Autore: Guido Feltrin

  • Parrocchia San Giovanni Battista:
una comunità in festa

    Parrocchia San Giovanni Battista:
una comunità in festa

    Come ogni anno anche questa volta la Comunità Parrocchiale di San Giovanni Battista si ritrova tra sabato 22 Giugno e lunedì 24 Giugno per festeggiare insieme la tradizionale festa patronale. Si comincia con l’Adorazione Eucaristica di sabato pomeriggio: un momento di silenzio in cui ciascuno si mette in ascolto di ciò che Dio comunica e ritrova il bello di un dialogo con Lui. Segue la solenne celebrazione della Domenica alle 10.30, al termine della quale il ritrovo è al pranzo comunitario, un momento di allegra convivialità. Come ormai storica tradizione, durate la solenne Messa si celebrano e si festeggiano gli anniversari di matrimonio (5, 10,15,20, etc.. anni insieme!). Le celebrazioni si concluderanno lunedì con la S.Messa delle 20.30 in cui si commemoreranno tutti i defunti della Parrocchia.

    Guido Feltrin

  • L’EUCARESTIA PER gli ANZIANI E i MALATI

    L’EUCARESTIA PER gli ANZIANI E i MALATI

    Un servizio prestato dai ministri straordinari per l’eucarestia alle persone anziane e agli ammalati.

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    Nelle nostre parrocchie vi sono molte persone anziane che volentieri parteciperebbero alle celebrazioni liturgiche o alle numerose iniziative parrocchiali, ma sono spesso in difficoltà a raggiungere la chiesa. Analogamente molti parrocchiani sono in condizioni di malattia e non possono uscire di casa. Per queste persone è da molti anni attivo, nelle cinque parrocchie cittadine, un servizio reso da un gruppo di ministri straordinari per l’eucarestia, che, formato allo scopo e con mandato dell’Arcivescovo, si preoccupa di visitare periodicamente questi anziani o quanti sono in difficoltà, portando a casa loro l’Eucarestia facendo con loro un breve momento di preghiera. È una occasione molto bella di coinvolgimento e vicinanza nella consapevolezza che anche queste persone – anziane o malate – sono parte integrante della comunità, ben contente di essere informate e coinvolte. Chi fosse interessato a questo servizio per parenti o conoscenti con queste difficoltà può rivolgersi alle segreterie o ai responsabili della sua parrocchia.

  • VIVIAMO DI UNA VITA RICEVUTA

    VIVIAMO DI UNA VITA RICEVUTA

    La gioia del Padre nel contemplare l’opera compiuta è la benedizione che accompagna tutta la vicenda umana

    Come è ormai tradizione sin dai tempi del card. Martini, il giorno 8 settembre (solennità di Santa Maria Nascente) il nostro Arcivescovo Delpini ha presentato la proposta pastorale per tutta la diocesi ambrosiana per l’anno liturgico 2023-2024.

    Quest’anno ha per titolo “Viviamo di una vita ricevuta”.

    In questo testo, come anticipa lo stesso Arcivescovo, si vuole incoraggiare tutti ad assumersi la responsabilità della testimonianza e dell’accompagnamento educativo sui temi degli affetti, dell’accoglienza della vita, della pace e della “terza età”.

    Cogliendo le stesse parole dell’Arcivescovo, si vuole sottolineare l’importanza di “servire senza risparmio, ma anche senza ansia di prestazioni o presunzioni di protagonismi”. L’invito è quello di vivere la fede come amicizia e comunione con Gesù, riconoscendo la vita come un dono ricevuto e superando la costante tentazione di un individualismo radicale.

    Con queste premesse i diversi capitoli della proposta pastorale (“colui che mangia me vivrà per me”, “la vita è dono d’amore e vocazione ad amare”, “fedeltà, compimento dell’amore”, “la dignità del lavoro per nobilitare la vita”, “operatori di pace come figli di Dio”, “gli anni della sapienza e della fragilità”, “la responsabilità della vita”) sapranno accompagnare ciascuno lungo un percorso sia di crescita individuale sia di condivisione in una comunità di persone credenti e in costante cammino “nella sequela di Cristo”. Sempre cogliendo le stesse parole dell’Arcivescovo, siamo oggi come oggi insieme credenti e non credenti in costante interazione. Impariamo perciò a percorrere le vie dell’inquietudine e dello scoramento per seminare in esse dialogo e speranza. I cristiani “non vogliono e non possono giudicare nessuno. Sentono però la responsabilità di essere originali e di avere una parola da dire a chi vuole ascoltare, un invito alla gioia”.

