Categoria: Editoriali

  • Nelle pieghe della vita sia Pace

    Nelle pieghe della vita sia Pace

    La preghiera o il desiderio più ricorrente in queste giornate è un grido che, sommesso ma deciso, sgorga nel cuore di uomini e donne di buona volontà. È il grido che invoca pace. Pace in Terra Santa, a Gerusalemme, Gaza; in Libano e in Siria; in Ucraina e Russia; pace in tutti i luoghi della terra in cui si fomenta la guerra.

    Impressiona, scorrendo le notizie quotidiane, con quale abbondanza di particolari e di rilievo si racconta di eserciti nazionali che si devono riorganizzare per la guerra, di armi di cielo, terra e mare inaugurate alla presenza di capi di Stato e dei grandi finanziatori dell’economia bellica.

    Impressiona, ma non stupisce, l’enfatizzare i conflitti da parte delle fonti di comunicazione, il gettare benzina sul fuoco, soffocando invece i molti segni di speranza che tanta gente cerca di proporre.

    Impressiona, ma non ci porta a scelte conseguenziali, incontrare occhi di uomini e donne di ogni età con un macigno nel cuore, che non reggono al quotidiano, perché senza speranza, con scarse prospettive lavorative.

    Fa riflettere la crescita esponenziale del timore dell’altro, spesso identificato come un pericolo piuttosto che un fratello o una sorella.

    Senza negare questo clima alimentato da alcuni, riconosciamo però che il nostro non è un tempo totalmente oscuro, non è un periodo più complesso di altri. Nella nostra città, come in tutte le altre, vi sono persone che cercano di incontrare e farsi incontrare, che spendono tempo, intelligenza ed energie per costruire una città inclusiva e accogliente, per offrire vicinanza a chi è solo, per promuovere opportunità di relazioni buone. Ci sono padri e madri che educano e accompagnano i figli a diventare grandi. Ci sono giovani che animano i nostri oratori; persone che nel nostro ospedale e nella casa riposo si prendono a cuore i malati, insegnanti che trasmettono non solo il sapere, ma anche il perché del sapere. Ci sono realtà associative, di volontariato, di categoria,    ecclesiali e non ecclesiali, che rendono tangibile quella relazione che coniuga mete e metodi per raggiungerle.

    Ci sono immigrati accolti e coinvolti e che si lasciano accogliere e si coinvolgono. E ci sono i tanti poveri che ci ricordano che la speranza non è una parola, ma un modo di vivere.   

    Insomma, la città è reale! Sta a noi continuare a diffondere l’annuncio del Natale Gloria nel cielo e pace sulla      terra…,    far risuonare a ciascuno, grazie al dono della fede, che è Natale per tutti, perché Dio si fa uomo e non estraneo nel segno povero della mangiatoia di Betlemme (cfr: casa del pane) e nell’Eucarestia.

    È questo il mio e nostro augurio. È questo il motivo della speranza e dell’impegno, oggi.

    A nome dei confratelli preti, dei diaconi e delle donne consacrate della città, buon e Santo Natale, perché sia Pace in terra e gloria nel cielo.

  • Beati coloro che sperano in Lui

    Beati coloro che sperano in Lui


    Popolo di Sion, che abiti a Gerusalemme, tu non dovrai più piangere

    Is 30,19

    Queste parole dette da Dio al Profeta Isaia ci accompagnano nella Liturgia di oggi.

    C’è un popolo “di Sion” anche a Desio.

    Magari un po’ disperso, ma c’è.

    Famiglie e laici, che credono in Gesù e che sono un aiuto importante nella nostra comunità e nel mondo civile. Famiglie che si affacciano alle nostre realtà con docilità e curiosità; bambini ancora stupiti dall’amore di Dio e che Lo attendono nella I Comunione.

    Giovani educatori e cerimonieri che si dedicano ai più piccoli nei nostri oratori.

    Lo fanno di buon cuore. Famiglie che ci hanno aperto le porte di casa con un sorriso e con il Presepe appena preparato.

