Categoria: Editoriali

  • Un nuovo umanesimo

    Compresso tra il Sinodo sulla famiglia e il drammatico terrore degli attentati a Parigi, si è svolto a Firenze dal 9 al 13 novembre il V Convengo Ecclesiale Nazionale dal titolo “In Gesù Cristo: il nuovo umanesimo”. Lo tsunami del dolore che si è abbattuto sull’Europa a seguito dei fatti di Parigi, non ha permesso che venisse dato risalto al confronto che si è svolto nella città dell’arte per eccellenza; ma tre giorni prima che l’onda del terrore devastasse la pace delle nostre vite Papa Francesco ha pronunciato un intenso discorso nella cattedrale di Santa Maria del Fiore che non può cadere nel dimenticatoio.

     

    Quali devono essere i tratti di questo nuovo umanesimo in Cristo Gesù che siamo chiamati a vivere? Umiltà, disinteresse e beatitudine, ecco i tre sentimenti di Gesù che Papa Francesco indica per delineare il volto del nuovo umanesimo.  Parole che troppo spesso risultano lontane dal nostro vissuto o talmente difficili ed impegnative che non ci si sforza di tenerle come punti cardinali per il cammino.

     

    Proviamo a domandarci quante volte abbiamo ascoltato qualcuno accusare la Chiesa di essersi persa, di aver snaturato la sua funzione di retta guida che accompagna e corregge il pellegrinare dell’uomo. A me, per esempio, è successo una di queste sere di benedizioni alle famiglie. Come dice il Papa “Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, si disorienta, perde il senso.”; tocca a ciascuno di noi impegnarsi ogni giorno e orientare le proprie scelte perché siano testimoniati ed incarnati i sentimenti di Gesù.

     

    Le tentazioni sono sempre vicine e portano a distanziare la Chiesa da chi l’ha istituita: “la fiducia assoluta nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché astratte” con il conseguente “stile di controllo, di durezza, di normatività” oppure “il confidare nel ragionamento logico e chiaro” che “perde la tenerezza della carne del fratello”. Non esiste umanesimo cristiano se si è distanti dalla gente, indaffarati nel fare al punto tale da non accorgersi del prossimo.

     

    Ascoltando le parole di Papa Francesco si comprendono meglio le cinque vie verso l’umanità nuova proposte in preparazione al Convegno: uscire, annunciare, abitare, educare e trasfigurare; ma potremmo aggiungere: incontrare, dialogare, sostenere, costruire. Proprio su questo ultimo verbo il Papa ci ricorda che non basta costruire, ma occorre “costruire insieme […] non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà”. Un messaggio forte e chiaro che ci chiama a non alzare muri, a non chiudere porte, a non curare soltanto il nostro piccolo e ordinato giardino.

     

    Sono le parole pronunciate dal Sommo Pontefice a Firenze che vorrei dedicare alla parrocchiana delusa dalla Chiesa e che si augura un futuro fondato sulla laicità; queste stesse parole dovrebbero essere  ascoltate con attenzione da ogni fedele per vivere in pienezza i sentimenti di Cristo, per vivere un nuovo umanesimo nel quale l’uomo ritrova il senso di essere uomo.

     

    don Pietro

  • Non basta guardare serve ascoltare

    “Quante cose!” Ecco la frase che viene spontaneo pronunciare se ci si accosta al documento che i padri sinodali hanno consegnato a Papa Francesco al termine del Sinodo sulla Famiglia: il testo è corposo, suddiviso in 94 punti e costituito da 3 parti che contengono 4 capitoli ciascuna. Se ci si fa’ coraggio e si procede con la lettura allora si scoprirà la ricchezza di contenuti in esso racchiusa, contenuti che vanno ben al di là dei due temi onnipresenti negli articoli e nei servizi dei giorni appena trascorsi. E’ vero, si trovano parole di sostegno e attenzione nei confronti degli omosessuali (ogni persona va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione [N.76]) e di chi vive nuove unioni familiari (deve essere più integrato nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili [N.84]), ma il Sinodo è stato molto altro! E’ stato un’occasione di confronto e riflessione sulla realtà che accomuna tutti noi, perché tutti siamo figli e tutti abbiamo un padre e una madre.

