Categoria: Editoriali

  • Questioni di potere

    Questioni di potere

    Fu Papa Pio XI, il pontefice desiano, a introdurre nella Chiesa la solennità di Cristo Re. Destinando così l’ultima domenica dell’anno liturgico a fare sintesi dell’intero percorso: dopo aver meditato l’attesa, la nascita, la morte e risurrezione del Messia e la sua opera presente nella Chiesa, si giunge al compimento: Gesù Cristo è il centro della creazione, della vita dell’uomo, della storia. Si può chiamarlo “re” o usare altri termini equivalenti.

    Il riferimento alla figura del re indica anche l’esercizio di un potere. Gesù rifiutò i poteri del mondo reagendo alla tentazione del diavolo, ma non si sottrasse a una forma di potere buono sui suoi discepoli, invitandoli ad ascoltarlo e a seguirlo.

    Anche nella Chiesa, chiamata ad agire con il medesimo stile di Gesù e non altro, il potere può essere esercitato bene, a favore del popolo di Dio, o male, esaltando ruoli di singoli o gruppi.

    Oggi il tema del potere – cioè del “chi fa cosa” nella Chiesa – si intreccia con la risposta che ciascuno può dare alla propria vocazione, che è sempre accoglienza della fede e servizio al prossimo. I preti e i consacrati non possono non guardare con lungimiranza alle comunità e prepararle a un tempo in cui le loro presenze saranno limitate. I laici non possono pensare che le comunità andranno avanti senza che qualcuno di loro si prepari responsabilmente – con spirito di servizio e non di occupazione di ruoli – a promuovere la preghiera, l’annuncio, la carità. Questione di potere? In un serto senso sì, ma secondo il Vangelo e sull’esempio di Gesù.

    don Gianni

  • Misura alta

    Misura alta

    Sento spesso giovani “arrivati” dire ad altri giovani: “Dovete credere ai vostri sogni ed essi si avvereranno”. Lo dice Bebe Vio, una grande campionessa paralimpica, ma soprattutto un’icona della lotta per la vita, lei che è arrivata più volte sul punto di perderla e che l’ha riconquistata non solo con le sue vittorie nella scherma, ma nel suo stile di vita, di comunicazione, di giovinezza. Altri personaggi dello sport e della musica lo ripetono: si accorgono che i loro coetanei vivono il pericolo della depressione, della mancanza di respiro, dell’essere schiacciati da adulti e anziani in un destino poco roseo. Eppure lanciano un messaggio di speranza, più ancora di impegno, di perseveranza, di fatica.

    Non mancano – secondo le cronache – giovani capaci di nuove invenzioni, di start-up geniali, di orizzonti mondiali nel lavoro, nella tecnica, nel volontariato.

    Penso che a persone così sia mancato l’invito a volare basso, a non farsi illusioni, ad accontentarsi di poco, a non pretendere da se stessi, ad arrangiarsi sui bassi profili, da parte di un mondo adulto non sempre esemplare a mostrare e garantire ampie prospettive ai giovani e a fidarsi di loro.

    Papa san Giovanni Paolo II invece spronava tutti a evitare le mezze misure: parlava di santi «e tra loro molti laici che si sono santificati nelle condizioni più ordinarie della vita. È ora di riproporre a tutti con convinzione questa “misura alta” della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione».

    don Gianni

  • Missione: disturbo e libertà

    Missione: disturbo e libertà

    Quando un missionario racconta le difficoltà ad annunciare il Vangelo in un contesto abitato da altre religioni, ostile talvolta fino alla violenza e al martirio, qualche anima bella non manca di chiedere: «Ma perché disturbarli? Lasciamoli nelle loro abitudini…».

    Se c’è chi si commuove ai racconti di quanti spendono la vita per portare ai più poveri del mondo salute, cultura, conoscenze, tutela dei diritti, altri reclamano insoddisfatti dicendo che così non si evangelizza, si fa solo solidarietà umana o addirittura politica.

    La storia della missione ci dà testimonianze buone e cattive, come in tutte le realtà umane: aiuto ai popoli e alleanze con i colonialisti; difesa delle culture e imposizione di modelli estranei.

