Categoria: Editoriali

  • Coltiviamo la speranza

    Coltiviamo la speranza

    Cercatori di speranza nonostante le incertezze del futuro per le guerre, le divisioni e la solitudine che regna e genera paura e sfiducia: noi non disperiamo, c’è ancora tanto bene presente nel mondo. Sono dei semi, segni dei tempi che però vanno coltivati se vogliamo che da loro nasca e fiorisca la speranza. La vita è ancora difesa, è fatta crescere, la famiglia è sostenuta, la salute è curata, i giovani sono accompagnati, i poveri aiutati. Queste sono tutte realtà concrete, non campate per aria.
    Non pensiamo dunque alla speranza come se fosse un principio astratto o la proiezione dei nostri desideri in un futuro roseo.

    I semi della speranza già premono sotto le zolle, come la brace è presente sotto la cenere e per rendersene conto basta togliere lo strato superficiale di fuliggine. Qualche germoglio ha già messo fuori la testa e perciò attendersi un raccolto fruttuoso non è una strana fantasia, ma una prospettiva reale.
    Però, perché il bene cresca al meglio, non si può starsene con le mani in mano: bisogna coltivarlo.
    Ecco, la speranza ha a che fare con i nostri comportamenti e i nostri atti.

    I segni di speranza richiedono il nostro impegno.

    Sono anzitutto la pace, che non è un bene scontato, da invocare fatalisticamente pensando che tutto dipende da chi ha il potere nelle mani e può fare il bello e il cattivo tempo a suo piacimento.
    Molti stanno già lavorando per costruire la pace con incontri, marce, dialoghi e gesti di concordia, di intesa, dal papa, giù giù, fino a noi. Tutti siamo responsabili della costruzione di un mondo pacifico e perciò non vogliamo lasciar crescere paure, egoismi e ansie che bloccano le nostre azioni. Anche gli incontri interreligiosi già in corso e che quest’anno la commissione cittadina per l’unione e la pace vuole riproporre, contribuiscono allo scopo di suscitare speranza e vita comunitaria.

    Cominceremo il 7 dicembre con un incontro presso la sede dei fratelli musulmani in via Forlanini 36 a Desio, che terminerà con una cena, da loro offerta, a tutti i partecipanti.

    Siamo invitati a compiere dei gesti di fraternità che ci sollevano dalla disperazione e costruiscono alla fiducia nel cammino verso il bene.

  • Famiglie come presepi viventi

    Famiglie come presepi viventi

    L’Avvento è un periodo che invita a una riflessione profonda, un tempo di attesa e preparazione per la celebrazione del Natale. In questo contesto, le famiglie possono essere viste come autentici presepi viventi, luoghi in cui si manifesta la storia natalizia, ma anche spazi in cui si nutre e si trasmette la speranza. Essere pellegrini di speranza è un viaggio che ognuno di noi intraprende nel corso della vita. Questo cammino, però, non è solo una questione personale, ma un’eredità che si trasmette di generazione in generazione. Insegnare ai propri figli a riconoscere la bellezza della vita, anche nei momenti di difficoltà, è un compito fondamentale che ogni genitore ha il privilegio e la responsabilità di assolvere.

    Le famiglie come presepi viventi

    Immaginare una famiglia come un presepe vivente significa riconoscerne il valore e la bellezza nell’assemblea di volti, emozioni e interazioni che si intrecciano quotidianamente. Ogni famiglia è un mondo a sé, con le proprie tradizioni, sfide e gioie. In questo periodo dell’anno è possibile trasformare la dimensione quotidiana in un racconto di accoglienza e amore, proprio come nella scena del Natale.
    Il presepe, rappresentazione della Natività, ci sollecita a contemplare la semplicità di un gesto, l’importanza della condivisione e la bellezza del prendersi cura gli uni degli altri. Le famiglie, in questo modo, diventano un microcosmo in cui si può manifestare la speranza, una qualità fondamentale in tempi di incertezze e difficoltà.

    L’Avvento: un tempo di educazione alla speranza

    L’Avvento, con le sue sei domeniche, è un tempo di riflessione e rinnovamento. È un’opportunità per le famiglie di riflettere sui valori fondamentali che le uniscono, riscoprendo la bellezza di stare insieme. Durante questo periodo, le famiglie sono invitate a pratiche educative che promuovono la speranza. Attraverso momenti di preghiera, letture bibliche, ma anche semplici conversazioni attorno a un tavolo, si può costruire un ambiente che incoraggia la fiducia nel futuro.

