Categoria: Editoriali

  • No alla guerra

    No alla guerra

    “Pace in terra agli uomini amati dal Signore”….

    In questi giorni abbiamo ripetuto più volte questa invocazione, abbiamo ancora toccato con mano che la pace non è situazione reale ed è minacciata da forme di guerra sempre più crudeli.

    Guerre in quasi tutti i continenti del mondo. Guerre combattute con armi sofisticate e distruttive che colpiscono uomini e donne innocenti. Guerre dove la cattiveria e la malvagità di alcuni arriva a compiere
    atti violenti e di sterminio di bambini innocenti, con ritorsioni di crudeltà inimmaginabile.

    E, di fronte a questi fatti, organismi internazionali sempre più impotenti e nell’impossibilità di arrivare a suscitare trattative basate sul dialogo e la mediazione.

    Organismi europei e mondiali preda di una burocrazia fine a se stessa, con risoluzioni inattuabili per diritti di veto anacronistici e frutto di un tempo passato.

    Ci può essere pace in terra? Forse il giorno in cui guardiamo alla “gloria nel cielo”, cioè all’amore di un Dio che si dona, inizieremo ad essere costruttori di pace sulla terra.

    Il giorno in cui la guerra non sarà più spettacolarizzata dai media, potrebbe essere il giorno in cui gli uomini inizieranno a porre “gesti di pace” dal basso e gridando il no alla guerra e il no al commercio degli strumenti
    di guerra.

    È sempre più attuale il pensiero di don Sturzo quando, nel 1946, scriveva: “Bisogna avere fede e sperare che la guerra, come mezzo giuridico di tutela del diritto, dovrà essere abolita…”

    Infatti ogni guerra “lascia sempre il mondo peggiore di come lo ha trovato”.

    Un gesto concreto che compiremo nel prossimo mese sarà la Marcia della pace interreligiosa in città, per dire NO alla guerra, insieme, senza se e senza ma.

    “Pace in terra…” Buon anno
    don Mauro

  • Natale: un incontro

    Natale: un incontro

    Natale è semplicemente una parola o un incontro?

    In questi giorni ci scambiamo gli auguri dicendo “Buon Natale” o, più genericamente, “buone feste”. Lo facciamo con persone vicine o poco conosciute, familiari o negli incontri casuali.

    Vorrei dire anch’io “buon Natale”, ma preferisco “Santo Natale”.

    Dire “buon Natale” è augurare un giorno buono, dove si ricerca armonia per qualche ora, ma senza superare i conflitti che riesploderanno in modo ancora più violento. È cercare una tregua di sospensione dei conflitti, ma non la pace.

    Dire “Santo Natale” è riconoscere che in questa festa incontriamo una presenza che può trasformare il conflitto in armonia, la fatica in speranza, il dubbio in certezza. Com’è possibile un tale “miracolo”?
    Il Cardinale Giovanni Battista Montini, il 24 dicembre 1962 – pochi mesi prima di essere Paolo VI°- annunciava con passione:

    «Il Natale è l’incontro con Cristo. Il nostro incontro. Non resta che un gesto da fare, tendere la mano verso di Lui. Non resta che un passo da fare, incontrarsi con Lui. Coraggio, questo è da fare: un gesto, un passo, un atto di fede e di amore per incontrarsi con Lui, perché questo è il Natale: l’incontro con Cristo».

    A tutti auguro un Santo Natale perché in ogni famiglia si sperimentino pace e accoglienza.

    Auguro Santo Natale perché tra i Cristiani non prevalga ciò che divide, ma ciò che unisce.

    Auguro Santo Natale ai ragazzi e ai giovani, perché Gesù è vivo e chiama ad essere liberi e perciò vivi.

    Auguro Santo Natale perché le nostre Parrocchie crescano nella fraternità inaugurata da Gesù.

    Auguro Santo Natale a chi più soffre per malattia, solitudine, freddezze, perché lo sguardo al Bambino sia consolazione e comprensione.

    Auguro Santo Natale alla nostra città, a chi ha responsabilità di governo, in qualsiasi modalità e ruolo la eserciti perché lavori, per il bene e la composizione delle differenze, con onestà e rettitudine, cercando una concreta promozione umana che favorisca una sana convivenza sociale.

    Auguro Santo Natale ai componenti di ogni associazione cittadina, perché continuino ad essere il segno della proverbiale laboriosità brianzola.

    Auguro Santo Natale ai credenti in Gesù e a coloro che professano diverse modalità di credere, a chi cerca, nella fatica, un senso alla vita e a chi non ha più la forza di tale ricerca.