    Guido Feltrin

  • Buon lavoro don Flavio!

    Buon lavoro don Flavio!

    Con il nuovo anno liturgico don Flavio Speroni lascia San Giovanni Battista

    Dopo oltre 10 anni di attività pastorale nella Comunità di San Giovanni Battista a Desio don Flavio
    Speroni lascia, chiamato a rivestire altre responsabilità sul territorio di Cantù. Gli anni trascorsi a Desio sono stati sicuramente impegnativi, e don Flavio non si mai tirato indietro. Alla prima impressione sicuramente non facile nei rapporti interpersonali, ma, conoscendolo meglio, emerge il suo entusiasmo, la coinvolgente ironia, la costante attenzione per l’azione caritativa. Tutti ricordiamo la sua insistenza nel non abbandonare l’iniziativa “un Dono da Condividere” ogni seconda domenica del mese, così come ricordiamo i pesanti mesi del lock down da Covid, quando eravamo drammaticamente blindati in casa e solo don Flavio si caricava l’auto di sporte alimentari da consegnare alle famiglie bisognose della parrocchia. In fondo è una persona “del fare”: forse qualcuno lo avrebbe preferito raccol to in preghiera con il breviario in mano, ma era più facile vederlo tagliare l’erba sui campi dell’oratorio o spostare mobili dove serviva. Gli si addice molto un noto aforisma del teologo a lui molto caro (Dietrich Bonhoeffer) che citava: “Invece di parlare di Dio a tuo fratello, perché non parli a Dio del tuo fratello?”. Al di là del carattere (che qualcuno ha definito “di vero bustocco”!), don Flavio sa anche riconoscere e apprezzare il contributo dei collaboratori parrocchiali, per i quali ha sempre avuto un pensiero di ringraziamento in molte occasioni (per esempio natalizie). Oltre a esprimere un sentito grazie per l’attività svolta, la Comunità tutta di San Giovanni Battista lo accompagna con la preghiera nella nuova realtà pastorale, augurandogli un buon lavoro con la benedizione di Dio e l’entusiasmo personale.

    Guido Feltrin

  • San Giovanni Battista in festa!

    San Giovanni Battista in festa!

    Tradizionale festa patronale della parrocchia nel quartiere San Giovanni Battista – Cascina Bolagnos in Desio.

    Domenica 25 giugno la Comunità della parrocchia di San Giovanni Battista si ritrova per la tradizionale festa patronale, la cui scadenza a ridosso dell’estate è anche occasione per chiudere un anno di attività e impegni. Il momento più importante della giornata di festa è la solenne celebrazione eucaristica delle 10.30, quando tutta la comunità si ritrova attorno all’altare, fulcro della vita parrocchiale. Durante la messa solenne si celebrano anche gli anniversari di matrimonio: una abitudine ormai storica e molto sentita da quanti nell’arco dell’anno festeggiano il loro quinto o decimo o quindicesimo o ventesimo etc… anniversario, testimoniando così la loro reciprocità coniugale nella profonda convinzione che la famiglia è davvero la “prima” chiesa. Sono sempre tanti che lo festeggiano, spesso come cinquantesimo o addirittura sessantesimo anniversario! Infine il pranzo comunitario di sabato sera: per una volta la “comunità in cammino” non è in cammino ma si ferma a tavola, per un conviviale e spensierato momento di allegria, a cui sono invitati non solo i diversi collaboratori, ma chiunque voglia esserci.

    Per altri dettagli si rimanda alla locandina affissa alle porte della chiesa e alle informazioni in quarta pagina del notiziario (sul canale Telegram di SGB).

    Nell’accogliere con gioia quanti vorranno esserci numerosi, si augura a tutti buona festa patronale di San Giovanni Battista,

    Guido Feltrin

  • Quale senso di comunità Cristiana?

    Quale senso di comunità Cristiana?

    La nostra Comunità Pastorale è fatta dai credenti di cinque Parrocchie, nelle quali si vivono gli stessi momenti della liturgia con modalità differenti. Bello sarebbe arrivare ad avere modalità uguali, in modo da far percepire che quanto si vive in una parrocchia è esattamente lo stesso di quanto si vive in altre parrocchie con modalità condivise.

