Categoria: Editoriali

  • Speranza e conversione del cuore:un viaggio di comunità

    Speranza e conversione del cuore:un viaggio di comunità

    Nella frenesia del nostro quotidiano, dove spesso ci sentiamo sopraffatti dalle sfide e dalle incertezze, è fondamentale riscoprire due parole che possono cambiare la nostra visione della vita: speranza e conversione del cuore. Questi due concetti, profondamente interconnessi, possono guidarci verso una vita più piena e significativa, a livello personale e come comunità.

    La speranza è una forza potente, ci permette di guardare verso il futuro, di immaginare possibilità e opportunità anche nei momenti più bui. Essere parte di una comunità significa condividere sogni e aspirazioni, ma anche portare il peso delle preoccupazioni collettive. In un periodo storico segnato da divisioni e incertezze, è fondamentale coltivare la speranza: una speranza radicata nella fiducia che un futuro migliore è possibile, che insieme possiamo superare gli ostacoli, che ogni giorno porta con sé la possibilità di un nuovo inizio. Ma come possiamo alimentarla? Qui entra in gioco il concetto di conversione del cuore.

    La conversione non è solo un cambio di opinione o una semplice decisione; è un processo di trasformazione interiore. Si tratta di aprire il cuore alla bellezza e al dolore degli altri, di imparare ad ascoltare e a comprendere. È un invito a lasciare alle spalle le vecchie abitudini e a muoverci verso una vita più autentica.

    In comunità, la conversione del cuore può manifestarsi attraverso piccoli gesti quotidiani di solidarietà, ascolto e rispetto reciproco. Ogni volta che ci prendiamo un momento per comprendere le difficoltà degli altri, che offriamo una mano a chi è in difficoltà, contribuiamo a creare un ambiente di sostegno e rinascita.

    Ci sono esempi straordinari di comunità che, attraverso la speranza e la conversione del cuore, sono riuscite a trasformare le proprie realtà. Pensiamo ai gruppi di volontariato o a coloro che, attraverso il dialogo e la comprensione, sono riusciti a sanare ferite profonde e a ricostruire rapporti distrutti. Questi momenti di connessione umana sono la vera essenza della conversione del cuore.
    La speranza e la conversione del cuore non sono esperienze isolate, si nutrono e si rafforzano l’una con l’altra. Una comunità che vive nella speranza è più aperta alla trasformazione; una comunità che si converte è capace di irradiare speranza verso l’esterno. In questo nostro cammino insieme, invitiamo a riflettere su come possiamo, sia come individui che come collettività, coltivare la speranza e aprire i cuori alla conversione. Ogni passo conta. Insieme, possiamo costruire una comunità più unita, solidale e piena di speranza.

    In cammino, con il cuore aperto.

    Liliana, Ausiliaria Diocesana

  • Quaresima di fraternità 2025

    Quaresima di fraternità 2025

    Il gesto di carità proposto dalla Comunità Pastorale:
    aiutiamo fratel Angelo Sala a prendersi cura dei malati di AIDS in Repubblica Centraficana

    «Ho sempre pensato che la ricerca della libertà fosse una battaglia costante che bisogna costantemente combattere per mantenere. L’ho cercata percorrendo le grandi piste con la moto da enduro. Questa passione iniziò all’età di vent’anni ed è andata sempre crescendo.

    Trascorrevo la maggior parte delle vacanze in sella ad una moto; tutto il tempo libero era vissuto in funzione di questa vacanza: l’unica cosa sacra che allora conoscevo.

    I viaggi iniziarono poi ad essere sempre più avventurosi con la scoperta dell’Africa, esattamente il deserto del Sahara: un mare di sabbia e dune che incutono fascino, timore, ma anche la sensazione di libertà, come tutti i grandi spazi naturali.
    Riuscii ad aggregarmi a un gruppo della diocesi di Milano che si recava nella Repubblica Centrafricana, nazione che mi era completamente sconosciuta.

    In quel periodo conobbi dei missionari, uno dei quali – venuto a conoscenza della mia professione di odontotecnico – mi chiese se fosse possibile aprire uno studio dentistico a Bouar, visto che l’unica possibilità per la popolazione di accedere a cure dentistiche era quella di andare nella capitale Bangui a 500 km di distanza. Al mio ritorno in Italia, insieme ad una ragazza del gruppo, decisi di impegnarmi a raccogliere il necessario per realizzare l’opera.