    Auguro Santo Natale, con il grazie più partecipe, per l’accoglienza che mi avete riservata in questi mesi.
    E, tutto questo, lo ripeto con i fratelli preti, diaconi e le consacrate, con i quali condivido il servizio nella Comunità pastorale Santa Teresa di Gesù Bambino: Santo Natale.

    don Mauro

  • Un giorno o un’opportunità?

    Un giorno o un’opportunità?

    Si avvicina il Natale anche quest’anno!

    Inevitabile accogliere un interrogativo: quello che attendiamo è un giorno di spensieratezza, oppure un’occasione per la vita?

    A volte i poeti sono capaci di interpretare attese e domande che stanno nelle pieghe più nascoste del cuore. Tra questi, Salvatore Quasimodo che, osservando attentamente la pace del presepe, coglie la contraddizione con l’inquietudine nella quale viviamo a causa delle vicende umane.

    Nella poesia ‘Natale’ così scrive:

    Natale. Guardo il presepe scolpito,
    dove sono i pastori appena giunti
    alla povera stalla di Betlemme
    Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
    salutano il potente Re del mondo.
    Pace nella finzione e nel silenzio
    delle figure di legno: ecco i vecchi
    del villaggio e la stella che risplende,
    e l’asinello di colore azzurro.
    Pace nel cuore di Cristo in eterno;
    ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.
    Anche con Cristo e sono venti secoli
    il fratello si scaglia sul fratello.
    Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino
    che morirà poi in croce fra due ladri?

    La sete di pace e di quiete del cuore è attraversata anche nell’oggi da fatti che provocano inquietudine, paura, ansia.

    Natale è origine della pace perché è offerta, da parte del Dio presente, di un annuncio: “pace in terra agli uomini e donne amati dal Signore”.

    Il Natale è tutto qui e non altro: accoglienza di un Dio che si fa piccolo per offrirci tutto della sua divinità, lasciandoci così pacificare il cuore per essere, a nostra volta, operatore di pace in ogni età della vita.
    Infatti: “c’è chi ascolta il pianto del bambino che morirà poi in croce fra due ladri”. don Mauro

  • Operare nella pace

    Operare nella pace

    Senza incorrere in una lettura pessimistica della storia recente, si può affermare che, accanto al diffondersi di parole come pace e riconciliazione, cresce l’uso dei termini guerra, vendetta, conflitto.

    Tutto si spiega dicendo che la responsabilità è dei governanti delle nazioni, degli economisti e di chi governa il complesso sistema finanziario mondiale.

    Indubbiamente i motivi accennati sono all’origine dei tanti conflitti in atto nel mondo. Tali conflitti, poi, sono alimentati da un fiorente e redditizio commercio di armi che – dicono gli osservatori – è in espansione e sostiene non poche economie nazionali.

    Eppure, all’origine, c’è qualcosa che non vogliamo riconoscere: una conflittualità intrinseca che
    scaturisce dal cuore degli uomini e delle donne. Una sostanziale interpretazione della libertà individuale
    che non si coniuga con la responsabilità sociale.

    Un progressivo allontanamento da quel “Signore e Maestro”, Gesù di Nazareth, il Dio con noi, che chiama “beati” gli operatori di pace. Il Natale diventa messaggio attuale ed urgente perché: “I figli di Dio, operatori di pace, non si sottraggano alle opere di pace. Cerchino l’incontro con tutti, si propongano di stabilire rapporti di amicizia, di collaborazione, di rispetto reciproco con ogni uomo e ogni donna, in qualsiasi luogo abitino”.

    Utopia, ideale o realtà, concretezza?

    don Mauro

  • Fedeltà: idea o realtà?

    Fedeltà: idea o realtà?

    “Ti do la mia parola!”

    Un’affermazione come questa sembra anacronistica nel tempo in cui ogni forma di patto è siglata da forme, garanzie, interventi di specialisti di varie discipline giuridiche.

    È ancora possibile fidarsi delle proprie e altrui scelte?

    È possibile, pur con i dovuti accorgimenti, rimanere fedeli alla parola data?

    Se osserviamo la vita di molti uomini e donne possiamo, senza essere ingenui, riconoscere che la fedeltà alla parola data, agli impegni presi, alle responsabilità assunte, è molto più diffusa di quel che pensiamo.
    Molti giovani vivono la fedeltà nel percorso di preparazione scolastica e professionale.

    Non pochi adulti sono fedeli alla parola data al proprio sposo o alla propria sposa.

    Un numero considerevole di insegnanti, educatori e genitori non si sottraggono al compito educativo ed evitano di abbracciare luoghi comuni, per privilegiare l’ascolto della vita e delle situazioni concrete in cui ci si viene a trovare.

    Infine, la maggior parte degli anziani vive la fedeltà al quotidiano, spesse volte segnata dalla fatica del venir meno delle forze.

    In tutto questo, Dio continua ad essere fedele?

