Categoria: Editoriali

  • Maria di Nazareth … vivere la preghiera libera …

    Maria di Nazareth … vivere la preghiera libera …

    Nel cuore dell’estate, precisamente il prossimo 15 agosto, torniamo a guardare a Maria con la festa dell’Assunzione in cielo.

    Quale pratica ci suggerisce Maria di Nazareth riguardo alla vita di preghiera?

    Nel rileggere il racconto dell’Annunciazione secondo il Vangelo di Luca veniamo a conoscere una situazione precisa:

    “Il sesto mese, l’Angelo Gabriele
    fu mandato da Dio in una città della
    Galilea, chiamata Nazareth, a una
    Vergine, promessa sposa di un uomo
    della casa di Davide, di nome Giuseppe.
    La Vergine si chiamava Maria”

    (Lc 1,26-27)

    Il racconto descrive una situazione ben precisa:

    Maria vive in un paese preciso, Nazareth, ha un futuro ben delineato, diventare sposa di Giuseppe. Insomma, tutto sembra già scritto e ben definito per lei.

    Ma c’è un elemento che forse sfugge. Infatti, l’Evangelista annota che Maria è vergine. Il che non è solo una notazione biologica ma descrive la sua limpidità interiore. Questa donna ha cuore e mente capaci di entrare nella relazione della preghiera, la relazione di ascolto e risposta già descritto nell’articolo della scorsa settimana.

    Un autore spirituale ricorda che:

    “essere vergine non significa solo essere illibata, ma soprattutto scoprirsi pronti a concepire una vita nuova. La verginità è un’apertura del cuore che abbiamo la responsabilità di custodire e costruire sempre”.

    Questo ha un significato preciso per ogni discepolo di Gesù, per ognuno di noi perché pregare è avere un cuore puro, libero da ogni rancore del passato e aperto alle novità del futuro.

    Torna un’accentuazione già evidenziata in questo sintetico percorso estivo di introduzione alla preghiera. Una sottolineatura che può essere ripresa e approfondita affermando che la preghiera di un discepolo o di una discepola di Cristo, comincia a maturare quando è aperta e disponibile nei confronti del Padre nostro che è nei cieli, è fiduciosa ma non ingenua, mostra prontezza a lasciare che il Signore parli al cuore per orientare a una vita buona, bella e vera, appunto trasparente, pura di cuore.

    In questo percorso di dialogo, apertura e disponibilità al Padre che si manifesta attraverso l’annuncio dell’Angelo è racchiusa tutta la vicenda esemplare di Maria di Nazareth, vicenda che la conduce a sperimentare l’Assunzione al cielo senza conoscere la corruzione della morte. Nell’Annunciazione, come afferma fra Pasolini:

    “Dio fa ingresso nel cuore di Maria senza forzare in alcun modo la parte di sua disponibilità. Questo è ciò che siamo chiamati a compiere in ogni momento di preghiera: la Parola di Dio decide di entrare, nella libertà, nella profondità del nostro cuore”.

    É da questo allenamento che con Maria di Nazareth possiamo pregare:

    “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, …”

  • A don Elio con riconoscenza

    A don Elio con riconoscenza

    Ho tra le mani uno dei libri pubblicati da mons. Elio Burlon e, precisamente, un itinerario di riscoperta della fede che ha come titolo “se uno è in Cristo è una creatura nuova”. La caratteristica della proposta descrive molto bene la pers­onalità di don Elio. A partire da alcuni brani del Vangelo riletti e presentati con la competenza di un uomo di cultura biblica e di intensa spiritualità, suggerisce al lettore un itinerario di vita cristiana.

    La comunità pastorale di S. Teresa di Gesù Bambino deve molta riconoscenza a don Elio che, dal 2002 come prevosto e dal 2010 al 2016 come primo responsabile della Comunità pastorale S. Teresa di Gesù Bambino, ha speso molti anni a servizio della Chiesa in Desio. Ha favorito il cammino comune tra le Parrocchie, ha animato proposte di formazione biblica e culturale, ha mantenuto il tratto di un pastore dedito alle situazioni di bisogno promuovendo la Caritas cittadina. Siamo riconoscenti a don Elio e, mentre ne raccogliamo l’eredità spirituale e pastorale, suggerisco di rileggere alcune della pagine da lui scritte nel testo che ho citato sopra. In particolare il ca­pi­to­lo 22 che ha come titolo “I tre pilastri della vita cristiana”. Rileggendo con precisione e profondità tre brani di Vangelo cioè la parabola del Buon Pastore, l’incontro di Gesù con Marta e Maria e l’insegnamento della preghiera del Padre Nostro, don Elio indica ciò che è essenziale e decisivo per la vita cristiana

