Autore: don Mauro Barlassina

  • Un uomo, un fratello, un prete.

    Un uomo, un fratello, un prete.

    Essere amici di Gesù cosa significa?

    Semplicemente vivere, oppure lasciarsi convertire il cuore e, perciò ogni decisione e azione, dall’amicizia con Cristo Gesù?

    La domanda non è fuori luogo in nessun momento, ma è ancora più per­ti­nente oggi, mentre siamo in festa per l’Ordinazione presbiterale av­ve­nuta ieri in Duomo.

    Siamo in festa per e con i 17 novelli sacerdoti, tra cui il nostro con­cit­ta­di­no Edoardo.

    Diventare preti significa qualcosa che cambia radicalmente la vita di un uo­mo, perché la rende completamente relativa a Cristo. Dove il “re­la­ti­vo” significa l’essere in relazione, lasciarsi attrarre e vivere da ami­ci di Gesù.

    Nel linguaggio evangelico diventa allora vivere non più per se stessi, ma per Cristo, a servizio della famiglia dei figli di Dio che è la Chiesa.

    La verità della sequela non è avere doti personali, ma mettere tutto di sé, comprese le migliori doti personali, a servizio dell’annuncio del Vangelo.

    Nella gioia di questo giorno, carissimo don Edoardo, vorrei augurarti di essere un uomo, un fratello, un prete, che non vive per altro se non per dare Cristo e la buona notizia che Cristo ci consegna.

    Un uomo, un fratello, un prete, che cerca ogni giorno di nutrirsi con e nella preghiera che tutto unifica in Lui. Un uomo, un fratello, un prete che, anche nella fatica e nella delusione, torna alla sorgente della propria vocazione, che è l’essere amico dell’unico Signore e Maestro.

    Un uomo, un fratello, un prete, che sta in mezzo alla gente come “testimone dell’invisibile”. La Comunità di Desio, con i suoi preti e le consacrate ti accompagna, perché tu possa essere oggi e per sempre ”Suo amico”.

    don Mauro

  • “Siete miei amici”

    “Siete miei amici”

    Nel presentarsi alla diocesi i giovani che sabato prossimo diventeranno preti hanno scelto come messaggio programmatico una frase del Vangelo di Giovanni: “Siete miei amici” (Gv 15,14)

    Poco prima della sua Morte e Risurrezione, Gesù consegna ai discepoli ciò che più sta a cuore. Ed è soprattutto una preghiera: “Conservali, Padre nel tuo amore”. E’ l’amore che rende capaci di riconoscersi figli di Dio e fratelli tra di noi.

    I giovani e meno giovani che saranno ordinati in Duomo dall’Arcivescovo Mario esprimono così una consapevolezza: non si può essere preti senza essere amici di Cristo, del Crocefisso Risorto.

    Tra questi uomini c’è anche Edoardo Mauri, conosciuto nella Comunità Pastorale, e cresciuto nella parrocchia di S. Pio X. Accogliere e celebrare la Prima Messa domenica prossima, pregare per le vie della città con don Edoardo nella processione serale del Corpus Domini non è dare rilievo a una persona, ma riconoscerci amici di Gesù, fratelli e sorelle tra noi. E’ riconoscere e ringraziare perché Cristo Gesù chiama alcuni uomini a donare nella totalità la propria vita al servizio dell’annuncio del Vangelo. E’ intercedere perché il sì di Edoardo e di ogni altro prete sia fedele, perseverante, gioioso. E’ dire anche a don Edoardo che gli siamo vicini, gioiamo con lui, preghiamo con lui e non ci dimenticheremo mai di ripetergli: “don Edoardo fidati di Cristo Gesù perché è lui a dirti: <sei mio amico>”

  • Il cuore e le mani

    Il cuore e le mani

    Nell’articolo di domenica scorsa, rileggendo l’omelia dell’Arcivescovo proposta nelle nostre Parrocchie, ho fatto emergere le prime due priorità di quelle indicate alla Comunità Pastorale.

    Oggi, proseguendo la lettura, ne faccio emergere altre.

