Categoria: Editoriali

  • Il Vescovo in visita alla città

    Il Vescovo in visita alla città

    IL VESCOVO IN VISITA ALLA CITTA’

    I discepoli di Gesù camminano nelle vicende di ogni giorno con molti altri uomini e donne, ma si incontrano per celebrare la Messa ogni domenica e per vivere ogni altro giorno nella promozione della fraternità. Il cammino di un discepolo è sempre alla ricerca del volto di Cristo Gesù e, al contempo, del fratello e della sorella in modo particolare se in solitudine o in necessità.

    Afferma il nostro concittadino don Luigi Giussani, del quale in questi giorni si è annunciata l’apertura alla “fase testimoniale” per procedere nella causa di beatificazione, che:

    “E’ venuto un uomo che non ci ha più
    permesso di pensare a noi stessi
    e agli altri uomini
    come a un fugace niente,
    a un fugace respiro o sospiro!”

    Quest’uomo è il Crocifisso Risorto che ci convoca ogni domenica per celebrare l’Eucarestia.

    Ancor più coinvolgente è il percorso di un discepolo quando celebra l’Eucarestia presieduta dal Vescovo che rappresenta il “Pastore buono” e rende visibile la comunione della e nella Chiesa.

    Per tutti questi motivi il nostro Vescovo Mario Delpini visiterà sabato 4 e domenica 5 maggio p.v., tutte le comunità parrocchiali della città, celebrando l’Eucarestia, annunciando che siamo figli di Dio, che in Gesù si cammina dentro la storia e, per questo non possiamo essere estranei gli uni nei confronti degli altri. Accanto alle Messe ci saranno altri incontri nei giorni precedenti e seguenti, dove potremo conoscere meglio il Vescovo e il Vescovo visiterà luoghi di vita nella città. Non è solo una visita, ma un’opportunità per toccare con mano che siamo Chiesa.

  • Consigliare

    Consigliare

    Consigliare può essere facile, ma anche complicato.

    È facile se cerchiamo o accogliamo i consigli. È molto più complicato se riteniamo di non avere bisogno dei suggerimenti altrui o di bastare a noi stessi. Nella Comunità cristiana è indispensabile esercitare e accogliere il consiglio. Per tale motivo è fondamentale che anche la Chiesa nella nostra città rinnovi il consiglio pastorale per gli anni a venire. Esercitare l’arte del consiglio favorisce un modo di essere discepoli di Gesù perché esprime:

    1. Comunione. Nella Chiesa delle origini emerge con chiarezza come i cristiani erano “un cuor solo e un’anima sola”. Gesù poco prima della sua Pasqua prega il Padre perché conservi i suoi nell’unità. Indispensabili sono certo iniziative e proposte, ma consigliare è anzitutto far trasparire il nostro essere fratelli e sorelle che vivono la gioia del Vangelo.
    2. Missione. La comunione tra noi è la via che apre all’annuncio del Vangelo perciò consigliare è dialogare tra noi e con la realtà con la quale viviamo. La responsabilità del consiglio pastorale sta proprio nel ricordare a tutti che la Chiesa è il popolo di Dio dove ogni battezzato è chiamato alla Santità attraverso la vocazione specifica a cui è stato chiamato. È compito dei consiglieri del consiglio pastorale coltivare la passione per l’annuncio del Vangelo e quindi per la cura di tutte quelle forme di formazione, segno dell’adesione al Vangelo di Gesù. Mentre si esercita il consiglio si coglie quanto Dio continui ad agire nella storia e ci si appassiona sempre di più al suo messaggio d’amore.
    3. Progetto Pastorale. La missione si realizza attraverso la relazione quotidiana con ogni persona che si incontra, ma chiede anche unità di azione pastorale che ci viene offerta attraverso il percorso dell’anno liturgico. Ricorda l’Arcivescovo Mario “la Celebrazione del mistero di Cristo, che si distende nel tempo che viviamo rinnova la grazia della presenza della Pasqua di Gesù, il dono dello Spirito”. Compito del consiglio pastorale è allora quello di attualizzare scelte evangeliche condivise e verificabili così da arrivare a porre attenzioni a tutte le dimensioni di vita della Comunità Pastorale.