    Persone che soffrono, che poco intercettiamo, ma che non smettono di credere.   

    Anziani e ammalati che ogni giorno stringono tra le mani i grani del rosario e intercedono per noi.

    Fratelli e sorelle cristiani, di Paesi lontani, di confessioni diverse dalla nostra, che pregano ogni giorno Gesù come noi.

    C’è una fede semplice che non ha del tutto abbandonato le nostre vie.

    Non dovrei dirlo io, ma ci sono preti, diaconi, consacrate che non si sottraggono alla loro missione e lo fanno con passione.

    Ci sono molte persone di “buona volontà” che non si definiscono cattoliche, ma cercano di fare la loro buona parte nella vita.

    Tuttavia ci sono anche molte solitudini, povertà economiche, morali e spirituali; a volte noi stessi “uomini e donne di Chiesa” sperimentiamo    stanchezza e affanno; aleggia un certo disagio tra i più giovani, si colgono preoccupazioni e paure tra gli adulti; alcune porte chiuse durante le benedizioni ci dicono anche di indifferenze e fatica ad accostarsi alla nostra e Sua Chiesa.

    Questa è la nostra città da accogliere e da amare. Proprio ad essa il Signore Gesù aspetta con fiducia di fare grazia. Beati coloro che sperano in Lui.

    Don Marco Albertoni

  • Eccomi!

    Eccomi!

    La festa dell’Immacolata Concezione, che si celebra l’8 dicembre, affonda le sue radici in una tradizione antica che riconosce la purezza e la speciale chiamata di Maria, la madre di Gesù. Il dogma dell’Immacolata Concezione afferma che Maria è stata concepita senza peccato originale e venne ufficialmente proclamato da Papa Pio IX nel 1854.

    Questa proclamazione ha costituito il riconoscimento formale di una credenza che già circolava nei secoli precedenti, sottolineando come Maria sia stata preservata dal peccato fin dal primo istante della sua esistenza, in virtù della missione divina che le era stata affidata.

    Il termine “Immacolata” significa “senza macchia” ed evidenzia la purezza totale di Maria, la quale, essendo stata scelta per essere la Madre di Dio, ha ricevuto una grazia speciale che le ha permesso di vivere in perfetta comunione con la volontà divina. La definizione di Immacolata Concezione non è solo un tributo alla sua figura, ma rappresenta anche un segno di speranza e di rinnovamento per tutta l’umanità.

    Un aspetto importante della vita di Maria è la sua costante adesione alla volontà di Dio.

    Maria ha sempre dato spazio a Dio mettendo la propria vita nelle Sue mani. Nel momento in cui l’Angelo Gabriele le annunciò che sarebbe diventata la madre del Salvatore, Maria rispose con un semplice ma potente e consolante “Sì”.

    Il gesto di disponibilità e totale fiducia è un modello per tutti noi: la capacità di riconoscere e accogliere il piano di Dio nella vita di ognuno, anche quando non è chiaro o comporta delle fatiche. Maria con il suo “eccomi” ci invita a fare lo stesso, ad abbracciare la volontà di Dio con fede e abbandono.

    Maria è anche guida che ci indica la strada verso Gesù. La sua vita, esempio di silenziosa dedizione e servizio, ci mostra come incontrare Gesù.

    Nel suo abbraccio accogliente e nel suo cuore pieno di grazia troviamo conforto e ispirazione per affrontare le sfide della vita. Maria è la nostra madre spirituale, luce e speranza per ogni uomo e donna che cerca un senso profondo alla propria vita.

    In conclusione, la festa dell’Immacolata Concezione è un momento per riflettere sul mistero di Maria, sulla sua purezza e sul suo fedele “Sì” alla volontà di Dio. Ci invita a riconoscere la sua presenza nella nostra vita e a seguire l’esempio per diventare anche noi strumenti di amore e speranza per il mondo. Con Maria al nostro fianco possiamo sempre rinnovare il nostro cammino verso Gesù, la Vera Luce e nostra Salvezza.