    1. è fondamentale innanzi tutto che il nostro “fare sia davvero radicato nell’ascolto della parola di Dio che è la vera sorgente di ogni azione che porti veramente frutto”
    2. “il primo modo di rispondere alla parola di Dio è la preghiera, cioè il nostro dialogo con lui… Il cristiano che prega si sente sempre strettamente solidale con Lui e, in definitiva, con tutti gli uomini.”
    3. “l’ascolto della parola di Dio e la preghiera, quando sono autentici, generano nella vita del cristiano il frutto maturo dell’amore misericordioso”

    Grazie don Elio perché da attento uditore della Parola di Dio sei stato e continui ad essere per noi tutti un uomo credibile, nuova creatura perché in Cristo sei morto e risorto.

    Don Mauro

  • Tempo e luogo per “destare il cuore”

    Tempo e luogo per “destare il cuore”

    Per vivere l’esperienza della preghiera, come abbiamo visto nell’articolo di domenica scorsa, non si tratta anzitutto di imparare delle tecniche, ma di “destare il cuore”.

    Se la preghiera è, come afferma Fra Roberto Pasolini nel libro “Iniziazione alla preghiera”, l’incontro delicato e intimo tra la voce della nostra anima e il cuore misericordioso di Dio, è necessario desiderare e preparare tale incontro.

    Per questo motivo, diventa indispensabile decidere un tempo sufficientemente ampio per avviare e sperimentare il dialogo d’amore.

    Spesso i ritmi delle nostre giornate sono impegnativi, le scadenze e gli impegni da ottemperare sembrano non permettere questo “stacco” per dialogare con Dio.

    Eppure, una scelta di questo tipo fa bene perché, nutrendo il nostro cuore nel dialogo “d’amore”, possiamo tornare ad affrontare gli stessi impegni con animo pacificato e rapportarci a noi stessi e agli altri con un cuore maggiormente disposto ad ascoltare, comprendere, annunciare ciò che è fondamentale per vivere.

    Scegliere di pregare, perciò, chiede di definire, nei limiti del possibile, quando dedicarsi all’incontro con il Signore.

    Per alcuni, è più facile il raccoglimento il mattino presto, mentre per altri la sera tardi, dopo aver vissuto le varie occupazioni quotidiane. Sta a ciascuno di noi individuare il tempo favorevole lungo l’arco della giornata, ma si tratta comunque di una scelta.

    Leggendo e meditando il Vangelo, ci accorgiamo che Gesù, pur nel ritmo vorticoso delle sue giornate, preferiva il mattino presto. Nel Vangelo di Marco si trova scritto:

    Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirava in un luogo deserto e là pregava” (Marco 1, 35).

    Accanto al tempo, è importante individuare anche un luogo adatto per la preghiera.

    Pregare in casa è possibile ma, soprattutto per chi abita con altri della famiglia, è utile individuare un luogo dove le distrazioni siano ridotte al minimo, meglio se preparato con una Bibbia, un’icona, o un crocifisso.

    A volte, per gli sposi, è favorevole pregare nella propria camera e insieme, con l’aiuto di un brano del Vangelo o con altre forme di preghiera.

    Consapevole che non sempre è possibile, quando si è all’inizio di un itinerario di preghiera, non va trascurata la scelta della Chiesa vicina alla nostra casa o al luogo di lavoro oppure, durante le vacanze, un luogo particolarmente silenzioso nel contesto della natura.

    Elia, il profeta, è proprio nel deserto che fa esperienza della presenza di Dio.

    Suggerisco, allora, di pregare ascoltando l’esperienza di Elia:

    Gli fu detto: “Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. Ecco, il Signore passò.
    Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto.  Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero.  

    Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.

    Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: “Che fai qui, Elia?” ( 1Re 19, 11-13)

  • Alla ricerca del dialogo

    Alla ricerca del dialogo

    I mesi di luglio e agosto possono essere un tempo nel quale recuperare qualche spazio di silenzio e raccoglimento. E’ opportunità anche per vivere con maggiore calma la preghiera.

    A partire da oggi, questa prima pagina di ‘Comunità in cammino’ offre qualche spunto per favorire la preghiera personale.

    Attingo ampiamente da un libro che consiglio, dal titolo “Iniziazione alla preghiera” di padre Roberto Pasolini, pubblicato dalla casa editrice San Paolo.  

    Premessa:

    Non è mai possibile parlare in astratto della preghiera, perché è un’esperienza nella quale decidere di lasciarsi coinvolgere. Diversamente, si cade nel ragionamento astratto che, con il passare del tempo, rende sterile e non percorribile il dialogo con l’Assoluto.

    Mantenendo aperto questo orizzonte, si può affermare che:

    1. Da sempre gli esseri umani, uomini e donne con volti e storie concrete, hanno espresso il desiderio di rivolgersi a Dio con parole, canti, riti, orazioni.

    Perciò, è fondamentale chiedersi da dove nasca questo bisogno.

    Sant’Agostino lo dice, con lucidità, quando afferma che “il cuore dell’uomo è inquieto finché non riposa in Dio”.

    Si può asserire che, nella preghiera, sono in gioco due interlocutori: l’uomo o la donna che cerca Dio e Dio che viene di continuo in nostra ricerca.

    1. Con la morte e la resurrezione di Cristo, il dialogo tra Dio e gli uomini si è intensificato ed è ancora più necessario.

    Scrive padre Pasolini:

    Non potendo più sopportare la distanza che si era creata tra noi e lui, Dio non si è accontentato di avvicinarsi alla nostra umanità, mettendo in fuga paura e vergogna: ha voluto donarci lo Spirito Santo per ridare vitalità a quella confidenza così necessaria per vivere da figlie e figli amati”.

    Cos’è allora la preghiera? Un mistero indescrivibile?

    E’ certamente una esperienza non dicibile nella sua efficacia, ma si può affermare che la persona che prega usa parole, espressioni, vive silenzi e atteggiamenti con cui entra nel dialogo d’amore con Dio Padre.

    E’ un dialogo tanto più efficace e concreto, quanto più è libero sia da parte di Dio che da parte nostra. Suggerisco di pregare così per iniziare questo dialogo:

    Apri il mio cuore e le mie labbra, Signore, perché con libertà possa arrivare a riconoscere che Tu mi stai cercando”.  

  • “Basta”: molto più di un grido

    “Basta”: molto più di un grido

    Alcune parole fanno pensare: Altre, non solo fanno pensare, altre spronano, dopo aver pensato, ad agire in modo rinnovato, come conseguenza del pensiero e della preghiera.

    Una di queste parole è posta come titolo alla proposta pastorale che l’Arcivescovo Mario ci ha offerto in questo giorni: BASTA!

    In che senso BASTA? E’ un grido accorato e, forse, drammatico, oppure una via per affrontare la complessità di vicende sempre più inestricabili?

    Leggendo la proposta pastorale ci si accorge che si tratta di un grido di in­sof­ferenza, di ribellione verso il male che abita l’oggi della storia.

    Il male che ha il volto delle guerre, dei conflitti interpersonali sempre più ac­ce­si, della relativizzazione di ogni scelta e della tendenza a voler definire ‘bene’ anche ciò che fa soffrire e che frantuma l’armonia e la pace del cuore.

    Eppure, non è solo un grido accorato, ma anche l’annuncio della novità cristiana, così attuale e necessaria al nostro contesto.

    Scrive l’Arcivescovo che “è proprio questo senso di impotenza a trovare una risposta nella proposta cristiana. Il Signore parla a Paolo, che si lamenta dei limiti che gli impone la sua fragilità, dicendogli: “Ti basta la mia Grazia”.

    Dunque, questo legame tra l’insofferenza per l’intollerabile e la fiducia nella grazia del Signore, può essere l’argomento che permette di dire che abbiamo ragioni per sperare, per lottare, per pensare?

    Nell’anniversario dell’Anno Santo, una proposta così ci permette di pregare, pensare, parlare, protestare e, anche, agire, perché noi non siamo quello che facciamo nella frenesia di un ritmo spesso eccessivamente vertiginoso, ma uomini e donne che vivono anzitutto perché “Dio solo basta”.