    Le famiglie, nel loro cammino verso il Natale, possono diventare veri e propri presepi viventi, testimoni di una speranza viva e vibrante. In un mondo che spesso appare incerto, educare alla speranza diventa un compito fondamentale, per il bene dei più giovani e per la costruzione di comunità più forti e unite.
    L’Avvento, quindi, non è solo un momento di attesa per la nascita di Gesù, ma una stagione di riflessione e azione, un’opportunità per ogni famiglia di rafforzare i legami, condividere valori e coltivare la speranza. In questi giorni, più che mai, ricordiamo che la speranza è un dono che possiamo offrire e ricevere, proprio come il Bambino di Betlemme.

    Liliana – ausiliaria diocesana

  • Un segno di speranza: la cucina di Damour

    Un segno di speranza: la cucina di Damour

    Come gesto di carità del cammino di Avvento, la Comunità Pastorale ha deciso di sostenere un’opera di padre Damiano Puccini e dei volontari di Oui pour la Vie in Libano: la cucina di Damour.

    Una iniziativa che va incontro ai bisogni concreti di quel popolo e che è un tangibile segno di speranza.
    In questo momento drammatico per tutto il Medio Oriente, con il conflitto in corso tra Israele e Hamas, il Libano, seppur a rischio collasso dal punto di vista economico, continua ad essere messaggio di fratellanza e di fede, come lo definì San Giovanni Paolo II.

    La terra dei cedri è da sempre anche terra di rifugiati: avendo una forma di governo repubblicana, vi hanno cercato scampo tanto i perseguitati cristiani, quanto quelli musulmani.

    È abitato da persone appartenenti a 18 confessioni religiose diverse, riconosciute ufficialmente dallo Stato.

    «Nonostante la guerra in Siria che dura da 12 anni e la situazione tra Israele e Hamas, il Libano resta un modello di convivenza – dice padre Puccini – con Oui pour la vie operiamo per la riconciliazione al di là delle cose brutte accadute e che accadono, mettendo al centro gli ultimi. Stiamo nella realtà con il cuore. Lavoriamo per creare un gruppo che si prenda cura della comunità». In una situazione comunque complessa, con l’economia messa in ginocchio dalla peggiore crisi finanziaria degli ultimi 150 anni di storia del Paese e una popolazione estremamente impoverita, l’associazione Oui pour la Vie continua la sua attività con la cucina di Damour, oltre che con altre iniziative. Damour è il capoluogo dello Chouf, a metà strada tra Beirut e Sidone.

    Spiega padre Damiano: «Ci troviamo a 15 chilometri da zone bombardate in direzione nord e sud. La nostra cucina fin dalla sua apertura è prima di tutto un luogo di relazione tra poveri di ogni appartenenza e provenienza. È un ambito in cui si rende visibile, attraverso l’amicizia tra volontari e utenti, una prospettiva di accettazione reciproca e di cammino verso il perdono. I volontari cristiani di Oui pour la Vie, associazione libanese legalmente riconosciuta, hanno promesso alla Madonna di continuare a rinunciare fino ad un terzo delle loro risorse, nonostante il grande impoverimento del Paese, per rispondere ai bisogni delle persone che arrivano da noi: libanesi, palestinesi, siriani, sfollati che fuggono da zone bombardate. Hanno anche promesso di attuare questo impegno attraverso lo sguardo dalla croce di Gesù, che considera tutti fratelli, affidati a sua Madre, la Vergine Maria. E i volontari musulmani di Oui pour la Vie ci accompagnano nell’esecuzione di queste attività».

    don Marco Villa

  • La speranza non delude

    La speranza non delude

    Abbi fiducia! Cerca di non perdere la speranza! Ognuno di noi, dopo aver ascoltato persone in difficoltà, ha certamente pronunciato frasi simili. Si tratta di frasi fatte, vie di uscita di fronte a situazioni imbarazzanti oppure espressioni capaci di offrire indicazioni concrete per affrontare la
    realtà, a volte tortuosa della vita?

    Alda Merini, poetessa milanese, segnata da non poche fatiche, scrive in una poesia quasi autobiografica:

    È così diseguale la mia vita da quello che vorrei sapere. Eppure al di là di ogni immondizia e sutura, c’è la grande speranza che il tempo redima i folli e l’amore spazzi via ogni cosa e lasci inaspettatamente viva
    una rima baciata.

