Categoria: Editoriali

  • «Una di più»

    «Una di più»

    «Perché questa violenza che sentiamo a volte pure in noi? Mi direte che sono un po’ folle. Perché restare qui ed esporsi al rischio? Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato. Potere contare su qualcuno è essenziale per vivere».

    Così scriveva a Pasqua suor Luisa Dall’Orto, la religiosa nativa di Lomagna missionaria in Haiti e uccisa a Port-au-Prince sabato 25 giugno scorso.

    Attualmente impegnata in un centro da lei fondato e chiamato Kay Chal, si dedicava ai bambini “di strada”, abbandonati e senza difese, altrimenti destinati a far parte delle innumerevoli bande di malavita organizzata che imperversano nel paese.

    Suor Luisa non era una sprovveduta: aveva due lauree e insegnava a tutti i livelli, compresi quello universitario e del Seminario. La sua spiritualità si rifaceva a Charles De Foucauld, il fratello universale proclamato santo lo scorso 15 maggio. La sua esperienza l’aveva già portata a vivere per lungo tempo in Africa a servizio della missione e dei popoli locali.

    Il suo martirio ha un retroscena amaro: un agguato in piena regola, forse per punire chi educa al bene e alla libertà i più piccoli, sottraendoli al crimine.

    I suoi uccisori avranno detto: «Una di meno!». Noi possiamo dire «Una di più!» a vivere e testimoniare il Vangelo. Come ha detto il nostro Arcivescovo: «Non so perché sia morta. Se perché ad Haiti non vale niente la vita, se perché la sollecitudine verso i più deboli dava fastidio o se ci sono uomini che uccidono e rubano. Credo che lei stasera ci possa dire di essere morta per insegnare a vivere».

    don Gianni

  • Città che prega

    Città che prega

    Usando la statistica, si potrebbe dire che quanti hanno partecipato la scorsa settimana alle Giornate Eucaristiche, riedizione delle antiche Quarantore, non superano il 2-3% della popolazione desiana. Certamente il periodo, il caldo, la pandemia, l’impossibilità di portare i neonati o gli anziani allettati, hanno influito. E poi, l’ostinazione a proporre adorazioni e processioni, pur nella scia tradizionale del Corpus Domini, non sembra attrarre i giovani e le giovani famiglie.

    Eppure… Eppure sono rimasto colpito da persone piuttosto anonime, volti normali se non sconosciuti, che hanno approfittato dell’esposizione dell’Eucaristia per trascorrere in chiesa un tempo prolungato di preghiera, di silenzio; tempo perso, forse, per chi nutre di frenesie i propri giorni. Mi hanno commosso coloro che per strada si sono inginocchiati al passare del Signore nella processione, esprimendo con lo sguardo un atto di contemplazione.

    A san Paolo, che a Corinto si lamentava della città cosmopolita, distratta e dedita a idoli e piaceri, Gesù in visione rispose: «Io ho un popolo numeroso in questa città».

    Le nostre percentuali non registrano il cuore di quei genitori che al Signore affidano il futuro dei figli, grandi e piccoli, né il grido nascosto degli infermi e di coloro che patiscono la solitudine, ma hanno imparato ad affidarsi a Lui, o l’ansia per la pace di tante persone sincere. Se c’è una città che prega visibilmente, ce n’è una nascosta che prega ancora di più. Non lasciamo senza questo percorso di vita i nostri piccoli e i nostri giovani.

    don Gianni

  • Guardare «dal basso»

    Guardare «dal basso»

    Nell’Angelus del 12 giugno, Papa Francesco è tornato sulla guerra in Ucraina: «Il tempo che passa non raffreddi il nostro dolore e la nostra preoccupazione per quella gente martoriata. Per favore, non
    abituiamoci a questa tragica realtà!».

    Torniamo all’enciclica Fratelli tutti del 3 ottobre 2020: «La guerra non è un fantasma del passato, ma è diventata una minaccia costante. Il mondo sta trovando sempre più difficoltà nel lento cammino della pace che cominciava a dare alcuni frutti» (n. 256) e «Poiché si stanno creando nuovamente le condizioni per la proliferazione di guerre, ricordo che la guerra è la negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente» (n. 257). E ancora: «Nel nostro mondo ormai non ci sono solo “pezzi” di guerra, ma si vive una “guerra mondiale a pezzi”, perché le sorti dei Paesi sono tra loro fortemente connesse nello scenario mondiale» (n. 259).