    Graziana Calafà

  • Coltiviamo la speranza

    Coltiviamo la speranza

    Cercatori di speranza nonostante le incertezze del futuro per le guerre, le divisioni e la solitudine che regna e genera paura e sfiducia: noi non disperiamo, c’è ancora tanto bene presente nel mondo. Sono dei semi, segni dei tempi che però vanno coltivati se vogliamo che da loro nasca e fiorisca la speranza. La vita è ancora difesa, è fatta crescere, la famiglia è sostenuta, la salute è curata, i giovani sono accompagnati, i poveri aiutati. Queste sono tutte realtà concrete, non campate per aria.
    Non pensiamo dunque alla speranza come se fosse un principio astratto o la proiezione dei nostri desideri in un futuro roseo.

    I semi della speranza già premono sotto le zolle, come la brace è presente sotto la cenere e per rendersene conto basta togliere lo strato superficiale di fuliggine. Qualche germoglio ha già messo fuori la testa e perciò attendersi un raccolto fruttuoso non è una strana fantasia, ma una prospettiva reale.
    Però, perché il bene cresca al meglio, non si può starsene con le mani in mano: bisogna coltivarlo.
    Ecco, la speranza ha a che fare con i nostri comportamenti e i nostri atti.

    I segni di speranza richiedono il nostro impegno.

    Sono anzitutto la pace, che non è un bene scontato, da invocare fatalisticamente pensando che tutto dipende da chi ha il potere nelle mani e può fare il bello e il cattivo tempo a suo piacimento.
    Molti stanno già lavorando per costruire la pace con incontri, marce, dialoghi e gesti di concordia, di intesa, dal papa, giù giù, fino a noi. Tutti siamo responsabili della costruzione di un mondo pacifico e perciò non vogliamo lasciar crescere paure, egoismi e ansie che bloccano le nostre azioni. Anche gli incontri interreligiosi già in corso e che quest’anno la commissione cittadina per l’unione e la pace vuole riproporre, contribuiscono allo scopo di suscitare speranza e vita comunitaria.

    Cominceremo il 7 dicembre con un incontro presso la sede dei fratelli musulmani in via Forlanini 36 a Desio, che terminerà con una cena, da loro offerta, a tutti i partecipanti.

    Siamo invitati a compiere dei gesti di fraternità che ci sollevano dalla disperazione e costruiscono alla fiducia nel cammino verso il bene.

  • Famiglie come presepi viventi

    Famiglie come presepi viventi

    L’Avvento è un periodo che invita a una riflessione profonda, un tempo di attesa e preparazione per la celebrazione del Natale. In questo contesto, le famiglie possono essere viste come autentici presepi viventi, luoghi in cui si manifesta la storia natalizia, ma anche spazi in cui si nutre e si trasmette la speranza. Essere pellegrini di speranza è un viaggio che ognuno di noi intraprende nel corso della vita. Questo cammino, però, non è solo una questione personale, ma un’eredità che si trasmette di generazione in generazione. Insegnare ai propri figli a riconoscere la bellezza della vita, anche nei momenti di difficoltà, è un compito fondamentale che ogni genitore ha il privilegio e la responsabilità di assolvere.

    Le famiglie come presepi viventi

    Immaginare una famiglia come un presepe vivente significa riconoscerne il valore e la bellezza nell’assemblea di volti, emozioni e interazioni che si intrecciano quotidianamente. Ogni famiglia è un mondo a sé, con le proprie tradizioni, sfide e gioie. In questo periodo dell’anno è possibile trasformare la dimensione quotidiana in un racconto di accoglienza e amore, proprio come nella scena del Natale.
    Il presepe, rappresentazione della Natività, ci sollecita a contemplare la semplicità di un gesto, l’importanza della condivisione e la bellezza del prendersi cura gli uni degli altri. Le famiglie, in questo modo, diventano un microcosmo in cui si può manifestare la speranza, una qualità fondamentale in tempi di incertezze e difficoltà.