    Drammatica e intensa, la poesia della Merini ci riporta nella realtà di una vita segnata dal travaglio
    della disperazione che comun que non vince sulla speranza di un atto d’amore capace di ridare coraggio e intraprendenza. Quando noi pensiamo alla speranza, dunque, non facciamo riferimento a una illusoria via d’uscita dalle complessità del vivere, ma individuiamo il modo di affrontare situazioni oscure o deprimenti.

    Al riguardo è illuminante un altro autore che scrive:

    La maggior parte delle cose importanti nel mondo sono state compiute dalle persone che hanno continuato a pregare quando sembrava non ci fosse alcuna speranza.

    Non si tratta di sperare quando non vediamo altra via d’uscita, ma la speranza è il motivo, il seguito di una vita che si gioca nell’assunzione delle proprie responsabilità, per trafficare i talenti ricevuti e metterli a servizio del bene di tutti. In altre parole, la speranza ha come volto ogni gesto di amore.

    Anche al riguardo ci viene in aiuto un uomo di pensiero:

    La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle.

    Affrontare la vita con speranza è l’esatto contrario della rassegnazione perché è solo sperando che
    entriamo in attesa, ed entrando in attesa ci mettiamo in movimento. Non è forse questo il senso più tra-
    sparente del tempo di Avvento che domenica prossima inizieremo?

    Non è forse la speranza una virtù da ritrovare di fronte alle tante rassegnazioni che ci troviamo quasi imposte ogni giorno?

  • Giornata diocesana Caritas – Giornata mondiale dei poveri

    Giornata diocesana Caritas – Giornata mondiale dei poveri

    La preghiera del povero sale fino a Dio

    Domenica prossima 10 novembre la Chiesa Ambrosiana celebra la giornata diocesana Caritas (nel 50° della sua fondazione) e la giornata mondiale dei poveri istituita da Papa Francesco a partire dal 2016. La Caritas è stata creata proprio per sensibilizzare le comunità cristiane sul tema della carità, uno dei fondamenti della fede. In questo anno dedicato alla preghiera in preparazione al Giubileo del 2025 papa Francesco, nel suo messaggio per la giornata del povero, ha messo a tema la preghiera del povero a partire da una frase del libro del Siracide: la preghiera del povero attraversa le nubi, né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.. Dice il papa: I poveri hanno un posto privilegiato nel cuore di Dio; davanti alla loro sofferenza, Dio è impaziente fino a quando non ha reso loro giustizia. Nel nostro tempo la povertà purtroppo cresce. Aggiunge papa Francesco: Quanti nuovi poveri produce questa cattiva politica fatta con le armi, quante vittime innocenti! Eppure, non possiamo indietreggiare. I discepoli del Signore sanno che ognuno di questi piccoli porta impresso il volto del Figlio di Dio e ad ognuno deve giungere la nostra solidarietà e il segno della carità cristiana. Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società; questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 187).

    Anche in Italia e nella nostra Diocesi la povertà aumenta, come ha rivelato il rapporto 2023 della Caritas Ambrosiana (uscito il 16 Ottobre scorso) e come attesta l’Istat. Nell’anno a rivolgersi alla rete Caritas sono state soprattutto donne (quasi 6 su 10). Gli uomini erano il 38% nel 2022 e sono diventati il 40,4%. Gli immigrati sono il 63,9%, contro il 60,9% del 2022, i disoccupati sono il 49,1%, mentre si consolida il numero degli occupati che si rivolgono a Caritas, arrivati al 23,9% del totale, a conferma della rilevanza del fenomeno del lavoro povero. Ai centri d’ascolto e ai servizi Caritas continuano a crescere le richieste di aiuto dettate da insufficienza di reddito. Ancora papa Francesco: Ai poveri che abitano le nostre città e fanno parte delle nostre comunità, dico: non perdete questa certezza! Dio è attento a ognuno di voi e vi è vicino. Non vi dimentica né potrebbe mai farlo”. Compito di ogni comunità è ascoltare il grido del povero, non essere indifferenti: i poveri hanno ancora molto da insegnare, perché in una cultura che ha messo al primo posto la ricchezza e spesso sacrifica la dignità delle persone sull’altare dei beni materiali, loro remano contro corrente evidenziando che l’essenziale per la vita è ben altro.