     

    L’atteggiamento vissuto in questo sinodo è racchiuso nel titolo dalla I parte “La Chiesa in ascolto sulla famiglia”, potremmo parlare di un ampliamento di sensi, non più una Chiesa che guarda solo alla famiglia ma che si mette in ascolto delle sue problematiche e delle sue gioie, una Chiesa che crede fermamente nella ricchezza insita in ogni famiglia e desidera accompagnarla e sostenerla in ogni sua situazione.

    L’esigenza di vivere una reale vicinanza della Chiesa nei confronti di ogni uomo è una linea che emerge in maniera chiara nel documento sinodale: «Occorre accogliere le persone con comprensione e sensibilità nella loro esistenza concreta, e saperne sostenere la ricerca di senso» [N.34]. Tutto questo indica uno sguardo sereno e luminoso perché nell’ottica della fede non ci sono esclusi.

     

    «Dio è amore e chiama all’amore» [N.35]. La famiglia è una risposta forte e chiara a questa chiamata: la famiglia ama e insegna ad amare, è palestra del cuore nella quale ogni uomo fa esperienza dell’amore e si allena per diventare sempre più forte nell’amare. Quando al centro di un’unione vi è l’amore di Dio ecco che l’uomo e la donna diventano essi stessi fonti inesauribili d’amore, capaci di superare le fragilità e le delusioni che fanno parte della famiglia umana. Il desiderio di famiglia che resta vivo nelle giovani generazioni ci insegna quanto sia essenziale vivere legami veri e profondi, anche se non sempre i giovani sono sostenuti ed incoraggiati a fare il passo decisivo dalla convivenza al matrimonio. I padri sinodali sono consapevoli di questa difficoltà e dichiarano che «è necessario discernere più attentamente le motivazioni profonde della rinuncia e dello scoraggiamento» [N.29].

     

    La Chiesa conosce quanto possa essere grave la sofferenza che provano gli uomini d’oggi e, dopo aver ribadito in ogni suo aspetto la dottrina cristiana a riguardo della famiglia, esprime il suo desiderio di accompagnare tutti e ciascuno, mantenendo alla base una fraterna e attenta accoglienza, nell’amore e nella verità.

     

    In attesa dell’esortazione apostolica che Papa Francesco scriverà, quello che dobbiamo impegnarci a sentire e vivere è quel senso del “NOI”, nel quale nessun membro è dimenticato; perché ciò accada serve l’aiuto di ogni fedele, serve avere lo sguardo della tenerezza di chi sa dare con gioia e suscitare nell’altro la gioia di sentirsi amato [N.88].

     

    don Pietro

  • Parole che ti abbracciano

    Qualche anno fa, al termine di un Oratorio Estivo, un bambino mi scrisse una letterina molto carina e simpatica. Mi manifestava il suo ringraziamento e il suo affetto per la bella esperienza di Oratorio vissuta, ulteriormente esaltato per la vittoria della sua squadra dei “rossi” e, un po’ dispiaciuto per la conclusione del Grest ma comunque desideroso di partire per le vacanze al mare. Siccome in Oratorio avevamo appeso i testi delle preghiere da recitare al mattino e a conclusione della giornata (le preghiere conosciute della tradizione cristiana) ecco che a Luca viene la brillante intuizione di terminare il suo scritto ricopiando una delle preghiere appese alla parete. Quindi la letterina si concludeva così: «…grazie don Giuseppe per tutti i giochi che ci hai fatto fare insieme con gli animatori, ti voglio tanto bene e ti dedico questa preghiera: L’eterno riposo, dona loro o Signore, risplenda ad essi, ecc ecc…». Aveva scelto la preghiera più corta. Potete immaginare la risata che mi ha suscitato questa “simpatica” dedica!

    Parto, quindi, da questo divertente aneddoto per evidenziare l’importanza delle «parole» della nostra preghiera, parole che spesso pronunciamo velocemente e distrattamente, espressioni di cui, talvolta, ignoriamo la profondità del mistero. D’altro canto queste parole, queste preghiere, nutrono esse stesse il desiderio di «abbracciarci» per farci avvertire tutta la dedizione di Dio nei nostri riguardi.