    L’Avvento: un tempo di educazione alla speranza

    L’Avvento, con le sue sei domeniche, è un tempo di riflessione e rinnovamento. È un’opportunità per le famiglie di riflettere sui valori fondamentali che le uniscono, riscoprendo la bellezza di stare insieme. Durante questo periodo, le famiglie sono invitate a pratiche educative che promuovono la speranza. Attraverso momenti di preghiera, letture bibliche, ma anche semplici conversazioni attorno a un tavolo, si può costruire un ambiente che incoraggia la fiducia nel futuro.

    Le famiglie, nel loro cammino verso il Natale, possono diventare veri e propri presepi viventi, testimoni di una speranza viva e vibrante. In un mondo che spesso appare incerto, educare alla speranza diventa un compito fondamentale, per il bene dei più giovani e per la costruzione di comunità più forti e unite.
    L’Avvento, quindi, non è solo un momento di attesa per la nascita di Gesù, ma una stagione di riflessione e azione, un’opportunità per ogni famiglia di rafforzare i legami, condividere valori e coltivare la speranza. In questi giorni, più che mai, ricordiamo che la speranza è un dono che possiamo offrire e ricevere, proprio come il Bambino di Betlemme.

    Liliana – ausiliaria diocesana

  • Un segno di speranza: la cucina di Damour

    Un segno di speranza: la cucina di Damour

    Come gesto di carità del cammino di Avvento, la Comunità Pastorale ha deciso di sostenere un’opera di padre Damiano Puccini e dei volontari di Oui pour la Vie in Libano: la cucina di Damour.

    Una iniziativa che va incontro ai bisogni concreti di quel popolo e che è un tangibile segno di speranza.
    In questo momento drammatico per tutto il Medio Oriente, con il conflitto in corso tra Israele e Hamas, il Libano, seppur a rischio collasso dal punto di vista economico, continua ad essere messaggio di fratellanza e di fede, come lo definì San Giovanni Paolo II.

    La terra dei cedri è da sempre anche terra di rifugiati: avendo una forma di governo repubblicana, vi hanno cercato scampo tanto i perseguitati cristiani, quanto quelli musulmani.

    È abitato da persone appartenenti a 18 confessioni religiose diverse, riconosciute ufficialmente dallo Stato.

    «Nonostante la guerra in Siria che dura da 12 anni e la situazione tra Israele e Hamas, il Libano resta un modello di convivenza – dice padre Puccini – con Oui pour la vie operiamo per la riconciliazione al di là delle cose brutte accadute e che accadono, mettendo al centro gli ultimi. Stiamo nella realtà con il cuore. Lavoriamo per creare un gruppo che si prenda cura della comunità». In una situazione comunque complessa, con l’economia messa in ginocchio dalla peggiore crisi finanziaria degli ultimi 150 anni di storia del Paese e una popolazione estremamente impoverita, l’associazione Oui pour la Vie continua la sua attività con la cucina di Damour, oltre che con altre iniziative. Damour è il capoluogo dello Chouf, a metà strada tra Beirut e Sidone.

    Spiega padre Damiano: «Ci troviamo a 15 chilometri da zone bombardate in direzione nord e sud. La nostra cucina fin dalla sua apertura è prima di tutto un luogo di relazione tra poveri di ogni appartenenza e provenienza. È un ambito in cui si rende visibile, attraverso l’amicizia tra volontari e utenti, una prospettiva di accettazione reciproca e di cammino verso il perdono. I volontari cristiani di Oui pour la Vie, associazione libanese legalmente riconosciuta, hanno promesso alla Madonna di continuare a rinunciare fino ad un terzo delle loro risorse, nonostante il grande impoverimento del Paese, per rispondere ai bisogni delle persone che arrivano da noi: libanesi, palestinesi, siriani, sfollati che fuggono da zone bombardate. Hanno anche promesso di attuare questo impegno attraverso lo sguardo dalla croce di Gesù, che considera tutti fratelli, affidati a sua Madre, la Vergine Maria. E i volontari musulmani di Oui pour la Vie ci accompagnano nell’esecuzione di queste attività».