    Don Marco Villa referente Caritas decanale e della Comunità Pastorale

  • Comunicare …

    Comunicare …

    Mentre inizio a pensare queste righe mi chiedo se è utile scrivere ogni settimana per il foglio Comunità in cammino. In fondo è più coinvolgente parlare guardandosi negli occhi. Un articolo può rimanere anonimo o impersonale! A dire il vero mi è capitato, alcune volte, di incontrare persone che hanno ringraziato per le riflessioni offerte. E’ anche accertato che in comunità pastorale non mancano stimoli per pensare e neppure iniziative da motivare, diversificate per età, situazioni di vita e appartenenza parrocchiale o a forme associative, tanto che lo spazio del notiziario diventa insufficiente e, a volte, un po’ complesso da gestire.

    Queste stesse considerazioni hanno provocato un gruppo di cristiani di tutte e cinque le parrocchie e le hanno spinte a ripensare e implementare il capitolo della comunicazione proposta in comunità pastorale nel contesto cittadino.

    Dopo attenta valutazione si è convenuto giungere a una rimodulazione dell’informazione. Il foglio che hai tra le mani, pur mantenendo come titolo Comunità in cammino, specifica cosa vuole essere. Infatti, è messo in evidenza che la testata settimanale ha come obiettivo quello di offrire informazioni e notizie circa gli appuntamenti della settimana entrante. In prima pagina continuerete a trovare l’editoriale e l’introduzione alla liturgia della domenica, mentre la seconda e la terza pagina vengono dedicate a informare/invitare agli appuntamenti settimanali promossi in comunità pastorale o nella singola parrocchia. In quarta pagina è riportato il calendario liturgico con gli orari e le intenzioni delle Messe.

    Gli approfondimenti, le riflessioni e le rubriche particolari verranno affidate a una pubblicazione bimestrale che dovrebbe nascere fin dai primi mesi del 2025. In tal modo sarà possibile riservare spazio maggiore a qualche studio, esame, relazione su iniziative cittadine, parrocchiali e non solo. Il processo avviato chiede di ripensare anche il sito e le modalità social per favorire la pluralità senza mortificare la comunione, rischiando la frammentarietà. Tutto questo è realizzabile grazie a chi da anni cura la comunicazione nelle sue varie forme e continuerà ad essere possibile se altri si lasceranno coinvolgere. Ci muove la consapevolezza che comunicare è prima di tutto vivere ed offrire la concretezza di una Chiesa che dispensa nella città la testimonianza del Vangelo. Con riconoscenza a tutti i volontari della comunicazione e a te che leggi e vivi questa avventura di Vangelo, riprendiamo il cammino di vita cristiana animati proprio dalla gioia del Vangelo.

  • A Messa, di domenica, perché?

    Da giovedì 24 a domenica 27 ottobre vengono proposte in città le Giornate Eucaristiche, momenti in cuisarà possibile fermarsi per la preghiera personale o comunitaria davanti a Gesù, pane vivo disceso dal cielo. Ciascuno può individuare gli orari adatti per vivere una sorta di pellegrinaggio eucaristico. Le occasioni itineranti nelle parrocchie favoriscono gli anziani, che non devono spostarsi troppo, e chi lavora, con orari serali o nel pomeriggio del sabato e della domenica. E’ stato preparato un sussidio per i momenti comunitari che può aiutare ad adorare anche in quelli di preghiera personale. Le giornate hanno come titolo A Messa, di domenica, perché? Dal momento che il dono dell’Eucarestia è offerto da Gesù nel contesto della sua Pasqua, non è possibile non ricordare che la celebrazione comunitaria dell’Eucarestia è, e rimane, il centro della vita della comunità (M. Delpini).

    Ma cosa comunica, oggi, a un ragazzo o a un giovane la Messa? E’ ancora comprensibile per la maggior parte degli adulti?

    Il più delle volte sembra di non riuscire a comunicare la decisività nella vita di un cristiano della Messa domenicale! In realtà la Messa è molto più di un rito, di una sana abitudine o di un’occasione aggregativa. E’ un vero appuntamento d’amore. Scrive un autore, al quale affido l’invito per vivere le Giornate Eucaristiche 2024: la Messa è un roveto ardente nel quale Dio si manifesta in mezzo a noi per farsi conoscere. E’ la montagna delle beatitudini dove chi si riunisce rimane affascinato dalla ricchezza della sua Parola. E’ il luogo della crocifissione, il Golgota, dove si rivive realmente il più grande atto d’amore di sempre. E’ un cenacolo dove si tocca con mano che lo Spirito di Gesù risorto non abbandona la sua presenza nella mia vita e nella nostra storia”.