    La nostra Comunità Pastorale di Santa Teresa ha fatto molto in questi anni per dare un senso appunto unitario (o cittadino) alle cinque parrocchie di Desio, per esempio dando una dimensione allargata a iniziative pastorali, che vengono sì realizzate in una o nell’altra parrocchia, ma valgono per l’intera Comunità (incontri di formazione, catechesi, celebrazioni, eventi culturali). Si vuole in questo modo evi-
    tare un “campanilismo di quartiere”, creando invece un esteso “fare insieme”. Certamente tuttavia certe forme di “aggregazione decentrata” vanno conservate, soprattutto al servizio di quanti vanno agevolati nella partecipazione (è impensabile per esempio che un anziano senza mezzi di trasporto residente in Cascina Bolagnos partecipi a un evento liturgico in San Giorgio). In questo senso le autonomie parrocchiali continuano a sussistere, come riferimento ecclesiale nel quartiere, per le celebrazioni feriali e festive (compresi matrimoni, battesimi,
    funerali, cresime e comunioni, confessioni), ed è fondamentale che sia così. Il senso di ciò è anche una chiesa sempre più vicina e partecipata, anzi: integrata nella – e con la – realtà territoriale. Ne è un valido esempio la recita del rosario nei quartieri e con le persone.

    Pur tuttavia, essendo parte di una più estesa Comunità Pastorale, sarebbe fortemente auspicabile che le modalità celebrative siano similari in tutte le parrocchie. Una proposta condivisibile potrebbe essere – come esempio per cominciare – che i diversi animatori liturgici delle 5 parrocchie possano formulare un “innario” per tutti uguale, con gli stessi canti per tutti, sia pure declinati nei differenti periodi dell’anno liturgico. Oppure che i lettori delle 5 parrocchie giungano a formulare la preghiera dei fedeli per le diverse celebrazioni uguale per tutti. Sono ovviamente esempi, ma darebbero il senso di una comunità, che vive la stessa celebrazione, sia pure decentrata sul proprio territorio. Questa in fondo è la grandiosa “linea di forza” della chiesa cattolica: ciascuno (a Desio, a Roma, a Taranto) che a esempio si accosta all’Eucarestia sa per certo che qualcun altro -nello stesso momento e con lo stesso rito – si può trovare nella medesima situazione a Helsinki o a Tokio o a Città del Capo o a Vancouver … avendo una fortissima percezione di essere in una chiesa davvero universale, e parte di una stessa grande e unica famiglia di credenti.

    Guido Feltrin

  • Scene di guerra e una domanda: perché?

    Una riflessione sul conflitto Russa-Ucraina che imperversa da febbraio in Europa: “Gridiamo forte il nostro NO! a questo scempio dell’Umanità”

    L’assurdo conflitto tra Russia e Ucraina, articolato in una sequela di distruzioni e morte per lasciare “sul campo” cadaveri e disperazione di civili inermi, che in pochi giorni (poche ore) hanno perso assolutamente tutto, piomba l’umanità in una sorta di oscuro medioevo, che lascia sgomenti. Di questo “massacro” bilaterale (per citare solo due esempi: le fosse comuni di Bucha, le centinaia di cadaveri militari russi lasciati a terra) è davvero difficile per un credente trovare un perché!

    E forse un perché non esiste, al di là di tutte le possibili motivazioni che si vogliano addurre. Aveva ragione Gino Strada di Emergency: non esiste alcuna plausibile giustificazione per una guerra, ogni guerra è un crimine contro l’umanità.

    E in ogni conflitto, per un soldato che rimane vittima muoiono 9 civili, che nulla vogliono se non vivere in pace. Di tutto questo trionfo dell’umana capacità di uccidere ci passano ogni giorno le immagini, molte accompagnate da un senso di orrore, molte ci fanno riflettere, molte altre magari ci lasciano indifferenti.

    Tra le migliaia di immagini anche quella del sergente russo, primo imputato sotto processo per crimini di guerra. Su ciò che ha fatto non si discute, la giustizia umana fa il suo corso. Ma come credenti abbiamo anche altri modi di osservare. Quelle immagini ci portano in casa il volto di un ragazzino (il sergente imputato ha 21 anni), forse ancora adolescente.