    I motivi accennati sono consegnati a ciascuno perché possa, nel prendere nuovamente consapevolezza della bellezza della missione da fratelli e sorelle, considerare la propria disponibilità a candidarsi per il servizio del consiglio nella Comunità Pastorale.

    don Mauro

  • Per una Comunità fraterna

    Per una Comunità fraterna

    Nelle domeniche 14 e 21 aprile si raccoglieranno le candidature in vista del rinnovo del Consiglio della Comunità pastorale, che avrà luogo il 26 maggio p. v.

    Oggi e nei prossimi numeri di “Comunità in cammino” vengono presentate le motivazioni sulla necessità di un Consiglio pastorale.

    In queste poche righe mi limito a porre in evidenza perché valga la pena mettersi in gioco attraverso la partecipazione al Consiglio stesso.

    Ogni famiglia ha bisogno di confronto, dialogo e riflessione in vista delle scelte capaci di orientare l’agire quotidiano.

    Ogni famiglia di famiglie, come è una Comunità di discepoli di Cristo, non può rinunciare a forme di condivisione e di corresponsabilità nel pensare e offrire l’annuncio del Vangelo nel tempo e nel luogo in cui viviamo.

    Nella nostra città non mancano persone, iniziative e azioni pronte a dare concretezza al Vangelo, ma un rischio, come tutti, lo corriamo anche noi, ed è quello di non “pensare” insieme, di non “discernere” come frutto di lettura della situazione e di rimandare a preti e suore il compito di animare la Chiesa.

    Il Consiglio pastorale è, allora, oggi più che mai necessario, dal momento che siamo costantemente chiamati a pensare la Chiesa di oggi e del futuro prossimo, a leggere le provocazioni salutari che il nostro tempo pone ai discepoli di Cristo e a dare testimonianza di fraternità e condivisione.

    Essere “un cuore solo e un’anima sola” è il mandato di Gesù alla Chiesa che vive in Desio “perché il mondo creda”.

    E’ occasione da non perdere per vivere l’annuncio della Pasqua.  

  • Tornare a volare

    Tornare a volare

    «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui! È risorto!»

    Il giorno di Pasqua irrompe nel cuore della storia con un annuncio di vita.

    Nell’oscurità della morte e del silenzio di un Dio Crocifisso accade, atteso ma non sperato, un fatto dirompente: il Crocifisso è risorto.

    Significa che Gesù, “l’uomo dei dolori che ben conosce il soffrire”, non rimane nel buio del sepolcro, ma affronta il dramma dell’oscurità e lo attraversa, come ogni uomo o donna che nasce, vive e muore sulla terra, arrivando alla vittoria della vita sulla morte, della luce sulle tenebre.

    Tra le preghiere della Veglia e del giorno di Pasqua, abbiamo ripetuto:

    “Morivo con te sulla croce, 
    oggi con te rivivo.  
    Con te dividevo la tomba, 
    oggi con te risorgo.
    Donami la gioia del regno,
    Cristo mio Salvatore.
    Alleluia, Alleluia!”

    Augurare buona Pasqua chiede di prendere in considerazione la novità di quanto auguriamo.
    Non si tratta di un augurio cordiale o formale, ma di un’esperienza a cui partecipiamo che origina, sostiene e plasma la nostra gioia.

    Auguro e ci auguriamo buona Pasqua perché, con voi e per voi, so che il Crocifisso è Risorto, che la notte, il buio e la morte sono vinti dalla luce, dalla vita e dalla speranza.

    Auguro e ci auguriamo buona Pasqua perché, con voi e per voi, sono partecipe della certezza che la tribolazione non è la parola ultima nella vita, la guerra non è scelta inevitabile per arrivare alla pace e la frammentazione non è caratteristica necessaria delle relazioni interpersonali.

