Categoria: Editoriali

  • Ho fatto un sogno

    Ho fatto un sogno

    Ho sognato che il grido inconscio di giovani e meno giovani sul perché siamo al mondo arrivava nel cuore di Cristo Gesù. Nel sogno il volto di Gesù era pacificato e pacificante. Di fronte al grido di uomini e donne andava ripetendo “Venite a me voi tutti affaticati e oppressi e troverete ristoro alle fatiche e motivazione alle soddisfazioni”.

    Sempre nel mio sogno Gesù non rimproverava ma accoglieva, incoraggiava, sosteneva, asciugava lacrime e condivideva gioie.

    Gradualmente ma inesorabilmente gli uomini e le donne di ogni età che si avvicinavano a Gesù iniziavano a pacificarsi, a riflettere e dialogare ma senza angosce né conflitti. Ognuno cercava di comprendere e di condividere le ragioni dell’altro e, quando non era d’accordo, cercava di cogliere un aspetto capace di completare il proprio pensiero.

    Il sogno è poi continuato e si è ampliato, forse un po’ ingenuamente, mettendo in evidenza come coloro che si erano fatti vicini a Gesù e, pacificati, avevano iniziato a dialogare tra loro senza risentimenti, rimpianti e divagazioni verso un tempo che non c’è più. Da questi volti irradiava una gran voglia di comunicare a tutti il perché della vita, il tesoro nascosto e la perla preziosa per le quali vale la pena giocarsi fino in fondo.

    Queste persone uscivano dalla Chiesa, dagli oratori consapevoli di essere il sale della terra e la luce del mondo ma si muovevano senza orgoglio, persone forti ma propositive, libere ma ancorate alla Buona Notizia. Il loro percorrere le strade della città non era fatto di parole recriminatorie, di sfoghi al limite della deprecazione, di rivendicazioni su confini territoriali ma colmo di gratitudine al Signore per essere “con voi tutti i giorni, fino alla fine del tempo”.

    Il sogno si concludeva sfumando nella realtà e vedendo un popolo che, proveniente da ogni Chiesa, oratorio, case e luogo di vita, tornava desideroso di vivere insieme l’Eucarestia ricevendo il “Pane vivo disceso dal cielo” che nutre il cuore dell’umanità e rende persone nuove, popolo credente, orante e fraterno … “erano un cuore solo e un’anima sola!”

  • Si può ancora fare festa?

    Si può ancora fare festa?

    Sfogliando questo numero di “Comunità in cammino” troverete le proposte pensate per la festa patronale nell’anno centenario della proclamazione a città di Desio. Non entro nel merito dei singoli appuntamenti ma cerco di offrire il motivo per cui dare rilievo alla nostra festa patronale cittadina.

    1. Viviamo la festa per fare memoria di doni ricevuti e che, a nostra volta, possiamo trasmettere. Una festa permette di tornare a ri­cor­dare cosa ci sta a cuore, perché impegnarsi nelle attività di ogni gior­no, vivere relazioni buone e costruttive fatte di incontri gratuiti e semplici.
    2. Nel programma riportato nelle pagine interne troviamo tre serate dove, con linguaggi diversi, avremo la possibilità di conoscere me­glio alcuni testimoni di vita buona (suor Lucia Pulici con altre due consorelle, S. Teresa di Gesù Bambino e, con alcune mostre, i Santi della porta accanto). In questo modo si vuole suggerire che vi sono buone ragioni per affrontare la vita pur nelle sue innumerevoli com­plessità. Forse c’è un grido inconscio di trovare il “perché” stare al mondo. I testimoni che incontreremo saranno di aiuto per vedere la luminosità anche nella complessità.
    3. Il terzo motivo è più interno alla comunità cristiana ma sempre in dialogo con la città. Infatti sabato 21, in mattinata, sarà possibile condividere e confrontarci sul nostro essere Chiesa nella città. Essere e vivere da cristiani non per conservare ma per annunciare la gioia e la contemporaneità del Vangelo

    Nel concludere sottolineo che non mancheranno occasioni per condividere fraternamente il pasto come momento di vita comunitaria.

