ESERCIZI SPIRITUALI
Riassumiamo qui le meditazioni che i sacerdoti della nostra Comunità hanno fatto durante la predicazione degli Esercizi Spirituali che hanno aperto il periodo della Quaresima.
Prima serata “Li amò sino alla fine” (Gv 13,1-20)
Gli Esercizi Spirituali nei primi giorni della Quaresima sono un aiuto all’avvio del periodo liturgico più forte che ci prepara alla festa più importante; la Pasqua.
Il tema “vi ho chiamato amici” (Gv 13-17) è quello scelto dal nostro Arcivescovo nella sua Lettera pastorale ricchissima di spunti: Giovanni è il contemplativo che ha posato la sua testa sul cuore di Gesù nell’Ultima Cena.
Come sempre il primo gesto è la preghiera, perché il protagonista è lo Spirito Santo. Senza di esso non capiremmo la Parola del Signore e tanto meno riusciremmo a viverla.
Il primo brano ci presenta “la Lavanda dei piedi”
Lectio
Prima della Festa di Pasqua: l’Ultima Cena avviene nel contesto della cena pasquale degli Ebrei. Gesù è l’Agnello pasquale che salva.
• Durante la cena… si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano, se lo cinse intorno alla vita. Poi versò l’acqua e cominciò a lavare i piedi degli Apostoli.
È strano che Giovanni non racconti l’istituzione della Eucarestia, ma la Lavanda dei piedi. Come mai? Certo non per dimenticanza, ma perché Giovanni dà per conosciuto il gesto e non lo ricorda, ma richiama con quale spirito celebrare l’Eucarestia.
Qui ricorda il gesto umile di Gesù (gesto degli schiavi per gli ospiti) che Lui ordina agli Apostoli di ripetere: “Vi do l’esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto”, le stesse parole “fate in memoria di me”.
L’Eucarestia va vissuta con questi sentimenti di Gesù che si dona, che si china a lavare i piedi, che perdona: servizio e amore.
• Due figure risultano più evidenti: Pietro e Giuda. Pietro che pieno d’amore non accetta che Gesù gli lavi i piedi, ma dopo il rimprovero di Gesù… “Signore non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo”.
Pietro, figura di primo piano nel Vangelo: è entusiasta, ma debole, rinnega Gesù.
Gesù dopo la Pasqua lo confermerà Papa.
È esempio di fede, di amore… anche se peccatore.
Giuda viene ricordato tre volte nel racconto: al versetto 2, durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda di tradirlo; al versetto 11, sapeva infatti chi lo tradiva, per questo disse “non tutti siete puri”; al versetto 18, non parlo di tutti voi: io conosco quelli che ho scelto, ma deve compiersi la Scrittura “Colui che mangia il mio pane, ha alzato contro di me il suo calcagno”.
Perchè Giuda ha venduto Gesù? Come mai?
Giovanni ci suggerisce: perché era il cassiere del collegio apostolico ed era ladro: l’ha venduto per soldi. Altri dicono: per obbligarlo a rivelarsi come Messia potente: messo in difficoltà, si sarebbe liberato dai nemici.
Certo è drammatica la Passione: il primo Papa lo rinnega, il Cassiere è suicida e gli altri scappano. Ma Gesù li ama ugualmente e li conferma come Apostoli.
Meditatio
Facciamoci qualche domanda che ci aiuti ad entrare nel mistero e a farlo diventare nostro.
• “Io sono il Signore, il Maestro”. Ho la consapevolezza della grandezza di Gesù e del suo amore per noi, fino al dono della vita?
• In quale personaggio mi ritrovo meglio: Giovanni evangelista, Pietro o Giuda?
• L’Eucarestia la celebro con i sentimenti di Gesù: amore, dono di sé e servizio?
don Alberto
Seconda serata IO SONO LA VIA, LA VERITÀ E LA VITA (Gv 13,33-14,14)
“Dove vai?”. Questa domanda, che l’apostolo Simon Pietro rivolse al Maestro durante l’ultima cena, ha dato il titolo sia a un libro che a un film (Quo vadis).
Gesù, lungo tutta la sua vita terrena, desiderò andare incontro al Padre, affrontando anche il percorso della sofferenza e della morte. Nessuna difficoltà riuscì a spegnere il suo amore per Dio.
Questo comportamento di Cristo affascinò e stupì i suoi discepoli.
Henryk Sienkiewicz, nel suo romanzo sulla vita della prima comunità cristiana di Roma, immagina che Gesù appaia nuovamente a S. Pietro, mentre si sta allontanando da Roma per salvarsi dalla persecuzione di Nerone. “Quo vadis?” gli chiede ancora l’apostolo. Il Salvatore gli risponde: “A Roma, per essere crocifisso una seconda volta”. A questo punto Simon Pietro, preso dalla vergogna, torna a Roma, pronto ad affrontare il martirio.
“Io sono la via”. Chi crede nel Messia, guardando a Lui capisce qual è la strada giusta da percorrere ogni giorno. Di solito noi pensiamo che questa scelta sia necessaria solo quando ci troviamo a un bivio: da una parte il bene, dall’altra il male. Allora l’aiuto che ci potrebbe offrire la fede cristiana sarebbe quello di riuscire a seguire sempre la proposta migliore, anche quando fosse molto esigente.
Il vangelo però ci propone un’altra logica: Gesù è l’unica via lungo la quale procedere; in caso contrario non si va da nessuna parte.Se il cristiano non corrispondesse alla vocazione che Dio gli ha affidato, la sua esistenza sarebbe sprecata. “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo”.