    don Marco Villa

  • La speranza non delude

    La speranza non delude

    Abbi fiducia! Cerca di non perdere la speranza! Ognuno di noi, dopo aver ascoltato persone in difficoltà, ha certamente pronunciato frasi simili. Si tratta di frasi fatte, vie di uscita di fronte a situazioni imbarazzanti oppure espressioni capaci di offrire indicazioni concrete per affrontare la
    realtà, a volte tortuosa della vita?

    Alda Merini, poetessa milanese, segnata da non poche fatiche, scrive in una poesia quasi autobiografica:

    È così diseguale la mia vita da quello che vorrei sapere. Eppure al di là di ogni immondizia e sutura, c’è la grande speranza che il tempo redima i folli e l’amore spazzi via ogni cosa e lasci inaspettatamente viva
    una rima baciata.

    Drammatica e intensa, la poesia della Merini ci riporta nella realtà di una vita segnata dal travaglio
    della disperazione che comun que non vince sulla speranza di un atto d’amore capace di ridare coraggio e intraprendenza. Quando noi pensiamo alla speranza, dunque, non facciamo riferimento a una illusoria via d’uscita dalle complessità del vivere, ma individuiamo il modo di affrontare situazioni oscure o deprimenti.

    Al riguardo è illuminante un altro autore che scrive:

    La maggior parte delle cose importanti nel mondo sono state compiute dalle persone che hanno continuato a pregare quando sembrava non ci fosse alcuna speranza.

    Non si tratta di sperare quando non vediamo altra via d’uscita, ma la speranza è il motivo, il seguito di una vita che si gioca nell’assunzione delle proprie responsabilità, per trafficare i talenti ricevuti e metterli a servizio del bene di tutti. In altre parole, la speranza ha come volto ogni gesto di amore.

    Anche al riguardo ci viene in aiuto un uomo di pensiero:

    La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle.

    Affrontare la vita con speranza è l’esatto contrario della rassegnazione perché è solo sperando che
    entriamo in attesa, ed entrando in attesa ci mettiamo in movimento. Non è forse questo il senso più tra-
    sparente del tempo di Avvento che domenica prossima inizieremo?

    Non è forse la speranza una virtù da ritrovare di fronte alle tante rassegnazioni che ci troviamo quasi imposte ogni giorno?

  • Giornata diocesana Caritas – Giornata mondiale dei poveri

    Giornata diocesana Caritas – Giornata mondiale dei poveri

    La preghiera del povero sale fino a Dio

    Domenica prossima 10 novembre la Chiesa Ambrosiana celebra la giornata diocesana Caritas (nel 50° della sua fondazione) e la giornata mondiale dei poveri istituita da Papa Francesco a partire dal 2016. La Caritas è stata creata proprio per sensibilizzare le comunità cristiane sul tema della carità, uno dei fondamenti della fede. In questo anno dedicato alla preghiera in preparazione al Giubileo del 2025 papa Francesco, nel suo messaggio per la giornata del povero, ha messo a tema la preghiera del povero a partire da una frase del libro del Siracide: la preghiera del povero attraversa le nubi, né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.. Dice il papa: I poveri hanno un posto privilegiato nel cuore di Dio; davanti alla loro sofferenza, Dio è impaziente fino a quando non ha reso loro giustizia. Nel nostro tempo la povertà purtroppo cresce. Aggiunge papa Francesco: Quanti nuovi poveri produce questa cattiva politica fatta con le armi, quante vittime innocenti! Eppure, non possiamo indietreggiare. I discepoli del Signore sanno che ognuno di questi piccoli porta impresso il volto del Figlio di Dio e ad ognuno deve giungere la nostra solidarietà e il segno della carità cristiana. Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società; questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 187).