    Stavo scoprendo l’altro, quello diverso da te, che ha bisogno del tuo aiuto materiale e spirituale. Da qui il passo è stato breve per arrivare a scoprire la vocazione e finalmente la libertà: l’ho trovata nella vita religiosa.

    Lì ho avuto modo di conoscere i missionari bétharramiti. Da quel momento ho iniziato il mio cammino, chiedendo di entrare nella loro famiglia.

    Ho toccato con mano la sofferenza della gente quando è colpita da una malattia e quando le strutture e le possibilità di curare sono pochissime. Ho potuto constatare che la piaga più grave in campo sanitario è l’AIDS. Mi ha molto colpito in quei momenti vedere giovani morire di questa malattia in un abbandono totale. A distanza di oltre 20 anni da quel mio primo viaggio nel cuore dell’Africa, oggi mi ritrovo responsabile del Centro di Cura Saint Michel con più di 1200 malati in carico, tra questi 180 bambini sieropositivi.

    Per mettere un argine al dilagare dell’AIDS in Africa, oltre ad impegnare personale specializzato, poter utilizzare sofisticate attrezzature e farmaci antiretrovirali, occorre combattere anche una battaglia per sconfiggere la povertà per poi modificare le abitudini di vita e la mentalità che fungono da terreno fertile per l’espansione della malattia».

    Fratel Angelo Sala, bétharramita

  • In ascolto… In cammino!

    In ascolto… In cammino!

    Oggi con la preghiera del Vespero iniziamo la settimana degli Esercizi Spirituali.

    Cosa sono gli Esercizi Spirituali?

    Un tempo nell’anno in cui ascoltare con maggiore intensità la parola di Dio per interrogarci su quello che ci sta chiedendo lo Spirito Santo. Non è solo un momento in cui seguire una serie di prediche, ma un tempo nel quale lasciare che Gesù Cristo parli al nostro cuore. In altre parole, è una esperienza di vita.

    E’ fondamentale leggere e rileggere i brani evangelici che saranno preparati perché arrivino ad intercettare le domande che abbiamo nel cuore, permettendoci di riconoscere che Cristo ci sta comunicando qualcosa che ha a che fare con la nostra vita.

    Gli Esercizi Spirituali nella vita ordinaria sono diversi da una settimana di silenzio passata in qualche casa per la preghiera. Ognuno di noi continuerà ad avere le occupazioni di sempre, ma negli impegni quotidiani può riservare spazi di ascolto e di silenzio per la riflessione.

    Per chi sono gli Esercizi Spirituali?

    Sono una proposta per tutti, adulti e giovani. Sono occasione per tornare a cercare il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente.

    Ognuno di noi ha desideri e attese, interrogativi e gioie che, interpellandoci, ci conducono a ‘cercare il Signore per vivere‘.

    Nella settimana che iniziamo, ciascuno può rileggere la sua vita alla luce della Parola. E’ proprio Gesù a ricordarci che “non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.

    Affermare di essere credente non è solo celebrare riti, ma vivere dell’incontro del nostro ‘io‘ con il ‘tu‘ di Dio Padre.

    Quale percorso sarà proposto?

    Il filo conduttore in quest’anno giubilare è: Il cammino penitenziale del discepolo. I testi del Vangelo che approfondiremo e su cui pregare hanno come protagonisti Gesù e Pietro. Cercheremo di ascoltare il cammino che Gesù fa compiere a Pietro per essere realmente discepolo. Al tempo stesso sarà necessario arrivare a riconoscere che molte fatiche e conquiste di Pietro non sono estranee alle nostre.

    Quali attenzioni praticare?

    Perché sia esperienza di incontro con Gesù vivo è utile seguire fino in fondo il tempo degli Esercizi. Verranno offerti spunti utili per fissare ogni giorno il messaggio per noi e, nel procedere delle giornate, tornare a chiederci: quale messaggio per me Signore?