  • Camminare …

    Camminare …

    Chi vive incarnato nella situazione storica odierna non può non interrogarsi sul senso di una festa patronale. Se qualche decennio fa la festa del Patrono di un paese o di una città rimandava immediatamente alla vita cristiana con i suoi ritmi e scadenze, oggi non è più così. Occasioni per fare festa non mancano, anzi sono quotidiane! Sembra inevitabile chiedersi se il festeggiare la Madonna del Rosario, Patrona della città di Desio, parli ancora a gente di ogni età, alle prese con al­go­ritmi, intelligenza artificiale, forme di comunicazione istantanee, conflitti locali e mondiali che aprono scenari impressionanti nel tentativo di sdo­ga­nare la guerra come modalità di soluzione alle tensioni internazionali.

    Alla luce e sollecitati dalla Parola di Dio suggerisco due percorsi di ri­flessione per agire da cristiani nella città ben consapevoli della po­ten­zialità e delle sfide in atto.

    Il primo: nel racconto di Atti degli Apostoli (Atti 1,12-14) si descrive una situazione simile alla nostra. I testimoni della resurrezione di Gesù, pur avendo avuto riprova della presenza del Risorto, sono in preda a smar­rimento e paura. Non hanno ancora il coraggio di uscire e annunciare la notizia buona che cambia il modo di vivere: Gesù è vivo e noi siamo amati e salvati da Dio, perché figli di un Dio che è Padre. Nonostante que­sto timore riconoscono nella presenza di Maria di Nazareth la donna capace di accoglierli perseverando nella preghiera e nella fraternità. Maria indica che la strada da percorrere è quella della fiducia incrollabile nella presenza di Dio. Questo annuncio ci interpella e, aiutati da un prete educatore, desiano di nascita e di formazione alla vita cristiana, troviamo la prima consegna: “Il problema dell’educazione dei giovani è che hanno assolutamente bisogno di una sola cosa: la presenza dell’adulto. I giovani hanno bisogno di una presenza, cioè che l’adulto sia una presenza”. Noi cristiani abbiamo la gioiosa responsabilità di educarci ed educare ad essere e diventare adulti appassionati e fiduciosi soprattutto nelle si­tua­zioni maggiormente complesse e precarie tipiche di una società definita destrutturata e liquida.

    Il secondo percorso: il tratto che caratterizza l’adulto è la con­sa­pe­vo­lez­za di essere partecipe di un dono ricevuto e come tale da trasmettere. S.Teresa di Gesù Bambino, dopo il travaglio vissuto nel diventare adulta, arriva ad affermare: “Compresi e conobbi che l’amore abbraccia in se tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che l’amore si estende a tutti i tempi e i luoghi, in una parola che l’amore è eterno”. Vivere nella realtà come adulti è non recriminare né rimpiangere, ma assumersi le re­spon­sa­bilità che ci vengono affidate operando, a volte anche soffrendo e lot­tando, nella consapevolezza che Dio Padre ci assegna una vocazione specifica, così che lo stare nel mondo diventa il tempo nel quale investire i talenti ricevuti mettendoli a servizio della pace e della fraternità. Come discepoli di Gesù, non stiamo nella città per dividere, ma per unire e valorizzare ogni contributo. In concreto: camminare uniti e pronti a riconoscere ogni scintilla di bene per metterla in relazione con altre scintille di bene e togliere la cenere dalla brace che impedisce al fuoco di ardere e riscaldare. Accompagnati dalla Madonna del Rosario, da S.Teresa di Gesù Bambino e dai molti testimoni di ieri e di oggi, viviamo con fiducia laboriosa questo tempo di grazia.

  • Una città sempre giovane

    Una città sempre giovane

    Desio è città da un secolo! 1924 – 2024

    Sono cento anni di storia, cento anni di vita, di intrecci tra gioie e dolori, vicende familiari e sociali. La storia di una città non è estranea alla storia della nazione e del mondo intero, ma ne è inscindibilmente legata e, al tempo stesso, espressione. Percorrendo le strade della nostra città si possono individuare ancora alcune caratteristiche del suo passato remoto e recente e, al tempo stesso, si riconoscono i segni dell’oggi.