  • Parole per …

    Parole per …

    Ogni giorno ascoltiamo e pronunciamo migliaia di parole. Spesso sono parole che offendono e diventano contraddittorie. Parole che possono denigrare o scoraggiare, parole che non sanno raccontare niente.

    La rete, i social e molti strumenti di comunicazione non cercano parole capaci di sostenere, maturare, incoraggiare, ma semplicemente pronunciano parole a volte insignificanti, senza corrispondenza alla realtà e finalizzate a cercare “audience”, se non vere e proprie conflittualità. Alludere, insinuare sospetti, produrre “fake news” è uno dei tratti tipici di certe forme di comunicazione.

    Anche nei nostri contesti non sempre è possibile capire se quanto viene affermato descrive la realtà oppure nasconda inerzie e incapacità ad affrontare problemi e trovare soluzioni. Molte parole sono inutili, fuorvianti, dette per rimandare scelte e decisioni necessarie per il bene di una comunità. Il linguaggio della burocrazia, a volte sembra creato apposta per non favorire comprensione e impedire di passare dalle parole ai fatti, per salvaguardare interessi parziali a immobilizzare decisioni necessarie ad uno sviluppo di una data realtà.

    Senza escludere che vi sono ancora parole “belle”, “buone” e “vere” nel cuore e sulle labbra di molti, noi discepoli di Gesù non possiamo che cercare di essere uomini e donne di Parola. Nel senso di essere pronti a rendere ragione della speranza che è in noi per dare volto a ciò che motiva, sostiene e incoraggia. Per dare volto alle parole che prendono vita dalla Parola che non banalizza ne inganna: Gesù Parola fatta carne e concretezza del volto di Dio.

  • Iniziare

    Iniziare

    Oggi inizia il mese di settembre. Un mese caratterizzato dalla ripresa di molte attività e impegni.

    Nelle scorse settimane, riflettendo e osservando la città, mi è apparso ancor più evidente di quante ricchezze umane siamo custodi, ma anche di quali responsabilità siamo investiti.

    Una città, una comunità di uomini e donne, non si fa da sé; è edificata da molti che si coinvolgono e si lasciano coinvolgere a rendere più bello e accogliente lo spazio che abitiamo, le piazze e le strade che percoriamo, i luoghi che scegliamo di frequentare, la storia che desideriamo custodire.

    Una città, una comunità, allora, è bella, accogliente, curata, pulita e coinvolgente se entrano in azione soggetti disposti a dedicare tempo, idee, iniziative per renderla tale.

    Anche le nostre parrocchie nel loro camminare insieme come comunità pastorale possono offrire spazi, iniziative, tempi e luoghi d’incontro nella misura in cui volti e storie entrano in azione.

    Iniziare questo settembre è occasione per arrivare a dire: “ci sono”, “questa città”, “questa Chiesa” è nostra e solo noi abbiamo le forze per renderla città amata, bella, pulita; e solo noi con totale fiducia in Dio, possiamo dare vita, comunione, opportunità a molti.

  • Chiamare Dio Padre

    Chiamare Dio Padre

    Chi ha avuto la pazienza di leggere nelle scorse settimane le note introduttive alla preghiera si sarà accorto che pregare chiede un cuore e una mente semplice.

    In fondo, anche se le modalità sono diverse, pregare è “prendere sul serio la libertà di chiamare Dio nostro Padre, fiduciosi nella testimonianza di Gesù”. Per aiutare questa esperienza offro qualche riferimento biblico per entrare nel dialogo da figli con Dio che è Padre:

    1. Nel Vangelo di Giovanni ascoltiamo:

    “Dio nessuno lo ha mai visto: Il Figlio unigenito che è Dio

    ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”

    Gio (1,18)

    Nell’affermazione conclusiva del prologo l’Evangelista Giovanni ci ricorda che Dio non si nasconde più, ma in Gesù si fa incontrare. Al tempo stesso ci invita ad aprire le nostre esistenze a questo manifestarsi del volto del Padre perché è nella reciprocità che avviene l’incontro.