    Suggerisco di pregare così:

    O Dio affido questo tempo di ascolto della tua Parola per imparare a riconoscerti sempre più e meglio come Padre.

    In ascolto del tuo Spirito di amore e verità fa che il mio cuore e la mia mente si aprano al ristoro mai abbastanza riconosciuto ma decisamente necessario al mio vivere.

    Con i miei fratelli e sorelle chiedo questo dono in Cristo Gesù tuo Figlio. Amen

  • Alla ricerca di un porto sicuro…

    Alla ricerca di un porto sicuro…

    Nel corso di questo anno Santo sentiamo ripetere più volte che la speranza non delude! Eppure le fatiche quotidiane non mancano, i risentimenti personali e di gruppo sono rintracciabili di frequente nei discorsi anche nella comunità cristiana, alcune situazioni umane sono evidentemente senza speranza. È vero anche che ci sono innumerevoli e silenziosi segni di luminosità che tengono viva la speranza, uomini e donne che operano facendo il bene, che vivono la quotidianità con senso di responsabilità e con passione.

    Tuttavia prevale l’ansia, meglio l’affanno. Sembra che
    il tempo non basti mai per fare tutto quanto. Le previsioni e le proiezioni circa il futuro sono spesso negative e inquietanti.

    È fondamentale tornare ad ascoltare l’annuncio: ‘La speranza non delude…‘ Ma come e dove lasciar risuonare questa certezza? Quando sostare perché la dispersione imposta dal ritmo vertiginoso del presente ci permetta di ascoltare la speranza che non delude?

    Ancor più in questo anno Santo siamo pellegrini di speranza e prendiamo coscienza di esserlo solo se decidiamo di fare alcune soste. Soste di ascolto per ritrovare la ragione della speranza. Soste di preghiera per lasciarci incontrare da Cristo che ci cerca appassionatamente. Soste per rientrare in noi stessi e riconoscere che le ombre del peccato sono guarite nel momento in cui vengono ravvisate e affidate all’abbraccio della misericordia del Padre buono.

    Soste che il tempo di Quaresima ci offre anche con la settimana degli Esercizi Spirituali che vivremo in comunità dal 9 al 16 marzo.

    Nell’invito a vivere l’Anno Santo Papa Francesco scrive: “Nel cammino del Giubileo, ritorniamo alla Sacra Scrittura e riconosciamo per noi queste parole della Lettera agli Ebrei:…noi che abbiamo cercato rifugio in Lui, abbiamo un forte incoraggiamento ad afferrarci saldamente alla speranza che ci è proposta. In essa abbiamo infatti un’ancora sicura e solida per la nostra vita: essa entra fino al di là del velo del santuario, dove Gesù è entrato come precursore per noi”.

    Per ritrovare ogni giorno la ragione della speranza è imprescindibile fermarsi e riconoscerla, fermarsi e cercarla. In questo Anno Santo invitiamo tutti a vivere con intensità gli Esercizi Spirituali, per capire che è possibile stare al mondo
    senza eccessivi contraccolpi e scossoni quando cerchiamo rifugio in Lui, quando Cristo è davvero àncora sicura e solida. Se il silenzio è il linguaggio di Dio, mettiamoci in ascolto, in silenzio, degli Esercizi Spirituali nella vita ordinaria.

    La speranza non delude…, non ci lascia nella con-
    fusione, ma ci offre il porto sicuro nella navigazione
    della vita.

  • Ripensare la comunità

    Ripensare la comunità

    Il consiglio pastorale cittadino ha avviato un articolato lavoro di confronto e di analisi, che ha l’obiettivo di individuare le scelte pastorali prioritarie per la nostra comunità. Questo percorso è stato stimolato anche dai recenti incontri con il Vicario di Zona, monsignor Michele Elli, e con don Paolo Boccaccia, responsabile dell’ufficio parrocchie della Chiesa di Milano: hanno invitato i consiglieri ad un’attenta rilettura dell’attuale scenario cittadino per poter disegnare la Chiesa desiana di domani.

