Categoria: Editoriali

  • Buongiorno Famiglia

    Mia zia diceva che “nelle situazioni difficili bisogna sempre ringraziare Dio che c’è la famiglia”. Oggi verrebbe da chiedersi: quale? Sorvolando qualsiasi sterile polemica, vorrei focalizzare l’attenzione sull’etimologia della parola “famiglia”, proveniente dal latino “familia” che deriva da “famulus” ossia “servitore, domestico”.

     

    Ecco, il cuore della famiglia è “servire”, come Gesù ha sempre testimoniato nel corso della sua vita, lasciandoci numerosi insegnamenti sull’importanza di essere servitori umili e sensibili all’altro. Anche nella famiglia bisogna imparare a servire: tra la coppia, verso i figli, nei confronti dei genitori. Un continuo atto proteso a donare senza chiedere, ad amare senza pretendere.

     

    In famiglia si parla al plurale, l’egoismo del singolo non può avere alcun valore. Certo è necessaria una unione di intenti seppur nella “pluriformità nell’unità”, come afferma il Card. Scola nella sua lettera pastorale “Il campo è il mondo”. La famiglia è sì lo specchio della società ma non deve diventare schiava di essa.

     

    Proviamo a ritornare a una vita di famiglia domestica: ritrovarsi insieme a tavola, parlare tra genitori e figli, mettere al centro la semplicità del rispetto, tracciare dei percorsi di crescita e di fede secondo le capacità di ciascun componente con l’obiettivo di raggiungere il medesimo traguardo: la bellezza dell’Amore. Sono sfide che combattono contro l’orgoglio moderno. Vincerle non è facile. Almeno, però, proviamo a equipaggiare le nostre famiglie con gli strumenti necessari per non farci sopraffare: il sorriso fraterno, la piena condivisione, la serenità di una fede viva.

    Stefano S.

  • “A tutto campo”: il messaggio dell’Arcivescovo per la Festa di apertura degli oratori

    “A tutto campo”: il messaggio dell’Arcivescovo per la Festa di apertura degli oratori

    «Valorizziamo ogni aspetto della vita dei ragazzi come ambito di evangelizzazione, riconoscendo e custodendo tutto il bene che c’è»

    Carissimi,

    con l’ormai tradizionale Festa di apertura degli oratori, riprendono in tutte le comunità della diocesi le attività educative ordinarie. Ho potuto sperimentare di persona come gli oratori non chiudano mai. L’oratorio estivo e le vacanze comunitarie ne intensificano l’esperienza educativa.

    La scelta educativa dei nostri oratori per il nuovo anno pastorale «A tutto campo» si innesta nella proposta diocesana denominata «Il campo è il mondo: vie da percorrere incontro all’umano». In questo inizio di millennio la nostra Chiesa è chiamata a documentare il fascino della sequela di Cristo abitando il mondo e la storia attraverso l’incontro ed il dialogo sincero e appassionato con tutti. I cristiani, come tutti gli uomini, sono immersi nell’umano, sia a livello personale, sia a livello sociale. A partire dall’umanità di Gesù, essi incontrano la Sua divinità. In Lui e attraverso Lui è possibile riconoscere che tanto più l’uomo si abbandona a Dio tanto più si scopre pienamente uomo.

    Vogliamo, quindi, mostrare che Cristo «svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (Gaudium et spes 22). Si tratta dunque di documentare la qualità fortemente umanizzante del Vangelo. Gesù Cristo è sorgente dell’umanesimo.

    L’oratorio, per la sua stessa natura, si propone come luogo privilegiato per apprendere e vivere tutto ciò. In particolare vorrei indicare due piste di riflessione a partire dalla parabola evangelica del buon grano e della zizzania.

    La prima pista da seguire è quella di valorizzare ogni aspetto della vita dei ragazzi come ambito di evangelizzazione: negli affetti e nello studio, attraverso il tempo libero e l’appartenenza alla comunità cristiana e alla società civile. Il campo della nostra vita è il mondo e niente di meno che il mondo. Del resto la fede se è autentica non può mai essere separata dalla vita. In tal senso il compito principale degli educatori – dai sacerdoti alle religiose, ai genitori, ai catechisti, agli insegnanti, agli accompagnatori sportivi e agli animatori – sarà quello di tener sempre presente, in tutta la sua interezza, la persona del ragazzo e del giovane.

