano per 4 giorni le Colonne di San Lorenzo sono state il cuore delle iniziative dedicate alla missionarietà. Più di 100 gli ospiti, italiani e stranieri, oltre 200 i volontari per un totale di 30mila presenze.
    Dal 29 settembre al 2 ottobre l’evento è stato promosso da Fondazione Missio e Conferenza degli Istituti Missionari Italiani, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Milano.

    Per me è stato un momento concreto di missione: ho rincontrato tutti i miei compagni di missione (appunto) con i quali sono stata quest’estate in Thailandia,, ma anche padre Adili Emmanuel, per tanti anni rettore dei missionari a Desio, padre Carlos, ma anche don Giacomo, don Davide, Edo Mauri… insomma c’erano davvero tutti. Tutti coloro che hanno fatto parte anche della mia missione. Questo mi ha fatto riflettere su cosa voglia dire essere missionari oggi: cambiare vita totalmente e seguire il Signore? Per qualcuno può darsi, per me, ora, è una ricerca continua di senso nella missione della vita di tutti i giorni. Prima nello studio, oggi nel lavoro e nelle relazioni con gli altri.

    Non riesco però a non pensare a come un piccolo gesto, una tenerezza, una piccola parola sia un seme, che germoglia per l’altro. Quindi dai grandi numeri del Festival si va all’essenziale: al numero del cuore e all’Amore che dimostriamo verso il nostro prossimo o che abbiamo avuto la fortuna di ricevere.
    Eleonora Murero

  • don Luigi Giussani

    don Luigi Giussani

    don Luigi Giussani: 1922 – 2022 Centenario della nascita

    Luigi Giovanni Giussani nasce il 15 ottobre 1922 a Desio, e lo vogliamo ricordare con la testimonianza di don Giorgio Lavezzari

    «E tu chi sei? Come mai sei qui? Chi sono i tuoi amici?» Sono le prime parole che mi sono sentito rivolgere da don Giussani un pomeriggio di alcuni anni fa (forse più di trenta, anzi quasi quaranta ormai) durante la pausa di uno degli incontri che lui teneva regolarmente al Pime per i preti ed i seminaristi che partecipavano al Movimento di Comunione e Liberazione. Queste domande non erano poste a caso: sicuramente riecheggiavano il suo tratto ed il suo modo di porsi profondamente brianzolo (“Chi l’è ul to pà? Dùve te sté de cà?”: erano le domande che una volta si rivolgevano a uno per sapere chi era) ma in lui erano anche l’eco di una domanda molto più profonda e costante nella sua vita: “Maestro, dove abiti?”. Anche l’incontro casuale in un corridoio del Pime con un insignificante seminarista per lui nascondeva i tratti di una trama misteriosa – ma reale – intessuta dalla presenza di Cristo nella storia; trama che lui desiderava conoscere, vedere e valorizzare il più possibile. Per cui ti rivolgeva queste domande fissandoti con il suo sguardo limpido e penetrante per poter letteralmente intravvedere le tracce di questo Mistero e, contemporaneamente, accogliere te nella sua vita. Sguardo che nel tempo e nel susseguirsi degli incontri non fletteva né scemava, tanto che più volte sono rimasto stupito dal fatto che don Giussani mi avesse presente e si ricordasse di me molto più di quanto mi sarei potuto aspettare.

    Ero stato spinto a partecipare a questi incontri dall’invito di alcuni amici preti che avevo incontrato negli anni del liceo ed in parrocchia, ma anche da una frase di un mio (pro)zio, missionario del Pime, padre Franco Vernocchi, che alla sua veneranda età non se ne perdeva uno: “Quando partecipo agli incontri che don Giussani tiene con i preti o con gli universitari ritrovo gli ideali della mia giovinezza. Peccato che ho già ottant’anni …” mi disse un giorno. Mio zio, amico personale di Clemente Vismara, suor Lucia di Fatima e Pio XII, padre spirituale e rettore del seminario del Pime, che aveva vissuto in prima persona gli anni ‘20, in cui gli iscritti dell’Azione Cattolica manifestavano contro il regime fascista ed erano portati in questura per essere picchiati, ritrovava in Giussani lo stesso impeto e la stessa carica ideale in cui la sua vocazione aveva mosso i primi passi.

