Categoria: Editoriali

  • La cura e la centralità

    La cura e la centralità

    La visita pastorale compiuta dall’Arcivescovo Mario ci offre delle consegne, delle attenzioni da vivere nell’agire quotidiano come Chiesa che vive nella città.

    In modo particolare, rileggendo insieme l’omelia proposta dal Vescovo, emergono alcune priorità:

    1. La cura e la presenza dimostrate dall’Arcivescovo nei giorni della visita, ci hanno fatto toccare con mano che c’è un’attenzione da parte di tutta la Chiesa diocesana alla nostra realtà desiana. Afferma il Vescovo:
      La visita pastorale è occasione per dirvi che voi mi siete cari, mi state a cuore, sento responsabilità per il cammino di fede e la vita di Comunità di questa città e di ogni persona”.
      Anche noi siamo parte di un insieme, di una Comunità che vive il Vangelo nel territorio della Diocesi. Ed è per questo che non possiamo non guardare insieme le sfide e le modalità con cui affrontarle. Insieme con il Vescovo, insieme tra noi preti e le consacrate, insieme come Cristiani di ogni Parrocchia.
    2. La centralità di Gesù Risorto per la vita della Chiesa nella città.
      Annunciare insieme il Vangelo è, prima di tutto, viverlo nella concretezza di ogni giorno e nella singole situazioni di vita. Il Vescovo ha posto al Signore Gesù una domanda ben precisa:
      Signore, che cosa vuoi dire per orientare il cammino di questa Comunità”?
      E indica la risposta così:
      Una cosa dobbiamo dire: Gesù è vivo, Gesù è risorto da morte. Gesù ci rende partecipi della sua vita….
      Ci dona lo Spirito di verità perchè possiamo interpretare questo tempo e la nostra vocazione”.

    Sono le prime due priorità che raccolgo e offro a tutti, per tornare domenica prossima su altri aspetti indicati dal Vescovo.  

  • Una domenica di maggio

    Una domenica di maggio

    Scrivo queste righe poche ore dopo la visita pastorale compiuta dal nostro Arcivescovo Mario nella Comunità pastorale Santa Teresa di Gesù Bambino.

    Non ho la pretesa di fare sintesi o di individuare linee di impegno pastorale per i mesi a venire: avremo la pazienza di rileggere e approfondire gli interventi proposti.

    Molti mi chiedono: “Com’è andata la visita pastorale?

    Rispondo così:

    • ho visto una città dove i Cristiani sanno mettersi in movimento, che cercano non solo di incontrarsi, ma di cogliere occasioni che fanno toccare con mano cosa significa essere Chiesa;
    • ho visto che ogni Parrocchia ha risorse e persone per mantenere vivo l’annuncio del Vangelo, la celebrazione delle Messe, l’esercizio della carità e, tutto questo, viene compiuto con cura e partecipazione;
    • ho visto ragazze e ragazzi, mamme e papà, catechiste e catechisti in ascolto di un Vescovo che non ci ha chiesto di essere educatori perfetti, ma di essere educatori appassionati a partire dalle piccole, ma decisive attenzioni educative di ogni giorno;
    • ho visto realtà ecclesiali desiderose di vivere la comunione, senza rinunciare a ciò che è specifico di ciascuna;
    • ho visto uomini e donne di ogni parte sociale e politica mostrare attenzione alla presenza del Vescovo e della Comunità cristiana che vive in città;
    • ho visto un Vescovo in mezzo alla gente, instancabile, capace di comunicare con ogni età della vita, dai ragazzi ai nonni e pronto a conoscere, incoraggiare, sostenere e indicare l’essenziale.

    È il dono di una domenica di maggio!

    don Mauro

  • Un mese per accogliere

    Un mese per accogliere

    Il mese di maggio è un tempo particolare nel corso dell’anno, perché si rincorrono scadenze di vario genere.

    Anche per la Comunità cristiana gli appuntamenti sono significativi, dal momento che si rinnova il dono dell’effusione dello Spirito Santo nella Pentecoste, molti ragazzi e ragazze vivono il primo incontro con l’Eucarestia, alcuni bambini ricevono il Battesimo e negli Oratori si anima la festa del “Grazie”.

