Categoria: Editoriali

  • Reagire all’impotenza

    Reagire all’impotenza

    Il 24 febbraio abbiamo ricordato il primo anno dall’invasione dell’Ucraina. Le immagini, le riflessioni, le minacce, i toni tragici, i profughi, le sofferenze di chi è rimasto con poco o niente, il dolore per i morti militari e civili (cifre spaventose!), l’avere bruciato nella guerra già 30 miliardi di euro, sottratti ai bisogni dei poveri del mondo, oltre alle difficoltà di far giungere loro gli alimenti base per la loro sopravvivenza… nulla di tutto questo ha ispirato a pietà né coloro che hanno in mano le sorti del prossimo – e del mondo –, né i mercanti di armi, pienamente soddisfatti dei profitti che traggono da questa e da un centinaio di altre guerre aperte sul pianeta. Per non parlare della propaganda che vede nella guerra la sola risposta alle tensioni internazionali e fatica a parlare di pace, cessare il fuoco, tregua. E intanto si armano i cuori, si immaginano i nemici da sconfiggere, si classificano le persone diversamente che da fratelli.

    Scrive un commentatore (Mauro Magatti su Avvenire del 12 febbraio): «Il mondo sembra preda della sindrome della Torre di Babele» ed emerge «in tutta la sua virulenza la parte oscura dell’animo umano»; aggiunge però che «la soluzione più che militare è spirituale».

    Ecco allora – in questo clima di paralisi – l’invito del nostro Arcivescovo: reagire all’impotenza, non lasciarsi prendere dalla meccanica dei fatti, dei pensieri negativi, della resa a un mondo che va storto.

    L’Arcivescovo invita innanzitutto a vivere la Quaresima come tempo di preghiera e penitenza per la pace: non dobbiamo anche noi cristiani purificare e rinnovare pensieri, parole, opere ed evitare le omissioni? Come suggerisce il vangelo della prima domenica di Quaresima, una vita mediocre e distratta farebbe vincere il tentatore, il diavolo, il satana.

    È in questo quadro che si iscrive il ricco programma proposto per questo tempo liturgico e anche un’iniziativa eccezionale: la firma dell’appello dell’Arcivescovo per la pace che troviamo sul sito della diocesi www.chiesadimilano.it a partire da oggi.

    Mons. Delpini si impegna a portarlo «ai potenti, ai politici, ai diplomatici, alle Chiese e alle religioni». A chi obietta che si tratta di un gesto non troppo efficace, mi permetto di chiedere: cosa hai già fatto per la pace in Ucraina? (Chi non sa come fare, chieda aiuto ai nipoti, e faccia firmare anche loro.)

    don Gianni

  • Astensione

    Astensione

    Le recenti elezioni regionali – secondo quanto pubblicato sul sito del Comune – hanno visto anche a Desio una clamorosa astensione: ha votato solo il 41,40% degli aventi diritto.

    Comparando i risultati, non con cinque anni fa, ma con cinque mesi fa – elezioni politiche del 25 settembre –, tutte le liste hanno diminuito i consensi (Fratelli d’Italia da 5.810 a 3.400; PD da 3.690 a 2.075; Lega da 2.703 a 1.565; Forza Italia da 1.965 a 644; Azione-Italia Viva da 1.882 a 745; M5S da 1.835 a 520 ecc.), e anche calcolando i voti attribuiti alle liste civiche dei presidenti, nessuno recupererebbe i consensi di settembre.

    Se consultiamo la pagina delle preferenze, tranne rarissime eccezioni, l’impressione è che siano stati scelti per lo più gli apparati di partito. Su una testata nazionale si è scritto che la gente non vota perché le cose vanno bene. Stando tra la gente mi pare che invece siano numerose le lamentele e soprattutto le paure su temi quali salute, lavoro, servizi pubblici e guerra. Realtà governate là dove si inviano i rappresentanti eletti dal popolo.

    Vale per partiti e cittadini quanto ha detto l’Arcivescovo Delpini nell’ultimo discorso di S. Ambrogio: la democrazia rappresentativa «chiede che ci sia un impegno condiviso per contestare e correggere la sfiducia che è presente in chi non vuole essere coinvolto, si chiude nel proprio punto di vista e non si interessa degli altri, pretende che siano soddisfatti i propri bisogni ma non si cura del bene dell’insieme».

    don Gianni

  • Educatore di speranza

    Viaggio affascinante in questi giorni per papa Francesco in Repubblica Democratica del Congo (RDC) e Sud Sudan.