    Ricollegandosi alla centralità della Risurrezione di Gesù, il Vescovo afferma:

    “La cultura contemporanea non vuole ascoltare, a proposito di Gesù, che sia risorto: è considerato incredibile che Dio risusciti dai morti. 
Ma il Cristiano, senza Cristo, non ha senso.”

    E, nell’annunciare questo fatto, continua Monsignor Delpini:

    
“Noi abbiamo da dire di Gesù che lo incontriamo e lo riconosciamo presente nello spezzare del pane: la liturgia, in particolare la Messa domenicale, possa essere il cuore della fede dei Cristiani nella città, adulti, giovani e bambini”.


    Prendere con seria attenzione questa priorità, è cercare di far sì che la Messa non solo sia frequentata, ma partecipata e ogni nostra Chiesa non sia “monumento”, anche se storicamente significativo, ma casa di preghiera, di silenzio, di adorazione, ascolto, lode, intercessione.
É necessario rilanciare un gruppo liturgico della città che abbia a cuore una preghiera capace di favorire l’incontro con Dio e tra di noi.

    Riconoscendo il contesto in cui, come cristiani, viviamo oggi, caratterizzato da indifferenze e ostilità, l’Arcivescovo ci offre una ulteriore consegna quando dice:
“Lo Spirito di verità ci viene donato perché la missione continui nella nostra testimonianza di oggi. Il mondo, del resto, ne ha bisogno”.
Siamo presenza nella città con una originalità, che è quella di rendere concreto il Vangelo, la buona notizia, in azioni di annuncio, catechesi, in gesti di carità e di promozione culturale, oltre che di cittadinanza virtuosa, alla ricerca del bene di tutti e non di una parte.  

  • La cura e la centralità

    La cura e la centralità

    La visita pastorale compiuta dall’Arcivescovo Mario ci offre delle consegne, delle attenzioni da vivere nell’agire quotidiano come Chiesa che vive nella città.

    In modo particolare, rileggendo insieme l’omelia proposta dal Vescovo, emergono alcune priorità:

    1. La cura e la presenza dimostrate dall’Arcivescovo nei giorni della visita, ci hanno fatto toccare con mano che c’è un’attenzione da parte di tutta la Chiesa diocesana alla nostra realtà desiana. Afferma il Vescovo:
      La visita pastorale è occasione per dirvi che voi mi siete cari, mi state a cuore, sento responsabilità per il cammino di fede e la vita di Comunità di questa città e di ogni persona”.
      Anche noi siamo parte di un insieme, di una Comunità che vive il Vangelo nel territorio della Diocesi. Ed è per questo che non possiamo non guardare insieme le sfide e le modalità con cui affrontarle. Insieme con il Vescovo, insieme tra noi preti e le consacrate, insieme come Cristiani di ogni Parrocchia.
    2. La centralità di Gesù Risorto per la vita della Chiesa nella città.
      Annunciare insieme il Vangelo è, prima di tutto, viverlo nella concretezza di ogni giorno e nella singole situazioni di vita. Il Vescovo ha posto al Signore Gesù una domanda ben precisa:
      Signore, che cosa vuoi dire per orientare il cammino di questa Comunità”?
      E indica la risposta così:
      Una cosa dobbiamo dire: Gesù è vivo, Gesù è risorto da morte. Gesù ci rende partecipi della sua vita….
      Ci dona lo Spirito di verità perchè possiamo interpretare questo tempo e la nostra vocazione”.

    Sono le prime due priorità che raccolgo e offro a tutti, per tornare domenica prossima su altri aspetti indicati dal Vescovo.  

  • Una domenica di maggio

    Una domenica di maggio

    Scrivo queste righe poche ore dopo la visita pastorale compiuta dal nostro Arcivescovo Mario nella Comunità pastorale Santa Teresa di Gesù Bambino.

    Non ho la pretesa di fare sintesi o di individuare linee di impegno pastorale per i mesi a venire: avremo la pazienza di rileggere e approfondire gli interventi proposti.

    Molti mi chiedono: “Com’è andata la visita pastorale?