    Si vedono luoghi che hanno caratterizzato la vita sociale negli anni ’30 del secolo scorso, come i cortili, ma anche tracce di un’epoca industriale negli anni ’70 e ’80. Si individuano zone più recenti, ma anche alcune zone in decadenza. I pensieri che condivido con voi nascono da un grande amore per questa città nella quale vivo da oltre un anno.

    Ho apprezzato da subito le tante potenzialità e le fatiche. Come Chiesa, come cristiani e preti, vorremmo vivere a servizio della città, della sua storia, riconoscendone i tratti vitali per favorire interazioni e collaborazioni, per mettere in dialogo differenze e per annunciare la gioia di dare un senso al vivere e all’operare quotidiano: il Vangelo di Gesù.

    Quattro figure, tra i tanti desiani, ci possono aiutare nel continuare a generare storia di vita buona per la città:

    • Achille Ratti, poi Pio XI, che ha operato con tenacia e determinazione a favore della pace tra i popoli e le nazioni, ha aperto la Chiesa a mondi fino ad allora lontani e sconosciuti, ha sostenuto con l’Azione Cattolica il qualificato impegno dei laici nel mondo.
    • Luigi Giussani, un uomo, un prete tutto brianzolo, essenziale e coinvolgente, capace di visione, ma anche concreto nel darne realizzazione. Negli anni turbolenti del ’68 diceva tra l’altro che la comunione con Dio Padre e tra noi cristiani è la modalità con cui partecipiamo alla costruzione di un mondo più giusto, vero e bello.
    • Lucia Pulici, missionaria saveriana e donna del Vangelo che con Celestino Cattaneo, poi Vescovo cappuccino di Asmara, sono il segno di una Chiesa aperta al mondo fino al punto di andare lontano per annunciare il Vangelo. La festa di Desio non è solo un rito, una scadenza ma occasione per tornare all’origine della storia affidando alla Regina della Pace, così chiamata da Pio XI, il presente e il futuro.
  • Una settimana …

    Con la festa degli oratori, che oggi è proposta in ciascuna delle par­rocchie della comunità pastorale, entriamo nella settimana centrale della festa Patronale della città. Pio XI, il Papa nativo di Desio, riflettendo sulla preghiera del Rosario, scrive: “Questo modo di pregare ha il profumo della semplicità evangelica e richiede l’umiltà dello Spirito senza la quale è difficile vivere il Vangelo”.

    È proprio per questo motivo che si è pensato di offrire, nella festa Patronale del centenario di Desio città, un percorso di riscoperta di alcuni uomini e donne che hanno vissuto il Vangelo nella vita quotidiana.

    Giovedì 3 ottobre, nella sacra rappresentazione che si terrà in Basilica, sarà possibile conoscere, attraverso vari linguaggi (recitazione, musicale, danzante), S. Teresa di Gesù Bambino. Una donna, poco più che bambina, che arriva ad essere santa attraverso le azioni più ordinarie.

    Venerdì 4 ottobre presso la sede della Pro Desio incontreremo don Nagle che ci permetterà di conoscere anche la mostra realizzata a suo tempo dal Beato Carlo Acutis sui Miracoli Eucaristici. La serata avrà il carattere di testimonianza e di inaugurazione della mostra stessa.

    Sabato 5 ottobre presso Il Centro don Giuseppe Corbari ci introdurrà alla conoscenza di una mostra da lui realizzata dal titolo ‘Gesù e l’amico’, dove conosceremo molti giovani che, affascinati da Gesù, si sono messi alla sua sequela.

    Domenica, dopo aver celebrato la S.Messa con l’investitura del Gran Maestro del Palio, animata dal coro Alpino della città, siamo tutti invitati alla celebrazione Eucaristica delle ore 18.30 in Basilica (solo in questa do­me­nica è sospesa la Messa delle 17.30 a SS. Pietro e Paolo e delle 18.00 a S. Pio X) per rinnovare la gioia di essere Chiesa nella città.

    Accanto a questi appuntamenti ce ne sono altri che hanno come obiettivo di farci incontrare da fratelli e sorelle che camminano senza presunzione nella città, offrendo opportunità e motivi di speranza.