    Il percorso di “Gerico” che vedrà il suo inizio Venerdì 23 ottobre, si pone l’obiettivo di scavare a fondo nella “preghiera delle preghiere”: il Padre nostro! È la preghiera cristiana più conosciuta e tuttavia non si tratta di una preghiera come le altre, sia pure la più bella, perché è Gesù stesso che l’ha insegnata ai suoi discepoli. È il modello di tutte le preghiere e potrebbe essere considerata il “riassunto” di tutto il Vangelo.

    Infine Gerico ci accompagna non solo verso l’incontro con le “parole” ma, soprattutto, verso l’abbraccio della Parola Vivente: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva». L’incontro con Gesù non avviene in solitaria bensì in compagnia di centinaia di persone in viaggio verso l’unica direzione.

    Ti invito a partecipare per tener viva e fresca la tua “fede” altrimenti corriamo il rischio di declamare un “eterno riposo” alla possibilità di lasciarci incontrare dal Padre, dal Padre nostro!

     

    don Giuseppe Corbari

     

  • Tutti a tavola! L’estate è servita

    Tutti a tavola! È una di quelle frasi che ormai si sentono sempre meno nelle famiglie odierne, dove si rischia sempre di essere di fretta, ognuno preoccupato dei propri impegni e con lo sguardo fisso sull’orologio per evitare di arrivare tardi agli allenamenti, al cinema o perdersi l’inizio del programma preferito. La scelta degli Oratori della Lombardia di intitolare proprio Tutti a tavola! l’oratorio estivo 2015 può essere vista come una provocazione a tornare a gustare del tempo della cena nelle nostre case, tutti radunati attorno alla stessa mensa, senza essere assorti dal proprio smartphone o più attenti alla voce della TV rispetto al racconto del proprio figlio.

    Durante le cinque settimane che i ragazzi avranno l’occasione di passare assieme nei diversi oratori della nostra Comunità Pastorale potranno scoprire la bellezza di condividere momenti di gioia, giocare, ballare, pregare, creare piccoli oggetti in fantastici laboratori, ma tutto questo sarà fatto con lo stile che contraddistingue la nostra proposta educativa. Custodire, coltivare, fare comunione, ospitare, cambiare, essere amici, sono solo alcuni dei verbi che ci guideranno durante l’avventura estiva; il desiderio è quello di riflettere sul tema del cibo, già al centro di Expo 2015, imparando ad avere occhi nuovi su tanti aspetti ad esso connesso. Quando i ragazzi si lasciano coinvolgere nelle attività proposte e le famiglie non vedono l’oratorio estivo come un semplice servizio offerto o, peggio ancora, un parcheggio per i propri figli, si realizza la possibilità di compiere un vero e proprio percorso e di trasformare il tempo libero estivo in tempo ricco e prezioso che ci permette di gustare appieno delle giornate e assaporare la bellezza della nostra fede.

    Insomma l’oratorio feriale non è questione del prete, della suora o del responsabile di turno ma è esperienza che deve coinvolgere la comunità nella sua interezza: famiglie, volontari, animatori, bambini, tutti disponibili e felici ad accogliere la proposta del Signore di sedersi tutti alla Sua tavola!

    don Pietro

  • Com’è profondo il mare

    Com’è profondo il mare, così nel 1977 cantava Lucio Dalla in una canzone contro la guerra, una canzone che parla di violenza, violenza fatta al pensiero (il mare): “Così stanno bruciando il mare, così stanno uccidendo il mare, così stanno umiliando il mare, così stanno piegando il mare”, con questi versi si conclude la canzone.

     

    Ebbene oggi nel 2015 siamo ancora tutti fermi con gli occhi fissi sul mare, un mare che sembra non smettere mai di urlare, portavoce di tutta la disperazione di chi in questo mare ha perso la vita, annegato in una buia notte, abbandonato ad un destino forte e violento, che forse non era il suo. Ecco che allora tutte le lacrime e le grida di questi migranti vanno ad alimentare il mar Mediterraneo, trasformato in uno sterminato campo santo che non smette mai di farsi sentire nel rumore delle onde che si infrangono sugli scogli, nel fragore che accompagna il venire e tornare dei suoi flutti.