    Rispondo così:

    • ho visto una città dove i Cristiani sanno mettersi in movimento, che cercano non solo di incontrarsi, ma di cogliere occasioni che fanno toccare con mano cosa significa essere Chiesa;
    • ho visto che ogni Parrocchia ha risorse e persone per mantenere vivo l’annuncio del Vangelo, la celebrazione delle Messe, l’esercizio della carità e, tutto questo, viene compiuto con cura e partecipazione;
    • ho visto ragazze e ragazzi, mamme e papà, catechiste e catechisti in ascolto di un Vescovo che non ci ha chiesto di essere educatori perfetti, ma di essere educatori appassionati a partire dalle piccole, ma decisive attenzioni educative di ogni giorno;
    • ho visto realtà ecclesiali desiderose di vivere la comunione, senza rinunciare a ciò che è specifico di ciascuna;
    • ho visto uomini e donne di ogni parte sociale e politica mostrare attenzione alla presenza del Vescovo e della Comunità cristiana che vive in città;
    • ho visto un Vescovo in mezzo alla gente, instancabile, capace di comunicare con ogni età della vita, dai ragazzi ai nonni e pronto a conoscere, incoraggiare, sostenere e indicare l’essenziale.

    È il dono di una domenica di maggio!

    don Mauro

  • Un mese per accogliere

    Un mese per accogliere

    Il mese di maggio è un tempo particolare nel corso dell’anno, perché si rincorrono scadenze di vario genere.

    Anche per la Comunità cristiana gli appuntamenti sono significativi, dal momento che si rinnova il dono dell’effusione dello Spirito Santo nella Pentecoste, molti ragazzi e ragazze vivono il primo incontro con l’Eucarestia, alcuni bambini ricevono il Battesimo e negli Oratori si anima la festa del “Grazie”.

    Con quale atteggiamento rendere straordinari e, soprattutto, incisivi questi “incontri”?

    Una donna, Maria di Nazareth, è tra le prime protagoniste della Pentecoste perché, con i discepoli, è in preghiera per individuare quale mandato ha da consegnare il Figlio risorto.

    Una donna che, lungo l’arco della sua vita, sa ascoltare e, perciò, sa accogliere.

    Nel Vangelo di Luca veniamo a sapere di un fatto da non trascurare:

    “Al sesto mese l’Angelo Gabriele fu mandato da Dio
    in una città della Galilea chiamata Nazareth
    a una vergine, promessa sposa di un uomo
    della casa di Davide, di nome Giuseppe.
    La Vergine si chiamava Maria”.

    Quali indicazioni ci offre l’incontro tra Dio e questa donna?

    Quale dono viene anche a noi da questo dialogo nella libertà?

    Vivere la Pentecoste – e tutti i momenti di vita nella Comunità cristiana che ci presenta il mese di maggio – è accogliere il proporsi di Dio in Gesù alla nostra umanità.

    Accogliere è essere “disponibili a lasciare irrompere nel cuore la potenza di Dio”, che non cerca altro che la nostra beatitudine.

    Come Maria di Nazareth, con Maria di Nazareth.

    don Mauro

  • Il Vescovo in visita alla città

    Il Vescovo in visita alla città

    IL VESCOVO IN VISITA ALLA CITTA’

    I discepoli di Gesù camminano nelle vicende di ogni giorno con molti altri uomini e donne, ma si incontrano per celebrare la Messa ogni domenica e per vivere ogni altro giorno nella promozione della fraternità. Il cammino di un discepolo è sempre alla ricerca del volto di Cristo Gesù e, al contempo, del fratello e della sorella in modo particolare se in solitudine o in necessità.

    Afferma il nostro concittadino don Luigi Giussani, del quale in questi giorni si è annunciata l’apertura alla “fase testimoniale” per procedere nella causa di beatificazione, che:

    “E’ venuto un uomo che non ci ha più
    permesso di pensare a noi stessi
    e agli altri uomini
    come a un fugace niente,
    a un fugace respiro o sospiro!”

    Quest’uomo è il Crocifisso Risorto che ci convoca ogni domenica per celebrare l’Eucarestia.