    E, nella scoperta di questa realtà, siamo costruttori di pace e speranza. 

  • A stupire è … la speranza

    A stupire è … la speranza

    Nella notte di Natale di quest’anno inizierà l’Anno Santo.

    Ogni 25 anni, la Chiesa ci ricorda un dono particolare, offerto da Dio, ad ogni persona: il perdono. Il tema di questo Anno Santo è presentato con una frase della lettera di San Paolo apostolo ai Romani: “ la speranza non delude” (Rom. 5).

    È concreta la speranza, oppure è un’illusione per risolvere interrogativi ineludibili, ma altrettanto irrisolvibili?

    Charles Péguy, un autore francese che ha lasciato pagine straordinarie al riguardo, scrive che:

    “Per sperare, bambina mia, bisogna aver ricevuto una grande grazia”.

    E il nostro concittadino don Luigi Giussani ci ricorda che “La speranza è una certezza nel futuro in forza di una realtà presente”.

    Ogni nostra giornata, per essere affrontata e non subita, non può che essere mossa da una speranza.

    Quale speranza ci muove? Quali attese sostengono il nostro agire quotidiano?

    Sia Péguy che don Giussani ci indicano che all’origine della speranza c’è un fatto che non delude ed è l’amore di Dio che si fa realtà in Cristo Gesù, nella sua presenza oggi nella storia.

    San Paolo, sempre nella lettera ai romani, scrive: “La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato (Rom. 5, 1-2.5).

    In altre parole, le ragioni della speranza sono inscindibili dalla fede, che opera nei gesti di carità concreta.

    Scrive un autore:

    La speranza dona alla nostra povera vita una prospettiva infinita, eterna…. La speranza ci introduce nella dimora, nella dimensione eterna, infinita di Dio”.

    La roccia, da cui sgorga la nostra speranza quotidiana, è il Crocifisso Risorto.  

  • Feste patronali

    Feste patronali

    Ogni giorno potremmo avere occasioni per fare festa: un anniversario, un compleanno, il raggiungimento di una meta conquistata, spesso con molti sacrifici.

    Anche nella vita familiare non mancano motivi e occasioni per fare festa: il figlio o la figlia che vengono promossi dopo un anno di impegno, una risultato sportivo particolarmente soddisfacente, l’incontro tra amici che non si vedono da tempo.

    Ogni Comunità ha i suoi momenti di festa e, in particolare, la Comunità dei discepoli che vivono nella città torna ogni anno a ricordare i Santi patroni.

    Oggi facciamo festa per San Giovanni Battista e, domenica prossima, per i Santi Pietro e Paolo.

    È la festa patronale di due delle nostre cinque Parrocchie, che ci coinvolge insieme a riconoscere come fare festa sia “alzare lo sguardo” dal quotidiano, per ritornare poi alle occupazioni di ogni giorno con maggiore consapevolezza e motivazione.

    Le Parrocchie della città fanno esperienza di un “cammino comune”, cioè sempre più fraterno, ma non per questo vengono meno nelle loro identità.

    L’identità non è un mettersi contro e vivere il cammino credente nella estraneità gli uni dagli altri, ma dare ciascuno il proprio contributo per il bene dell’insieme.

    I Santi, anche quando hanno avuto motivi di confronto, come Pietro e Paolo, non hanno mai rinunciato ad annunciare che Gesù è il Signore, è vivo e, per questo, i discepoli non possono che tendere ad essere fratelli e sorelle.

    2Buona condivisione delle feste patronali! 

  • Il palio ieri e oggi

    Il palio ieri e oggi

    Cosa ci può essere di significativo nel revocare una battaglia avvenuta secoli fa nella nostra città?

    Senza trascurare il rilievo storico della battaglia di Desio del 21 gennaio 1277, riproporre ogni anno il Palio degli zoccoli è un’opportunità per noi, oggi, almeno per i seguenti motivi:

    1. riconoscere e riaffermare il desiderio di libertà che c’è nel cuore degli uomini e delle donne di ogni tempo;
    2. ritrovare le motivazioni capaci di sostenere relazioni attente a risolvere eventuali conflitti e contese;
    3. spendersi per la via dell’interesse nei confronti della nostra città, compiendo scelte che ci permettano di prenderci cura delle persone, delle situazioni e delle strutture che ci sono affidate;
    4. sperimentare che la storia, anche nei risvolti più quotidiani, è “maestra di vita”, dal momento che ci aiuta a compiere, nell’oggi, un attento discernimento per arrivare a intraprendere scelte di rinnovamento.

