Autore: Pietro Guzzetti
Pluralità nell’unità: confronto aperto nel prossimo CPDiocesano
Dopo la pausa estiva, riprendono i lavori del Consiglio Pastorale Diocesano, convocato per le giornate di sabato e domenica 26-27 novembre 2016. Il tema è “La pluriformità nell’unità nella pastorale dell’Arcidiocesi ambrosiana”. Un tema che ha tanti motivi di interesse, ne ricordo tre: è un tema evidenziato da subito dal nostro Arcivescovo nel suo magistero ambrosiano teso a far dialogare i diversi soggetti suscitati dallo Spirito; è un tema che è stato recentemente rilanciato dal documento della Congregazione per la Dot-trina della fede Iuvenescit Ecclesia che focalizza la relazione tra doni gerarchici e doni carismatici (LG 4), è un tema presente anche in Evangelii Gaudium laddove il Papa descrive il volto della Chiesa come un poliedro: la Chiesa non è simile a una sfera di punti equidistanti, ma, come un poliedro, è caratterizzata da tante sfaccettature che dicono diversi modi di esprimere la fede, di testimoniarla nei diversi contesti culturali sociali nelle diverse epoche.
Gli stessi soggetti presenti nel nostro Coordinamento diocesano associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali sono stati suscitati dallo Spirito e riconosciuti dalla Chiesa in tempi molto diversi: dall’Ordine francescano secolare del XIV secolo ad Alleanza Cattolica del 2012: epoche, sensibilità, destinatari diversi, ma chiamati alla stessa fede e ad esprimere l’unità nella pluriformità.Il tema in oggetto del Consiglio è dunque molto interessante per una riflessione sul volto di Chiesa e soprattutto di una Chiesa che si sente inviata continuamente ai confini della terra, in missione, e per questo tesa a investire in questo compito tutti i doni gerarchici e carismatici di cui lo Spirito l’ha arricchita. Nel confronto di questa due giorni sarà molto stimolante ascoltarsi, riconoscersi dentro la ricchezza della Chiesa di oggi, sentirsi insieme per essere a servizio dell’annuncio e per assecondare il movimento “in uscita” verso tutti.
Chiesa poliedrica e non “per se stessa”, ma in uscita…. Due sollecitazioni che ci possono ben preparare anche alla visita pastorale di Papa Francesco.
Valentina Soncini
Segretario del Consiglio Pastorale Diocesano
POVERI NOI
Il 17 ottobre è stato presentato il rapporto Caritas 2016 su povertà ed esclusione sociale dal titolo “Vasi comunicanti”, in passato non mi ero mai soffermato attentamente su questo genere di indagine, ma questa volta un dato allarmante ha attirato la mia attenzione. In Italia oggi la povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all’età, diminuisce all’aumentare di quest’ultima: tocca la drammatica vetta del 10,2% nella fascia 18-34 anni, per poi decrescere costantemente fino al dato minimo del 4% relativo agli over 65. Un giovane come me non può restare indifferente di fronte a questi numeri: pensare al grado di povertà nel quale versano coetanei è qualcosa che mi spinge a chiedermi quali siano le cause di una tale situazione e, forse ancora più gravi, le conseguenze.
Se la causa maggiore è la persistente crisi del lavoro, che pare proseguire nonostante gli spiragli di luce che si intravedono nelle statistiche riportate dai telegiornali, sono sicuramente più preoccupanti le conseguenze delle difficoltà che colpiscono i giovani italiani. Papa Francesco riflettendo su questo tema ha detto: “Quando non c’è lavoro a rischiare è la dignità, perché la mancanza di lavoro non solo non ti permette di portare il pane a casa, ma non ti fa sentire degno di guadagnarti la vita! Oggi i giovani sono vittime di questo”. Parole chiare ed esplicite che ci permettono di capire quanto in profondità si protragga l’ombra creata dall’instabilità che viviamo.