“Vi sono molte dimore nella casa del Padre mio”. Gesù vuole dimorare presso il Padre. Lì si trova a casa sua. Ma Dio vuole abitare anche in noi. Questo desiderio del Signore ci sembra inverosimile. Così si esprimeva davanti a Dio il re Salomone: “Nè i cieli, nè l’universo intero ti possono contenere …”.
Eppure, quando c’è un figlio bisognoso del suo amore, Dio Padre fa di tutto per raggiungerlo. Diceva S. Agostino: “Il nostro cuore è inquieto, finchè non riposa in Te, Signore”. Abitare presso il Signore sarà un’esperienza rasserenante per ciascuno di noi, se potremo testimoniare nella vita quotidiana quello che descrive il testo del famoso canto “Quando busserò alla tua porta”. Infatti l’amore si moltiplica, dividendo.
Don Sandro
Terza serata Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita (Gv 15,1-17)
Una parabola di Gesù avvia la meditazione della terza serata: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Io sono la vite, voi i tralci». Il tralcio dà frutto se dalla vite riceve energia, linfa, nutrimento. Così per i discepoli: senza Gesù non possono fare niente. Gesù illustra questo esempio citando ripetutamente tre verbi: rimanere, portare frutto, amare.
Rimanere: come il tralcio senza vite muore, così il discepolo non può separarsi da Gesù. Solo dalla comunione con lui trae forza il vero discepolo. La preghiera, l’ascolto della parola e i sacramenti portano a compimento un percorso di comunione. Poter rimanere in Gesù presuppone perciò una spiccata capacità di silenzio, di ascolto e, anche, capacità di sguardo, per cogliere la presenza di Dio in noi e attorno a noi, nel creato e nelle persone.
Portare frutto: la vita cristiana non corrisponde a un rassegnato sedersi a fianco della storia umana a osservare, e magari giudicare, l’andamento delle cose, nell’attesa che finalmente Dio riveli la sua potenza. La Croce ha già rivelato la potenza di Dio: da sotto la croce il discepolo parte per portare frutto.
Non si tratta perciò di pensare che il successo del Vangelo dipenda da opere, programmazioni, strategie cristiane, facendo ciascuno affidamento unicamente sulle proprie forze. Come per la parabola del seminatore, occorre seminare in abbondanza e custodire il proprio buon terreno. Qui mette radici e si diffonde una fede di convinzione, capace di trasmettersi non per ripetizione di gesti, ma per persuasione del cuore.
Infine l’amore: termine talvolta usurato, che Gesù in questa pagina rende estremamente concreto. Nasce direttamente da Dio: il Padre ha amato me. Vive di confidenza: vi ho chiamato amici. Gesù lo vive così: nessuno ha un amore più grande di questo, dare la sua vita per i propri amici; e invita a imitarlo.
Così i discepoli, invitati a rimanere in Gesù, portano frutto nell’amore reciproco e verso il mondo che Gesù vuole salvare.
Don Gianni
Quarta serata “Questa è la vita eterna: che conoscano te” (Gv 17,1-26)
Siamo al capitolo 17. Dentro questo cammino nelle Parole dell’Ultima Cena nel Vangelo secondo Giovanni avviene uno stacco: Gesù non parla più ai discepoli, ma il Suo Cuore si apre al Padre. Gesù prega. Prega per Sè stesso, perché in questa ora della Sua cattura, processo e morte possa glorificare il Padre.
Prega lungamente in quella notte, non per l’umanità intera, ma solo per i Suoi discepoli: non perché siano strappati dal mondo, ma perché possano resistere nel mondo agli assalti del Maligno.
Gesù non chiede per loro forza, né sapienza, né particolare arguzia, né successo… Chiede per loro il dono dell’unità. Sa che il Maligno è chiamato anche “diavolo”, cioè colui che divide, spacca. Divide il cuore dell’uomo con il peccato, divide i rapporti più cari, spacca le famiglie, le comunità. Se il progetto del Maligno è la frantumazione e frammentazione degli uomini, il progetto del Padre nel Figlio e nello Spirito Santo è di unità.
Gesù dalla Sua preghiera sacerdotale e dalla Croce dove è glorificato ci fa entrare nella dimensione d’amore infinito del Padre. Con Lui entriamo nel Padre.
Come ci guarda il Padre? Ci guarda attraverso gli occhi di Suo Figlio Crocifisso. Il Suo sguardo non è dai grandi palazzi di acciaio e vetro, dalle borse, dalle base militari, dalle posizioni del potere. Il Padre ci guarda attraverso gli ultimi e i piccoli del mondo.
L’ultimo non solo è il granello di sabbia schiacciato dalle grandi ruote dei potenti, ma ora sta al centro: è tutt’uno con la croce di Gesù. È luogo teologico dove il Padre ascolta il grido dei Suoi figli nel grido del Figlio. L’ultimo è la realtà dove lo Spirito soffia.
Così, la parrocchia più povera di un decanato, spesso derisa dai “vicini di casa”, il gruppo di ragazzi più difficili dentro i cammini di una parrocchia, diventano luogo di profezia, incontro e aiuto reciproco. Luogo di fecondità rispetto a contesti più benestanti, ma spiritualmente sterili. La fatica del marito o della moglie dopo anni di matrimonio o una nuova fatica può non diventare l’occasione per l’ennesimo “scarto”, ma occasione di una stagione nuova, più profonda, di riscelta in Lui. La disabilità di un figlio in arrivo non diventa anch’essa motivo di scarto, ma nella preghiera di Gesù, uniti a Lui, può diventare fondamento di un’unità più forte, di una risposta d’amore più grande della famiglia e della comunità!
Don Marco A.
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