Categoria: Editoriali

  • Quaresima, finalmente

    Quaresima, finalmente

    Nel passato remoto mi impressionava il fatto che all’inizio della Quaresima nelle chiese venivano posti teli violacei davanti alle nicchie delle statue sacre e ai quadri dei Santi, per nasconderli alla vista dei fedeli, affinché nulla li potesse distrarre dallo spirito intenso del periodo liturgico.

    Con l’arrivo della Quaresima 2021 la Comunità Pastorale si è dotata di un programmino con proposte di preghiera, carità e digiuno. Dal libretto per pregare personalmente o in famiglia alla raccolta per il Sud Sudan, dal “magro” del venerdì (c’è ancora?) a tempi straordinari di preghiera suggeriti a ragazzi e giovani.

    Si può praticare tutto questo o anche non fare niente: le proposte sono però segno di un’intensità di vita cristiana che la secolarizzazione (cioè il vivere come se Dio non esistesse o come se Gesù non avesse dato la sua vita per il mondo) rischia di frantumare, cancellare, vanificare. Una parte di noi, stremata dalla pandemia, viene indotta a guardare al proprio piccolo mondo e ad attendersi tutto da fuori, mentre conduce un’esistenza rasoterra. Né valgono ad innalzarsi le rumorose risse nelle piazze delle nostre città, non certo frutto di creatività, ma brutte sconfitte del vivere insieme.

    I credenti, ormai minoranza nel nostro contesto sociale e culturale, sono invitati a non lasciarsi sfuggire il richiamo della Quaresima: fede intensamente vissuta nel dialogo – nel confronto, se necessario – con Dio e capacità di dare senso a ogni gesto, a ogni scelta, allontanando i vuoti pensieri e il cancro del ripiegamento su di sé. Questo il vero digiuno.

    don Gianni

  • Il Congo in tasca

    Il Congo in tasca

    Si scrive RDC, ma si legge Repubblica Democratica del Congo, 2.345.410 km² (quasi 8 volte l’Italia) nel cuore dell’Africa, oltre 100 milioni di abitanti, ricchezze minerarie, energetiche e ambientali infinite in un paese che resta in cima alla classifica dei popoli più poveri. L’area del nordest, al confine con Ruanda e Burundi, da decenni è devastata da scorrerie di bande armate (si dice oltre 100) al seguito di quella che è stata chiamata “guerra mondiale africana”. Chi può, calcoli la distanza tra noi e quelle zone: quante migliaia di chilometri.

    È lì che il 22 febbraio sono stati uccisi l’ambasciatore Luca Attanasio, originario di Limbiate, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista congolese Mustapha Milambo.

    Ci sembra tanto lontano il Congo, se non fosse che ciascuno di noi ce l’ha in casa e se lo porta in tasca attraverso il coltan (scientificamente: columbo-tantalite), un minerale che è componente fondamentale dei chip di qualsiasi apparecchio elettronico (a partire da nostri smartphone) e serve a ottimizzare la durata della batteria e a risparmiare energia elettrica. La RDC possiede l’80% delle riserve mondiali di coltan. Lo chiamano “minerale insanguinato” perché le modalità di raccolta e immissione sul mercato avvengono a prezzo di violenze, guerre e sfruttamento minorile. Nei giacimenti si trovano anche cobalto, diamanti, oro e molto altro.

    Ci consola che un testimone di pace così qualificato e creativo come Luca Attanasio sia cresciuto in uno dei nostri Oratori. C’è qualcuno o qualcuna pronto a prenderne il testimone?

    don Gianni

  • Anniversario senza spreco

    Mi rifaccio ancora a papa Francesco e a una sua affermazione paradossale: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. L’ha detta a Pentecoste, e l’ha ripetuta nei mesi successivi.

    Un anno fa, il pomeriggio di domenica 23 febbraio, sull’onda delle allarmanti notizie che iniziavano a prendere consistenza intorno al nuovo devastante virus, eravamo costretti a decisioni drastiche: sospensione delle Messe con la presenza dei fedeli (le chiese però sono sempre rimaste aperte per la preghiera personale), chiusura degli oratori e delle attività educative e sportive, chiusura delle scuole, incluse quelle parrocchiali per l’Infanzia. Dopo qualche giorno abbiamo imparato una nuova espressione: lockdown, chiusura totale, confinamento.