    Dovremmo fare più silenzio, abbassare le nostre voci confuse per ascoltare questo lamento straziante di fronte al quale non possiamo restare indifferenti: se continuiamo ad urlarci dietro l’un l’altro non potremo che uccidere il mare, umiliarlo, piegarlo ancora una volta, come cantava Lucio Dalla.

     

    Non è nel caos frenetico di un talk show che troveremo le risposte, non è nell’acceso confronto sui social che capiremo cos’è meglio fare, non è nella rabbia di chi si sente sempre più stretto in questo Paese che avremo la capacità di cambiare le cose.

     

    Sicuramente dobbiamo agire, siamo chiamati a fare il possibile per evitare il ripetersi di stragi come queste, il Papa stesso ha dichiarato la necessità di un’azione internazionale decisa, ma prima è necessario fermarsi ed ascoltare, capire che stiamo parlando di “uomini e donne come noi, cercavano la felicità”. Mi auguro che a nessuno venga mai tolto quel desiderio di gioia e felicità che custodiamo nel nostro cuore, perché è proprio quello che da’ la forza di non arrendersi mai, di rialzarsi dopo ogni caduta, di saper amare, insomma di essere uomini!

     

    La prossima volta che avremo la fortuna di passeggiare lungo una spiaggia o sederci su di uno scoglio, concediamoci qualche minuto per ascoltare il rumore delle onde, lasciamo che questo canto entri nel nostro cuore e pensiamo ai volti sconosciuti che esso racchiude, alle vite interrotte come un romanzo con le pagine strappate.

    don Pietro

  • Al cuore della misericordia

    Durante l’omelia in occasione della celebrazione penitenziale di venerdì 13 marzo scorso,  Papa Francesco – dopo aver commentato l’episodio della peccatrice perdonata di cui parla il vangelo di Luca al cap. 7° – ha dichiarato: “Cari fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia. E’ un cammino che inizia con una conversione spirituale; e dobbiamo fare questo cammino. Per questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio. Sarà un Anno Santo della Misericordia. Lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: <<Siate misericordiosi come il Padre!>> (cfr. Lc 6,36)”.

    Prima di giungere a questo annuncio, comunque, il Papa aveva proposto alcune puntuali riflessioni sul brano evangelico sopra ricordato, sottolineando che, prima ancora dell’amore e del pentimento che la donna manifesta con il suo atteggiamento di umiltà nei confronti di Gesù, c’è soprattutto l’amore misericordioso di Gesù per lei che la spinge ad avvicinarsi. Il desiderio principale della donna è quello di avere la certezza di essere perdonata…e “Gesù le dona questa certezza: accogliendola le dimostra l’amore di Dio per lei, proprio per lei, una peccatrice pubblica! L’amore e il perdono sono simultanei”.

    Tutto ciò, inoltre, è in netto contrasto con l’atteggiamento di Simone il fariseo che, dice il Papa: “non riesce a trovare la strada dell’amore…Il suo giudizio sulla donna lo allontana dalla verità e non gli permette neppure di comprendere chi è il suo ospite”. Il giudizio che spesso sbrigativamente diamo del prossimo – e che forse bisognerebbe chiamare ‘pregiudizio’ – ci impedisce di cogliere la vera realtà delle persone, perché si ferma alla superficie delle cose. Per questo Papa Francesco ci esorta “a puntare sul cuore per vedere di quanta generosità ognuno è capace. Nessuno può essere escluso dalla misericordia di Dio”.

    A mio parere comunque l’osservazione forse più decisiva (e meno scontata) è quella che il Pontefice mette all’inizio della sua riflessione, quando osserva che “fare esperienza dell’amore di Dio, comunque, è anzitutto frutto della sua grazia…La trasformazione del cuore che ci porta a confessare i nostri peccati è ‘dono di Dio’…è un regalo, è ‘opera sua’”. L’annuncio della infinita misericordia del Signore, infatti, rischia di rimanere senza risposta se gli uomini non sono consapevoli del proprio bisogno di perdono e riconciliazione. E in generale oggi non è difficile scorgere come nella mentalità corrente si assista da tempo a un “deperimento delle evidenze etiche” (come diceva il Card. Martini), che si accompagna a un affievolirsi del senso di responsabilità e a un diffuso soggettivismo, i quali insieme fanno da ostacolo alla consapevolezza della propria condizione di peccatori. Si rischia spesso di rimanere chiusi nella presunzione di Simone il fariseo, che pensava di non aver bisogno di perdono.