    Ce lo possiamo immaginare come studente, magari in discoteca con la ragazzina o con gli amici in un locale, spensierato come tutti i giovani … improvvisamente messo dentro una tuta mimetica, incastrato in un carro armato e spedito lontano da casa per una “esercitazione speciale”, pronto a uccidere perché così è giusto. Ora è un volto perso, spaesato, senza un futuro e con tutti i sogni infranti. E come lui centinaia di altri (pare che i militari giovani russi vittime di questa assurdità siano a oggi ben più di 30.000). Sicuramente paga. E per l’umana giustizia non sarà mai abbastanza per tutti i morti di Bucha o altrove. Ma alla fine rimarrà su tutto una infinita tristezza, un grido struggente di misericordia, e l’eterna domanda senza risposta: perchè? Certamente i “signori della guerra” lucrano enormemente, producendo e commerciando sofisticate costose armi, ma hanno anche sulla coscienza migliaia di cadaveri. E questi sono tutti uguali. Sepolti sotto terra non ci sono vincitori o vinti, sono tutti la tomba dell’Umanità. Molti anni fa un presbitero e teologo tedesco si recava in visita ai cimiteri militari nelle Fiandre e in Normandia: migliaia e migliaia di croci su un prato di enorme silenzio, ogni croce un nome e una data di nascita e una data di morte: date tutte quasi uguali, nessuno aveva più di 25 anni!

    Sul registro dei visitatori scrisse, parafrasando un noto aforisma del poeta latino Orazio: “Dulce et decorum est pro patria mori”, dixit Horatio. “Dulce et decorum est pro patria VIVERE”, nos dicimus! Ecco, forse dobbiamo credere di più nel dono della vita, convinti che ogni vita, qualunque essa sia, vale la pena di essere vissuta. La nostra come quella di ogni altro. E soprattutto gridare il nostro NO! a questo scempio dell’Umanità.

    Guido Feltrin

  • Charles De Foucauld sarà Santo

    Charles De Foucauld sarà Santo

    Beatificato da Papa Benedetto XVI nel 2005, Charles de Foucauld verrà solennemente canonizzato da Papa Francesco in Vaticano il prossimo 15 Maggio 2022.

    “Iniziatore” di un movimento che in seguito divenne “Congregazione dei Piccoli Fratelli di Gesù”, ormai
    diffusa in tutto il mondo, Charles de Foucauld nasce a Strasburgo da una famiglia cristiana e credente, che tuttavia presto lo lascia orfano. Allevato con molto affetto dal nonno, cresce nello studio con
    una vivace intelligenza. Nell’età giovanile si lascia coinvolgere da una vita mondana, spensierata e gaudiente. Si iscrive a una scuola militare, a 20 anni diventa ufficiale e si trasferisce di stanza in Algeria e quindi in Tunisia. Nel 1882 lascia l’esercito e si dedica a viaggiare, soprattutto in Marocco, allora terra proibita per gli europei. Travestito e fattosi passare per ebreo, vi rimane per lunghi mesi. Osservatore attento e in grandi rapporti con la popolazione locale, raccoglie moltissime annotazioni che gli daranno anche la fama di esploratore e autore di un libro (Reconnaisance au Maroc).

    “Quando il chicco di
    grano cade e non muore,
    resta solo; se il chicco muore,
    porta molti frutti”

    L’osservazione della profonda religiosità dei musulmani, la ricerca interiore della verità, l’aiuto dell’abate Huvelin gli faranno riscoprire la fede (“non potevo fare altrimenti che vivere per Dio”). Dopo un pellegrinaggio in Terrasanta diventa monaco trappista, ma dopo molti anni lascia la Trappa di Akbes per vivere la propria vocazione (“una vita nascosta e silenziosa e non quella dell’uomo di parole”).

    Nel 1901 riceve l’ordinazione sacerdotale in Francia e quindi torna In Algeria al confine con il Marocco, nell’oasi di Beni-Abbes che presto diventerà un incrocio di presenze (“voglio abituare tutti gli abitanti, cristiani, musulmani, giudei, a guardarmi come il loro fratello, il fratello universale”).

