L’attesa del periodo del Natale 2020 è stata intensa: zone a vari colori, coprifuoco, pranzi e cene di famiglia, sci e impianti di risalita, asporto da bar e ristoranti, autocertificazioni per la Messa di (non) mezzanotte. Dopo Natale nuove speranze con i vaccini e altre incognite sull’apertura delle scuole e il ritorno alla normalità. La nostra vita sociale è artificiale, ma non è noiosa.
L’attesa del Natale, inteso come la celebrazione memoriale della nascita di Gesù, dovrebbe averci educato a non pensare a quel periodo – quello natalizio – come un’interruzione dei ritmi quotidiani, una sospensione delle attività consuete, un’allegra rimpatriata di saluti e di auguri. Non un’interruzione, ma un inizio: quando in una casa, in una famiglia, arriva una nuova vita i ritmi si stravolgono, il neonato detta l’agenda e gli orari, le occupazioni e le preoccupazioni crescono con il passare dei giorni e degli anni.
Come cristiani – senza nulla trascurare del clima di festa, dello scambio di regali, degli affetti familiari vissuti gioiosamente – siamo chiamati a vedere nella nascita di Gesù un inizio, più esigente e più espressivo dello stesso cambio di calendario e avvio di un nuovo anno.
Iniziare, senza stravolgere le abitudini, ma riempiendole del loro vero senso, evitando le vuote ripetizioni. Iniziare, rinnovando senza timore una preghiera autentica e personale, non limitata a formule esteriori. Iniziare, riconoscendo sul volto di ogni persona il volto stesso di Gesù. Iniziare, avendo fiducia nel futuro, perché accompagnato dalla presenza del Dio fatto uomo.
don Gianni
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