    Più volte ho avuto modo di incontrare don Giussani negli anni successivi, da solo o in compagnia di alcuni amici. Ricordo in particolare gli incontri con Giussani – sempre impegnatissimo ma che non rinunciava a questi appuntamenti – che si svolgevano in genere il lunedì di Pasquetta a casa sua, in via Martinengo a Milano. Ci riceveva nel suo studio, una stanza letteralmente ricoperta dai libri perché gli scaffali andavano dal pavimento al soffitto e ricoprivano tutte le pareti: “leggere un libro è come andare in missione” ci diceva, evidentemente consapevole del nostro stupore. Immedesimarsi nello sguardo degli altri, capire, vagliare ogni accento umano: le sue letture -sterminate- lungi dal rimanere pura attività accademica o intellettuale diventavano occasione di apertura a tutto il mondo ed alle più disparate esperienze: da quelle degli studenti che incontrava a lezione ai monaci buddhisti del Monte Koya in Giappone.

    I nostri incontri dovevano durare – secondo il mitico Martinelli che faceva da segretario – non più di un ora. Ma egli ce lo comunicava, prima che entrassimo dal Gius, già rassegnato al fatto che l’orario non sarebbe stato rispettato e sarebbe diventato un’ora e mezza ed anche più, includendo magari anche il momento del tè, in cui al nostro incontro si aggiungeva sempre padre Romano Scalfi che Giussani chiamava scherzando “il mio superiore”, perchè abitava nel piano sopra della villetta in cui abitava lui.

    Si parlava di tutto con don Giussani: gli argomenti spaziavano dalle nostre domande personali ai fatti ecclesiali o civili di quel momento; ma Giussani teneva moltissimo a raccontarci anche di sé, e soprattutto a comunicarci quelli che erano stati i punti di riferimento della sua esperienza umana e sacerdotale. Mi sono rimasti profondamente impressi molti suoi suggerimenti, oltre a tante indicazioni personali: quello di essere innanzi tutto uomini prima che preti, per evitare che l’essere prete diventi semplicemente un ruolo da ricoprire come funzionario o da recitare come attore. L’invito ad immedesimarsi nella preghiera del breviario, che lui considerava la vera sorgente della propria spiritualità; e quello a celebrare la messa “obbedendo al messale fino alla virgola”, cosa che per lui costituiva la più alta espressione di obbedienza a Cristo ed alla Chiesa. Ma su tutti questi richiami se ne stagliava uno. Il modo e l’insistenza con cui me lo ha ripetuto nel tempo e nei vari incontri mi ha fatto capire l’urgenza e l’importanza che lui attribuiva a questa cosa: “domanda sempre alla Madonna la grazia di poter conoscere ed amare Cristo, suo figlio. Di poterlo conoscere ed amare davvero”. Penso che se si volesse riassumere e concentrare la vita e la personalità di don Giussani in un tratto solo, in una pennellata, essa sarebbe indubbiamente questa.

    Sono rimasto molto legato a don Giussani; anche oggi vado spesso a trovarlo al Monumentale dove sulla sua tomba spicca quella frase che lui stesso ha voluto fosse posta a perenne richiamo per tutti: “O Madonna, tu sei la sicurezza della nostra speranza”.

    Gli racconto quello che mi accade o gli faccio le mie domande, esattamente come facevo un tempo: e devo dire che non ho mai avuto l’impressione di parlare a vuoto o di non essere ascoltato o fattivamente aiutato. Esattamente come un tempo.

  • Il Sicomoro

    Il Sicomoro

    …l’avete fatto a me!

    Matteo 25,31-46

    Venerdì 21 ottobre 2022 alle ore 21 presso la chiesa di San Giovanni Battista in via G. di Vittorio 18 a Desio