    Davanti a questa situazione, oltre alla testimonianza sincera dei praticanti e alla preghiera, penso sia necessario un particolare sforzo in campo educativo, rivolto quindi soprattutto alle giovani generazioni. Non conosciamo ancora le varie iniziative che saranno attivate nel prossimo Anno Santo della Misericordia, che il Papa ha affidato al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ma penso proprio che saranno date indicazioni e offerti sussidi e opportunità in questo senso. Auguriamoci perciò reciprocamente di poter ricavare il maggior frutto possibile da questa nuova iniziativa di Papa Francesco.

     Mons. Elio Burlon

     

  • CHIesa a CHI?

    Domenica 19 aprile tutta la comunità cristiana sarà chiamata ad eleggere il nuovo Consiglio Pastorale, l’attuale consiglio porta a termine il suo mandato dopo quattro anni di intenso lavoro.

    Il nostro Card. Angelo Scola ha scritto una lettera appositamente in vista di questo momento ed è significativo che le prime parole siano “scoraggiamento” e “malumore”, come a testimoniare chiaramente la conoscenza delle difficoltà che le Comunità Pastorali incontrano nel loro annuncio del Vangelo, la conoscenza delle rimostranze che a volte si alzano da alcuni fedeli, forse colpiti da nostalgia e pessimismo. Dobbiamo tornare a credere che il compito di annunciare Gesù Cristo sia realmente affascinante e per il quale vale la pena dare il nostro contributo nella forma migliore in cui riusciamo, sicuri che “lo Spirito di Dio non abbandona mai la sua Chiesa”.

     

    Il Card. Scola non si perde via in complessi discorsi filosofici ma invita ogni fedele a domandarsi «Io che cosa posso fare per contribuire all’edificazione di questa comunità?», siamo realmente capaci di porci questa domanda? Certo è più comodo rimanere tranquilli nella nostra routine quotidiana e continuare a criticare le cose che non funzionano, i risultai mediocri di alcune iniziative, coccolarsi con il tranquillo ricordo di “un tempo però…”. Ma questo stile può realmente cambiare le cose, può favorire la crescita della nostra Comunità Pastorale o piuttosto non fa che bloccarla in un gelido clima polare?

    “Tu sei pietra viva di questa comunità, tu sei chiamato a santificarti per rendere più bella tutta la Chiesa” -continua il nostro Cardinale- ognuno in questo periodo di raccolta candidature deve chiedersi se crede ancora nella Bellezza e, nello specifico, nella Bellezza della Chiesa, che possiamo rendere più vera e luminosa solo attraverso la nostra collaborazione; si parla spesso di cittadinanza attiva, ma dobbiamo anche essere fedeli attivi, capaci di riconoscere i doni che il Signore ci ha fatto personalmente ed essere pronti a condividerli.

     

    Non tutti siamo chiamati a far parte del Consiglio Pastorale ma certamente queste elezioni devono diventare un’importante occasione di riflessione e uno stimolo a rafforzare il nostro impegno all’interno della comunità cristiana; di fronte ad un Amore sconfinato come quello del Signore non si può sempre essere calcolatori e morigerati nella risposta: diciamo ad alta voce il nostro “Eccomi qui” e trasformiamo il nostro NI in SI!

     

    don Pietro

  • Liberté, égalité, fraternité

    “Liberté, égalité, fraternité” questo è il motto della Repubblica Francese, eppure sembra che negli ultimi giorni siano state calpestate tutte e tre senza esclusione di colpi.

     

    Libertà: una parola -forse- abusata, sbraitata da tutti in continuazione. C’è chi grida alla libertà di stampa, chi alla libertà di espressione, chi alla libertà religiosa, chi semplicemente invoca la propria libertà sempre e comunque. Sacro santa libertà!

    Ma in fondo perché si realizzi la piena libertà servono regole per tutelarla. La vera libertà non può coincidere con l’assenza di regole: ci sono dei valori universali che prescindono da essa e la precedono, la vita del prossimo è uno tra questi.