    Ancor più coinvolgente è il percorso di un discepolo quando celebra l’Eucarestia presieduta dal Vescovo che rappresenta il “Pastore buono” e rende visibile la comunione della e nella Chiesa.

    Per tutti questi motivi il nostro Vescovo Mario Delpini visiterà sabato 4 e domenica 5 maggio p.v., tutte le comunità parrocchiali della città, celebrando l’Eucarestia, annunciando che siamo figli di Dio, che in Gesù si cammina dentro la storia e, per questo non possiamo essere estranei gli uni nei confronti degli altri. Accanto alle Messe ci saranno altri incontri nei giorni precedenti e seguenti, dove potremo conoscere meglio il Vescovo e il Vescovo visiterà luoghi di vita nella città. Non è solo una visita, ma un’opportunità per toccare con mano che siamo Chiesa.

  • Consigliare

    Consigliare

    Consigliare può essere facile, ma anche complicato.

    È facile se cerchiamo o accogliamo i consigli. È molto più complicato se riteniamo di non avere bisogno dei suggerimenti altrui o di bastare a noi stessi. Nella Comunità cristiana è indispensabile esercitare e accogliere il consiglio. Per tale motivo è fondamentale che anche la Chiesa nella nostra città rinnovi il consiglio pastorale per gli anni a venire. Esercitare l’arte del consiglio favorisce un modo di essere discepoli di Gesù perché esprime:

    1. Comunione. Nella Chiesa delle origini emerge con chiarezza come i cristiani erano “un cuor solo e un’anima sola”. Gesù poco prima della sua Pasqua prega il Padre perché conservi i suoi nell’unità. Indispensabili sono certo iniziative e proposte, ma consigliare è anzitutto far trasparire il nostro essere fratelli e sorelle che vivono la gioia del Vangelo.
    2. Missione. La comunione tra noi è la via che apre all’annuncio del Vangelo perciò consigliare è dialogare tra noi e con la realtà con la quale viviamo. La responsabilità del consiglio pastorale sta proprio nel ricordare a tutti che la Chiesa è il popolo di Dio dove ogni battezzato è chiamato alla Santità attraverso la vocazione specifica a cui è stato chiamato. È compito dei consiglieri del consiglio pastorale coltivare la passione per l’annuncio del Vangelo e quindi per la cura di tutte quelle forme di formazione, segno dell’adesione al Vangelo di Gesù. Mentre si esercita il consiglio si coglie quanto Dio continui ad agire nella storia e ci si appassiona sempre di più al suo messaggio d’amore.
    3. Progetto Pastorale. La missione si realizza attraverso la relazione quotidiana con ogni persona che si incontra, ma chiede anche unità di azione pastorale che ci viene offerta attraverso il percorso dell’anno liturgico. Ricorda l’Arcivescovo Mario “la Celebrazione del mistero di Cristo, che si distende nel tempo che viviamo rinnova la grazia della presenza della Pasqua di Gesù, il dono dello Spirito”. Compito del consiglio pastorale è allora quello di attualizzare scelte evangeliche condivise e verificabili così da arrivare a porre attenzioni a tutte le dimensioni di vita della Comunità Pastorale.

    I motivi accennati sono consegnati a ciascuno perché possa, nel prendere nuovamente consapevolezza della bellezza della missione da fratelli e sorelle, considerare la propria disponibilità a candidarsi per il servizio del consiglio nella Comunità Pastorale.

    don Mauro

  • Per una Comunità fraterna

    Per una Comunità fraterna

    Nelle domeniche 14 e 21 aprile si raccoglieranno le candidature in vista del rinnovo del Consiglio della Comunità pastorale, che avrà luogo il 26 maggio p. v.

    Oggi e nei prossimi numeri di “Comunità in cammino” vengono presentate le motivazioni sulla necessità di un Consiglio pastorale.

    In queste poche righe mi limito a porre in evidenza perché valga la pena mettersi in gioco attraverso la partecipazione al Consiglio stesso.

