Autore: don Mauro Barlassina

  • Lo sguardo …

    Lo sguardo …

    Guardare è osservare, ma potrebbe anche essere curiosare, comprendere, ma anche giudicare, interrogarsi, ma anche interrogare.

    In che misura e, soprattutto, in relazione a cosa, il nostro sguardo è osservazione, comprensione e provocazione alla rilettura nelle esperienze della vita?

    Oggi, nel ricordare la famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe osserviamo, comprendiamo e ci lasciamo interrogare dalla quotidianità di ogni famiglia, “animati da una invincibile speranza”.

    Se le analisi prospettano “una crisi” della famiglia, il Vangelo offre l’invincibile speranza che “ogni famiglia è luogo di relazione, incontro, confronto – a volte anche acceso – ma, soprattutto, luogo di concretezza dell’amore che si fa anche perdono e valorizzazione di ciascuno dei componenti”.

    In settimana ricordiamo San Giovanni Bosco e la sua “passione educativa”, basata sulla concretezza del “metodo preventivo”, dove la relazione tra le generazioni è attraversata dal fascino dell’attrazione, perché l’educatore non parla ma è, prima di tutto, credibile.

    Venerdì, nella giornata della vita consacrata, siamo volutamente provocati a rendere grazie per uomini e donne che fanno del Vangelo il fondamento e l’orientamento della vita in povertà, castità e obbedienza.

    Domenica prossima, nella giornata per la vita, abbiamo l’occasione di annunciare, con gioia e coraggio, che ogni forma di vita è dono di Dio e, per questo, anche marciare a sostegno della pace, con molte altre realtà ecclesiali e non, diventa momento per offrire con quale “sguardo” viviamo nella storia.

    don Mauro

  • La forza della parola

    La forza della parola

    “Sei scartato”, afferma il dirigente al ragazzo che ha giocato una partita un po’ spenta.

    “Sei proprio stata decisa”, dice l’allenatore alla giovane pallavolista.

    “Non hai mai capito niente di me”, dice il marito alla moglie dopo una discussione particolarmente violenta.

    “Mi sei mancato”, comunica la fidanzata al proprio fidanzato dopo un tempo di lontananza.

    Sono alcune esemplificazioni che ci fanno comprendere quanto sia decisivo ciò che diciamo. Con una o più parole, possiamo incoraggiare o produrre frustrazione, esprimere comprensione o allontanare, coinvolgere o escludere, accogliere o allontanare, aprire dialoghi o erigere muri invalicabili.

    Molto – anzi, quasi tutto – noi comunichiamo con la parola.

    Parola pensata o istintiva, conseguenza di confronti o frutto di rigidità senza vie d’uscita, espressione di esperienze accumulate nel tempo o di pensieri recenti.
    In tutto questo, qual è la forza della parola di Dio?

    “Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.

    Dio si comunica attraverso la parola, il Verbo che ci fa persone in Cristo Gesù, e la sua Parola è diretta, personale, convincente e incisiva. Un giorno, ad alcuni uomini ha detto: “Seguimi”, “Venite dietro a me e sarete pescatori di uomini”.

    La sua Parola non è caratterizzata da teorie incomprensibili e inaccessibili, ma è rivolta dal cuore amante di Dio al cuore mendicante d’amore di ogni persona: si comprende perché è per la vita e apre all’incontro con Dio Amore. Nella domenica della Parola mettiamoci in ascolto, decisi a diventare “uditori della Parola” nella settimana degli Esercizi spirituali della prossima Quaresima.

    don Mauro

  • Educare è affascinare?

    Educare è affascinare?

    I fatti di cronaca raccontano frequentemente vicende complesse dove, accanto a fatiche personali o sociali, emerge la difficoltà a pensare e a offrire percorsi educativi.

    Se è vero che all’origine di ogni violenza e sopruso ci sono modelli culturali da ripensare, è anche vero che il ripensamento non passa attraverso slogan e luoghi comuni ma nella relazione, nell’attenzione a dialogare tra soggetti coinvolti, tra generazioni differenti, permettendo così di far venir fuori da ciascun individuo il meglio di sé.

    Nella relazione genitori – figli, è indispensabile cercare, con pazienza, un reciproco ascolto, così da mettere, gli uni a servizio degli altri esigenze e interrogativi, esperienze di vita e creatività personale.

    Nella relazione preti, religiose, genitori e giovani, è fondamentale ripartire dalle esigenze reali dei soggetti e non da pregiudizi, capaci solo di allontanare reciprocamente le persone.

    È gioco forza fare emergere le domande che cercano interlocuzione, per offrire percorsi di risposte possibili, a volte anche coraggiose e schiette.