    Lo scorso martedì 28 gennaio, monsignor Mauro Barlassina, responsabile della comunità pastorale, ha offerto al consiglio ulteriori dati sui quali riflettere e dai quali partire, facendo un’analisi dell’ultimo decennio e fotografando, ad esempio, il numero dei Sacramenti, la partecipazione alle messe e il numero di celebrazioni, la disponibilità dei volontari e lo stato delle strutture. Ne è seguito un lavoro a gruppi, all’interno dei quali sono emerse diverse suggestioni: su queste il consiglio pastorale lavorerà nei prossimi mesi. Sono cinque i punti sui quali è stata posta l’attenzione.

    Il primo. È tempo di ripensare le strutture in base alle mutate esigenze pastorali. Non tutte le parrocchie della comunità devono necessariamente ospitare gli stessi servizi. Tutti gli ambienti devono essere curati, ma ogni struttura può specializzarsi su uno specifico aspetto dell’attività pastorale. Insomma, serve un ripensamento razionale dell’utilizzo degli spazi, che consenta di rafforzare alcune attività e servizi, caratterizzando specifici ambienti. Naturalmente spazi e attività devono essere costruiti in relazione all’annuncio, con massima attenzione alla liturgia, alle celebrazioni e alla carità.

    Il secondo punto è la conseguenza del primo: occorre capire la vocazione particolare di ciascuna parrocchia per meglio individuare il corretto utilizzo delle risorse a disposizione.

    In questa ricerca si innesta il terzo punto, che si concentra su un ambiente che per oltre mezzo secolo è stato uno dei fulcri dell’attività pastorale: il Centro Parrocchiale di via Conciliazione, che oggi necessita di una profonda ristrutturazione. Si apre in tal senso una riflessione: è opportuno intervenire o è meglio pensare a scelte diverse e magari audaci?

    Gli ultimi due punti che saranno oggetto di ulteriori analisi riguardano il numero delle messe nelle varie parrocchie e la formazione. Occorre rivedere l’attuale assetto delle celebrazioni, per renderle più curate e per non disperdere energie.

    Quanto alla formazione, occorre ripensare i percorsi di tutte le fasce d’età e di tutti i settori.

    La segreteria del Consiglio Pastorale

  • Esiste il Paradiso?

    Imagine there’s no heaven”. “Immagina che non ci sia paradiso”, cantava John Lennon nel 1971.

    L’uomo di oggi, ferito, ma ancora abbagliato dalle grandi promesse di felicità terrene di capitalismo e marxismo, è rimasto intrappolato in orizzonti troppo angusti per il suo cuore. Ha perduto il Paradiso: non sa se crederci, non gli interessa, lo cerca in terra. Se il pensiero riemerge in lui, è per una realtà angelica, dove tutti continuano la loro vita, anche con gli animali domestici defunti, senza una giustizia, un rendere conto finale della nostra libertà. Altre volte preferisce consegnarsi alla visione tragica della reincarnazione promossa dalle filosofie orientali.

    Il Regno di Dio, che chiediamo in ogni Padre nostro, è poco compreso anche da noi. Questa attesa sopravvive sicuramente nella dimensione morale e provvidenziale terrena quando preghiamo per la pace, per l’unità in famiglia, per l’ambiente, ma è spesso recisa dalla Resurrezione di Cristo. Aver reciso il legame con il Paradiso ha tuttora gravi conseguenze in ciascuno di noi: prima tra tutte la disperazione crescente.

    Le tracce della vita e della fede dei primi cristiani raccolte nelle Lettere dell’Apostolo Paolo ci parlano invece di comunità provate, perseguitate, ma mai disperate.

    Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti.”

    (1Tes 4,13-14)

    Avevano ben chiaro l’orizzonte della loro speranza: il Regno di Dio, qui e in Cielo, la Pasqua di Cristo, la Sua misericordia, il Suo giudizio e la resurrezione dei morti.

    Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede.

    (1 Cor 15,13-14)

    Erano autentici pellegrini di speranza nel cammino della loro vita terrena perché erano aperti a Cristo e alla vita eterna. Avevano incontrato il Suo amore.

    Qual è il significato di ricevere l’indulgenza plenaria durante questo 2025? Metterci in viaggio per Roma, attraversare la Porta Santa, vivere il Sacramento della Riconciliazione, comunicarci durante la Santa Messa, rinnovare la nostra fede, pregare per il Papa e per i defunti?

