Categoria: Editoriali

  • Buoni e cattivi maestri

    Buoni e cattivi maestri

    Tramontati i “cattivi maestri” dei tempi del terrorismo – quei docenti che inneggiavano alla violenza per sovvertire l’ordine costituito e giustificavano uccisioni a fini politici –, ce ne sono altri al lavoro, anche se in modo apparentemente meno devastante.

    L’organizzazione della criminalità e della corruzione politica, con la ricerca di coperture e giustificazioni, gli insegnamenti a farsi furbi, a pensare per sé, a frodare ciò che è bene comune, perché tanto “lo fanno tutti”, hanno casse di risonanza non solo nelle piazze o nei bar, ma in articoli di giornale, trasmissioni televisive, scambi di battute sui blog.

    I cattivi maestri inneggiano alla superficialità ed evitano la fatica della riflessione, seminano indifferenza irridendo le pratiche della solidarietà, inventano nuovi diritti (per es. il diritto all’aborto) senza indicare i correlativi doveri, rivendicano una libertà che è solo arbitrio, disprezzano i credenti di ogni fede senza l’impegno a comprenderne messaggi e contenuti.
    Non mancano “buoni maestri” che, pur con qualche contraddizione, indicano le vie della spiritualità e della fraternità, dell’apertura a Dio e al prossimo, come percorsi di salvezza anche per l’umanità del nostro tempo.

    Lo Spirito Santo – oggi protagonista nella Pentecoste – è chiamato anche maestro interiore, una voce non arrogante, che risuona in profondità; un maestro che tutela pienamente la libertà di ciascuno e dà forza di infinito. Un maestro buono e convincente, da lasciar parlare e da ascoltare.
    don Gianni

  • “Prima, non ultima”

    “Prima, non ultima”

    Tutte le nostre parrocchie vivranno oggi una Messa di Prima Comunione; alcune sono già al terzo appuntamento, altre prolungheranno fino a giugno. Le restrizioni tuttora in atto hanno suggerito di formare gruppi ridotti. Nell’imminenza della celebrazione bambini e bambine vengono convocati per le confessioni e una piccola prova, così da arrivare consapevoli e preparati.

    La catechesi li ha educati a riconoscere nel pane consacrato il Corpo del Signore; il loro Amen attesta che comprendono che così si attua un incontro con Gesù. Questo è l’essenziale e la Chiesa non ha altro da dare, anche se si sforza di darlo in una cornice di festa e di bellezza.

    L’incontro con Gesù dovrebbe superare ogni emozione e agitazione: a lui si rivolge in quel momento le mente, parlare con lui dopo averlo ricevuto nel sacramento non è come qualsiasi altro momento di preghiera: è stare a tu per tu con Lui in modo privilegiato

    Lodevolmente i genitori – almeno alcuni papà e mamme – accompagnano figli e figlie in questa occasione ricevendo l’Eucaristia e rievocando la loro Prima Comunione (magari pensando all’ultima fatta non proprio recentemente). Anche a loro fa bene questo a tu per tu con Gesù, nella convinzione che Dio è presente nella vita di famiglia, la sostiene e la benedice.

    La vera avventura però inizia alla domenica successiva: se la Prima Comunione non resta l’ultima – almeno per un po’ di tempo – l’incontro con Gesù può rinnovarsi e nutrire la fede e l’amore di piccoli e grandi.

    don Gianni

  • “Maratona” di maggio

    “Maratona” di maggio

    Il Rosario nel mese di maggio rimane nella memoria di molti, non necessariamente dei più anziani. Quell’uscita serale appartiene ai ricordi di tanta gente e di tante comunità. La pandemia (e un po’ di disaffezione religiosa?) costringe a ridurre anche questa proposta.

    A ravvivarla ci pensa papa Francesco con la richiesta di valorizzare i santuari mariani sparsi nel mondo in una sorta di “maratona” affinché «tutta la Chiesa possa invocare l’intercessione della Beata Vergine Maria per la fine della pandemia».

    Per ogni giorno del mese un santuario è incaricato di organizzare vari momenti di preghiera, culminanti nella recita del Rosario. A ogni giornata poi è affidata un’intenzione particolare.