    Nella relazione insegnanti – alunni, è imprescindibile trovare i linguaggi dell’incontro, sostenuto anche dall’alleanza tra famiglie e scuola.

    Le esemplificazione potrebbero ampliarsi, gli strumenti, compresi quelli mediatici, sono moltissimi.

    Eppure c’è una via irrinunciabile, che è quella di cercare alleanze tra le varie agenzie educative per sostenere un dialogo rispettoso di ogni storia personale, ma non frammentato o, addirittura, conflittuale.

    Educare non è cercare “di chi è la colpa” ma, affascinati da un perché, affascinare molti altri.

    don Mauro

  • 800 anni fa. E oggi?

    800 anni fa. E oggi?

    800 anni fa, nella notte di Natale, Francesco d’Assisi realizzava per la prima volta, a Greccio, un paesino montano in provincia di Rieti, il presepe vivente: i personaggi erano i frati e la gente del popolo.
    Da allora, nelle forme più diverse e nei luoghi più disparati, il presepe parla alle menti e ai cuori di credenti e non credenti.
    Il Concorso presepi, promosso in città nei mesi scorsi, ha visto famiglie, scuole, luoghi di lavoro e negozi realizzare con creatività singolare la rappresentazione della nascita di Gesù.
    Quale annuncio ci offre il presepe?
    Osservando con attenzione un presepe, emergono alcune riflessioni:

    1. il presepe suscita stupore perché rende visibile il messaggio che Dio si fa uomo nella piccolezza di un bambino, accolto anzitutto dagli emarginati di ieri e di oggi;
    2. il presepe suscita interrogativi perché ogni personaggio è orientato verso il Bambino Gesù e, con modalità diverse, si interroga sul “chi sarà mai questo bambino”;
    3. il presepe suscita il desiderio di ascoltare con più attenzione e perseveranza la Parola del Vangelo, perché il Bambino è il Figlio di Dio, l’Emmanuele, il Dio con noi;
    4. il presepe indica che la via della felicità è quella della pace, perché questo Bambino è donato agli uomini e alle donne di tutti i tempi affinché si riconoscano fratelli e sorelle, figli dello stesso Dio, che è Padre;
    5. il presepe, mentre ci coinvolge, ci invita a “prostrarsi e adorare”, perché l’amicizia di Dio con noi è coinvolgimento e preghiera.
      Tra qualche giorno i presepi saranno con cura riposti nelle loro custodie e, in cantina o soffitta, attenderanno fino al prossimo Natale in silenzio, senza imporsi ma, ogni giorno, questo bambino nato a Betlemme, la casa del Pane, è presenza che stupisce, interroga, provoca, offre pace e giustizia, chiama ad adorare.
      don Mauro
  • No alla guerra

    No alla guerra

    “Pace in terra agli uomini amati dal Signore”….

    In questi giorni abbiamo ripetuto più volte questa invocazione, abbiamo ancora toccato con mano che la pace non è situazione reale ed è minacciata da forme di guerra sempre più crudeli.

    Guerre in quasi tutti i continenti del mondo. Guerre combattute con armi sofisticate e distruttive che colpiscono uomini e donne innocenti. Guerre dove la cattiveria e la malvagità di alcuni arriva a compiere
    atti violenti e di sterminio di bambini innocenti, con ritorsioni di crudeltà inimmaginabile.

    E, di fronte a questi fatti, organismi internazionali sempre più impotenti e nell’impossibilità di arrivare a suscitare trattative basate sul dialogo e la mediazione.

    Organismi europei e mondiali preda di una burocrazia fine a se stessa, con risoluzioni inattuabili per diritti di veto anacronistici e frutto di un tempo passato.

    Ci può essere pace in terra? Forse il giorno in cui guardiamo alla “gloria nel cielo”, cioè all’amore di un Dio che si dona, inizieremo ad essere costruttori di pace sulla terra.

    Il giorno in cui la guerra non sarà più spettacolarizzata dai media, potrebbe essere il giorno in cui gli uomini inizieranno a porre “gesti di pace” dal basso e gridando il no alla guerra e il no al commercio degli strumenti
    di guerra.

    È sempre più attuale il pensiero di don Sturzo quando, nel 1946, scriveva: “Bisogna avere fede e sperare che la guerra, come mezzo giuridico di tutela del diritto, dovrà essere abolita…”

    Infatti ogni guerra “lascia sempre il mondo peggiore di come lo ha trovato”.

    Un gesto concreto che compiremo nel prossimo mese sarà la Marcia della pace interreligiosa in città, per dire NO alla guerra, insieme, senza se e senza ma.

    “Pace in terra…” Buon anno
    don Mauro