    San Giovanni Paolo II così riassumeva le ragioni della missione della Chiesa presso tutti i popoli: «All’interrogativo: perché la missione? noi rispondiamo con la fede e con l’esperienza della chiesa che aprirsi all’amore di Cristo è la vera liberazione. La missione è un problema di fede, è l’indice esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi».

    La missione nasce dalla fede e interroga ogni essere umano e la sua libertà: se disturba non è per sconvolgere o costringere, ma per interpellare il cuore e proporre la gioia del Vangelo. Una proposta che è anche liberazione, cioè promozione della dignità di ogni persona. Un po’ di disturbo non dovrebbe mancare anche qui tra noi: chi trascura Cristo o lo ha espulso dalla propria vita, è proprio sicuro di percorrere la via della felicità?

    don Gianni

  • Camminare insieme

    Camminare insieme

    C’è un modo di esprimersi per cui, se una realtà o attività è “parrocchiale” significa che è localizzata, delimitata, di poco conto. Infatti fino al secolo scorso la parrocchia appariva un piccolo mondo autosufficiente. Così si pensava per tutte le parrocchie e solo i racconti di qualche missionario erano in grado di ampliare l’orizzonte ad altri modelli di comunità.

    Nel cuore del mese missionario, la liturgia ambrosiana propone di festeggiare il Duomo, la Cattedrale, nell’anniversario della dedicazione. È un modo per dire: «Guardate che la vita cristiana non è localizzata, delimitata, ma ha grandi confini, anzi è senza confini».

    Nella festa di quest’anno l’Arcivescovo avvia un doppio processo sinodale: la partecipazione della chiesa di Milano alla consultazione voluta da papa Francesco, che va appunto sotto il nome di Sinodo universale; e il mandato conferito ai Gruppi Barnaba, persone scelte per costituire in ogni decanato della diocesi (il nostro comprende le comunità di Bovisio Masciago, Desio, Muggiò e Nova Milanese) un percorso di collegamento tra Vangelo e realtà vive della società – lavoro, salute, educazione, tempo libero ecc. –, che assumerà il nome di Assemblea sinodale.
    Sinodo significa proprio “camminare insieme”: lo facciamo già in molte attività ecclesiali grazie alla generosa partecipazione di tante persone, però sembra accadere un po’ per caso. Adesso si vuole scegliere di “camminare insieme”, un po’ come gli apostoli di Gesù rafforzati dal dono dello Spirito nella Pentecoste, che sostiene i singoli, ma promuove i legami di comunità.

    don Gianni

  • Cuore e portafoglio

    Cuore e portafoglio

    Nelle parrocchie di Desio oggi si pubblica (su un foglio a parte rispetto a questo Notiziario) un sintetico resoconto finanziario dell’anno 2020 – l’anno più duro della pandemia – e l’appello dei Consigli Economici Parrocchiali per la partecipazione dei fedeli anche sotto il profilo economico.

    Talvolta sorgono critiche nei confronti dei parroci che, secondo alcuni, «chiedono sempre soldi» e, secondo altri, «dovrebbero chiedere di più».

    In ogni caso è vero che le nostre parrocchie svolgono attività per le quali si devono affrontare delle spese; d’altra parte espressioni del tipo «paghi il Vaticano» o «paghi la CEI» rivelano una visione di Chiesa profondamente errata, oltre che praticamente insostenibile.

    Il catechismo inserisce tra i precetti anche quello di “sovvenire alle necessità della Chiesa”, le quali non riguardano solo le spese del riscaldamento, il contributo ai sacerdoti («Ah! Mangia anche lei?» mi apostrofa la gente quando mi incontra al supermercato) o la manutenzione degli stabili ecc., ma anche il sostegno agli interventi caritativi per i poveri, le missioni, il seminario.

    Va detto che il contributo di tanti fedeli, e non solo, è costante, generoso e talvolta sorprendente. Non solo i preti, le religiose e i laici impiegati nelle parrocchie, ma l’intera vita comunitaria si appoggia sostanzialmente sulla carità del popolo di Dio. Per questo a nome di tutti esprimo il più vivo ringraziamento, per una condivisione che non è solo mettere mano al portafoglio, ma anche al cuore.

    don Gianni

  • Confessio laudis

    Confessio laudis

    Il card. Martini invitava a confessarsi partendo, più che dall’indagine sui peccati (confessio vitae), dal riconoscimento dell’azione di Dio in ciascuno di noi (confessio laudis).