    Un secondo suggerimento per questo anno pastorale è quello di riconoscere, custodire e valorizzare il buon grano, ovvero tutto il bene che c’è nella vita dei nostri ragazzi. Non si tratta di ingenuo ottimismo, ma di realismo cristiano. Non è da tutti saper cogliere il tanto bene che c’è nel mondo e negli altri. Tale atteggiamento è decisivo soprattutto per quanti sono chiamati alla responsabilità educativa.

    L’anno pastorale che inizia sarà poi carico di momenti significativi per i nostri oratori, con particolare riferimento alla Peregrinatio dell’urna di don Bosco e al centenario della Fom.

    Chiedo infine a tutti gli oratori uno sforzo di riflessione sul tema della “Comunità educante” secondo le indicazioni e gli appuntamenti che verranno segnalati, in particolare nell’ambito della Settimana dell’educazione.

    Su tutti coloro che vivono a diverso titolo nei nostri oratori invoco di cuore la benedizione della Trinità affinché il Signore porti a compimento in ciascuno l’opera buona che ha cominciato.

  • L’unica luce per la ripresa

    In queste tanto attese e ormai terminate vacanze estive ho avuto modo di leggere la prima enciclica di Papa Francesco “Lumen Fidei” [LF], un testo di facile approccio e che consiglio ad ogni fedele e anche a chi fedele ha smesso di essere o non si è mai realmente considerato tale. Dal titolo è facile intuire come il tema fondamentale sia la fede, quel misterioso legame tra Dio e l’uomo, ed in particolare la luce della fede, unica fonte capace di illuminare la vita di ogni uomo.

    Vorrei puntare l’attenzione sulla prima parte dell’enciclica nella quale si attesta che “Chi crede, vede”: la fede è ciò che da senso all’esistenza personale, che permette di riscoprire la bellezza della vita umana e la ricchezza dell’amore di Dio, Amore che sostiene e dona all’uomo la pace, la serenità, quella gioia piena che nomina spesso il Signore Gesù nelle sue parole.

    Parlare di luce in un periodo storico ormai abbattuto dall’oppressivo buio della crisi (antropologica, culturale, economica e valoriale) può sembrare un assurdo eppure le parole del Papa spiegano bene come l’oblio della fede non aiuta affatto l’uomo contemporaneo, eliminarla dal nostro campo visivo non permette di concentrarsi meglio su ciò che davvero conta, ma al contrario fa sprofondare sempre più la vita nella paura e nella confusione. La luce brillante della fede è l’unica che può indicare una via d’uscita dalla fissità dell’empasse attuale, che può ridonare speranza ad ognuno di noi perché ci fa sentire innanzitutto amati, nella totalità della nostra persona, nella pienezza della nostra carne (cfr LF 37.40).

    Per questi motivi mi piace accostare un altro termine chiave dei giorni che stiamo vivendo: ripresa. C’è chi attende la ripresa dei mercati finanziari, chi assicura la ripresa del mercato immobiliare, chi auspica la ripresa della stabilità nel governo, chi deve fronteggiare la ripresa dalle ferie… e potremmo andare avanti con gli esempi, ma fermiamoci un attimo. Ripresa: prendere di nuovo, potremmo definirlo “riappropriarsi”; di cosa dobbiamo realmente riappropriarci? L’uomo si deve riprendere la propria identità, la radice della sua essenza, inscindibilmente legata a Dio. Dobbiamo tornare a rafforzare la presa su chi siamo, in questo modo sarà possibile credere in tutte le altre riprese perché saremo tornati a credere in noi, avremo smesso di tenere basso lo sguardo abbattuto e avremo iniziato ad alzarlo carico di speranza e carità. Soffermiamoci sulle parole di Papa Francesco per scoprire la sola luce che ci mostra la via per la ripresa: la luce della fede.

    don Pietro

  • Il cemento invisibile

    Da tre settimane la nostra comunità pastorale è investita da un terremoto di colori, di energia, di gioia, accompagnato da un notevole chiasso che supera ben oltre i livelli imposti dalla zonizzazione acustica vigente nel comune di Desio. Di cosa sto parlando? Se abitate nei pressi di uno dei cinque oratori della città lo sapere di sicuro: sto parlando dell’oratorio feriale 2013!