    È solo per un certo sentire di pace momentanea? Oppure è per aiutarci ad allargare il cuore a quella speranza che non delude?

    Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia.

    (Gv 16,22)

    don Marco Albertoni

  • Gli operatori di pace sono degli illusi?

    Gli operatori di pace sono degli illusi?

    Alcuni mesi fa abbiamo sentito uomini di governo affermare: “Se vuoi la pace prepara la guerra!”. Altri sono decisamente convinti che solo una guerra può risolvere alcuni dei problemi strutturali dell’epoca in cui viviamo. La conseguenza, banale e semplicistica, interessata e fuorviante, è deridere chi sceglie di operare, sostenere e pregare per la pace tra i popoli e le nazioni.

    Spesso il modo migliore per sostenere posizioni ingannevoli e pericolose per l’umanità è proprio quella di deridere o accusare (a prescindere) chi non è allineato al pensiero dominante.

    I social e le innumerevoli modalità manipolative del reale creano consensi finali, dispensando l’individuo dal considerare tutti gli aspetti in gioco.

    Proporre per la giornata del 9 febbraio la marcia della pace in città è una scelta che vorrebbe favorire un dialogo tra le genti, una sinergia tra le componenti sociali, religiose e culturali presenti sul territorio.

    Cattolici, musulmani, agnostici, cercatori di senso, non sono uomini e donne in contrasto tra di loro, ma persone capaci di riflessione, di considerazioni e di pensiero.

    Il pensiero e le conclusioni non sono certamente identiche, ma alcune scelte ci accomunano. E ogni uomo e donna di buona volontà non può che arrivare a riconoscere che la guerra non può che distruggere, mentre la pace (in certi tempi più difficile da scegliere) non può che costruire.

    Senza azzardare conclusioni troppo semplicistiche, ho l’impressione che il diffondersi di una cultura di guerra e, quindi, di morte e distruzione, sia conseguenza di mancanza di respiro nel cuore di molti. Il cercare a tutti i costi e senza limiti di possedere, avere, utilizzare, alla lunga può renderci uomini e donne senza speranza, appunto senza respiro!

    Quando non si vede un ‘oltre’, il rischio è di cadere nell’inganno, cioè che solo la legge del più forte risolve i problemi personali e strutturali.

    Scendere in piazza, percorrere le strade della città per dire che siamo per la pace è scegliere per l’uomo. L’uomo che “ha delle domande di senso insopprimibili, che ha in sé il desiderio di vivere in pienezza ogni aspetto della vita: l’amore, l’amicizia, le relazioni, il lavoro, l’impegno nella società… L’uomo che, in ultima analisi è aperto a una dimensione trascendente della vita e che si sente inquieto fino a che non riesce a trovare una risposta globale alle sue domande, quel qualcosa che dà senso a tutto” (Card. Farrell nel XX anniversario della morte di don Luigi Giussani).

    L’uomo credente e, in particolare al riguardo Achille Ratti, arriva a offrire la propria vita per la pace. Nel radiomessaggio del 29 settembre 1938 così si esprime Pio XI: “Indicibilmente grati per le preghiere che per Noi sono state fatte e si fanno dai fedeli di tutto il mondo cattolico, questa vita, che in grazia di tali preghiere il Signore Ci ha concesso e quasi rinnovato, Noi di tutto cuore offriamo per la salute e per la pace del mondo, o che il Signore della vita e della morte voglia toglierci l’inestimabile già lungo dono della vita o voglia invece prolungare ancor più la giornata di lavoro all’afflitto e stanco operaio…”. Un intervento che, segnato dal linguaggio del tempo, ha un’attualità straordinaria perché descrive la santità di questo uomo che, in nome del Vangelo, è operatore di pace non solo con proclami, ma con l’offerta della propria vita, per scongiurare l’ormai imminente secondo conflitto mondiale che poi farà milioni di vittime e catastrofiche distruzioni.

    Eppure, alcuni continuano a ritenere inevitabili le distruzioni per ripartire!

  • Ieri o oggi?

    Ieri o oggi?