    1. Nel Vangelo di Matteo ascoltiamo:

    “In quel tempo Gesù disse: ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai colti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza …

    Matteo (11,25-27)

    Per arrivare a chiamare Dio con il nome di Padre e avere una relazione da figli, Gesù ci ricorda che è necessario abbandonare ogni forma di arroganza ed entrare nel dialogo della preghiera con cuore mite e accogliente. Il cuore mite e accogliente è quello di un uomo e di una donna che vivono una relazione d’amore libera e totalmente fiduciosa. Pregare, allora chiede un cuore mite, umile, accogliente, che non avanza pretese ma si consegna ad un rapporto d’amore libero e gratuito. La prima qualità della preghiera non è quello di chiedere, ma di rendere grazie, lodare, riconoscere la totalità dell’Amore di Dio. Ma chi ci fa conoscere questo Amore del Padre?

    1. Nel Vangelo di Giovanni ascoltiamo:

    “Gli disse Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. Gli rispose Gesù: da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: mostraci il Padre?

    Giovanni (14,8-9)

    Dio noi lo incontriamo e con lui dialoghiamo grazie a Gesù. Scrive P. Pasolini a commento del brano di Vangelo:

    “Gesù, durante la vita pubblica si è accorto che testimoniarci e trasmetterci il volto del Padre significa purificare il nostro cuore dalla tenebra più radicata e velenosa, quella che ci porta a immaginare un Dio lontano, indifferente o addirittura ostile alla nostra vita”.

    Il percorso di introduzione alla preghiera proposta in queste domeniche estive si conclude con questo articolo. La speranza che ho nel cuore è di aver aiutato qualcuno dei lettori a prendere coscienza che la preghiera non è anzitutto un momento in cui chiediamo qualcosa ma un tempo nel quale entriamo in dialogo con Dio.

    Ancora con le parole di P. Pasolini:

    “Quando preghiamo stiamo educando il nostro amore a credere che la persona a cui rivolgiamo la voce è il Padre che ha realmente a cuore la nostra vita”.

  • Sono in ascolto

    Sono in ascolto

    L’esperienza della preghiera non è sempre così facile. Ognuno di noi sperimenta situazioni di vita dove la preghiera è affaticata, non cercata o addirittura temuta.

    E’ ancora il racconto evangelico dell’annuncio dell’Angelo a Maria a orientare la nostra preghiera nei tempi di fatica e timore. Nel Vangelo di Luca, capitolo 1 versetto 30, ascoltiamo:

    “L’Angelo le disse: <non temere Maria, perché hai trovato Grazia presso Dio>”

    Da quale paura è attraversata la preghiera di Maria di Nazareth e da quale paura può essere attraversata la nostra preghiera?

    Offro qualche spunto che, per ragioni di chiarezza, sintetizzo in questi passaggi:

    1. Avere paura non è mancanza di fede e di fiducia. Avere paura è reagire di fronte a situazioni di pericolo o di complessità.
    2. Nel contesto del dialogo tra l’Angelo e la Vergine risuona l’invito a “non avere paura”, e cioè a non soffermarsi sulle emozioni provocate da un annuncio inatteso, ma a cogliere che, quanto Dio le sta chiedendo, è la realizzazione di un desiderio reale: l’esperienza di un Dio che non ci illude, né inganna ma ci cerca fino a mettere in campo la più decisiva delle scelte possibili che è quella di incarnarsi, di rendersi sperimentabile e incontrabile.
    3. Nell’esperienza di preghiera che fa Maria di Nazareth ci si accorge che, pregando, la libertà di Dio e quella dell’uomo si cercano reciprocamente per incontrarsi. E l’incontro è il dono della Grazia da parte di Dio e del riconoscimento del dono da parte nostra.