    Nell’avvicinarsi del Natale di Gesù, intuiamo che Dio è fedele perché: “nel portare a compimento la sua missione, Gesù ci ama sin dal momento della sua nascita e fino alla fine”, cioè fino al dono totale della sua vita per annunciare che il suo Amore è fedele, è per sempre.

    Se questo è percepito, allora la fedeltà è la via di una vita riuscita, meglio felice.

    don Mauro

  • Essere in relazione

    Essere in relazione

    Accettarsi come siamo, con il nostro carattere, le nostre capacità e attitudini, la nostra sensibilità ed emotività, è segno di maturità umana. Come si concilia questa necessità con l’invito evangelico alla conversione?

    A volte si pensa che conversione sia sinonimo di cambiamento radicale nella direzione di marcia.

    In realtà, l’invito alla conversione, che scaturisce dal Vangelo, è cambiamento e verifica delle prospettive con cui stiamo al mondo.

    In altre parole: da chi mi lascio orientare come uomo o come donna?

    Dove trovo ispirazione al mio agire quotidiano? Nella lettera ‘Laudato si’ il Papa afferma:
    “L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune…”

    Lasciarsi orientare e ispirare nella vita ha a che fare, quindi, con la propria libertà.

    La libertà che genera relazione e vita buona non è quella incentrata su di sé, ma aperta al dialogo con i fratelli e le sorelle.

    Si può allora riconoscere che la via che libera e matura è quella che passa dall’accettazione di sé dentro la consapevolezza che l’amore di Dio ci vede sempre e comunque come figli. Un uomo e una donna maturi sono realmente educatori perché, provati loro stessi dalla fatica e dalla gioia di accogliersi come figli di Dio, non temono di accompagnare, volendo bene in modo libero e disinteressato ai più giovani, sapendo indicare la via dell’Amore che si incarna in una storia concreta e precisa.

    don Mauro

  • Una visione per la vita

    Una visione per la vita

    Non mancano certo buone notizie anche nel tempo in cui viviamo. Molti uomini e donne di ogni età vivono la vita come un dono ricevuto e, perciò, sono pronti a donare a loro volta.

    Lo fanno nei modi e nei luoghi più diversi della quotidianità: la famiglia, la scuola, il lavoro, le associazioni di volontariato, la comunità pastorale, l’impegno nel sociale e in tante altre situazioni di vita.

    Eppure, di fronte ai tanti motivi di stupore per il bene che si comunica, non si può rimanere insensibili alle varie forme di tristezza che vanno emergendo.

    A volte è il disagio di un adolescente che non trova motivi per affrontare un percorso scolastico in vista di un impegno nel futuro prossimo; altre volte, è una indecisione talmente paralizzante da non favorire la scelta di sposarsi e di generare vita.

    In alcuni casi, è la paura a rispondere ad una chiamata ad essere prete o a intraprendere il cammino verso varie forme di consacrazione.

    E, infine, non possiamo dimenticare un senso di frustrazione che percorre la vita di alcune persone più avanti negli anni, perché si sentono inutili e senza più futuro. Senza voler essere sbrigativo o incapace di cogliere la complessità del presente, forse manca il respiro a noi gente di inizio secolo.

    Manca una visione di insieme, capace di intuire da dove veniamo e verso dove siamo incamminati.

    Tornare a scoprire che tutta la vita è percorso animato da una presenza che genera attesa, aiuta a giocarsi in ogni situazione non solo quando l’‘io’ è protagonista, ma nella quale Dio, il Dio incarnato, ci coinvolge.

    don Mauro

  • Incrocio di sguardi

    Incrocio di sguardi

    Nelle situazioni più diverse della nostra giornata, incontriamo tanti sguardi. Lo sguardo della persona amata da una vita, di un figlio che chiede consiglio, di un papà o una mamma che si confrontano nel dialogo educativo, di un collega di lavoro che ha necessità di essere ascoltato, di un malato che cerca conforto. Il più delle volte, questi sguardi ci trovano attenti e sensibili.

    Ma quando incrociamo lo sguardo di un povero che ci viene incontro, o che individuiamo ai lati della strada o di qualche piazza, dove volgiamo lo sguardo? Sappiamo, senza svilire la relazione, guardare negli occhi del povero o guardarlo negli occhi?

    Il più delle volte il nostro sguardo cerca di rivolgersi altrove, di dimenticare chi è nella povertà, di pensare che ci sono problemi troppo ampi e complessi che non possiamo, né vogliono affrontare.

    Il Papa, nel messaggio per questa giornata, ci invita a “non distogliere lo sguardo dal povero perché, nel più fragile, riconosciamo il volto del Signore Gesù”. In ogni persona e, in modo specifico, nel povero, noi possiamo imparare a “scuotere l’indifferenza e l’ovvietà con le quali facciamo scudo a un illusorio benessere”.