    Con quale atteggiamento rendere straordinari e, soprattutto, incisivi questi “incontri”?

    Una donna, Maria di Nazareth, è tra le prime protagoniste della Pentecoste perché, con i discepoli, è in preghiera per individuare quale mandato ha da consegnare il Figlio risorto.

    Una donna che, lungo l’arco della sua vita, sa ascoltare e, perciò, sa accogliere.

    Nel Vangelo di Luca veniamo a sapere di un fatto da non trascurare:

    “Al sesto mese l’Angelo Gabriele fu mandato da Dio
    in una città della Galilea chiamata Nazareth
    a una vergine, promessa sposa di un uomo
    della casa di Davide, di nome Giuseppe.
    La Vergine si chiamava Maria”.

    Quali indicazioni ci offre l’incontro tra Dio e questa donna?

    Quale dono viene anche a noi da questo dialogo nella libertà?

    Vivere la Pentecoste – e tutti i momenti di vita nella Comunità cristiana che ci presenta il mese di maggio – è accogliere il proporsi di Dio in Gesù alla nostra umanità.

    Accogliere è essere “disponibili a lasciare irrompere nel cuore la potenza di Dio”, che non cerca altro che la nostra beatitudine.

    Come Maria di Nazareth, con Maria di Nazareth.

    don Mauro

  • Occasione per rimetterci in movimento

    Occasione per rimetterci in movimento

    Nel prossimo fine settimana, il Vescovo Mario incontrerà le Parrocchie della città, gli operatori sanitari e gli ammalati in ospedale, mentre la mattina del 9 maggio alcune realtà sociali presenti in Desio.
    Qual è il motivo di una visita da parte del Vescovo?

    La scorsa settimana ho già offerto alcune motivazioni e, nel presente articolo, desidero suggerire qualche atteggiamento attraverso accenni e domande:

    1. Il Vescovo visita le Parrocchie che esprimono il comune mandato del Risorto ad annunciare e vivere il Vangelo.
      Stiamo vivendo un concreto e sempre più reale cammino di comunione tra le Parrocchie della nostra Comunità pastorale?
      Stiamo attrezzandoci a vedere l’insieme senza tralasciare il particolare?
      Stiamo ripensando alle modalità con cui annunciare il Vangelo nella città, dove la maggior parte degli uomini e delle donne non si sente più parte della Chiesa?
    2. Il Vescovo incontra le Parrocchie ma anche altre realtà civili ed ecclesiali e lo fa nella vita ordinaria, quotidiana.
      Stiamo cercando di individuare linguaggi e forme di dialogo con le realtà cittadine a livello caritativo, culturale, interreligioso?
      Stiamo cercando vie capaci di favorire l’inclusione di tutti, con la gioia di essere custodi di una notizia buona per la felicità di ciascuno?
      Abbiamo a cuore la chiamata ad assumerci responsabilità e impegni nei vari ambiti della vita ecclesiale e sociale, lasciandoci orientare da un unico bene: che il mondo creda e ogni persona possa essere segno di una vita ricevuta in dono e per questo donata?
    3. Il Vescovo si mette in ascolto del nostro vissuto ispirato e orientato dal Vangelo.
      Abbiamo a cuore il presente e il futuro della nostra città?
      Ci appassioniamo alla questione educativa e alla cura delle fragilità?
      Questa città è da noi amata?

    don Mauro

  • Il Vescovo in visita alla città

    Il Vescovo in visita alla città

    IL VESCOVO IN VISITA ALLA CITTA’

    I discepoli di Gesù camminano nelle vicende di ogni giorno con molti altri uomini e donne, ma si incontrano per celebrare la Messa ogni domenica e per vivere ogni altro giorno nella promozione della fraternità. Il cammino di un discepolo è sempre alla ricerca del volto di Cristo Gesù e, al contempo, del fratello e della sorella in modo particolare se in solitudine o in necessità.