    Si è parlato di “tempo sospeso” e qualcuno ha proposto di cancellare dalla storia l’anno 2020.

    Cancellare: un istinto ricorrente nelle singole persone quando subiscono un periodo di prova per una malattia, un lutto, una separazione, un licenziamento o una bocciatura; tentazione che può essere avvertita anche a livello collettivo. Ma – a parte che l’accaduto non si può cancellare – è giusto mettere tra parentesi? Ignorare o eliminare o rimuovere il negativo? Non è anch’esso una scuola di vita, che mette in luce limiti, fragilità, ma anche risorse e capacità di lotta e di perseveranza di singoli e comunità? Nessuna esperienza, neppure la più angosciante, va sprecata. La forza della preghiera e del pensiero possono aiutare a superare ciò che il papa chiama “narcisismo, vittimismo ed egoismo” e a immaginare creativamente nuovi orizzonti.

    don Gianni

  • Quel testamento da leggere

    Quel testamento da leggere

    Ogni anno il 17 gennaio ricorre la Giornata per il dialogo ebraico-cristiano. Certamente un’occasione per esperti e super specialisti, mentre per la gente comune l’enunciazione dice poco.

    Un richiamo tuttavia si apre nella vita quotidiana di ogni cristiano: la Bibbia – che noi leggiamo come Parola di Dio – in gran parte è costituita da quello che chiamiamo Antico o Primo Testamento. Nelle Messe spesso la prima lettura proviene da uno dei 46 libri della prima parte della Bibbia: libri storici, testi profetici e sapienziali, poesie e preghiere dei Salmi.

    Da sempre questi scritti suscitano perplessità: Dio si compiace della sua creazione – vide che era cosa buona –, ma con ira distrugge l’umanità infedele come nel diluvio o a Sodoma e Gomorra.

    Si alternano promesse di alleanza tramite l’annientamento del nemico (l’esercito del Faraone, per es.) e pagine di intensa tenerezza come nel Cantico dei Cantici. I Salmi scavano nel profondo dell’animo di chi vive tutte le esperienze umane: malattie, persecuzioni, tradimenti, ma anche la ricerca di sicurezza in Colui che sempre è pastore e guida in una valle oscura.

    Gesù cita spesso l’Antico Testamento per ricordare che in Lui si trovano la pienezza dell’annuncio divino e la definitiva immagine di Dio, capace di misericordia senza condizioni. I profeti ne parlavano come di Colui che avrebbe inaugurato un tempo di grazia e di pace. Senza Gesù, l’Antico Testamento resta enigmatico; solo con Lui la rivelazione di Dio è completa. Alla luce di Gesù possiamo ascoltarlo e leggerlo con interesse e curiosità, senza timore.

    don Gianni

  • Inizio o interruzione

    L’attesa del periodo del Natale 2020 è stata intensa: zone a vari colori, coprifuoco, pranzi e cene di famiglia, sci e impianti di risalita, asporto da bar e ristoranti, autocertificazioni per la Messa di (non) mezzanotte. Dopo Natale nuove speranze con i vaccini e altre incognite sull’apertura delle scuole e il ritorno alla normalità. La nostra vita sociale è artificiale, ma non è noiosa.

    L’attesa del Natale, inteso come la celebrazione memoriale della nascita di Gesù, dovrebbe averci educato a non pensare a quel periodo – quello natalizio – come un’interruzione dei ritmi quotidiani, una sospensione delle attività consuete, un’allegra rimpatriata di saluti e di auguri. Non un’interruzione, ma un inizio: quando in una casa, in una famiglia, arriva una nuova vita i ritmi si stravolgono, il neonato detta l’agenda e gli orari, le occupazioni e le preoccupazioni crescono con il passare dei giorni e degli anni.

    Come cristiani – senza nulla trascurare del clima di festa, dello scambio di regali, degli affetti familiari vissuti gioiosamente – siamo chiamati a vedere nella nascita di Gesù un inizio, più esigente e più espressivo dello stesso cambio di calendario e avvio di un nuovo anno.