    Infastidiscono quei commentatori che inseriscono il Papa in uno schieramento “pro” o “contro”. Si è giu-
    stamente osservato che lui guarda le cose non da Est o da Ovest, ma dal basso: «Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male.

    Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni. Rivolgiamo lo sguardo a tanti civili massacrati come “danni collaterali”. Domandiamo alle vittime» (n. 261). È la realtà vista secondo un sapiente sguardo evangelico.

    don Gianni

  • «Date loro da mangiare»

    «Date loro da mangiare»

    Nell’episodio della moltiplicazione dei pani, quando gli apostoli fanno notare a Gesù la folla numerosa e affamata, egli risponde: «Voi stessi date loro da mangiare». Così proclama il vangelo di Luca nel Corpus Domini e questo sarà il titolo delle Giornate Eucaristiche.

    Dovendo ricordare quest’anno nell’ultima settimana di maggio il centenario dell’elezione papale di Pio XI, da quel periodo le Giornate sono state spostate alla metà di giugno, nella festa del Corpus Domini.

    Esse sono l’occasione di fermarsi in silenzio e preghiera davanti all’Eucaristia e instaurare con Gesù un dialogo personale, fatto di confidenza, ascolto e richieste.

    Normalmente la proposta raccoglie una minoranza di persone molto motivate. Molti mancano, ma non è colpa loro se è diventato così difficile imparare a rivolgersi a Gesù come a un amico a partire dalla propria interiorità. Prima e dopo le celebrazioni, per esempio, vediamo spesso gente che conversa amabilmente di tutto in casa di un Altro, senza tenere conto del “padrone di casa”. D’altra parte, il silenzio oggi appare fastidioso e difficile: se ne ha paura (più di guerre e pandemie) perché non si sa più come riempirlo.

    Eppure a noi discepoli è affidato il compito di dare da mangiare alle folle: «Voi stessi date loro da mangiare». Il nostro prossimo è affamato di amore, pace, giustizia e molto altro. Ma non potremo nutrirlo, se non saremo andati personalmente alla scuola di Gesù. Per poter dare generosamente da mangiare ad altri, occorre prima frequentare Lui, Pane vivo per la vita del mondo.

    don Gianni

  • COMUNITÀ ALTERNATIVA

    COMUNITÀ ALTERNATIVA

    «Come si può dunque definire una “comunità alternativa”? È una rete di relazioni fondate sul Vangelo, che si colloca in una società frammentata, dalle relazioni deboli, fiacche, prevalentemente funzionali, spesso conflittuali. In tale quadro di società la comunità alternativa è la “città sul monte”, è il “sale della terra”, è la “lucerna sul lucerniere”, è “luce del mondo” (cf Mt 5,13-16)»: così nel 1995 scriveva il card. Carlo Maria Martini nella lettera pastorale intitolata Ripartiamo da Dio.

    A pensarci bene, la Pentecoste porta il dono dello Spirito ed è un esplicito invito a ripartire da Dio! Ripartire verso dove? Un frutto dello Spirito è la comunità di cui facciamo parte e che è chiamata a non omologarsi con i criteri mondani, ma a portare nel mondo la libertà di Dio, il suo amore, i segni della sua misericordia.

    Lo Spirito non scende in una comunità perfetta, coraggiosa, efficiente, ma tra coloro che Dio sceglie perché si convertano e diventino comunità alternativa.

    Comunità, perché fonda i suoi legami non sulla simpatia, ma sulla fraternità. Alternativa, perché inviata a portare al mondo la novità del Vangelo.