    “Every body – un corpo mi hai preparato” questo è il titolo scelto della FOM per l’oratorio estivo 2013, l’invito è quello di riflettere sulla bellezza e la ricchezza del corpo che Dio ha donato a ciascuno di noi, senza dimenticare che tutti assieme costituiamo la Chiesa, corpo di Dio. Non so se vi è capitato di scorgere sulle bandiere che sventolano sopra gli ingressi degli oratori il logo che accompagna questo percorso: uno strano omino il cui corpo stilizzato è costituito da quattro parti (che in realtà sono le quattro lettera della parola B-O-D-Y). Bene questo mese vorrei parlare proprio di questo strano compagno di viaggio.

    Partiamo da quella testa che ricorda tanto un vortice (la lettera O) mi piace pensare ai bambini che stanno abitando i nostri oratori in questi giorni, così caotici, così confusi quando sono tutti assieme, come un turbinio che non smette mai. Eppure lì c’è nascosta una gioia immensa, una felicità gratuita, un affetto semplice e sincero; i loro sorrisi se spegnessimo per un attimo il Sole, sarebbero come le stelle in una notte d’estate: luminose e sorprendenti, affascinanti e brillanti.

    Spostando di poco lo sguardo ci soffermiamo sulle due braccia della nostra mascotte (la B e la D); credo si possano paragonale agli animatori e a tutti i volontari adulti che aiutano in questi giorni così intensi. I primi sanno essere la causa della gioia più grande e, subito dopo, dell’amarezza inattesa; ragazzi delle superiori che si impegnano per far giocare i più piccoli, animare le lunghe giornate, consolare con semplicità ed incitare con grinta. Certo si potrebbe sempre fare di più, si potrebbe tenere un linguaggio senza inutili parole volgari, si potrebbe anche capire che in fondo “è solo un gioco, non vale la pena litigare per questa sconfitta”, eppure ci sono, sono adorati dai bambini e, quando vogliono, sanno toccare il freddo cuore di un prete stressato dalle mille cose. Gli adulti, da parte loro, permettono che la fantastica avventura dell’oratorio feriale sia arricchita da interessanti laboratori, che gli ambienti restino puliti, che gli elenchi di gite e iscrizioni siano sempre ordinati. La gentilezza e la bontà di una mamma che ti dice “Questa settimana sono in ferie, quindi se ti fa piacere vengo a dare una mano” è segno concreto di gratuita disponibilità; l’abbraccio di un papà che ti saluta caloroso alla fine della giornata è affetto tangibile.

    L’occhio scende verso la base del corpo del logo e scopri il tronco sottile con due esili gambe (la Y girata sottosopra), questa ultima parte può essere vista come il prete e le suore/ausiliarie della situazione. Eh si ci sono anche loro, nonostante sembrino sempre di corsa, sempre distratti, sempre stanchi, insomma paiono essere sottosopra proprio come la lettera che li rappresenta! Sono loro che hanno deciso di consacrare completamente la vita al Signore, di lasciare a Lui di essere la fonte inesauribile dell’energia per andare avanti imprevisto dopo imprevisto; da soli possono fare poco ma, grazie alle altre parti del corpo, ecco che si compie il miracolo dell’oratorio feriale.

    Ma sapete qual è la parte più importante della nostra mascotte? Non l’avete ancora capito? Beh, in effetti non si vede utilizzando gli occhi. La parte più importante è il cemento invisibile che tiene unito il corpo, che permette non cada a pezzi, che fa si che possa camminare senza sosta. Il cemento invisibile è il Signore Gesù, solo Lui rende queste cinque settimane uniche e dense di significato, solo Lui permette che i bambini stiano assieme agli educatori, agli adulti, ai preti e alle consacrate, solo Lui rende possibile l’impossibile e straordinario l’ordinario, solo Lui evita che ogni parte del corpo vada per la sua strada, faccia quello che vuole dimenticandosi del resto.

    La prossima volta che vediamo il logo dell’oratorio feriale sventolare su di una bandiera o lo vediamo disegnato su di un muro ricordiamoci di fissare lo sguardo sullo spazio occupato dal cemento invisibile e ringraziare il Signore per i bei gioconi, per gli allegri canti, per i semplici momenti di preghiera, per la condivisione dell’affetto; perché la nostra vita diventi testimonianza dell’amore pulsante di Cristo per ciascun uomo.

    don Pietro

  • Non abbiate paura della tenerezza

    Non abbiate paura della tenerezza” con queste parole Papa Francesco si rivolgeva ai fedeli  durante la messa di inaugurazione del pontificato.  Risuonano con maggiore forza durante questo mese dedicato a Maria, la madre di Gesù. La Madonna incarna tutti quei tratti della fede che tradizionalmente leghiamo alla figura materna: la tenerezza, la dolcezza, la bellezza.