    Auguro e ci auguriamo buona Pasqua perché, non solo abbiamo bisogno di una speranza, ma perché la speranza ha un nome, un volto, una contemporaneità: il Crocifisso Risorto.

    Nell’incontro di Pasqua scaturisce una preghiera di rendimento di grazie e invocazione:

    «Voglio ringraziarti Signore per il dono della vita.

    Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati.

    A volte oso pensare, Signore, che anche tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta: forse per farmi capire che anche tu non vuoi volare senza di me.

    Per questo mi hai dato la vita, perché io fossi tuo
    compagno di volo.

    Insegnami allora a librarmi con te perché vivere non è trascinare la vita, non è rimandare decisioni o scansare responsabilità, ma è scegliere l’accoglienza reciproca, l’attenzione ad ogni fratello e sorella che incontro ma, soprattutto, a chi è rimasto con l’unica ala impigliata nella rete della miseria e della solitudine.

    Per vivere la tua Pasqua donami, Signore, un’ala di riserva, perché la luce sia condivisa”.

    Buona e santa Pasqua in comunione con i preti, i diaconi, le consacrate e i laici della Diaconia.

    don Mauro

  • Una settimana per… vivere

    Una settimana per… vivere

    Oggi, nella domenica delle Palme, inizia la Settimana Santa. Che significato ha, per noi uomini e donne del terzo millennio, la Settimana Santa?

    È diffuso il pensiero di giorni dedicati a un giusto riposo e stacco dal ritmo quotidiano e, per questo, si parla anche di vacanze pasquali.

    Senza dubbio, il tempo del riposo per il recupero delle forze e per un sano equilibrio psichico e relazionale è fondamentale, anzi necessario.

    Eppure, entrare nella settimana di Pasqua ha un significato ancor più decisivo e profondo, perché interpella il senso della nostra vita e permette di non tralasciare alcune domande inevitabili: Cosa c’entra Dio con la vita di oggi?

    Cosa offre Gesù Cristo all’umanità ferita dai conflitti, alle famiglie spesso affaticate da problematiche affettive ed educative, alla solitudine di molti giovani e anziani in affanno per il presente e il futuro?

    Quale partecipazione Gesù Cristo ha nella vita di persone contente, realizzate e intraprendenti?

    I giorni della settimana che inizia, ci trasmettono la realtà di un Dio che condivide, entra in tutti gli aspetti
    della vita, dentro le gioie e i dolori, le scelte di fedeltà ma anche quelle di tradimento, per affermare che non c’è spazio, luogo o tempo in cui non ci sia la sua presenza.

    Nel momento in cui Giuda si avvicina al Signore per l’arresto, non viene allontanato, ma accolto e chiamato “Amico”.

    I giorni di questa settimana sono, allora, un invito a stare in ascolto della condivisione di Dio nella Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, per arrivare a fidarci di Lui, per non lasciarci scandalizzare dal mistero del male che si sta per abbattere su di Lui, come pure per affrontare il male che, in ogni tempo, incrociamo nel nostro vivere quotidiano.

  • Fratellanza inquieta

    Fratellanza inquieta

    Anche le intenzioni migliori possono essere fraintese.

    Invitare a trattare per individuare vie di pace, viene ritenuta debolezza.

    Suggerire vie di uscita non conflittuali a relazioni che si stanno deteriorando, è mancanza di coraggio. Essere invitati a ripensare il desiderio di possesso dell’uomo nei confronti della donna, genera, troppe volte, una reazione di violenza impensata.

    Scorgere differenze di pensiero, invece di attivare confronto e arricchimento, può creare reazioni di rabbia.

    Le esemplificazioni potrebbero continuare, dal momento che sembra prevalere nelle relazioni, ad ogni livello, un approccio pregiudiziale e difensivo.

    Non è fuori luogo definire questa situazione “fratellanza inquieta”.

    “Fratellanza”, perché ogni uomo e donna è partecipe di elementi di comunione, di attese condivise, di gioie e sofferenze comuni.

    “Inquieta”, dal momento che il ‘sentire’ comune è sempre meno riconosciuto, con il prevalere dell’autoreferenzialità egocentrica.