    A Kinshasa ha incontrato i giovani. Non è lo stesso impatto che da noi: in Congo circa il 60% della popolazione ha meno di 25 anni, mentre in Italia poco più del 22%.

    A loro il papa ha detto: «Vorrei chiedervi, per alcuni momenti, di non guardare me, ma proprio le vostre mani. Aprite i palmi delle mani, fissateli con gli occhi. Amici, Dio ha messo nelle vostre mani il dono della vita, l’avvenire della società e di questo grande Paese.

    Fratello, sorella, le tue mani ti sembrano piccole e deboli, vuote e inadatte per compiti così grandi? Vorrei farti notare una cosa: tutte le mani sono simili, ma nessuna è uguale all’altra; nessuno ha mani uguali alle tue, perciò tu sei una ricchezza unica, irripetibile e incomparabile. Nessuno nella storia può sostituirti. Chiediti allora: a che cosa servono queste mie mani? A costruire o a distruggere, a donare o ad accaparrare, ad amare o a odiare?». Educatore fantastico! Dice: guardate non me, ma voi stessi, ciò che siete e che potete fare; quanto è nelle vostre mani è risorsa per il vostro futuro ed espressione della vostra libertà; e tutto questo è dono di Dio.

    Amore di Dio e amore del prossimo declinati in uno sguardo che apre a una promessa. Vale per le mani di ogni altro popolo e di ogni altra età.

    (Però se su Google si clicca RDC non esce “Repubblica Democratica del Congo”, bensì “reddito di cittadinanza”. Mah!).

    don Gianni

  • Desio e i giovani

    Desio e i giovani

    La prima è stata l’occasione per i Måneskin di girare un video all’interno di Villa Tittoni. Poi la bufera sulla squadra delle giovani atlete di ginnastica ritmica ha coinvolto l’Accademia nazionale che si trova a Desio. Qualche giorno fa alla stazione di Seregno l’aggressione di un adolescente con un finale da “tentato omicidio” pare abbia avuto tra i protagonisti un coetaneo residente in città.

    Desio e i giovani fanno notizia!

    Qui però vediamo solo la classica “punta dell’iceberg”, per cui è utile chiedersi se ci sia altro sotto la linea di galleggiamento. Talvolta troviamo qualcosa di imbarazzante – arresti per droga, scorrazzamenti di baby gang ecc. –, oppure veniamo a sapere, in modo più riservato, di forme di autoisolamento, di vittime di
    bullismo, di fenomeni di anoressia e altri disagi, non sempre incontrabili e interpretabili.

    A ben guardare troviamo anche, più di quanto si pensi, percorsi educativi esigenti di cui famiglie e scuole sono protagoniste silenziose ed efficaci. Non mancano attività sportive o associative che, accanto a competenze specifiche, sviluppano uno sguardo educativo attento alla crescita umana di ragazzi e ragazze. Gli Oratori, una volta punto di riferimento naturale del tempo libero, rimangono aperti per dare opportunità di esperienze mirate di fede, di servizio, di aggregazione.

    Le feste della Santa Famiglia e di San Giovanni Bosco interpellano i cristiani adulti: quale “buona notizia” da parte nostra per questi giovani?

    don Gianni

  • La sfida del millennio

    La sfida del millennio

    Il lettore proclama «Parola di Dio»: le letture della Messa sono ancora il modo più diffuso per la maggioranza delle persone di accostarsi alla Parola di Dio.

    Molti posseggono una Bibbia, o almeno i Vangeli, ma quanti li consultano nella loro preghiera personale o durante le grandi feste cristiane, in vista di scelte importanti della vita o, non raramente, in occasione della morte di una persona cara o conosciuta?

    Dio parla; ascoltarlo è già inizio di preghiera, che può diventare accoglienza, domanda, discussone, decisione in base a ciò che Dio ha detto. Quello che ha veramente detto, non quindi una frase estrapolata dal suo contesto, così da far apparire Dio a fasi alterne troppo cattivo o troppo buono.

