Il fatto di Roma, quartiere Casalpalocco, è noto: durante un challenge, una potente auto ne ha investita una più piccola, causando la morte di un bambino e il ferimento di mamma e sorellina. Challenge uguale sfida: mettersi alla prova per vedere capacità di resistenza in prestazioni solitamente poco normali. Da sempre si parla di record e di Guinness dei primati per le cose più strane (la pizza più grande del mondo, la resistenza in una grotta…). Il challenge di cui parliamo però ha qualche novità: ripreso dai cellulari e ributtato sui social, dà notorietà, ebbrezza e talvolta anche guadagni. Inutile aggiungere che il più delle volte si tratta di esibire attività totalmente prive di senso. Il fine è incrementare il culto dell’apparire, così apprezzato e desiderato nel nostro mondo.
Mentre i nostri “eroi” apparivano così sui social, centinaia di persone scomparivano letteralmente nel Mediterraneo, inghiottite dall’ennesima tragedia delle migrazioni. Per loro il challenge, la sfida contro le onde e l’ignoto, era questione di vita o di morte, non certo un divertimento.
E tante altre persone ogni giorno affrontano sfide essenziali per la vita, il lavoro, la famiglia, la salute: non esibiscono i loro successi – se ci sono –, ma perseverano in fatiche quotidiane ed esigenti. La stessafede, soprattutto oggi, si presenta come una sfida, dove è molto più facile evadere che aderire. Nessuno può sottrarsi a qualche challenge, ma quello vero non ha bisogno di palcoscenico.
don Gianni