    Afferma il nostro concittadino don Luigi Giussani, del quale in questi giorni si è annunciata l’apertura alla “fase testimoniale” per procedere nella causa di beatificazione, che:

    “E’ venuto un uomo che non ci ha più
    permesso di pensare a noi stessi
    e agli altri uomini
    come a un fugace niente,
    a un fugace respiro o sospiro!”

    Quest’uomo è il Crocifisso Risorto che ci convoca ogni domenica per celebrare l’Eucarestia.

    Ancor più coinvolgente è il percorso di un discepolo quando celebra l’Eucarestia presieduta dal Vescovo che rappresenta il “Pastore buono” e rende visibile la comunione della e nella Chiesa.

    Per tutti questi motivi il nostro Vescovo Mario Delpini visiterà sabato 4 e domenica 5 maggio p.v., tutte le comunità parrocchiali della città, celebrando l’Eucarestia, annunciando che siamo figli di Dio, che in Gesù si cammina dentro la storia e, per questo non possiamo essere estranei gli uni nei confronti degli altri. Accanto alle Messe ci saranno altri incontri nei giorni precedenti e seguenti, dove potremo conoscere meglio il Vescovo e il Vescovo visiterà luoghi di vita nella città. Non è solo una visita, ma un’opportunità per toccare con mano che siamo Chiesa.

  • Consigliare

    Consigliare

    Consigliare può essere facile, ma anche complicato.

    È facile se cerchiamo o accogliamo i consigli. È molto più complicato se riteniamo di non avere bisogno dei suggerimenti altrui o di bastare a noi stessi. Nella Comunità cristiana è indispensabile esercitare e accogliere il consiglio. Per tale motivo è fondamentale che anche la Chiesa nella nostra città rinnovi il consiglio pastorale per gli anni a venire. Esercitare l’arte del consiglio favorisce un modo di essere discepoli di Gesù perché esprime:

    1. Comunione. Nella Chiesa delle origini emerge con chiarezza come i cristiani erano “un cuor solo e un’anima sola”. Gesù poco prima della sua Pasqua prega il Padre perché conservi i suoi nell’unità. Indispensabili sono certo iniziative e proposte, ma consigliare è anzitutto far trasparire il nostro essere fratelli e sorelle che vivono la gioia del Vangelo.
    2. Missione. La comunione tra noi è la via che apre all’annuncio del Vangelo perciò consigliare è dialogare tra noi e con la realtà con la quale viviamo. La responsabilità del consiglio pastorale sta proprio nel ricordare a tutti che la Chiesa è il popolo di Dio dove ogni battezzato è chiamato alla Santità attraverso la vocazione specifica a cui è stato chiamato. È compito dei consiglieri del consiglio pastorale coltivare la passione per l’annuncio del Vangelo e quindi per la cura di tutte quelle forme di formazione, segno dell’adesione al Vangelo di Gesù. Mentre si esercita il consiglio si coglie quanto Dio continui ad agire nella storia e ci si appassiona sempre di più al suo messaggio d’amore.
    3. Progetto Pastorale. La missione si realizza attraverso la relazione quotidiana con ogni persona che si incontra, ma chiede anche unità di azione pastorale che ci viene offerta attraverso il percorso dell’anno liturgico. Ricorda l’Arcivescovo Mario “la Celebrazione del mistero di Cristo, che si distende nel tempo che viviamo rinnova la grazia della presenza della Pasqua di Gesù, il dono dello Spirito”. Compito del consiglio pastorale è allora quello di attualizzare scelte evangeliche condivise e verificabili così da arrivare a porre attenzioni a tutte le dimensioni di vita della Comunità Pastorale.

    I motivi accennati sono consegnati a ciascuno perché possa, nel prendere nuovamente consapevolezza della bellezza della missione da fratelli e sorelle, considerare la propria disponibilità a candidarsi per il servizio del consiglio nella Comunità Pastorale.

    don Mauro

  • Per una Comunità fraterna

    Per una Comunità fraterna

    Nelle domeniche 14 e 21 aprile si raccoglieranno le candidature in vista del rinnovo del Consiglio della Comunità pastorale, che avrà luogo il 26 maggio p. v.