    Negli accenni offerti si può allora affermare che non si tratta solo di rievocazione del passato, ma di esercizio di vita comunitaria. 

  • “Siete miei amici”

    “Siete miei amici”

    Nel presentarsi alla diocesi i giovani che sabato prossimo diventeranno preti hanno scelto come messaggio programmatico una frase del Vangelo di Giovanni: “Siete miei amici” (Gv 15,14)

    Poco prima della sua Morte e Risurrezione, Gesù consegna ai discepoli ciò che più sta a cuore. Ed è soprattutto una preghiera: “Conservali, Padre nel tuo amore”. E’ l’amore che rende capaci di riconoscersi figli di Dio e fratelli tra di noi.

    I giovani e meno giovani che saranno ordinati in Duomo dall’Arcivescovo Mario esprimono così una consapevolezza: non si può essere preti senza essere amici di Cristo, del Crocefisso Risorto.

    Tra questi uomini c’è anche Edoardo Mauri, conosciuto nella Comunità Pastorale, e cresciuto nella parrocchia di S. Pio X. Accogliere e celebrare la Prima Messa domenica prossima, pregare per le vie della città con don Edoardo nella processione serale del Corpus Domini non è dare rilievo a una persona, ma riconoscerci amici di Gesù, fratelli e sorelle tra noi. E’ riconoscere e ringraziare perché Cristo Gesù chiama alcuni uomini a donare nella totalità la propria vita al servizio dell’annuncio del Vangelo. E’ intercedere perché il sì di Edoardo e di ogni altro prete sia fedele, perseverante, gioioso. E’ dire anche a don Edoardo che gli siamo vicini, gioiamo con lui, preghiamo con lui e non ci dimenticheremo mai di ripetergli: “don Edoardo fidati di Cristo Gesù perché è lui a dirti: <sei mio amico>”

  • Il cuore e le mani

    Il cuore e le mani

    Nell’articolo di domenica scorsa, rileggendo l’omelia dell’Arcivescovo proposta nelle nostre Parrocchie, ho fatto emergere le prime due priorità di quelle indicate alla Comunità Pastorale.

    Oggi, proseguendo la lettura, ne faccio emergere altre.

    Ricollegandosi alla centralità della Risurrezione di Gesù, il Vescovo afferma:

    “La cultura contemporanea non vuole ascoltare, a proposito di Gesù, che sia risorto: è considerato incredibile che Dio risusciti dai morti. 
Ma il Cristiano, senza Cristo, non ha senso.”

    E, nell’annunciare questo fatto, continua Monsignor Delpini:

    
“Noi abbiamo da dire di Gesù che lo incontriamo e lo riconosciamo presente nello spezzare del pane: la liturgia, in particolare la Messa domenicale, possa essere il cuore della fede dei Cristiani nella città, adulti, giovani e bambini”.


    Prendere con seria attenzione questa priorità, è cercare di far sì che la Messa non solo sia frequentata, ma partecipata e ogni nostra Chiesa non sia “monumento”, anche se storicamente significativo, ma casa di preghiera, di silenzio, di adorazione, ascolto, lode, intercessione.
É necessario rilanciare un gruppo liturgico della città che abbia a cuore una preghiera capace di favorire l’incontro con Dio e tra di noi.

    Riconoscendo il contesto in cui, come cristiani, viviamo oggi, caratterizzato da indifferenze e ostilità, l’Arcivescovo ci offre una ulteriore consegna quando dice:
“Lo Spirito di verità ci viene donato perché la missione continui nella nostra testimonianza di oggi. Il mondo, del resto, ne ha bisogno”.
Siamo presenza nella città con una originalità, che è quella di rendere concreto il Vangelo, la buona notizia, in azioni di annuncio, catechesi, in gesti di carità e di promozione culturale, oltre che di cittadinanza virtuosa, alla ricerca del bene di tutti e non di una parte.