    Nei giorni della festa patronale – che intreccia le devozioni della Madonna del Rosario, patrona della città, e di Teresa di Lisieux, patrona della comunità pastorale – si potrebbero tracciare bilanci o ipotizzare nuovi programmi.

    Si è soliti un po’ a tutti i livelli, sociale ed ecclesiale, culturale e pastorale, globale o locale, evidenziare le crisi, i problemi e le difficoltà, interrogandosi sulle ragioni di disaffezione alla chiesa o di indebolimento della compagine sociale o di fatica a vivere nei mondi della famiglia, dei giovani, della scuola o del lavoro. Una sorta di confessio vitae collettiva.

    Oggi è bene fare anche l’altro esercizio, quello della confessio laudis. Scusandosi per non poter partecipare al Madunin, un prete mi invita a «continuare a favorire l’opera di grazia da cui una realtà ecclesiale e umana come Desio è segnata da lunghissima data». C’è dunque un patrimonio prezioso che non dipende da noi, che i nostri padri hanno coltivato e ci hanno consegnato.

    In questa confessio laudis vorrei ricordare come protagonisti di quell’opera di grazia tanti laici e laiche che in tutti i settori delle parrocchie offrono tempo ed energie, testa e mani, affinché persino nelle cose più minuscole si possa camminare sulle vie del Vangelo. Grazie infinite a tutti. E, come ci ha detto il nostro Arcivescovo, perseveriamo con umiltà, coraggio e, lungimiranza.

    don Gianni

  • Oratorio, che bello se…

    Oratorio, che bello se…

    Dopo la Giornata per il Seminario, il calendario diocesano propone la Festa di apertura degli Oratori. Diversamente dal passato, quest’anno tutti gli Oratori cittadini si sono accordati per viverla nella stessa giornata.

    Già ho avuto modo di affermare che l’Oratorio non è un luogo, ma un tempo: il tempo educativo che la comunità adulta dedica ai piccoli e ai giovani per la loro crescita umana e cristiana.

    Aggiungo che l’oratorio non è solo catechesi o animazione o sport o bar o altro, ma che queste iniziative hanno valore di strumenti verso l’obiettivo di fare di ogni giovane un «buon cristiano e onesto cittadino», come diceva san Giovanni Bosco, grande educatore.

    Va poi considerato che l’Oratorio di oggi non corrisponde a quello di venti o quaranta o più anni fa: non basta l’uso delle più avanzate tecnologie, anche sbarcando sui social, per l’Oratorio di oggi. I giovani incontrano mille e più proposte, anche professionalmente meglio qualificate, in altri ambienti e fissano da sé le modalità di aggregazione: l’accorrere abituale all’Oratorio degli anni ’60 (quando ci andavo io) non è più il modo di agire dei nostri figli e nipoti.

    Oggi gli Oratori possono qualificarsi nelle loro proposte attraverso adulti che abbiano con i giovani una strada da condividere, una fede da testimoniare; e il desiderio non di trattenerli a qualsiasi prezzo, ma di consegnare la bellezza del Vangelo, come faceva Gesù con i discepoli. Così vinceremo anche la pandemia che tanti vincoli pone al funzionamento dei nostri Oratori.

    don Gianni

  • Seminario e Chiesa

    Seminario e Chiesa

    Ritorna la Giornata per il Seminario. I preti inviati alle comunità, i seminaristi nati in esse e i seminaristi accolti per il tirocinio educativo, ci ricordano che tra le nostre parrocchie e il Seminario esiste un rapporto speciale.

    Saremo lieti il prossimo 25 settembre di accompagnare in preghiera e fraternità Davide Ciarla, seminarista di Biassono che viene ordinato diacono. Già da un anno svolge tra noi il suo servizio, che ora continuerà in modo più intenso e qualificato.

    La Giornata per il Seminario propone abitualmente di pregare per le vocazioni e di donare generosamente un contributo economico per sostenere il percorso formativo dei futuri preti.

    Se spesso celebriamo la Messa per le vocazioni sacerdotali, non è per chiederne semplicemente l’incremento numerico. Ci deve interessare la qualità delle comunità cristiane e la loro capacità di esprimersi, più che come stazioni di servizi religiosi, come luoghi di incontro dove molti siano in grado di mettersi a servizio, secondo le loro possibilità e a favore del prossimo.