    Per esempio domenica 9 maggio è di turno il santuario di Loreto, in Italia, con l’invito a pregare per gli anziani. Così sono coinvolti luoghi famosi come Lourdes, Fatima, Pompei, ma anche Aparecida in Brasile o Luján in Argentina o altri santuari nazionali in Giappone, Algeria, Belgio ecc. E tra le intenzioni troviamo: per gli scienziati e gli istituti di ricerca medica; per le persone sole e coloro che hanno perso la speranza; per le vittime della violenza e della tratta umana. E, nell’ultimo giorno: «per la fine della pandemia e la ripresa della vita sociale e lavorativa».

    La preghiera supera i limiti del tempo e dello spazio: si può pregare sempre e dappertutto. E Maria nel Rosario ci fa conoscere Gesù, la sua vita, i suoi doni. In comunione con il Santo Padre, aderiamo a questa invocazione universale: una preghiera fatta da tutti a favore di tutti.

    don Gianni

  • Nadia, Christian e gli altri

    Nadia, Christian e gli altri

    Nel periodo in cui ero responsabile dei servizi di Pastorale missionaria mi è capitato purtroppo più volte di essere direttamente toccato da eventi simili a quelli che in questa settimana sono accaduti alla missionaria laica italiana Nadia De Munari, uccisa in Perù, e al vescovo di Rumbek (Sud Sudan) padre Christian Carlassare, ferito in un agguato che gli è stato teso nella sua casa.

    Nella mia non breve lista di conoscenze personali ci sono, tra gli altri, una beata, suor Leonella Sgorbati uccisa in Somalia, un vescovo, mons. Luigi Padovese ucciso in Turchia, un amico e collega come direttore di Centro Missionario Diocesano, don Ruggero Ruvoletto di Padova, ucciso in Brasile. E anche le tre suore uccise a Kamenge, in Burundi, tra cui la nostra desiana suor Lucia Pulici. E forse anche la nostra concittadina e amica Tina Barbieri.

    Nel film Uomini di Dio, dove si narra il martirio dei sette monaci di Tibhirine (Algeria), al confratello, che sembra tentennare di fronte a un possibile pericolo, il superiore ricorda che «la nostra vita è già donata, lo è dal momento in cui l’abbiamo consegnata a Dio». È la verità di ogni vita segnata dal battesimo. Ogni vocazione, ogni vita cristiana è dono di sé, anche quella dei genitori o dei professionisti. Non si tratta di essere eroi, ma di lasciarsi abitare dall’amore di Gesù. Ecco perché possono istruirci persone che a noi paiono estreme, ma che tali forse sono state solo nel dono d’amore: ci istruisce di più la loro vita che la loro morte. Per esempio il programma di Nadia De Munari: «Aiutiamoci a essere contenti in un mondo dove pochi lo sono».

    don Gianni

  • All’inizio, il battesimo

    All’inizio, il battesimo

    «Sapete cosa è il battesimo?»: il bambino, già protagonista di tante risposte tempestive e corrette, lega il termine “battesimo” al verbo “battere”. Panico! La catechista si mette le mani nei capelli. La mamma scivola sulla sedia per nascondersi dalla vista del predicatore. Finalmente una bambina – loro hanno spesso una marcia in più – evoca il rito dell’immersione nell’acqua.
    La gustosa scenetta è andata in onda domenica alla Messa in oratorio.
    Per completezza va aggiunto che le catechiste si sono premurate di avvisarmi che del battesimo dovevano parlarne nell’incontro successivo e che la mia domanda era troppo in anticipo.
    Per questo durante le celebrazioni dei battesimi, al momento centrale del rito, sono abituato a chiamare presso il fonte i bambini presenti, anzitutto perché vedano da vicino cosa accade e poi perché “rompano le scatole” a genitori e nonni per poter rivedere foto e video del proprio battesimo.
    L’arrivo della bella stagione e la probabile possibilità per parenti lontani di spostarsi per partecipare hanno favorito l’aumento delle richieste dei battesimi e l’inserimento di nuove date.
    Resta la domanda: «Cosa è il battesimo?». Oltre alle affermazioni di catechismo e liturgia – rinascita in Cristo, inserimento nella comunità, inizio della vita cristiana – il battesimo dei bambini presuppone la scelta di fede dei genitori e il loro impegno a educare nella fede i propri piccoli, insegnando loro a pregare e ad amare, a riconoscere Gesù, a farselo amico, a imitarlo.
    don Gianni