    Volgere lo sguardo al povero è imparare a vedere con lo stesso sguardo di Dio che, in Gesù il Cristo, si fa vicinanza, cura, compassione, amicizia e servizio.

    Ancora il Papa afferma che: “I poveri diventano immagini che possono commuovere per qualche istante, ma quando si incontrano in carne e ossa per la strada, allora subentrano il fastidio e la rassegnazione”.

    La vicenda del Samaritano viene a ricordarci che è Cristo il Samaritano che si prende cura del povero, dell’uomo fragile e affaticato e che, in tal modo, Dio invita ciascuno di noi a fare come Lui.

    È il Vangelo: “Come ho fatto io, fate anche voi”.

    La cura è allora un’arte: l’arte del discepolo che ama come Lui ha amato noi

    don Mauro

  • Ottimismo o speranza

    Ottimismo o speranza

    Ad ogni ritorno di una festa cristiana, come Tutti i Santi o la Commemorazione dei defunti, viene da domandarsi quali interrogativi emergono nel cuore e nella mente di un uomo e di una donna che oggi vivono una quotidianità attraversata da notizie che si alternano tra il racconto di drammi dovuti a guerre e violenze e la superficialità del gossip elevato al rango di informazione.

    Ha un limite la vita degli uomini e delle donne, oppure non c’è limite al male, come non c’è limite alla superficialità?

    Ha un senso camminare alla ricerca di un obiettivo da raggiungere nella vita, e questo obiettivo ha un nome, un volto, una vicenda raccontabile e credibile?

    È proponibile vivere con piena responsabilità i nostri giorni su questa terra, sapendo che ‘la nostra patria è nei cieli’?

    Tante domande, che si intersecano e si intrecciano ma, attraverso queste domande, emerge anche un bisogno sempre più intenso, il bisogno di trovare ragioni in cui sperare.

    Scrive Adrien Candiard: “Sperare, nella pratica, non è soltanto credere che siamo esseri capaci di eternità: è vivere preferendo l’eterno al resto, facendo passare l’eterno al primo posto, prima di ciò che è urgente […]
    Sperare significa adottare il punto di vista dell’eternità: non un punto di vista freddo e lontano ma, al contrario, il punto di vista dell’amore
    ”.

    È guardare alla concretezza della vita del Santi, che amano perché credono e vedono “Dio faccia a faccia”.

    È lasciarci interrogare dal silenzio e dall’assenza visibile dei nostri cari, che hanno già attraversato la morte per sperimentare che sono nella pienezza della vita. È vivere la speranza che è molto di più dell’ottimismo.

    don Mauro

  • CHIEDETE PACE PER GERUSALEMME

    CHIEDETE PACE PER GERUSALEMME

    Nel corso della storia, purtroppo, ci sono stagioni dove la pace è realtà e altre dove, invece, è assente o, perlomeno, precaria. Forse non si è mai vissuto un secolo senza guerre, almeno locali.

    Eppure, negli ultimi anni, il grido “Domandate pace per Gerusalemme” (Salmo 122,6) e per il mondo intero, si è fatto sempre più urgente.

    Se è vero che in ogni guerra c’è un aggressore e un aggredito, è altrettanto vero che la pace non si può raggiungere quando il commercio delle armi e gli interessi economico – finanziari hanno preso il posto del dialogo.

    Il più delle volte nasce un interrogativo: e io cosa posso fare? Non abbiamo certo soluzioni da offrire, ma c’è un linguaggio da stemperare perché venga abbandonato, dei sentimenti di rivendicazione da allontanare perché prevalga la ricerca di relazioni sincere e leali, delle informazioni volutamente inneggianti la vendetta da evitare, per non accrescere forme di giustizia sommaria e altrettanto distruttiva della dignità delle persone.

    Questo esercizio di ricerca della pace lo possiamo fare tutti.

    Il Presidente della Conferenza dei Vescovi italiani ha scritto al riguardo un pensiero che si presenta molto concreto e attuabile:

    Pace! E’ quella che chiediamo e che diventa impegno e responsabilità, perché non si chiede pace se nel cuore ci sono sentimenti di odio, di violenza e non si chiede quello che non vogliamo vivere a partire da noi. Tanti ‘artigiani di pace’ aiuteranno gli attuali, troppo pochi, ‘architetti di pace’, cioè chi costruisce ponti e non muri, alleanze e non conflitti. Cerchiamo pace, perché non c’è futuro con la violenza e con la spada”.

    Anche questo cercare pace è andare in tutto il mondo e annunciare la buona notizia che ”Beati sono gli operatori di pace”.

    don Mauro