    Ogni famiglia ha bisogno di confronto, dialogo e riflessione in vista delle scelte capaci di orientare l’agire quotidiano.

    Ogni famiglia di famiglie, come è una Comunità di discepoli di Cristo, non può rinunciare a forme di condivisione e di corresponsabilità nel pensare e offrire l’annuncio del Vangelo nel tempo e nel luogo in cui viviamo.

    Nella nostra città non mancano persone, iniziative e azioni pronte a dare concretezza al Vangelo, ma un rischio, come tutti, lo corriamo anche noi, ed è quello di non “pensare” insieme, di non “discernere” come frutto di lettura della situazione e di rimandare a preti e suore il compito di animare la Chiesa.

    Il Consiglio pastorale è, allora, oggi più che mai necessario, dal momento che siamo costantemente chiamati a pensare la Chiesa di oggi e del futuro prossimo, a leggere le provocazioni salutari che il nostro tempo pone ai discepoli di Cristo e a dare testimonianza di fraternità e condivisione.

    Essere “un cuore solo e un’anima sola” è il mandato di Gesù alla Chiesa che vive in Desio “perché il mondo creda”.

    E’ occasione da non perdere per vivere l’annuncio della Pasqua.  

  • Tornare a volare

    Tornare a volare

    «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui! È risorto!»

    Il giorno di Pasqua irrompe nel cuore della storia con un annuncio di vita.

    Nell’oscurità della morte e del silenzio di un Dio Crocifisso accade, atteso ma non sperato, un fatto dirompente: il Crocifisso è risorto.

    Significa che Gesù, “l’uomo dei dolori che ben conosce il soffrire”, non rimane nel buio del sepolcro, ma affronta il dramma dell’oscurità e lo attraversa, come ogni uomo o donna che nasce, vive e muore sulla terra, arrivando alla vittoria della vita sulla morte, della luce sulle tenebre.

    Tra le preghiere della Veglia e del giorno di Pasqua, abbiamo ripetuto:

    “Morivo con te sulla croce, 
    oggi con te rivivo.  
    Con te dividevo la tomba, 
    oggi con te risorgo.
    Donami la gioia del regno,
    Cristo mio Salvatore.
    Alleluia, Alleluia!”

    Augurare buona Pasqua chiede di prendere in considerazione la novità di quanto auguriamo.
    Non si tratta di un augurio cordiale o formale, ma di un’esperienza a cui partecipiamo che origina, sostiene e plasma la nostra gioia.

    Auguro e ci auguriamo buona Pasqua perché, con voi e per voi, so che il Crocifisso è Risorto, che la notte, il buio e la morte sono vinti dalla luce, dalla vita e dalla speranza.

    Auguro e ci auguriamo buona Pasqua perché, con voi e per voi, sono partecipe della certezza che la tribolazione non è la parola ultima nella vita, la guerra non è scelta inevitabile per arrivare alla pace e la frammentazione non è caratteristica necessaria delle relazioni interpersonali.

    Auguro e ci auguriamo buona Pasqua perché, non solo abbiamo bisogno di una speranza, ma perché la speranza ha un nome, un volto, una contemporaneità: il Crocifisso Risorto.

    Nell’incontro di Pasqua scaturisce una preghiera di rendimento di grazie e invocazione:

    «Voglio ringraziarti Signore per il dono della vita.

    Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati.

    A volte oso pensare, Signore, che anche tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta: forse per farmi capire che anche tu non vuoi volare senza di me.

    Per questo mi hai dato la vita, perché io fossi tuo
    compagno di volo.

    Insegnami allora a librarmi con te perché vivere non è trascinare la vita, non è rimandare decisioni o scansare responsabilità, ma è scegliere l’accoglienza reciproca, l’attenzione ad ogni fratello e sorella che incontro ma, soprattutto, a chi è rimasto con l’unica ala impigliata nella rete della miseria e della solitudine.

    Per vivere la tua Pasqua donami, Signore, un’ala di riserva, perché la luce sia condivisa”.

    Buona e santa Pasqua in comunione con i preti, i diaconi, le consacrate e i laici della Diaconia.

    don Mauro