    Pregare con la Bibbia sotto gli occhi è ciò che la tradizione cristiana chiama lectio divina, di cui già nel 1992 scriveva il card. Martini: «Sono sempre più persuaso che un’educazione all’ascolto del Maestro interiore passa per l’esercizio della lectio divina, della meditazione orante sulla parola di Dio, e non mi stancherò di ripetere che essa è uno degli strumenti principali con cui Dio vuole salvare il nostro mondo occidentale dalla rovina morale che incombe su di esso a causa dell’indifferenza e della paura a credere. La lectio divina è l’antidoto che Dio propone ai nostri tempi per farci superare il consumismo e il secolarismo, favorendo la crescita di quella interiorità senza la quale il cristianesimo non supererà la sfida del terzo millennio».

    don Gianni

  • Comunità da edificare

    Comunità da edificare

    La settimana di preghiera dell’unità dei cristiani ricorre ogni anno in gennaio nei giorni 18-25 gennaio per accrescere nei credenti la consapevolezza che non si può testimoniare la buona notizia di Gesù nella divisione, nella polemica, nella sfiducia reciproca, con ostilità o inimicizia. Purtroppo la recente celebrazione del Natale cattolico e ortodosso ha messo in evidenza non solo una disparità di calendario – questo però non fa difficoltà perché rispetta e sottolinea tradizioni
    diverse che si arricchiscono a vicenda –, ma anche lo schierarsi delle comunità religiose su due diversi fronti in guerra.

    Possiamo tuttavia osservare che lo spirito di divisione e individualismo attraversa popoli, nazioni, città, famiglie. Bene ha richiamato il papa nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, indicando come necessaria «la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che
    il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo».

    E, come scriveva il card. Martini, la Chiesa stessa deve porsi nel mondo come comunità alternativa: «una rete di relazioni fondate sul Vangelo, che si colloca in una società frammentata, dalle relazioni deboli, fiacche, prevalentemente funzionali, spesso conflittuali. In tale quadro di società la comunità alternativa è la “città sul monte”, è il “sale della terra”, è la “lucerna sul lucerniere”, è “luce del mondo”».

  • Saldi nella Fede

    Saldi nella Fede

    La morte di Benedetto XVI ha colpito tutti ed è stata oggetto di analisi, rievocazioni, ricordi. Come in altri casi si rischia di dare ascolto a ciò che viene detto con semplificazioni ed effetti mediatici, secondo leggi di pubblicità.

    Più saggiamente ha detto di lui papa Francesco: «Il suo pensiero acuto e garbato non è stato autoreferenziale, ma ecclesiale, perché sempre ha voluto accompagnarci all’incontro con Gesù. Gesù, il Crocifisso risorto, il Vivente e il Signore, è stata la meta a cui Papa Benedetto ci ha condotto, prendendoci per mano».

    Occorre tornare ai testi più qualificanti del pontificato – Deus caritas est e Caritas in veritate su tutti – e anzitutto leggere il Testamento spirituale da lui scritto nel 2006 e pubblicato in questi giorni.

    Benedetto lo comincia con un ringraziamento: «Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare», e dettaglia la sua gratitudine verso Dio, la famiglia, gli amici, la terra dove è nato. Una vera e propria confessio laudis.

    A tutti riserva un invito pressante: «rimanete saldi nella fede!». E conclude: «Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita – e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo». Benedetto
    sottolinea ancora l’urgenza più forte dei nostri tempi: quale fede, o quali fedi (non necessariamente religiose) praticano i nostri contemporanei? E quale fede testimoniano i cristiani?

    don Gianni

  • Silenzio

    Silenzio

    A Capodanno si sparano i botti, più o meno legali, rumorosi e spettacolari, pare come retaggio di un’antica credenza: allontanare così i demoni e propiziare un nuovo anno migliore del precedente.

    Nelle comunità cristiane la sera di San Silvestro si canta il Te Deum e non manca chi si domanda: «Ma… per cosa dobbiamo ringraziare?», come se l’anno che finisce possa essere ricordato solo sotto il segno delle ombre e delle tenebre, da scacciare come i demoni, con l’illusione che un cambio di calendario possa magicamente portare benessere, tranquillità e salute.