    Iniziare, senza stravolgere le abitudini, ma riempiendole del loro vero senso, evitando le vuote ripetizioni. Iniziare, rinnovando senza timore una preghiera autentica e personale, non limitata a formule esteriori. Iniziare, riconoscendo sul volto di ogni persona il volto stesso di Gesù. Iniziare, avendo fiducia nel futuro, perché accompagnato dalla presenza del Dio fatto uomo.

    don Gianni

  • Ci mettiamo la faccia

    Ci mettiamo la faccia

    Per il presepio in basilica gli organizzatori si sono posti il problema di come rispettare le indicazioni dell’emergenza sanitaria ed evitare ogni tentazione – per quanto benevola – di assembramento. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, perché il presepio è ben visibile da ogni angolo della chiesa e specialmente durante celebrazioni. Le sagome sono quasi ad altezza naturale e alcune di esse trovano spazio direttamente nell’area dell’altare. Una scritta esprime la fede in Gesù, Luce del mondo, riprendendo dal vangelo di Luca un’espressione del cantico di Zaccaria: «Ci visiterà un sole che sorge dall’alto». Il sole di Gesù vince le tenebre di ogni tempo, incluse quelle intessute di tristezza e paura dell’emergenza sanitaria tuttora in atto. Si richiama così anche l’origine della collocazione della solennità natalizia: la cristianizzazione della festa pagana del dies Solis invicti, quando le giornate cominciano di nuovo ad allungarsi. E si realizza la profezia di Malachia: «sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia».

    Le sagome sono senza colori e senza volti, perché forse invitano noi a metterci al loro posto nell’accorrere all’incontro con il Bambino Gesù. Su quelle sagome mettiamoci dunque la nostra faccia e rallegriamoci di avvicinarci a Lui, più ancora nella vita che nel presepio.

    don Gianni

  • Il respiro del tempo

    Questo 2020 passerà come un anno difficile, annus horribilis o, come dice qualcuno, «il peggiore della vita». Eppure alla fine del 2019 ci eravamo augurati, ripetendo come sempre l’inutile mantra, «un anno migliore del precedente».

    Gli eventi vanno per conto loro. Siamo noi a misurarli con lo scorrere del tempo: anni, stagioni, anniversari, feste. E facciamo bene a prendere le misure: così conserviamo in memoria le luci e le ombre della nostra vita, i sorrisi e le lacrime, le consolazioni e le devastazioni.

    Il tempo dà respiro alla nostra vita e, come direbbero i saggi, medica qualche ferita e attenua (quasi sempre) le rigidità del cuore.

    Il tempo potrebbe darci ritmo e respiro, almeno finché non arriva un virus maledetto a colpirci proprio in ciò che è più elementare, spontaneo, automatico: respirare per vivere. Descriviamo le nostre giornate collegando tempo e respiro: «non ho respiro» cioè «non ho tempo», «il tempo mi manca»; ma anche: «ora posso tirare il fiato» e quindi «ho guadagnato il mio tempo».

    Lo suggerisce il Papa e l’hanno ribadito i Vescovi italiani: nell’ansia di superare le drammatiche difficoltà del 2020, occorre evitare che questo tempo vada sprecato, che non insegni nulla, che le tenebre con cui ha avvolto noi e il mondo soffochino quelle luci di ricerca di senso, di interiorità, di solidarietà che pure ha sollecitato e portato. Il virus resta il nemico, ma gli uomini e le donne del 2021 continuano a essere benedetti da Dio. Auguri e buon anno nuovo!

    don Gianni

  • Nato al tempo del censimento

    «In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra»: così inizia il racconto della nascita di Gesù nel vangelo di Luca. Le circostanze sono condizionate da un decreto imperiale e Giuseppe – riferisce sempre il vangelo – «dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme».

    Il censimento dell’antichità serviva, più che a esigenze statistiche, a stabilire quanti uomini potevano essere abili per l’esercito (ma il coriaceo popolo ebreo su questo faceva eccezione) e soprattutto quantificare il gettito fiscale: un’imposizione dall’esterno che doveva suonare come strumento di oppressione e segno di schiacciante prepotenza. Eppure – è sempre il testo del vangelo – «tutti andavano a farsi censire». Anche per questo Gesù non trova alloggio.