    Aggiungeva il card. Martini: «Anche con tutti i suoi peccati la comunità alternativa rimane un ideale di fraternità in divenire, destinato a mostrare a una società frammentata e divisa che possono esistere legami gratuiti e sinceri, che non ci sono solo rapporti di convenienza o di interesse, che il primato di Dio significa anche emergere di ciò che di meglio c’è nel cuore dell’uomo e della società».

    don Gianni

  • Mai abbastanza

    Mai abbastanza

    Ciò che temo di più in certe celebrazioni è quel brusio di sottofondo che accompagna alcune occasioni, specialmente durante battesimi, matrimoni, prime comunioni e cresime (qualche volta causato anche dagli stessi collaboratori presenti sull’altare).

    Forse non è una malattia grave, ma un sintomo sì. Lo avverto – ma forse esagero – come un essere non del tutto in sintonia con l’azione che il Signore sta svolgendo, come un estraniarsi rispetto all’impegno di preghiera e di relazione con Dio che il momento esige, come una disabitudine a fare silenzio per cercare il volto di Gesù.

    Il nostro tempo è costantemente abitato da rumori e induce alla fretta e alla
    superficialità: chiedere un istante di silenzio, di preghiera, di ascolto, di raccoglimento – raccogliere i pensieri e le forze, per poi agire bene – rasenta lo scandalo. Il prete lo chiede, ma a me che importa?

    Forse c’è anche una sottile paura: e se poi Dio mi parlasse davvero e mi spingesse a mettere maggiore impegno ad evitare gli sbagli miei che ben conosco? O mi invitasse a rinnovare scelte e comportamenti nella logica dell’amore e non dell’egoismo? O mi chiedesse di rinnovare in modo più convinto il mio cammino di fede?

    Il silenzio: che pericolo! Però non ce n’è mai abbastanza.

    don Gianni

  • Il Card. Pietro Parolin a Desio

    Il Card. Pietro Parolin a Desio

    La mattina del 6 febbraio 1922, al quattordicesimo scrutinio l’Arcivescovo di Milano card. Achille Ratti, nativo di Desio, veniva eletto Papa assumendo il nome di Pio XI.

    Non essendo stato possibile ricordare solennemente la circostanza nel giorno esatto dell’anniversario, a causa delle restrizioni per la pandemia, le celebrazioni sono state rimandate al 28 maggio, giorno vicino alla data di nascita – 31 maggio 1857 – del nostro illustre concittadino.

    A rappresentare Papa Francesco nel fare memoria dell’elezione di Papa Ratti sarà il Segretario di Stato di Sua Santità, il card. Pietro Parolin.

    Il programma prevede in mattinata lo svolgimento del Convegno Pio XI e il suo tempo, con l’intervento del cardinale Segretario di Stato, e la presentazione del progetto di recupero della Casa Natale da parte di Equa Cooperativa Solidale.

    Alle 12.15 ci si trasferirà all’ospedale di Desio per l’intitolazione ufficiale dell’ospedale stesso a Pio XI

    Nel tardo pomeriggio il card. Parolin, dopo la visita alla Casa Natale, sarà in Basilica alle 18.00 per benedire la cupola restaurata e presiedere alle 18.30 il solenne pontificale.

    Il concerto dell’orchestra e coro sinfonico Amadeus concluderà alle ore 21.00 la significativa giornata in memoria del papa desiano.

  • Inosservati

    Inosservati

    La mattina del 30 aprile scorso nel duomo di Milano sono stati proclamati due nuovi beati, appartenenti alla diocesi di Milano.

    Si tratta di Armida Barelli (1882-1952), che fu promotrice dell’Azione Cattolica, dell’Università Cattolica e fondò opere per l’impegno delle laiche consacrate nei campi della spiritualità, della liturgia e dell’assistenza ai poveri. Una vita ricca e frenetica, ma segnata dalla fede, dalla preghiera, dall’accettazione della malattia.

    Si tratta anche di don Mario Ciceri (1900-1945), nato a Veduggio, prete diocesano dal 1924, destinato a Brentana di Sulbiate come assistente dell’oratorio. Morto in seguito alle ferite riportate quando, tornando in bicicletta da Verderio dove aveva aiutato il parroco nelle confessioni, fu investito da un calesse. La sua azione pastorale fu per i ragazzi e i giovani, per gli ammalati e soprattutto per quanti erano partiti soldati durante la seconda guerra mondiale.

