Il famoso 27 marzo 2020 nella deserta piazza San Pietro, Papa Francesco si era così espresso: «Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda».
Sono passati circa venti mesi. Speranze e paure si sono alternate, con il desiderio di ritorno alla normalità e la corsa per garantire vaccini e cure a limitazione della pandemia.
Una buona percentuale di persone si è vaccinata in Italia e nel mondo occidentale mentre i paesi più poveri, particolarmente quelli africani, sono rimasti indietro sia per le strutturali carenze dei loro sistemi sanitari, sia per l’incapacità dei paesi ricchi di portare loro quanto necessario in tempi adeguati. Pare che solo un terzo di quanto promesso sia stato effettivamente consegnato.
Tre domande si affacciano: perché, anche se il costo reale dei vaccini per i paesi poveri è minore, le dosi a disposizione sono scarse? perché nei nostri magazzini un numero elevato di dosi sta andando a scadenza? Infine: perché i brevetti ancora impediscono a quei paesi di produrre in proprio questi prodotti? Il sorgere della variante omicron in Sudafrica ci ha ricordato in maniera efficace che siamo tutti sulla stessa barca. Nel mondo globalizzato il bene e il male toccano tutti e non rispettano nessun confine. Conviene remare insieme nella stessa direzione.
don Gianni
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