    Non ho la pretesa di dare giudizi e di arrivare ad affermazioni psicologicamente e sociologicamente documentate, ma è certamente possibile riconoscere in tutto ciò un affanno di umanità che grida il bisogno di ritrovare una paternità perduta da tempo, che ha lasciato il posto ad un’inquieta e illusoria decisione di fare a meno di un Padre che ha cura di ogni figlio, per evitare a Caino di sopprimere Abele.
    Un autore afferma:

    “Mi sembra di essere un gabbiano,
    che dall’alto guarda con supponenza,
    noi piccoli esseri umani che ci crediamo semidei,
    ma non siamo neppure capaci di volare”.

    E Gesù, il Crocifisso, annuncia “amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”.

    Riconoscere il Padre, è accorgersi di essere “fratelli e sorelle”.

  • Cos’è l’uomo perché te ne ricordi?

    Cos’è l’uomo perché te ne ricordi?

    A fine anno, nel Natale 2024, entreremo nell’Anno Santo.

    Dopo l’atteso Anno Santo del 2000, torna un tempo in cui guardare con più attenzione ai segni della presenza di Dio nella storia e a considerare gli altri come fratelli.

    Si può obiettare che non sono molti i segni della presenza di Dio nella storia e, ancor meno, lo è la considerazione del prossimo come fratello e amico.

    Da più parti, come un ritornello ininterrotto, si parla di necessità di “prepararsi a scenari peggiori”.

    Ormai, da un po’ di tempo a questa parte, c’è chi fa il tifo per la guerra e indica chi cerca vie di pace come un illuso sognatore, incapace di prendere coscienza della situazione in cui si trova il mondo.

    Con tutta probabilità, i profeti di sventura sono molto più cercati dei seminatori di speranza. Eppure, i “seminatore di speranza” hanno qualcosa di costruttivo da offrire, mentre i “profeti di sventura” hanno solo azioni distruttive da alimentare.

    Anni fa, un seminatore di speranza, il cardinale Carlo Maria Martini, affermava:

    Se ciascun popolo guarderà solo al proprio dolore, allora prevarrà sempre la ragione del risentimento, della rappresaglia, della vendetta. Ma se la memoria del dolore sarà anche memoria della sofferenza dell’altro, dell’estraneo e persino del nemico, allora essa può rappresentare l’inizio di un processo di comprensione”.

    Chi è l’uomo perché te ne ricordi?

    Dentro domanda c’è l’urgenza di una risposta che sa offrire le ragioni del perdono, che sa offrire percorsi di pace, che ragionevolmente fanno il tifo per la riconciliazione.  

  • Mi sembra… mi pare… o cercatori di verità?

    Mi sembra… mi pare… o cercatori di verità?

    Ogni momento del giorno e della notte, grazie ai social, siamo connessi con il mondo.

    Le notizie ci vengono fornite e aggiornate praticamente in tempo reale.
    Tutti i canali che abbiamo a disposizione fanno a gara per essere interpellati con frequenza e, perciò, quello che comunicano diventa spesso una presunta fonte di informazione.

    Frequentemente un fatto accaduto, una previsione del tempo, il resoconto di una partita di calcio, sono soltanto il pretesto per avviare “commenti fiume”, per attivare talk shows interminabili e per intrattenere, senza alcun obiettivo di far conoscere “la verità dai fatti”.

    Dalla notizia si passa immediatamente al parere personale, alla ricerca del consenso, quando non si arriva a formulare pensieri volutamente manipolati per orientare l’agire delle masse.

    Un atto di violenza diventa così necessario perché presentato come legittima difesa; un’azione di guerra, con un numero in crescita di morti, è indispensabile per ristabilire l’ordine; programmare l’aumento delle armi di difesa è inevitabile per fermare l’aggressore, ecc…..

    Senza tacere poi il fatto che i social media sono orientabili a seconda di chi li finanzia, o mostrano particolare attitudine ad essere portavoce di una parte rispetto al tutto.