    L’immagine piramidale e clericale della Chiesa fatica a essere superata, forse perché i laici possono dedicare alle attività liturgiche, educative, caritative solo una parte del loro tempo, mentre i preti vi si dedicano generalmente a tempo pieno. Ci è chiesta lungimiranza: una comunità più fraterna e preoccupata dell’essenziale annuncio del Vangelo, come suggerisce il titolo di questa Giornata: «Ne proposero due, per essere testimoni della resurrezione».

    don Gianni

  • Umile, Coraggioso, Lungimirante

    Umile, Coraggioso, Lungimirante

    La serata dell’8 settembre resterà per qualche tempo nella memoria di chi era presente ad accogliere e ascoltare in basilica il nostro Arcivescovo mons. Mario Delpini.

    Nella sua omelia egli ha rilanciato i tre aggettivi che caratterizzano la proposta pastorale 2021-2022: una Chiesa unita, libera e lieta.

    Al termine dell’omelia però l’Arcivescovo ne ha aggiunti altri tre che costituiscono uno specifico messaggio per noi desiani: «Non temete di essere pietre vive perché la nostra Chiesa sia unita, sia libera, sia lieta per un nuovo slancio missionario: umile, coraggioso, lungimirante».

    Siamo invitati dunque a essere anzitutto umili: le nostre tradizioni cristiane, di cui è giusto andare fieri – e che trovano nella figura di Pio XI un’eccellenza e nella basilica un simbolo – sono un dono, non una conquista. Opera di Dio e non di uomini: per questo restiamo umili e grati.

    E poi coraggiosi: il cambiamento di epoca, l’arrivo di nuove genti e la disaffezione di molti verso la fede non devono spegnere l’entusiasmo e il coraggio di vivere il Vangelo in modo trasparente, anzitutto là dove si decidono i destini delle persone: la famiglia, la scuola, il lavoro, la città.

    E infine lungimiranti: la fede dei prossimi anni non dipenderà dal caso o dalla fortuna, ma da ciò che oggi sapremo seminare e prevedere, dal volto di Chiesa che oggi sapremo configurare, immaginando un futuro dove parrocchie, comunità, ministeri e servizi si organizzeranno in modo diverso da quello a cui siamo stati abituati e da quanto oggi stiamo vivendo.

    don Gianni

  • Benvenuti, “Arcivescovi”

    Benvenuti, “Arcivescovi”

    Il 7 settembre 1921 fu probabilmente l’ultima occasione per Achille Ratti di dimorare a Desio: accompagnato dal prevosto Rovagnati venne in basilica a visitare il luogo del suo Battesimo, adorare il Santissimo Sacramento e rivolgere un’esortazione ai concittadini. Il giorno successivo, l’8 settembre, sarebbe partito da qui, non senza benedire ancora i desiani, per raggiungere Milano e assumere ufficialmente il ministero di Arcivescovo.

    L’8 settembre è una festa cara ai milanesi perché il Duomo di Milano è dedicato a Maria Bambina, come recita la lapide sulla facciata: “Mariæ Nascenti”. Ed è idealmente il giorno in cui si avvia il nuovo anno pastorale e l’Arcivescovo presenta le sue linee programmatiche.

    Pur in un giorno così impegnativo, l’attuale Arcivescovo, mons. Mario Delpini, invitato dalla Comunità Pastorale per il centenario dell’insediamento a Milano del suo illustre predecessore, ha scelto di essere tra noi nel giorno preciso dell’anniversario, mercoledì 8 settembre 2021.

    La visita di un Vescovo, successore degli Apostoli, a una comunità cristiana è sempre un evento rilevante: monsignor Mario Delpini celebrerà la S. Messa in basilica alle ore 20.30.

    La sua presenza farà risuonare quella del nostro concittadino Ratti e sarà come se due Arcivescovi, a distanza di cento anni esatti fossero tra noi. Sarà bello accoglierlo, ascoltarlo e accompagnare i suoi desideri nel vivere da cristiani nella nostra città, come anche il card. Ratti, poi Pio XI, raccomandava con insistenza.
    don Gianni