    Oggi e nei prossimi numeri di “Comunità in cammino” vengono presentate le motivazioni sulla necessità di un Consiglio pastorale.

    In queste poche righe mi limito a porre in evidenza perché valga la pena mettersi in gioco attraverso la partecipazione al Consiglio stesso.

    Ogni famiglia ha bisogno di confronto, dialogo e riflessione in vista delle scelte capaci di orientare l’agire quotidiano.

    Ogni famiglia di famiglie, come è una Comunità di discepoli di Cristo, non può rinunciare a forme di condivisione e di corresponsabilità nel pensare e offrire l’annuncio del Vangelo nel tempo e nel luogo in cui viviamo.

    Nella nostra città non mancano persone, iniziative e azioni pronte a dare concretezza al Vangelo, ma un rischio, come tutti, lo corriamo anche noi, ed è quello di non “pensare” insieme, di non “discernere” come frutto di lettura della situazione e di rimandare a preti e suore il compito di animare la Chiesa.

    Il Consiglio pastorale è, allora, oggi più che mai necessario, dal momento che siamo costantemente chiamati a pensare la Chiesa di oggi e del futuro prossimo, a leggere le provocazioni salutari che il nostro tempo pone ai discepoli di Cristo e a dare testimonianza di fraternità e condivisione.

    Essere “un cuore solo e un’anima sola” è il mandato di Gesù alla Chiesa che vive in Desio “perché il mondo creda”.

    E’ occasione da non perdere per vivere l’annuncio della Pasqua.  

  • Tornare a volare

    Tornare a volare

    «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui! È risorto!»

    Il giorno di Pasqua irrompe nel cuore della storia con un annuncio di vita.

    Nell’oscurità della morte e del silenzio di un Dio Crocifisso accade, atteso ma non sperato, un fatto dirompente: il Crocifisso è risorto.

    Significa che Gesù, “l’uomo dei dolori che ben conosce il soffrire”, non rimane nel buio del sepolcro, ma affronta il dramma dell’oscurità e lo attraversa, come ogni uomo o donna che nasce, vive e muore sulla terra, arrivando alla vittoria della vita sulla morte, della luce sulle tenebre.

    Tra le preghiere della Veglia e del giorno di Pasqua, abbiamo ripetuto:

    “Morivo con te sulla croce, 
    oggi con te rivivo.  
    Con te dividevo la tomba, 
    oggi con te risorgo.
    Donami la gioia del regno,
    Cristo mio Salvatore.
    Alleluia, Alleluia!”

    Augurare buona Pasqua chiede di prendere in considerazione la novità di quanto auguriamo.
    Non si tratta di un augurio cordiale o formale, ma di un’esperienza a cui partecipiamo che origina, sostiene e plasma la nostra gioia.

    Auguro e ci auguriamo buona Pasqua perché, con voi e per voi, so che il Crocifisso è Risorto, che la notte, il buio e la morte sono vinti dalla luce, dalla vita e dalla speranza.

    Auguro e ci auguriamo buona Pasqua perché, con voi e per voi, sono partecipe della certezza che la tribolazione non è la parola ultima nella vita, la guerra non è scelta inevitabile per arrivare alla pace e la frammentazione non è caratteristica necessaria delle relazioni interpersonali.

    Auguro e ci auguriamo buona Pasqua perché, non solo abbiamo bisogno di una speranza, ma perché la speranza ha un nome, un volto, una contemporaneità: il Crocifisso Risorto.

    Nell’incontro di Pasqua scaturisce una preghiera di rendimento di grazie e invocazione:

    «Voglio ringraziarti Signore per il dono della vita.

    Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati.

    A volte oso pensare, Signore, che anche tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta: forse per farmi capire che anche tu non vuoi volare senza di me.

    Per questo mi hai dato la vita, perché io fossi tuo
    compagno di volo.

    Insegnami allora a librarmi con te perché vivere non è trascinare la vita, non è rimandare decisioni o scansare responsabilità, ma è scegliere l’accoglienza reciproca, l’attenzione ad ogni fratello e sorella che incontro ma, soprattutto, a chi è rimasto con l’unica ala impigliata nella rete della miseria e della solitudine.

