Ogni momento del giorno e della notte, grazie ai social, siamo connessi con il mondo.
Le notizie ci vengono fornite e aggiornate praticamente in tempo reale.
Tutti i canali che abbiamo a disposizione fanno a gara per essere interpellati con frequenza e, perciò, quello che comunicano diventa spesso una presunta fonte di informazione.
Frequentemente un fatto accaduto, una previsione del tempo, il resoconto di una partita di calcio, sono soltanto il pretesto per avviare “commenti fiume”, per attivare talk shows interminabili e per intrattenere, senza alcun obiettivo di far conoscere “la verità dai fatti”.
Dalla notizia si passa immediatamente al parere personale, alla ricerca del consenso, quando non si arriva a formulare pensieri volutamente manipolati per orientare l’agire delle masse.
Un atto di violenza diventa così necessario perché presentato come legittima difesa; un’azione di guerra, con un numero in crescita di morti, è indispensabile per ristabilire l’ordine; programmare l’aumento delle armi di difesa è inevitabile per fermare l’aggressore, ecc…..
Senza tacere poi il fatto che i social media sono orientabili a seconda di chi li finanzia, o mostrano particolare attitudine ad essere portavoce di una parte rispetto al tutto.
Cosa significa l’analisi embrionale ed incompleta fin qui descritta?
Il rapporto tra verità e libertà torna ad essere nuovamente illuminante.
Non ci può essere una libertà matura senza la ricerca della verità dei fatti e, dall’altra parte, non ci può essere verità nel racconto, se non si persegue una libertà pronta a muoversi nella responsabilità.
Diversamente, si compiono scelte di opportunismo.
Pilato, il governatore di Palestina, che non sa rispondere a “cos’è la verità?”, rimane schiavo dell’opportunità.
È un uomo chi cade in questo ricatto?
don Mauro