    Abitiamo nella parte del mondo che viene definito libero, in Italia -come in Francia- è garantito il diritto alla libertà di espressione, ma non lo si deve erigere a scudo mentre si giustifica e si promuove ogni sorta d’offesa (nei confronti di persone di qualsiasi credo religioso) vestendola da satira.

    “LIBERTA’! LIBERTA’!” ecco si stava urlando a squarciagola mentre si oltrepassava senza accorgersene quel confine entro il quale essa si realizza.

     

    Uguaglianza: un concetto che pare così chiaro, lineare, condivisibile; eppure non è così. Non è così quando ci lasciamo prendere dalla rabbia, dall’odio, dal disprezzo; non è così quando spegniamo il nostro cervello e iniziamo a ragionare di pancia, trascinati dalle nostre emozioni, come un leone affamato in cerca della preda.

    Non credo nell’uguaglianza quando in nome di Dio, mi sostituisco a Lui e decido chi deve vivere e chi morire…perché Dio non parla ugualmente con me e con l’altro. Non riconosco più l’uguaglianza quando mi arrogo il diritto di essere trattato in maniera diversa rispetto gli altri, perché non è mica colpa mia, se sei nato dall’altra parte del pianeta, se hai meno possibilità di difenderti. Non sono capace più di leggere la parola uguaglianza quando regolo la mia disperazione per la morte di innocenti in base alla loro nazionalità e provenienza.

     

    Fratellanza: eh beh su questo punto è inutile negare che la nostra fede ci dona un grosso vantaggio, perché se abbiamo compreso bene la festa del “Battesimo di Gesù” (festeggiata l’11 gennaio) allora sappiamo che siamo tutti “figli nel Figlio”, “figli adottivi” di Dio, accomunati da un unico Padre. Ma se questa parola è stata inserita nel motto della  Repubblica Francese vuol dire che è un valore universale, che prescinde il credo professato. Dobbiamo riscoprire il reciproco sentimento d’affetto e di benevolenza significato in questa parola, dobbiamo forzarci ad avvicinare il volto del prossimo al sostantivo “fratello” e iniziare ad anteporre “compassione” a “fastidio”. Appartenere ad una famiglia non vuol dire essere vittime di buonismo né tantomeno di lassismo, ma credere nella misericordia e nel perdono, nella giustizia e nella legge, nella vicinanza e nell’aiuto.

     

    Propongo un esercizio a ciascuno di noi: prendiamo un pezzo di carta e una penna, scriviamo “Libertà, uguaglianza, fraternità”, ora cancelliamo quello che abbiamo scritto con un tratto forte e nervoso e adesso riscriviamo singolarmente ogni parola pensando a cosa vuol dire per noi.

    Se saremo sinceri non basteranno 30 secondi per svolgere l’esercizio…ve lo assicuro.

    don Pietro

  • La comunità al centro

    “La comunità al centro” ecco il nome che darei alla nuova pubblicazione mensile a cura della Commissione Comunicazione della nostra Comunità Pastorale.

    Ormai sono passati più di due anni dalla nascita del sito www.pastoraledesio.it ed oggi, in questa bella occasione, siamo felici di presentare il logo ufficiale della Chiesa di Desio.

    E’ facile intuire l’importanza di un segno che rappresenti la nostra Comunità ed ora finalmente eccolo qui! Il logo contiene cinque forme irregolari concentriche sopra le quali è in rilievo una croce bianca; ogni sagoma colorata indica una delle cinque parrocchie di Desio, legate una all’altra dalla croce che le sovrasta. Questo simbolo ci ricorda come la Comunità Pastorale non ha mai diminuito il valore e la specificità della singola parrocchia, ma al tempo stesso, esse sono chiamate a collaborare sempre più tra di loro per dar vita alla Comunità. Tutto questo è possibile quando ci ricordiamo cosa lega ogni fedele ad un altro: la croce di Cristo, che è fonte e motore della fede personale e comunitaria; questa stessa croce permette alla Comunità Pastorale di portare buoni frutti e mostrare il volto radioso di Dio Padre.

    Nella pubblicazione mensile, la necessità di tenere la comunità al centro è resa graficamente posizionando il nuovo logo al centro della facciata, come sfondo all’editoriale e all’intervista che costituiranno la prima parte di questo foglio comunitario, nella pagina retrostante si troverà un articolo dedicato ad una realtà cittadina e un piccolo calendario con gli appuntamenti essenziali del mese.