    A quei tempi il nemico era chiaro e visibile: il potere degli occupanti imperiali e il tradimento dei connazionali collaborazionisti, tra cui il re Erode. Ai nostri tempi si parla di un nemico insidioso, invisibile, in gran parte sconosciuto, al quale ci si può sottrarre solo se tutti insieme ci si sottopone a comportamenti adeguati a tutelare la salute propria e altrui.

    Cosa farebbero oggi Gesù, Maria e Giuseppe? Come allora, senza venire a patti con il nemico, si inserirebbero nella vita di tutti, tra paure e speranze, preoccupazioni e impazienze, gesti di solidarietà e responsabilità. Tutto può accadere, ma Gesù è qui con noi. Lo è sempre, ma specialmente nei momenti meno felici, quando abbiamo più bisogno di Lui. Buon Natale a tutti!

    don Gianni

  • Fare doni, essere dono

    Non c’è aspetto migliore della tradizione natalizia che quello di fare e ricevere doni. Non è un atto riservato ai cristiani o al Natale: le feste religiose e civili dei popoli e gli anniversari si accompagnano spesso all’usanza di scambiarsi regali come segno di una gioia condivisa.

    Il gesto può anche essere interessato – chi dona oggi spera di ricevere un contraccambio domani – e addirittura causare legami di dipendenza o tentativi di corruzione.

    Ma la consuetudine di donare svela una bella caratteristica dell’essere umano: saper uscire da sé, coltivare relazioni con gli altri, immaginare il loro benessere. Perciò non appartiene solo ai cristiani o alle persone religiose, ma è segno di un’umanità aperta e fiduciosa, capace di andare oltre l’interesse immediato e di vivere la gratuità.

    Ciò che è umano diventa anche divino quando, sulle orme del Figlio di Dio fatto uomo, sappiamo arricchire ciò che già realizziamo. Gesù non fa doni, ma dona se stesso: non più “qualcosa per cui ti ricorderai di me”, ma il dono di me stesso, la mia presenza, la mia parola, il pane che mi rappresenta, il mio tempo dedicato a te. È Dio che si apre a noi, che ha fiducia in noi, che giunge a perdonare, che riconcilia – rimette in ordine – un mondo privo di armonia.

    Gesù ci incoraggia a essere dono a nostra volta, secondo quel comandamento che interpreta le nostre migliori aspirazioni: amare Dio e amare il prossimo. Capita già di saperlo attuare in famiglia, con i malati, con i poveri, con chi non ha da ricambiare. Essere dono è possibile.

    don Gianni

  • Visita o non visita?

    In questi giorni gli incaricati delle parrocchie stanno portando a tutte le famiglie la lettera firmata da preti, diacono e Ausiliarie diocesane, che conferma che non sarà possibile effettuare la tradizionale visita natalizia e suggerisce di ritrovarsi in famiglia a pregare il Padre nostro. L’immagine della natività di Gesù, allegata al messaggio, ne riporta la nuova versione che già utilizziamo nella preghiera comune.

    Nella lettera si annuncia pure che – per quanto possibile a causa del cosiddetto coprifuoco – chi desidera potrà venire nelle chiese parrocchiali per una preghiera e una benedizione.

    In quell’occasione le famiglie presenti saranno invitate a portare esse stesse un dono, un segno di speranza, da consegnare ai vicini, ripetendo così quanto i vangeli ci narrano della visita dei pastori a Gesù: «trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro».

    Riferirono, cioè raccontarono, portando in dono la certezza di avere incontrato il Salvatore, come aveva loro annunciato l’Angelo. Erano pastori, non angeli, né scribi, né teologi: gente comune, forse anche povera, che superava ogni paura e parlava di Gesù. Perché non potrebbe farlo ciascuno di noi con il proprio vicino, il familiare, il conoscente, l’amico?

    La non-visita tradizionale potrebbe così trasformarsi in un’esperienza missionaria semplice, alla portata di tutti, capace di portare luce e benedizione, senza ulteriori complicate spiegazioni.

    don Gianni