    Questa domenica 15 maggio, il papa proclama santo Charles De Foucauld (1858-1916): un’altra vita inquieta, dapprima lontana dalla fede, poi da convertito radicale, fino a voler vivere come Gesù a Nazaret e poi, ordinato prete, da fratello universale nel Sahara algerino.

    Tutti sanno che il miracolo della beatificazione è avvenuto a Desio e per questo sentiamo molto vicina la sua figura.

    Possiamo conoscere meglio le vicende di questi santi attraverso le pubblicazioni e i siti loro dedicati. I santi, talvolta inosservati, vanno meglio conosciuti: sono un Vangelo vivo. E imitati nel loro saper vivere i giorni ordinari in modo straordinario.

    don Gianni

  • Protagonisti

    Protagonisti

    Ogni giorno dell’anno è dedicato a qualcosa. Per esempio il 5 maggio scorso si teneva la Giornata mondiale della password, secondo alcuni istituita nel 2013 da una non meglio precisata “comunità internazionale della sicurezza informatica”.

    La Chiesa non è da meno e spesso richiama in varie circostanze una serie di attenzioni importanti: giornate per le Missioni, la Caritas, la Vita, l’Università Cattolica, ecc. Questa domenica ricorre la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che ha la fortuna di essere sostenuta dalla liturgia che sottolinea di volta in volta la figura di Gesù Buon Pastore o – quest’anno – la chiamata al servizio apostolico di quelli che Gesù chiama suoi “amici”.

    Pregare per le vocazioni non significa solo chiedere che Dio provveda ai nostri bisogni spirituali inviando un sufficiente numero di preti alle comunità, specialmente a fronte di una loro forte diminuzione (in diocesi di Milano, in data 30 marzo: 1104 parrocchie, 1684 preti, di cui 553, cioè un terzo, ultra75enni).

    Pregare per le vocazioni è pregare perché ciascun battezzato senta che la sua vita corrisponde a una chiamata del Signore e che egli si attende una risposta. Anche per mettersi a servizio della comunità cristiana, in parrocchia o altrove.

    Come scrive papa Francesco per questa Giornata: «Bisogna guardarsi dalla mentalità che separa preti e laici, considerando protagonisti i primi ed esecutori i secondi, e portare avanti la missione cristiana come unico Popolo di Dio, laici e pastori insieme. Tutta la Chiesa è comunità evangelizzatrice».

    don Gianni

  • PAURA E POVERTÀ

    PAURA E POVERTÀ

    In anni non troppo lontani si avvertiva la paura che una forma di povertà ci potesse derivare dal fenomeno migratorio. Si diceva: “Ci portano via il lavoro” (spesso quello che gli italiani non volevano più fare).

    Due anni fa lo scoppio della pandemia ha messo in difficoltà famiglie e imprese, riducendo la produzione e il lavoro, moltiplicando cassa integrazione e licenziamenti, interrogando tutti circa il futuro e le risorse per affrontarlo. La paura della povertà ha legittimamente toccato molte situazioni familiari e personali, che hanno sperimentato spavento e incertezza.

    Ora lo scoppio della guerra influisce sulla nostra spesa energetica e su quella alimentare, l’inflazione è
    cresciuta e la prospettiva di doversi sentire più poveri di prima è tornata.

    Peccato che al momento – almeno nei grandi mezzi di comunicazione – non si sia ancora fatto un calcolo dei costi effettivi di questa guerra: i costi delle armi,con conseguente aumento dei fatturati dell’industria militare; delle distruzioni di infrastrutture civili; della devastazione dell’ambiente, con la costante paura del disastro nucleare; dell’assistenza ai profughi.

    Fondi enormi, sottratti a urgenze ben più importanti nei campi della salute, dell’educazione, del sostegno alle famiglie.

    Quando l’energia e gli alimenti costano di più, forse noi possiamo risparmiare un grado o due del climatizzatore. Chi nei paesi più poveri vive già di un’economia di sussistenza, come potrà sopravvivere? Ai potenti questo interessa poco e procedono nella loro miopia. Non è così per i cristiani.

    don Gianni