    La settimana che sta per iniziare è particolarmente significativa per la storia della nostra Chiesa locale. Desio ha motivi per guardare alla testimonianza di uomini e donne che hanno offerto e continuano ad offrire un contributo importante all’annuncio del Vangelo.

    Lunedì 3 febbraio celebreremo la Messa in Basilica per don Luigi Giussani nel decimo anniversario della sua morte, mentre alle 16 di sabato avremo tutti l’opportunità di conoscere meglio la figura di Pio XI, con la presentazione di una nuova pubblicazione, divulgativa ma precisa nel racconto dei fatti della sua vita. Inoltre durante la Messa delle ore 18.30 sarà presentata una nuova preghiera che, d’ora in avanti, potremo rivolgere a Dio attraverso l’intercessione del Papa.

    Domenica prossima 9 febbraio, infine, da eredi dell’impegno di Achille Ratti a favore della pace, con la collaborazione e la partecipazione di associazioni ecclesiali e non ecclesiali e di fratelli e sorelle di ogni credo, nel pomeriggio daremo forma alla marcia della pace.

    Sono tutte opportunità che, da desiani, non possiamo trascurare proprio per la ricchezza di contemporaneità di queste figure storiche, ma anche per la modalità di essere in questo 2025 Chiesa nella città.

    Vorrei soffermarmi sulla testimonianza cristiana offerta da Achille Ratti alla Chiesa e al mondo, anche a tutti noi. Non posso tacere la mia attenzione alla storia e, in particolare, a quella della Chiesa da fine ‘800 ai nostri giorni. Tra le molte letture compiute al riguardo, mi è caro ricordare il volume di Yves Chiron dal titolo Pio XI, dal quale emerge un uomo, un prete, vescovo e Papa che ha affrontato in modo determinato e concreto molte questioni delicate e complesse del suo tempo, con il tratto del brianzolo completo, capace di visione di insieme, di dare concretezza, passo dopo passo, ai vari aspetti in gioco arrivando a realizzare gli obiettivi.

    Il Pontificato di Achille Ratti è spesso descritto come quello di un uomo di governo, capace di districarsi tra le problematiche ecclesiali e politiche del suo tempo ed emerge poco l’attenzione all’uomo di Dio, al discepolo di Gesù Cristo che prega, parla, decide e agisce a partire dalla propria intensa vita spirituale. Pio XI ha sempre indicato la via del Vangelo vivendo lui per primo una dedizione totale e attingendo dalla fede la completa fiducia in Dio. Sono i Santi, in particolare Teresa di Lisieux, Giovanni Bosco e gli altri da lui canonizzati a ispirare il suo agire.

    Forse non è inutile continuare a studiare il nostro Papa, non solo come un grande della storia, ma anche come un discepolo che ha accolto l’invito ad essere Santi perché il nostro Dio è Santo.

  • Il Giubileo: pausa salutare

    Il Giubileo: pausa salutare

    I nostri ritmi quotidiani sono caratterizzati da impegni e scadenze ravvicinate (al punto da non riconoscere ciò che è importante) oppure da giornate passate nella solitudine e nello sconforto. Non tutti vivono contemporaneamente la stessa situazione di vita! A partire da questa constatazione viene da chiedersi cosa rende la vita interessante.

    Nel discorso alla città, in occasione della festa di S. Ambrogio, l’Arcivescovo Mario affermava: “Il Giubileo segna il tempo e invita a una pausa nel nostro ’fare’, in cui potersi porre le domande veramente essenziali: che cosa ho ricevuto?
    Che ne ho fatto? Che cosa ho generato? Quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? (Mt 16,26)
    ”.

    L’anno di fede iniziato è un’opportunità per interrogarsi su ciò che è essenziale per vivere ogni stagione della vita, da quelle piene di impegni, ai giorni della solitudine e dell’improduttività. È un tempo anche per riposare, ma non per annoiarsi.

    È sempre l’Arcivescovo Mario ad affermare: “Il Giubileo contiene un messaggio di giubilo, di gioia, di sollievo che deve interpretare la stanchezza della gente, della terra, della città come appello, provocazione, indicazione di cammino”.

    In particolare, il mese che abbiamo davanti ci permette di tornare sulle domande essenziali, accompagnati da alcune occasioni che diventano riposo nella misura in cui non ci lasciamo fagocitare dalla buona riuscita o, all’opposto, dalla noia della ripetitività.