    L’amore di Dio per noi è amore tenero: con delicatezza si accosta a noi fin dal primo istante della nostra vita, con la stessa delicatezza ci accompagna ogni giorno invitandoci a gustare della sua presenza. Il Suo abbraccio non è l’espressione invadente d’affetto del parente lontano che è venuto a trovarci, talmente preso dalla foga al punto tale di non guardare neanche cosa esprime il nostro volto; il Suo abbraccio è il gesto timido di un bambino che aspetta a braccia aperte che noi lo abbracciamo mentre ci guarda desideroso d’affetto.

    L’amore di Dio per noi è un amore dolce: un amore che ti sorprende quando meno te lo aspetti, che ti lascia senza parole perché scavalca la staccionata delle nostre aspettative. Un amore così ci da’ la forza di tornare a credere in noi stessi, poiché realizziamo di essere indegni destinatari di tutto ciò che il Padre insistentemente ci invita a gustare. La dolcezza del Suo amore è tale da donare sapore ad ogni istante della vita dell’uomo, anche quando si è tentati di lasciarsi schiacciare dal peso delle difficoltà, delle delusioni, delle proprie cadute.

    L’amore di Dio per noi è un amore bello: troppo spesso sviliamo il concetto di bellezza, ormai consumato come fosse un foglio di carta sul quale si è cancellato tante di quelle volte da non riuscire più a scrivere nulla. La bellezza di Dio, incarnata in maniera particolare in Maria, è la Bellezza che attira senza illudere, che illumina senza abbagliare, che dona serenità e pace anche nella vita sfigurata dalla sofferenza. “La bellezza salverà il mondo” afferma il principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij, ma la frase è sbagliata, quella corretta è “La Bellezza salverà il mondo”, l’unica Bellezza con la B maiuscola, la Bellezza di Dio.

     

    Non tutti i fedeli hanno lo stesso rapporto con la devozione mariana, ma tutti possiamo lasciarci aiutare da Maria per scoprire sempre più l’infinita ricchezza dell’amore di Dio e vivere con più convinzione il nostro legame affettivo col Signore.

     

    don Pietro

  • Aprile 2013

    Ponti… questi sono i giorni dei ponti: il ponte del 25 aprile, quello del 1 maggio. Insomma c’è la sensazione che per conquistare una pausa nella propria vita sia necessario che il calendario ci sorrida indicandoci la parola magica “Ponte”. L’illusione che per riprendersi in mano il tempo necessitiamo di un breve stop, come se l’unica strada che conducesse alla vita vera sia un’oasi di altro, un tempo e uno spazio in cui non facciamo e non siamo ciò che normalmente viviamo. Ma è possibile che la vera vita sia segregata in pochi giorni? Possibile che entriamo in contatto col nostro vero IO solo quando cambiamo il contesto in cui viviamo?

    Beh di sicuro i ponti fanno comodo a tutti e, credo, ci sia un modo cristiano di rapportarsi con essi: smettere di “fare il ponte” ed iniziare ad essere ponte! Si ognuno di noi deve essere ponte; in fondo a cosa serve un ponte? A superare un ostacolo, a mettere in contatto due realtà non comunicanti per vie normali; alla stessa maniera dobbiamo fare noi. Se ci impegniamo a vivere la nostra fede, abbiamo la possibilità di mettere in contatto chi ci incontra col Signore, di far fare esperienza incarnata di quel Dio che, continuiamo a ripetere, ama d’Amore vero ogni singolo uomo. Non è lecito lasciare alle persone consacrate questo ruolo di ponte; si forse esse lo vivono in maniera ancora più totalizzante, ma ogni persona che si definisce cristiana ha questo compito. Se inizieremo a vivere questa chiamata con coscienza, allora si che ci sarà un legame tra la nostra vera identità e i ponti: facendo esperienza del Signore, incontrandolo attraverso chi crede, scopriremo la nostra vera natura “esseri destinatari d’Amore”, non di un amore lontano, astratto, appesantito da quelle cornici che snaturano il quadro, ma di un Amore reale, vivo, pulsante, che ci indica in ogni battito il senso della nostra vita.