    Rinnovando l’invito per restare sempre aggiornati tramite il nostro sito, mi auguro possiate gradire il lavoro fatto dalla Commissione Comunicazione.

    Un abbraccio, don Pietro

    CPmensile-1

  • Incontri che lasciano il segno

    Un mese fa le strade della nostra amata Desio venivano invase da un gruppo di simpatici personaggi, alcuni vestiti di marrone, altri di grigio, alcuni con una tunica da frate, altri con un velo da suora; iniziava al Missione Giovani “Incontri nella notte”.

     

    La Missione ha coinvolto i giovani del nostro decanato con un calendario di 10 giornate ricche di appuntamenti, incontri, stimolazioni, tutti abitati dalla gioia della fede e da quella sana pazzia che hanno dimostrato di possedere i missionari. E’ stata un’iniziativa a lungo pensata, programmata, preparata e che ha visto lavorare a stretto contatto tutti i preti della pastorale giovanile con un gruppo di giovani che ha costituto una commissione apposita.

    Passati i giorni degli eventi, ora è il tempo delle considerazioni: cosa ha lasciato questa Missione? E’ servita? Fiamma estemporanea o calore costante nascosto nella brace?

     

    Iniziamo col dire una cosa: la Missione ha lasciato il segno, si un segno chiaro e profondo nel cuore di chi vi ha partecipato -preti o giovani, poco importa- chi ha accettato l’invito dei missionari di mettersi in ascolto della voce del Signore ha scoperto quanto fosse bello lasciare a questa Parola diritto di parola nella propria vita. Una Parola forse già ascoltata e conosciuta, ma pronunciata con una nuova energia che abitava i sorrisi dei missionari, con una sconcertante vitalità che traspariva dai gesti dei balli, con una gioia tangibile che si percepiva negli abbracci scambiati come se ci si conoscesse da una vita.

    La Missione ha permesso di avere davanti agli occhi la prova che i giovani sono ancora in cerca del Signore, che sanno ancora pregare e lo sanno fare seriamente; come si potrebbe spiegare altrimenti una chiesa abitata fino alle 24.00 di un giovedì sera, chi nel silenzio avvolgente della preghiera personale, chi col viso segnato dalle lacrime frutto dell’azione disarmante della Misericordia. I giovani ci hanno stupito, ci hanno detto che è doveroso continuare a credere in loro nonostante le contraddizioni e le fragilità del tratto d’esistenza che stanno vivendo.

    La Missione è stata anche divertimento, gioia, musica che pulsa nelle vene; un divertirsi diverso dal solito sabato sera, che non ha bisogno di stemperare nell’alcool le tensioni della settimana, che evita gli eccessi della trasgressione per gustare di ogni singolo istante di sana allegria.

    La Missione ha mostrato la bellezza dell’amore di Cristo in tanti volti sconosciuti: quelli dei missionari, quelli di chi ha accantonato le cose da fare per lasciarsi travolgere da questa onda d’urto, quelli dei passanti che sorridevano di fronte a gesti e parole inusuali sul piazzale della basilica. Questi giorni sono stati occasione per sentire ancora più vicino il Signore, avvertirlo presente in tutti i luoghi che abitiamo normalmente e in quei nei quali non ti aspetti di trovarlo -nel pub il venerdì sera, nel parchetto un pomeriggio come tanti altri, nello studio di una webradio.

     

    La cosa più importante che ci ha regalato questa Missione Giovani? Incontri, incontri che non sono facili da dimenticare, incontri che sanno interrogare e stimolare, incontri che ci potranno accompagnare nella preghiera e nell’amicizia. Per tutto questo e molto altro ancora GRAZIE, grazie di cuore a tutti i missionari, grazie ai preti della PG decanale, grazie ai responsabili della PG cittadina, grazie ai giovani, grazie agli ospiti. Se la Missione sarà servita ora dipende anche da te che stai leggendo queste semplici parole: avverti la bellezza dell’Amore del Signore per te? Credi che ci sia più di un modo per testimoniarlo? Bene, allora scegli il tuo e inizia a incontrare nella notte chi cerca Colui che lo ama!

    don Pietro