  • Ripartenza, rinascita

    Ripartenza, rinascita

    In questi frangenti della nostra storia esprimiamo i nostri desideri in vario modo: ritorno (a come vivevamo prima), ripartenza (dell’economia, della scuola, delle vacanze), e anche rinascita.
    Così – La rinascita – ha sorprendentemente intitolato la sua opera pittorica dedicata a Desio, e a noi donata, Carla Bruschi, artista di Peschiera Borromeo alla quale un gruppo di amici comuni ha chiesto di partecipare allo sforzo di sostenere il restauro della cupola.

    A commento la pittrice ha detto: «Questo lavoro porta in sé i germogli della vita, una primavera artistica e culturale per questa lucente chiesa. Il ciclo della vita, la natura e il creato mi hanno ispirata: li ho voluti rappresentare con i fiori che abbracciano e avvolgono la Basilica. I petali dei fiori, un momento prima di arrivare a toccare il cielo, si inchinano a questa maestosa cattedrale. I fiori sono una trasposizione grafica figurata del suono delle vostre campane desiane».

    Rinascita è anche il linguaggio del battesimo cristiano: rinati in Gesù per una vita nuova, che lascia indietro ciò che è vecchio e provvisorio e rinnova ogni cosa. Rinascita interiore, rinascita dell’amore, rinascita della comunità, accompagnati dalla forza di Gesù Risorto.

    don Gianni

  • Emergenza invadente

    Emergenza invadente

    Invadente è il virus Covid-19: in settimana ha colpito anche tra i preti di Desio; sono deceduti alcuni parrocchiani non proprio anziani; agli amici uccisi dal virus aggiungo il parroco di Agrate, don Mauro Radice, e il vescovo missionario del PIME in Guinea Bissau, mons. Pedro Zilli.

    Invade il fisico, ma anche la mente: per molti è un pensiero fisso, sia che si tratti di essere prudenti per sfuggirgli, sia quando per apparente noncuranza non si rispettano le precauzioni.

    Invade le cronache: i titoli di giornali e telegiornali, il tempo dedicatogli nelle cronache quotidiane, le polemiche politiche, il susseguirsi di pareri, promesse, provvedimenti, stremano anche il più paziente degli ascoltatori o lettori.

    In una recente intervista al Corriere della Sera il nostro Arcivescovo ha però ribadito che la vera emergenza è un’emergenza spirituale: «Se il virus occupa tutti i discorsi non si riesce a parlare d’altro. Quando diremo le parole belle, buone, che svelano il senso delle cose? Se il tempo è tutto dedicato alle cautele, a inseguire le informazioni, quando troveremo il tempo per pensare, per pregare, per coltivare gli affetti e per praticare la carità? Se l’animo è occupato dalla paura e agitato, dove troverà dimora la speranza?».

    Ecco: il virus ha invaso anche queste righe. Ma lo ha fatto per invitarci non a ignorarlo, ma a dargli posto allargando lo sguardo a una storia più ampia, a relazioni più vere, dove si può anche parlare d’altro, senza parlare a vanvera.

    don Gianni

  • Croce e Risurrezione

    Croce e Risurrezione

    Non ci sono dubbi: la Croce per tutti in questi giorni, ormai da più di un anno, si chiama Covid e pandemia.

    Proprio perché è una Croce, induce a qualche riflessione. Un’antica devozione guardava alle cinque piaghe di Gesù, perché sulla croce Gesù non patisce una volta sola. Alle piaghe delle mani, dei piedi e del fianco, potremmo aggiungere quelle interiori e spirituali: l’abbandono dei discepoli, l’ostilità dei capi religiosi, la viltà politicamente interessata di Pilato, lo scherno dei soldati e l’indifferenza della folla. Ugualmente la pandemia trascina con sé piaghe dolorose di solitudini, paure, depressioni, incertezze per il lavoro, gli studi, la vita familiare. E come non ricordare le popolazioni vittime di guerre come in Siria e in Yemen, di migrazioni forzate come in Bosnia, di repressioni militari come in Myanmar?