    Acutamente P. Pasolini afferma:

    “domanda e offerta si incontrano nelle preghiere quando il dialogo si muove al livello del grazie, cioè nello spazio delle cose libere e gratuite. Scoprire e afferrare la Grazia, mentre stiamo pregando, vuol dire scegliere Dio per quello che è realmente: un meraviglioso Artista in grado di fare della nostra vita un capolavoro d’Amore”.

    1. Mentre prega la Vergine di Nazareth intuisce e comprende che la questione decisiva della vita è permettere a Dio di arrivare a fare di lei uno strumento che, liberamente si possa a sua volta donare per il bene, la gioia, la felicità di tanti.

    Si può concludere questo ulteriore passo nell’introduzione alla preghiera riconoscendo che “anche il nostro pregare cresce nella misura in cui riusciamo ad andare oltre la paura di accogliere quello che Dio, il Padre, vuole da noi”.

    Il suggerimento di questa settimana è allora quello di pregare personalmente e comunitariamente interrogando e approfondendo ciò che maggiormente ci tocca in questo periodo.

    Solo così possiamo avviare un dialogo con Dio parlando a Lui, ma anche permettendo a Lui di parlarci …

    Parla, Signore, il tuo figlio è in ascolto!

  • Maria di Nazareth … vivere la preghiera libera …

    Maria di Nazareth … vivere la preghiera libera …

    Nel cuore dell’estate, precisamente il prossimo 15 agosto, torniamo a guardare a Maria con la festa dell’Assunzione in cielo.

    Quale pratica ci suggerisce Maria di Nazareth riguardo alla vita di preghiera?

    Nel rileggere il racconto dell’Annunciazione secondo il Vangelo di Luca veniamo a conoscere una situazione precisa:

    “Il sesto mese, l’Angelo Gabriele
    fu mandato da Dio in una città della
    Galilea, chiamata Nazareth, a una
    Vergine, promessa sposa di un uomo
    della casa di Davide, di nome Giuseppe.
    La Vergine si chiamava Maria”

    (Lc 1,26-27)

    Il racconto descrive una situazione ben precisa:

    Maria vive in un paese preciso, Nazareth, ha un futuro ben delineato, diventare sposa di Giuseppe. Insomma, tutto sembra già scritto e ben definito per lei.

    Ma c’è un elemento che forse sfugge. Infatti, l’Evangelista annota che Maria è vergine. Il che non è solo una notazione biologica ma descrive la sua limpidità interiore. Questa donna ha cuore e mente capaci di entrare nella relazione della preghiera, la relazione di ascolto e risposta già descritto nell’articolo della scorsa settimana.

    Un autore spirituale ricorda che:

    “essere vergine non significa solo essere illibata, ma soprattutto scoprirsi pronti a concepire una vita nuova. La verginità è un’apertura del cuore che abbiamo la responsabilità di custodire e costruire sempre”.

    Questo ha un significato preciso per ogni discepolo di Gesù, per ognuno di noi perché pregare è avere un cuore puro, libero da ogni rancore del passato e aperto alle novità del futuro.

    Torna un’accentuazione già evidenziata in questo sintetico percorso estivo di introduzione alla preghiera. Una sottolineatura che può essere ripresa e approfondita affermando che la preghiera di un discepolo o di una discepola di Cristo, comincia a maturare quando è aperta e disponibile nei confronti del Padre nostro che è nei cieli, è fiduciosa ma non ingenua, mostra prontezza a lasciare che il Signore parli al cuore per orientare a una vita buona, bella e vera, appunto trasparente, pura di cuore.

    In questo percorso di dialogo, apertura e disponibilità al Padre che si manifesta attraverso l’annuncio dell’Angelo è racchiusa tutta la vicenda esemplare di Maria di Nazareth, vicenda che la conduce a sperimentare l’Assunzione al cielo senza conoscere la corruzione della morte. Nell’Annunciazione, come afferma fra Pasolini:

    “Dio fa ingresso nel cuore di Maria senza forzare in alcun modo la parte di sua disponibilità. Questo è ciò che siamo chiamati a compiere in ogni momento di preghiera: la Parola di Dio decide di entrare, nella libertà, nella profondità del nostro cuore”.