In passato il delicato momento dell’immissione nel mondo del lavoro costringeva i giovani a fare alcuni sforzi e sacrifici, ma permetteva di raggiungere l’indipendenza economica e di provare la gioia di nuove soddisfazioni; ora si è portati a vedere un impiego come qualcosa di elitario, per pochi fortunati, si è disposti ad accettare occupazioni occasionali senza la minima previdenza sociale, si è incapaci di progettualità, di fiducia nel futuro. Fortunatamente questa non è la situazione generale dei giovani in Italia, ma il dato evidenziato dal rapporto Caritas ci fa capire che è lo stato in cui vivono troppi di essi.
Quando è in gioco la dignità della persona, ogni aspetto della sua vita rimane coinvolto: il futuro non rappresenta più una possibilità da scoprire, ma una lotta da affrontare; il matrimonio non è più un SI carico di responsabilità e di gioia, ma un di più non necessario; una nascita non è più un dono da accogliere, ma qualcosa da rimandare a tempi migliori.
Ora più che mai c’è bisogno di politiche capaci di cambiare le carte in tavola, favorire condizioni che possano far diminuire la povertà giovanile, non perché questa sia più importante dello stato di salute degli adulti, ma perché i giovani tornino ad essere il carburante che alimenta l’industria del Paese, la lente che permette di vedere le possibilità nascoste nel domani.
Avere fede non è indifferente per affrontare le difficoltà dell’oggi. Chi crede riesce più facilmente a tornare ad avere fiducia in sé, perché è sicuro di essere innanzitutto destinatario della fiducia di Dio.
don Pietro
Avvento: tempo per accogliere e generare amore
Entriamo nell’Avvento. La successione dei tempi liturgici si rivela provvidenziale in questo momento storico: di fronte alle tante paure che generano emozioni e violenza in ognuno di noi – l’elenco delle fonti di questa paura e violenza si fa ormai lungo: dai profughi al terremoto; dalla guerra in Siria e in Iraq alla crudezza della campagna elettorale americana; dalla fragilità della nostra identità europea alle conseguenze di una crisi economica che sta rimodellando in perdita i nostri ritmi di vita – l’Avvento cristiano si rivela come un dono inaspettato da custodire gelosamente, per la sua capacità di indicarci lo stile corretto per abitare questo cambiamento d’epoca, come ci ricorda Papa Francesco.
Accogliere e generare amore. L’Avvento ci racconta e ci ricorda proprio queste due azioni, questi due atteggiamenti. Sono gli atteggiamenti di Dio, innamorato perso di noi, dell’umanità; sono gli atteggiamenti di Maria, colei che con la sua fede ha consentito che il Figlio di Dio abitasse la nostra storia e ci rivelasse il volto di Dio come suo e nostro Padre.
Accogliere e generare amore. Sono questi gli atteggiamenti migliori grazie ai quali affrontare il futuro che ci attende. Abbiamo bisogno che l’Avvento diventi lo stile dei cristiani, e poi di tutti gli uomini, per esorcizzare quella violenza che tutti temiamo ma che contribuiamo a gonfiare proprio con le nostre paure.
L’Avvento come pratica di vita chiede luoghi e azioni esemplari, che rendano evidenti e tangibili i frutti generati. Proprio una simile cornice consente di comprendere il significato profondo del sostegno che la Diocesi intende dare durante tutto il prossimo periodo di Avvento alla campagna in favore dell’affido familiare promossa da Caritas Ambrosiana. Non è più utopistico garantire attraverso questo strumento il diritto a una famiglia ad ogni bambino che viene allontanato da quella di origine.
L’affido è un modo concreto di fare delle nostre vite un Avvento incarnato. Anche a Milano sempre più famiglie scelgono di aprire le porte di casa per un periodo di tempo ai figli degli altri. Queste famiglie ci dimostrano che l’Avvento non soltanto è uno stile di vita possibile, ma è anche uno stile di vita capace di cambiare la storia, salvando gli uomini dai tanti inferni artificiali che loro stessi hanno saputo creare.
Abbiamo bisogno dell’Avvento. Il mio augurio è che il tempo di Avvento che sta per cominciare ci aiuti a moltiplicare i luoghi e le pratiche di Avvento dentro le nostre vite, dentro le vite delle nostre famiglie.
mons. Luca Bressan
Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale – Arcidiocesi di Milano
Presidente Caritas Ambrosiana