    La domanda però non è vana: «Per cosa ringraziare?» e anche «Come guardare al
    tempo nuovo che ci è dato?». La condizione per poter rispondere è saper recuperare il silenzio o, come l’ha definito il card. Ravasi, la “dieta dell’anima dalla chiacchiera, dal rumore, dal futile”.

    Il silenzio permette di affrontare la domanda – per cosa ringraziare? come guardare al nuovo anno? – in maniera non superficiale. Non si tratta solo di ricordare eventi, emozioni, incontri, ma di chiedersi come la nostra persona ne è stata arricchita o impoverita, specialmente nei suoi tratti più profondi, segreti, interiori, oltre che nelle scelte e nei comportamenti.

    Questo è un silenzio abitato dagli occhi della fede, dal pensiero dello Spirito, dalla consapevolezza di ricevere e restituire amore verso Dio e il prossimo.

    Un esercizio che può essere ripetuto – quando, dove e come si vuole – per prendere in mano il tempo che ci è dato.

  • Famiglia e Preghiera

    Famiglia e Preghiera

    Mi viene segnalato un intervento radiofonico di Massimo Recalcati (Il mondo nuovo, Radio1, 25/10/2022), psicanalista che si dichiara non credente, ma attento ai fenomeni della religione.

    Dopo avere sottolineato aspetti prevedibili, anche se fonti di angoscia – non sono più i figli a interrogarsi sull’amore dei genitori, ma sono i genitori a chiedere: mi vuoi bene? mi ami?; la tendenza a evitare ai figli esperienze di fallimento e smarrimento; il totalitarismo degli oggetti-cose per turare il “vuoto” indispensabile per la formazione – c’è un’osservazione sorprendente.

    Dice: «Un tempo in una famiglia italiana normale pregare era un fatto, una consuetudine come la pioggia, la neve, il sole; i genitori non si interrogavano sul senso di questo rituale condiviso».

    Il professore prosegue dicendo che, anche se i genitori oggi sono ovviamente liberi di decidere se insegnare o no ai figli a pregare, tuttavia tendono a delegare le decisioni di carattere fondamentale ad altri soggetti (scuola, chiesa ecc.).

    Di per sé Recalcati cita la preghiera in famiglia solo come esempio. Ma lo inserisce nell’orizzonte più ampio dei criteri di vita che genitori ed educatori trasmettono alle nuove generazioni. Siamo interpellati anche come chiesa: la preghiera, e la stessa fede, non fanno parte del patrimonio vitale di tanti, inclusi i più piccoli. Il rimedio non è moltiplicare la quantità degli insegnamenti, ma la qualità dell’annuncio, della condivisione e della testimonianza

    don Gianni

  • Pianerottolo e vicinato

    Pianerottolo e vicinato

    Per andare “in missione” molti pensano sia necessario un apposito physique du rôle (attitudine fisica o mentale a svolgere una determinata funzione) che non si limita alla conoscenza delle lingue o alla disponibilità a mangiare chissà quali cibi, ma esige una disposizione interiore a superare distanze personali, culturali, sociali e religiose.

    Forse per questo uomini e donne che partono missionari godono della nostra smisurata ammirazione, salvo poi aggiungere: «Bravi sì! Ma non è per me».

    Si dice anche che la missione ci è venuta in casa. C’è chi pensa alle moltitudini degli stranieri ormai presenti ovunque in Italia, dimenticando che molti di loro provengono da tradizioni cristiane (come i latinoamericani o moltissimi dall’Est Europa). C’è chi vede che, nonostante il Battesimo ricevuto, molti disertano non tanto le chiese, ma la pratica cristiana stessa.

    A chi vorrà venire nelle nostre chiese, soprattutto per le celebrazioni serali a favore di chi non ha ricevuto la visita natalizia oppure nei giorni che precedono il Natale, verranno consegnati, come gli scorsi anni, due segni di luce: uno da tenere per sé e uno da consegnare a un parente, a un vicino, a un conoscente, che magari ha bisogno di essere consolato nei suoi guai o ravvivato nella fede un po’ assopita. Non occorrono parole, basta il segno accompagnato dagli auguri. Una missione di pianerottolo o di vicinato, per la quale bastano una solida convinzione di fede e un pizzico di coraggio.

    don Gianni