    Anche in Italia e nella nostra Diocesi la povertà aumenta, come ha rivelato il rapporto 2023 della Caritas Ambrosiana (uscito il 16 Ottobre scorso) e come attesta l’Istat. Nell’anno a rivolgersi alla rete Caritas sono state soprattutto donne (quasi 6 su 10). Gli uomini erano il 38% nel 2022 e sono diventati il 40,4%. Gli immigrati sono il 63,9%, contro il 60,9% del 2022, i disoccupati sono il 49,1%, mentre si consolida il numero degli occupati che si rivolgono a Caritas, arrivati al 23,9% del totale, a conferma della rilevanza del fenomeno del lavoro povero. Ai centri d’ascolto e ai servizi Caritas continuano a crescere le richieste di aiuto dettate da insufficienza di reddito. Ancora papa Francesco: Ai poveri che abitano le nostre città e fanno parte delle nostre comunità, dico: non perdete questa certezza! Dio è attento a ognuno di voi e vi è vicino. Non vi dimentica né potrebbe mai farlo”. Compito di ogni comunità è ascoltare il grido del povero, non essere indifferenti: i poveri hanno ancora molto da insegnare, perché in una cultura che ha messo al primo posto la ricchezza e spesso sacrifica la dignità delle persone sull’altare dei beni materiali, loro remano contro corrente evidenziando che l’essenziale per la vita è ben altro.

    Don Marco Villa referente Caritas decanale e della Comunità Pastorale

  • Comunicare …

    Comunicare …

    Mentre inizio a pensare queste righe mi chiedo se è utile scrivere ogni settimana per il foglio Comunità in cammino. In fondo è più coinvolgente parlare guardandosi negli occhi. Un articolo può rimanere anonimo o impersonale! A dire il vero mi è capitato, alcune volte, di incontrare persone che hanno ringraziato per le riflessioni offerte. E’ anche accertato che in comunità pastorale non mancano stimoli per pensare e neppure iniziative da motivare, diversificate per età, situazioni di vita e appartenenza parrocchiale o a forme associative, tanto che lo spazio del notiziario diventa insufficiente e, a volte, un po’ complesso da gestire.

    Queste stesse considerazioni hanno provocato un gruppo di cristiani di tutte e cinque le parrocchie e le hanno spinte a ripensare e implementare il capitolo della comunicazione proposta in comunità pastorale nel contesto cittadino.

    Dopo attenta valutazione si è convenuto giungere a una rimodulazione dell’informazione. Il foglio che hai tra le mani, pur mantenendo come titolo Comunità in cammino, specifica cosa vuole essere. Infatti, è messo in evidenza che la testata settimanale ha come obiettivo quello di offrire informazioni e notizie circa gli appuntamenti della settimana entrante. In prima pagina continuerete a trovare l’editoriale e l’introduzione alla liturgia della domenica, mentre la seconda e la terza pagina vengono dedicate a informare/invitare agli appuntamenti settimanali promossi in comunità pastorale o nella singola parrocchia. In quarta pagina è riportato il calendario liturgico con gli orari e le intenzioni delle Messe.

    Gli approfondimenti, le riflessioni e le rubriche particolari verranno affidate a una pubblicazione bimestrale che dovrebbe nascere fin dai primi mesi del 2025. In tal modo sarà possibile riservare spazio maggiore a qualche studio, esame, relazione su iniziative cittadine, parrocchiali e non solo. Il processo avviato chiede di ripensare anche il sito e le modalità social per favorire la pluralità senza mortificare la comunione, rischiando la frammentarietà. Tutto questo è realizzabile grazie a chi da anni cura la comunicazione nelle sue varie forme e continuerà ad essere possibile se altri si lasceranno coinvolgere. Ci muove la consapevolezza che comunicare è prima di tutto vivere ed offrire la concretezza di una Chiesa che dispensa nella città la testimonianza del Vangelo. Con riconoscenza a tutti i volontari della comunicazione e a te che leggi e vivi questa avventura di Vangelo, riprendiamo il cammino di vita cristiana animati proprio dalla gioia del Vangelo.