Autore: Pietro Guzzetti
F.A.M.I.G.L.I.A.
Figli: ebbene sì, volenti o nolenti siamo tutti figli di un padre e una madre, possono essere assieme o separati, possiamo aver passato l’infanzia in una famiglia modello Mulino Bianco o in una serra di litigate, ma la realtà non cambia: siamo figli. Ci ricordiamo di non essere frutto dei nostri sforzi e dei nostri successi? Bah, a me pare che ogni tanto ce lo dimentichiamo del tutto. Un grazie dovremmo sentirci in dovere di dirlo ed è quello nei confronti dei nostri genitori, non per come ci hanno accompagnato negli anni ma solo per il fatto di essere qui.
Apertura: alla vita, al prossimo, agli amici; la famiglia è sempre inclusiva e mai esclusiva, con le porte del cuore aperte e le braccia spalancate pronte ad accogliere, consolare ed ascoltare. Quest’apertura permette di non sentirsi mai soli, permette a chi perde le persone care di non affrontare il futuro senza nessuno accanto, permette ad un giovane prete di avere un posto a tavola quando il frigo è vuoto. [Grazie! nda]
Misericordia: non basta l’anno giubilare straordinario per viverla, eppure è necessaria perché la parola “indissolubile” non sia un sogno impossibile ma una strada percorribile. E’ grazie ad essa se la fragilità umana non è la parola che regola una relazione tra due persone che si vogliono bene, se gli sbagli della gioventù non chiudono la porta in faccia ad un figlio, se l’aiuto negato in un periodo difficile non equivale ad aver bruciato tutti i ponti attorno a sé.
Incoraggiamento: ce lo insegnano i primi anni di vita che “Da soli non ce la si può fare”, l’uomo ha bisogno di cure per poter camminare sulle proprie gambe. Nella maggior parte delle volte saper camminare non basta, sappiamo quanto sia facile cadere tra le pieghe dei problemi, allora si alza lo sguardo al cielo e prima di incontrare gli occhi di Dio si spera di intercettare volti amici pronti ad offrirci una mano per rialzarci, ricordandoci che le ferite guariscono.
Gioia: “Se stiamo assieme ci sarà un perché…” cantava Riccardo Cocciante e la gioia di sicuro è più facile viverla e testimoniarla quando non si è soli. Volete mettere finire un’estenuante giornata lavorativa, entrare in casa e vedere vostro figlio che vi corre incontro per salutarvi, rispetto ad una pesante porta che si apre sul vuoto e sul silenzio? La famiglia è il miglior antidepressivo in commercio, non promette miracoli…ma quelli non li assicurano neppure le pillole.
Libertà: che non vuol dire fare quello che si vuole, ma educarsi a capire che libertà è scegliere, dire un unico SI’ che implica diversi NO. Forse abbiamo passato l’intera adolescenza a litigare coi genitori per la nostra libertà, ma poi il tempo ci ha insegnato che siamo diventati esattamente come loro, perché quando non si hanno barriere siamo bravi da soli a rischiare l’autodistruzione.
Identità: la famiglia ne possiede una sua propria: un uomo e una donna che si impegnano ad amarsi senza scadenza, evitando di aggiungere legami secondari, e disposti ad accogliere la vita che il Signore vorrà donargli. La famiglia è anche il luogo nel quale ogni uomo scopre la propria identità e si sente ben voluto qualunque essa sia.
Amore: “se i figli possono nascere lo stesso anche da due che si odiano dimmi allora a che cosa serve l’amore”, caro Luca [Carboni] l’amore serve a far crescere nella maniera migliore quei figli, l’amore serve ad avere la forza per compiere quei gesti che non dimentichiamo per tutta la vita, l’amore serve per trovare un senso nella vita e credere che il domani possa essere migliore dell’oggi. L’amore serve per poter raccontare ancora tra 50 anni quanto sia bello amare.
don Pietro
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