     

    don Pietro

  • Per una Chiesa radicata in Dio per il mondo

    È l’elemento dello “stile” dell’Azione Cattolica che la presidente Valentina Soncini vuole sottolineare in vista della Giornata diocesana

    Il prossimo 28 aprile in tutta la Diocesi di Milano si celebrerà la Giornata dell’Azione Cattolica. Per la circostanza l’Arcivescovo, cardinale Angelo Scola, ha indirizzato alla Diocesi un messaggio nel quale invita con forza tutte le comunità parrocchiali a guardare all’AC con «simpatia» e a promuoverla nelle sue diverse articolazioni: ragazzi, giovani, adulti. In particolare, sottolinea l’Arcivescovo: «Chiedo a tutti coloro che hanno a cuore la loro parrocchia nell’orizzonte più reale e concreto della chiesa diocesana di confrontarsi con la proposta dell’Azione cattolica e di sentirsi chiamati ad aderire con semplicità e disponibilità perché la forma della Associazione è di grande aiuto per intensificare la propria vita spirituale, approfondire la comunione ecclesiale e la formazione». Il cardinal Scola ha così qualificato la storica Associazione di AC come uno degli elementi strategici della pastorale diocesana.

    Nella Diocesi di Milano sono circa 8000 gli iscritti all’Azione Cattolica, distribuiti in 400 gruppi. Ma sono almeno il doppio le persone che partecipano alle diverse iniziative promosse dall’Associazione. Caratteristiche peculiari dell’Azione Cattolica sono l’impegno per l’educazione integrale della persona alla responsabilità ecclesiale e civile; l’imprescindibile riferimento al Vescovo e al suo magistero; l’esperienza associativa come condivisione del cammino e come sostegno reciproco alla testimonianza cristiana in tutti gli ambienti di vita.

    In vista della Giornata diocesana i gruppi di Azione cattolica sono impegnati a promuovere iniziative per far conoscere meglio l’Associazione e presentare le sue proposte formative. Di particolare rilievo sarà poi l’evento programmato per il 19 maggio, quando diverse migliaia di Associati converranno a Mesero per quella che viene chiamata “La camminata del Sì”. Pubblicamente, al termine del cammino da Mesero a Magenta, verrà confermato il “sì” alla fede davanti all’Arcivescovo.

    La presidente dell’Azione Cattolica Ambrosiana, Valentina Soncini, sottolinea che «l’Azione Cattolica è importante coglierla come uno stile. L’Azione Cattolica concorre a edificare una Chiesa mai avvulsa dalla quotidianità, mai appiattita nel concreto, ma una Chiesa radicata in Dio per il mondo».

    Il focus sull’Associazione

    Azione Cattolica Italiana è una associazione religiosa fondata nel 1867 che conta circa 400 mila soci in Italia e che coinvolge nelle sue attività circa un milione di persone. Nel territorio della Diocesi di Milano conta circa 8 mila soci e 400 associazioni territoriali ed è chiamata Azione Cattolica Ambrosiana. Ha sede in via Sant’Antonio 5 a Milano. È un’associazione apolitica e apartitica proprio perché persegue «il fine aposto-lico generale della Chiesa» e agisce in stretto legame con la Chiesa Diocesana.

    Azione cattolica ambrosiana è un’associazione di laici impegnati a vivere, ciascuno “a propria misura” e in forma comunitaria, l’esperienza di fede, l’annuncio del Vangelo e la chiamata alla santità. Il laico impegnato in Ac ambrosiana crede che sia doveroso e possibile educare reciprocamente alla responsabilità, in un cammino personale e comunitario di formazione umana e cristiana. Fondamentale è l’attenzione, come singoli e come comunità, alla crescita delle persone. Le attività

    dell’Azione cattolica ambrosiana sono dunque divise in settori: adulti, giovani e ragazzi. I responsabili dei diversi settori organizzano attività con una forte attenzione alla formazione: per i ragazzi e i giovani il focus è rivolto ad accompagnare la crescita per un armonioso sviluppo della persona ottenuto attraverso il metodo del protagonismo della persona stessa all’interno del proprio percorso di formazione. Proprio questo protagonismo nella propria formazione è ciò che caratterizza le attività del settore adulti dell’associazione.

    L’Azione cattolica ambrosiana fin da principio ha scelto di rispondere alla vocazione missionaria, mettendosi a servizio della propria fede nelle singole Chiese locali. Il servizio alla Chiesa si esprime nella scelta di stare in maniera corresponsabile nelle diocesi e nelle parrocchie. Ma anche costruendo percorsi di comunione con le altre aggregazioni laicali, in fedeltà a quanto il Concilio ha chiesto a tutti i laici