    Per vivere la tua Pasqua donami, Signore, un’ala di riserva, perché la luce sia condivisa”.

    Buona e santa Pasqua in comunione con i preti, i diaconi, le consacrate e i laici della Diaconia.

    don Mauro

  • Una settimana per… vivere

    Una settimana per… vivere

    Oggi, nella domenica delle Palme, inizia la Settimana Santa. Che significato ha, per noi uomini e donne del terzo millennio, la Settimana Santa?

    È diffuso il pensiero di giorni dedicati a un giusto riposo e stacco dal ritmo quotidiano e, per questo, si parla anche di vacanze pasquali.

    Senza dubbio, il tempo del riposo per il recupero delle forze e per un sano equilibrio psichico e relazionale è fondamentale, anzi necessario.

    Eppure, entrare nella settimana di Pasqua ha un significato ancor più decisivo e profondo, perché interpella il senso della nostra vita e permette di non tralasciare alcune domande inevitabili: Cosa c’entra Dio con la vita di oggi?

    Cosa offre Gesù Cristo all’umanità ferita dai conflitti, alle famiglie spesso affaticate da problematiche affettive ed educative, alla solitudine di molti giovani e anziani in affanno per il presente e il futuro?

    Quale partecipazione Gesù Cristo ha nella vita di persone contente, realizzate e intraprendenti?

    I giorni della settimana che inizia, ci trasmettono la realtà di un Dio che condivide, entra in tutti gli aspetti
    della vita, dentro le gioie e i dolori, le scelte di fedeltà ma anche quelle di tradimento, per affermare che non c’è spazio, luogo o tempo in cui non ci sia la sua presenza.

    Nel momento in cui Giuda si avvicina al Signore per l’arresto, non viene allontanato, ma accolto e chiamato “Amico”.

    I giorni di questa settimana sono, allora, un invito a stare in ascolto della condivisione di Dio nella Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, per arrivare a fidarci di Lui, per non lasciarci scandalizzare dal mistero del male che si sta per abbattere su di Lui, come pure per affrontare il male che, in ogni tempo, incrociamo nel nostro vivere quotidiano.

  • Fratellanza inquieta

    Fratellanza inquieta

    Anche le intenzioni migliori possono essere fraintese.

    Invitare a trattare per individuare vie di pace, viene ritenuta debolezza.

    Suggerire vie di uscita non conflittuali a relazioni che si stanno deteriorando, è mancanza di coraggio. Essere invitati a ripensare il desiderio di possesso dell’uomo nei confronti della donna, genera, troppe volte, una reazione di violenza impensata.

    Scorgere differenze di pensiero, invece di attivare confronto e arricchimento, può creare reazioni di rabbia.

    Le esemplificazioni potrebbero continuare, dal momento che sembra prevalere nelle relazioni, ad ogni livello, un approccio pregiudiziale e difensivo.

    Non è fuori luogo definire questa situazione “fratellanza inquieta”.

    “Fratellanza”, perché ogni uomo e donna è partecipe di elementi di comunione, di attese condivise, di gioie e sofferenze comuni.

    “Inquieta”, dal momento che il ‘sentire’ comune è sempre meno riconosciuto, con il prevalere dell’autoreferenzialità egocentrica.

    Non ho la pretesa di dare giudizi e di arrivare ad affermazioni psicologicamente e sociologicamente documentate, ma è certamente possibile riconoscere in tutto ciò un affanno di umanità che grida il bisogno di ritrovare una paternità perduta da tempo, che ha lasciato il posto ad un’inquieta e illusoria decisione di fare a meno di un Padre che ha cura di ogni figlio, per evitare a Caino di sopprimere Abele.
    Un autore afferma:

    “Mi sembra di essere un gabbiano,
    che dall’alto guarda con supponenza,
    noi piccoli esseri umani che ci crediamo semidei,
    ma non siamo neppure capaci di volare”.

    E Gesù, il Crocifisso, annuncia “amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”.

    Riconoscere il Padre, è accorgersi di essere “fratelli e sorelle”.