    Nel 1905 volge la sua attenzione al mondo dei Tuareg, si traferisce nel cuore del Sahara a Tamanrasset, povero tra i poveri, sempre pronto a dare e a prendersi cura (“di fronte alle ingiustizie contro coloro che ci sono in qualche modo affidati, bisogna dirlo, perché noi non abbiamo il diritto di essere come sentinelle addormentate, cani muti, pastori indifferenti”). Questi anni di intensa esperienza portano Charles de Foucauld alla profonda convinzione che “è dunque impossibile voler amare Dio senza amare gli uomini; più si ama Dio più si amano gli uomini”.

    Il sincero e stretto rapporto instaurato con i Tuareg si caratterizza per una grande amicizia, ma anche per un prezioso contributo alla stesura di un testo dei Vangeli in lingua Tuareg e di un dizionario “Tuareg-Francese”. Alti progetti sono nel suo orizzonte, ma la situazione anche locale diventa critica. Nel 1916 si intensificano gli scontri tra esercito e Senussiti, e il 1 dicembre 1916 Charles De Foucauld viene tragicamente ucciso.

    Guido Feltrin

  • S. Giuseppe

    S. Giuseppe

    Sabato 19 Marzo la chiesa celebra San Giuseppe, sposo di Maria, grande figura di santo in tutto il mondo cristiano.

    Giuseppe è l’uomo del silenzio, muto testimone del mistero della Vergine Maria, madre di Gesù.

    Giuseppe è l’uomo dell’obbedienza a Dio, senza timore, e della responsibilità per una famiglia di cui ha cura.

    Giuseppe è l’uomo determinato, che non esita a portare la famiglia in esilio per difenderla, che non si stanca di cercare un figlio dodicenne disperso nel tempio.

    Di Giuseppe non si sente mai la voce, ma si avverte la presenza, discreta e salda. A Giuseppe affidiamo volentieri le nostre preghiere, nel silenzio, lontane dal frastuono dei nostri giorni.

    Guido Feltrin

  • SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI

    SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI

    “In Oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per onorarlo”

    Questo è il versetto biblico scelto per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si celebra dal 18 al 25 gennaio 2022. Tratto dal Vangelo di Matteo al capitolo 2, è il tema del consueto appuntamento delle chiese cristiane.

    Come ogni anno anche in questo 2022, nel mese di Gennaio, pregheremo in tutte le chiese per l’unità dei cristiani. Questo evento, nel suo profondo significato unitario, è fortemente voluto da tutte le Chiese cristiane, sancito nell’Assemblea Interreligiosa del lontano 1999, quando tutti si dichiararono convinti “che il dialogo tra le religioni non significhi rinunciare alle proprie identità, ma piuttosto rappresenti un momento di scoperta. Impariamo ognuno a rispettare l’altro come membri di un unico genere umano. Impariamo ad apprezzare sia le nostre differenze sia i valori comuni che ci tengono vicini …

    Noi ci chiediamo l’un l’altro di dimenticare gli errori passati, di promuovere la riconciliazione, di impegnarci in prima persona per superare l’abisso tra ricchezza e povertà e di lavorare per un mondo di giustizia e di pace durevole”.

    Questa convinzione, e l’impegno che ne deriva, riconducono direttamente alle stesse parole di Gesù espressa nella preghiera ultima al Padre “che siano uno perchè il mondo creda”!

    Prima dell’Assemblea Interreligiosa del 1999 fu papa Giovanni Paolo II con la famosa enciclica “Ut Unum Sint” (1995) a tracciare le linee non solo di un senso ecumenico ma di una vera “unità” di tutti i cristiani. Questo messaggio venne e viene tuttora decisamente condiviso da papa Francesco e da tutta la Chiesa come testimonianza convinta di un Dio unico per l’uomo chiunque esso sia. Da allora e sulla scia di questi impegni si sta facendo un grandioso lavoro congiunto in senso ecumenico, come per esempio le risoluzioni condivise con la Chiesa evangelico-luterana, gli incontri frequenti e le celebrazioni congiunte con la Chiesa anglicana così come con la Chiesa ortodossa. Si tratta non soltanto di scoprire da una parte quante cose abbiamo in comune, ma anche di saper valorizzare le differenze, che si traducono in una effettiva ricchezza, dono di una condivisione. Insomma, si ha l’impressione che sia un percorso tracciato, e nella spontanea semplicità di molti tutto questo è già una realtà. Anche sul nostro territorio.
    Che siano uno perché il mondo creda, appunto.

    Guido Feltrin