    É da questo allenamento che con Maria di Nazareth possiamo pregare:

    “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, …”

  • A don Elio con riconoscenza

    A don Elio con riconoscenza

    Ho tra le mani uno dei libri pubblicati da mons. Elio Burlon e, precisamente, un itinerario di riscoperta della fede che ha come titolo “se uno è in Cristo è una creatura nuova”. La caratteristica della proposta descrive molto bene la pers­onalità di don Elio. A partire da alcuni brani del Vangelo riletti e presentati con la competenza di un uomo di cultura biblica e di intensa spiritualità, suggerisce al lettore un itinerario di vita cristiana.

    La comunità pastorale di S. Teresa di Gesù Bambino deve molta riconoscenza a don Elio che, dal 2002 come prevosto e dal 2010 al 2016 come primo responsabile della Comunità pastorale S. Teresa di Gesù Bambino, ha speso molti anni a servizio della Chiesa in Desio. Ha favorito il cammino comune tra le Parrocchie, ha animato proposte di formazione biblica e culturale, ha mantenuto il tratto di un pastore dedito alle situazioni di bisogno promuovendo la Caritas cittadina. Siamo riconoscenti a don Elio e, mentre ne raccogliamo l’eredità spirituale e pastorale, suggerisco di rileggere alcune della pagine da lui scritte nel testo che ho citato sopra. In particolare il ca­pi­to­lo 22 che ha come titolo “I tre pilastri della vita cristiana”. Rileggendo con precisione e profondità tre brani di Vangelo cioè la parabola del Buon Pastore, l’incontro di Gesù con Marta e Maria e l’insegnamento della preghiera del Padre Nostro, don Elio indica ciò che è essenziale e decisivo per la vita cristiana

    1. è fondamentale innanzi tutto che il nostro “fare sia davvero radicato nell’ascolto della parola di Dio che è la vera sorgente di ogni azione che porti veramente frutto”
    2. “il primo modo di rispondere alla parola di Dio è la preghiera, cioè il nostro dialogo con lui… Il cristiano che prega si sente sempre strettamente solidale con Lui e, in definitiva, con tutti gli uomini.”
    3. “l’ascolto della parola di Dio e la preghiera, quando sono autentici, generano nella vita del cristiano il frutto maturo dell’amore misericordioso”

    Grazie don Elio perché da attento uditore della Parola di Dio sei stato e continui ad essere per noi tutti un uomo credibile, nuova creatura perché in Cristo sei morto e risorto.

    Don Mauro

  • Tempo e luogo per “destare il cuore”

    Tempo e luogo per “destare il cuore”

    Per vivere l’esperienza della preghiera, come abbiamo visto nell’articolo di domenica scorsa, non si tratta anzitutto di imparare delle tecniche, ma di “destare il cuore”.

    Se la preghiera è, come afferma Fra Roberto Pasolini nel libro “Iniziazione alla preghiera”, l’incontro delicato e intimo tra la voce della nostra anima e il cuore misericordioso di Dio, è necessario desiderare e preparare tale incontro.

    Per questo motivo, diventa indispensabile decidere un tempo sufficientemente ampio per avviare e sperimentare il dialogo d’amore.

    Spesso i ritmi delle nostre giornate sono impegnativi, le scadenze e gli impegni da ottemperare sembrano non permettere questo “stacco” per dialogare con Dio.

    Eppure, una scelta di questo tipo fa bene perché, nutrendo il nostro cuore nel dialogo “d’amore”, possiamo tornare ad affrontare gli stessi impegni con animo pacificato e rapportarci a noi stessi e agli altri con un cuore maggiormente disposto ad ascoltare, comprendere, annunciare ciò che è fondamentale per vivere.

    Scegliere di pregare, perciò, chiede di definire, nei limiti del possibile, quando dedicarsi all’incontro con il Signore.

    Per alcuni, è più facile il raccoglimento il mattino presto, mentre per altri la sera tardi, dopo aver vissuto le varie occupazioni quotidiane. Sta a ciascuno di noi individuare il tempo favorevole lungo l’arco della giornata, ma si tratta comunque di una scelta.