    Ed ecco, come allora, dopo il terremoto del venerdì santo, un piccolo gruppo di uomini e donne a cercare Gesù, perché «affermano che egli è vivo» (Lc 24,23); e a trovarne i segni in un pane spezzato, in una parola di sapienza, in un gesto di fraternità.

    Non si incontra il Risorto nei palazzi del potere o nei laboratori scientifici, né nelle aule universitarie o nelle redazioni dei giornali. O, meglio: non lo si incontra finché un discepolo non osi entrare là dove si vive, si lavora, si costruiscono i destini del mondo, per mostrare più con i fatti che con le parole di custodire nel cuore una grande speranza. Una speranza che fa luce sulle ombre più tristi, che scioglie le catene dell’egoismo, che può sostenere il cammino di tanti.

    don Gianni

  • Lo sappiamo già

    Lo sappiamo già

    Inizia la Settimana Santa: la sequenza dei giorni è nota, dalle Palme alla Cena e dalla Croce alla Risurrezione. Ritirare l’ulivo e baciare il Crocifisso – usanze quest’anno limitate o impedite dalle restrizioni in atto – sono i segni per farsi vicini a Gesù e ai momenti centrali della sua vita.

    Qualcuno sarà tentato di chiedersi perché occorra ripetere gesti e parole noti, che caratterizzano la durata di una settimana, ma poi non producono effetti nel resto del tempo.

    Di Gesù e di ciò che ha fatto si può essere tentati di dire «Lo sappiamo già». Specialmente per chi vive in un paese di forte tradizione cristiana, può sembrare che qualche nozione del catechismo o qualche conoscenza scolastica siano più che sufficienti per dirsi cristiani.

    Anche nei vangeli leggiamo che i discepoli, man mano che si avvicinavano i giorni della Passione, ignoravano ciò che stava per verificarsi e non comprendevano gli avvertimenti di Gesù circa il suo destino di crocifisso, poiché pensavano di sapere tutto di lui.

    A ben guardare, ciò che sappiamo di ogni persona si accresce o si modifica man mano che l’incontro si fa frequente, profondo, ricco di confidenza. Nemmeno di un coniuge o di un figlio è corretto dire che sappiamo tutto di lui o di lei, figurarsi di Gesù! Eppure le parole dei profeti e degli evangelisti rischiano di passare su di noi come un déjà vu che non apre la mente e non scalda il cuore. Evitiamo di dire di Gesù «Lo sappiamo già» e impariamo a distinguere la sua voce e la sua parola sempre nuova in mezzo ai rumori e alle attrazioni della città distratta.

    don Gianni

  • Liberazione

    Liberazione

    Liberazione è una parola che richiama tanti aspetti: c’è la Liberazione dalla dittatura, quella del 25 aprile con la L maiuscola; c’è la liberazione dalla prigionia, dalla schiavitù, da situazioni di forte condizionamento, da persone invadenti; oppure dalla paura e da oscuri sentimenti, dal timore di essere messi da parte o di scoprirsi malati ecc.; liberazione da un peso interiore o esteriore la cui rimozione causa un senso di novità, di leggerezza.
    Nei vangeli Gesù libera molti dalle malattie e questa liberazione quasi sempre rimette i guariti nel circolo della vita sociale, ridando dignità personale in ambiti quali la famiglia, il lavoro, le amicizie.

    Gesù accompagna spesso le guarigioni dicendo: «i tuoi peccati sono perdonati» e «la tua fede ti ha salvato». Già allora i presenti storcevano il naso per questa deviazione dello sguardo dalla condizione di bisogno dei malati al rinfacciare il peccato e assegnare un perdono non richiesto. Oppure ad attribuire loro una fede a prima vista piuttosto interessata e limitata.

    Il messaggio di Gesù era, ed è, diretto proprio ai presenti, e quindi ai lettori e a noi: la fede si accompagna a una richiesta di liberazione, non certo a una pretesa di perfezione. Chiedere di essere liberati, soprattutto dal peccato, è l’atto di maggiore realismo e di più autentica umanità che si possa fare, evitando di cercare capri espiatori dei mali del mondo. Per questo la Chiesa, fedele a Gesù, ne ha fatto un sacramento, capace di attirare la sconfinata benevolenza di Dio.

    don Gianni