    Cosa significa l’analisi embrionale ed incompleta fin qui descritta?

    Il rapporto tra verità e libertà torna ad essere nuovamente illuminante.

    Non ci può essere una libertà matura senza la ricerca della verità dei fatti e, dall’altra parte, non ci può essere verità nel racconto, se non si persegue una libertà pronta a muoversi nella responsabilità.

    Diversamente, si compiono scelte di opportunismo.

    Pilato, il governatore di Palestina, che non sa rispondere a “cos’è la verità?”, rimane schiavo dell’opportunità.

    È un uomo chi cade in questo ricatto?

    don Mauro

  • Terra di pace – luogo di guerra

    Terra di pace – luogo di guerra

    In Quaresima c’è un invito preciso ed è quello di rendere fecondo l’ascolto della Parola di Dio con la scelta di gesti concreti di vicinanza e aiuto verso gli altri, soprattutto verso chi è più segnato dalla prova e dalla sofferenza.

    Osservando il panorama nazionale e internazionale, non è difficile individuare situazioni di guerra distruttiva e di impossibilità di soddisfare i bisogni nella vita quotidiana.

    Non è difficile percepire il grido di aiuto che viene da queste regioni del mondo.

    Padre Francesco Patton, francescano in Terra Santa, scrive:

    Cari amici, nella situazione di conflitto che la Terra Santa sta vivendo, è urgente che noi Francescani siamo vicini alle Comunità cristiane che vivono in questa terra.La mancanza di pellegrini, attività commerciali chiuse, difficoltà di spostamenti per lavorare, rendono difficile la vita quotidiana…”.

    Questo appello ci chiede di essere attenti e di finalizzare le raccolte caritative della Quaresima 2024 per aiutare i Cristiani presenti in Terra Santa e sempre più in difficoltà e solitudine.

    In ogni Chiesa della Comunità pastorale possiamo trovare un apposito luogo per la raccolta di tale sostegno.

    Anche l’incontro con Padre Francesco Ielpo e il giornalista Andrea Avveduto, venerdì 1° marzo p. v., presso la sala congressi del Banco di Desio, ci permetterà di conoscere meglio quanto sta accadendo in quella regione a noi particolarmente cara e di aiutare a sostenere i Cristiani in Terra Santa perché continuino a dare in futuro di presenza nei luoghi origine della nostra fede.  

  • Un tempo necessario?

    Un tempo necessario?

    Oggi iniziamo la Quaresima con una proposta impegnativa: la settimana degli Esercizi spirituali.

    Il termine “esercizi” è immediato e, forse, anche praticato da molti, dal momento che fa riferimento al tenersi in forma nel corpo.

    È nel far seguire immediatamente “spirituali”, che sta la connotazione del tipo di esercizio.

    È un esercitarsi per tenere in salute la giovinezza del nostro “cuore” nella nostra relazione con il Dio di Gesù Cristo.

    L’inventore degli Esercizi spirituali, sant’Ignazio di Loyola, riflette così:

    “L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore e per salvare, in questo mondo, la propria anima; e le altre cose sulla faccia della terra sono create per l’uomo, affinché lo aiutino nel raggiungimento del fine per cui è stato creato”

    Mettersi in ascolto, nella vita quotidiana ordinaria, della parola di Dio, ripercorrendo l’esperienza del nostro essere “discepoli” è salutare, perché opportunità per riconoscere ciò che siamo in profondità: creature, figli e, proprio per questo, uomini e donne non dimenticati da Dio.

    “Cos’è l’uomo, perché te ne curi?”

    Non è una domanda retorica, ma cammino verso una scoperta formidabile: l’uomo, la donna, ogni persona, è grande perché Dio, in Gesù di Nazareth, cammina con noi.

    Forse, dedicare il giusto tempo per non disperdere la concretezza di questo interrogativo, è un esercizio indispensabile per respirare “aria nuova”, aria pulita, e riconoscere che l’altro può essere un bene e non un antagonista. Ogni altro!

    don Mauro