    Leggendo e meditando il Vangelo, ci accorgiamo che Gesù, pur nel ritmo vorticoso delle sue giornate, preferiva il mattino presto. Nel Vangelo di Marco si trova scritto:

    Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirava in un luogo deserto e là pregava” (Marco 1, 35).

    Accanto al tempo, è importante individuare anche un luogo adatto per la preghiera.

    Pregare in casa è possibile ma, soprattutto per chi abita con altri della famiglia, è utile individuare un luogo dove le distrazioni siano ridotte al minimo, meglio se preparato con una Bibbia, un’icona, o un crocifisso.

    A volte, per gli sposi, è favorevole pregare nella propria camera e insieme, con l’aiuto di un brano del Vangelo o con altre forme di preghiera.

    Consapevole che non sempre è possibile, quando si è all’inizio di un itinerario di preghiera, non va trascurata la scelta della Chiesa vicina alla nostra casa o al luogo di lavoro oppure, durante le vacanze, un luogo particolarmente silenzioso nel contesto della natura.

    Elia, il profeta, è proprio nel deserto che fa esperienza della presenza di Dio.

    Suggerisco, allora, di pregare ascoltando l’esperienza di Elia:

    Gli fu detto: “Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. Ecco, il Signore passò.
    Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto.  Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero.  

    Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.

    Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: “Che fai qui, Elia?” ( 1Re 19, 11-13)

  • Alla ricerca del dialogo

    Alla ricerca del dialogo

    I mesi di luglio e agosto possono essere un tempo nel quale recuperare qualche spazio di silenzio e raccoglimento. E’ opportunità anche per vivere con maggiore calma la preghiera.

    A partire da oggi, questa prima pagina di ‘Comunità in cammino’ offre qualche spunto per favorire la preghiera personale.

    Attingo ampiamente da un libro che consiglio, dal titolo “Iniziazione alla preghiera” di padre Roberto Pasolini, pubblicato dalla casa editrice San Paolo.  

    Premessa:

    Non è mai possibile parlare in astratto della preghiera, perché è un’esperienza nella quale decidere di lasciarsi coinvolgere. Diversamente, si cade nel ragionamento astratto che, con il passare del tempo, rende sterile e non percorribile il dialogo con l’Assoluto.

    Mantenendo aperto questo orizzonte, si può affermare che:

    1. Da sempre gli esseri umani, uomini e donne con volti e storie concrete, hanno espresso il desiderio di rivolgersi a Dio con parole, canti, riti, orazioni.

    Perciò, è fondamentale chiedersi da dove nasca questo bisogno.

    Sant’Agostino lo dice, con lucidità, quando afferma che “il cuore dell’uomo è inquieto finché non riposa in Dio”.

    Si può asserire che, nella preghiera, sono in gioco due interlocutori: l’uomo o la donna che cerca Dio e Dio che viene di continuo in nostra ricerca.

    1. Con la morte e la resurrezione di Cristo, il dialogo tra Dio e gli uomini si è intensificato ed è ancora più necessario.

    Scrive padre Pasolini:

    Non potendo più sopportare la distanza che si era creata tra noi e lui, Dio non si è accontentato di avvicinarsi alla nostra umanità, mettendo in fuga paura e vergogna: ha voluto donarci lo Spirito Santo per ridare vitalità a quella confidenza così necessaria per vivere da figlie e figli amati”.

    Cos’è allora la preghiera? Un mistero indescrivibile?

    E’ certamente una esperienza non dicibile nella sua efficacia, ma si può affermare che la persona che prega usa parole, espressioni, vive silenzi e atteggiamenti con cui entra nel dialogo d’amore con Dio Padre.

    E’ un dialogo tanto più efficace e concreto, quanto più è libero sia da parte di Dio che da parte nostra. Suggerisco di pregare così per iniziare questo dialogo:

    Apri il mio cuore e le mie labbra, Signore, perché con libertà possa arrivare a riconoscere che Tu mi stai cercando”.