    • la Festa della Famiglia di oggi 26 gennaio, è l’opportunità per riconoscere quanto la nostra famiglia è un luogo di speranza, dove ringraziare per quanto riceviamo e offriamo, dove pensare la pace, cercarla, operare per la pace proprio a partire dalle relazioni familiari.
    • la settimana dell’educazione, che si concluderà il 31 gennaio con la Messa alle 21 in Basilica nella festa di San Giovanni Bosco, è il momento per condividere la gioia di educare ad essere educato anche attraverso la realtà dell’oratorio.
    • la giornata per la promozione della vita del 2 febbraio è l’occasione per interrogarci su cosa abbiamo generato, su come siamo amici della vita in ogni sua stagione e situazione e sulla gratuità con cui siamo trasmettitori di vita.
    • l’anniversario dell’elezione a Papa (6 febbraio 1922) e al tempo stesso della morte (10 febbraio 1939) di Pio XI e di don Luigi Giussani (22 febbraio 2005), entrambi desiani, è uno stimolo di riflessione sui messaggi che ci arrivano da veri testimoni del Vangelo delle beatitudini.

    Vivere insieme queste oasi di riposo e di interrogativi salutari è occasione di Giubilo!

  • Segni di speranza in famiglia

    Segni di speranza in famiglia

    «Lungo il sentiero ripido e pietroso ho incontrato una bambina che saliva lentamente, portando sulla schiena il fratellino. Mi sono fermato e le ho detto: Stai portando un pesante fardello! Lei mi ha risposto: Non è un fardello; è mio fratello».

    Questa testimonianza mostra come ciò che si fa per la propria famiglia trasforma un sacrificio in un gesto d’amore. Questo stile di vita ce l’ha dimostrato Gesù, che ha detto: “Io sono in mezzo a voi come colui che serve”.

    Infatti la famiglia è una necessaria combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri, sempre nel cammino dell’amicizia, che spinge gli sposi a prendersi cura gli uni degli altri.
    In realtà spesso corriamo il rischio di farci travolgere dalla frenesia e dalla superficialità, come ci ricorda David Weatheford in una sua poesia:

    “Percorri ogni giorno in volo? Quante volte chiedi: “Come stai?”, e ascolti la risposta? Quando alle sera ti stendi sul letto, quante questioni ti passano ancora per la testa? Hai mai detto a tuo figlio: “Lo faremo domani”, senza notare il suo dispiacere? Hai mai perso il contatto con una buona amicizia, che poi è finita, perchè non hai avuto il tempo di chiamare e di dire: “Ciao”? Faresti meglio a rallentare. Non danzare così veloce. Il tempo è breve. La musica non durerà”.

    Educare alla pace in famiglia significa vivere gesti di solidarietà, di riconciliazione, di prossimità e di servizio. Occorre insegnare parole di bontà, perdono, comprensione, stima, fiducia e benevolenza.
    Educare alla speranza significa che è sbagliato arrendersi di fronte alle difficoltà; occorre saper vedere le sfide quotidiane come opportunità per crescere meglio insieme. Proprio l’affetto per i propri cari aguzza l’ingegno, perché si possa sperimentare anche in alcune situazioni complicate.

    Caravaggio, Riposo durante la Fuga in Egitto, 1597, Galleria Doria Pamphilj, Roma

    “La direttrice di una scuola elementare, durante una riunione con i genitori, ricordò loro come fosse importante che dedicassero molto tempo per parlare con i figli.

    Un papà intervenne dicendo che lui aveva questa opportunità solo alla domenica. Infatti gli altri giorni usciva di casa all’alba, mentre il figlio dormiva ancora; alla sera rientrava dal lavoro molto tardi, quando il figlio era già addormentato. Però ogni notte andava accanto al letto del bambino e lo baciava sulla fronte; poi faceva un nodo alla punta del lenzuolo. Quando al mattino il figlio si svegliava e trovava il nodo, capiva che suo padre era venuto a baciarlo. Quel nodo manteneva viva la comunicazione tra loro due!”

    Don Sandro