Categoria: News

  • Messaggio per la giornata diocesana Caritas

    Messaggio per la giornata Caritas Diocesana – 6 Novembre 2016

    Oggi, giornata diocesana Caritas, siamo tutti invitati a chiederci se nella nostra vita quotidiana viviamo la novità del Vangelo, cioè siamo capaci di vedere le cose in modo diverso e rinnovato trasformando in vita concreta i gesti della liturgia per arginare la frattura tra fede e vita.

    In questo anno giubilare della misericordia, siamo anche sollecitati a soffermarci  sul valore dell’accoglienza.

    Dice Papa Francesco:
    Una parola centrale nell’esperienza del cristiano è l’ospitalità: potremmo dire che il cristiano è colui che ha imparato ad ospitare, che ha imparato ad accogliere.
    Gesù indica ad ogni discepolo che il suo cammino è semplicemente trasformare il cuore, il proprio, e aiutare a trasformare quello degli altri. E’ passare dalla logica dell’egoismo e della chiusura a quella della gratuità, dell’accogliere, del prendersi cura.
    La Chiesa è la casa dell’ospitalità. Quante ferite! Quanta disperazione si può curare in una dimora dove uno possa sentirsi accolto.
    Per questo bisogna tenere le porte aperte, soprattutto le porte del cuore”.

    Che il nostro cuore sua sempre capace di scelte e di gesti di accoglienza verso l’altro: solo così quel Pane spezzato che celebriamo si farà carità e giustizia.

    Caritas Cittadina

  • La festa della riconciliazione

    Ci sono quelli che iniziano dicendo: “Non so che cosa dire”. Ci sono quelli che obiettano: “Non capisco perché dovrei dire al prete i miei peccati”. Ci sono quelli che parlano a lungo, di tutto, amarezze, dolori, ingiustizie: parlano di tutto, eccetto che dei loro peccati.  Insomma sembra che il sacramento sia tutto lì, nelle parole di chi si confessa.

    Forse anche per questo per alcuni la confessione è una fatica, un imbarazzo, e molti non si confessano.

    Ma il sacramento della confessione si chiama anche sacramento della riconciliazione, per dire che il sacramento non si riduce all’opera dell’uomo che si dichiara peccatore elencando i suoi peccati: è piuttosto l’opera del Padre misericordioso che accoglie, perdona, fa festa per il figlio che torna scoraggiato e ferito per la sua vita sbagliata.

    Ecco: una festa!

    La festa non si può celebrare in solitudine, di nascosto. Ci deve essere gente, ci deve essere gioia e musica, affetti e cose  buone. La festa della riconciliazione dei peccatori pentiti è evento di Chiesa. Così si celebra il perdono di Dio: insieme!

    Insieme si riconosce che i propri peccati sono un danno anche per gli altri.

    Insieme si sperimenta che perdono sperimentando che c’è una comunità che condivide la tristezza del peccato e la gioia della riconciliazione.

    Insieme si riprende il cammino verso la santità non come l’impresa solitaria, ma come grazia sostenuta da tutto il popolo santo di Dio.

    I preti sono, anche loro, peccatori in cammino verso la santità. Perciò sono confessori, ma anche penitenti. Si confessano e sperimentano la gioia del perdono. Fanno festa, perché sperimentano la misericordia di Dio.

    Per questo nella festa di san Carlo, il prossimo 4 novembre, i preti si trovano tutti in Duomo a Milano per celebrare insieme il sacramento della confessione e la festa della riconciliazione. Si può immaginare che la gioia e la forza di quel momento condiviso siano un buon motivo per ingegnarsi a salvare il sacramento della confessione dalla sua riduzione individualistica. Diventerà festa condivisa in ogni comunità che accoglie la misericordia di Dio.

     

    S.E. mons. Mario Delpini

    Vicario Generale

    Arcidiocesi di Milano

  • Naturale/Artificiale. Cosa sta diventando la vita?

    I Dialoghi di vita buona ripartono, con l’intenzione di aiutare la Milano, che si vede sempre più nei panni della metropoli europea, a trovare occasioni per ragionare sulle questioni che decidono il nostro futuro. Non ha senso dividersi in modo pregiudiziale, senza aver ascoltato le ragioni dell’altro: solo da un confronto reale e profondo può nascere quella stima che fa da base ad ogni legame sociale.

    Lo scorso anno ci eravamo cimentati con la tematica dei confini, affrontando la questione delle migrazioni e la sfida che rappresenta per l’Europa. In questo secondo anno i Dialoghi assumono come filo conduttore il tema della tecnica e l’influsso che ha nella vita umana. Da qui il titolo complessivo: Naturale/Artificiale.

    L’esperienza diretta ci mostra come le invenzioni tecnologiche stanno trasformando la nostra vita. L’impressione che ne traiamo è che tra naturale e artificiale gli spazi di contiguità siano sempre più ridotti. Si respira un clima di contrapposizione e una voglia di supremazia: la natura deve essere superata.

    Vogliamo il superuomo. Il mondo della ricerca ci insegna che i confini tra naturale e artificiale si vanno confondendo, facendo nascere la possibilità di un potere di manipolazione inimmaginabile. Nello scenario nuovo che si va delineando, dominato dalla tecnica e dalle scoperte scientifiche, come ritrovare lo spazio dei valori fondanti la nostra vita?

    Naturale/Artificiale. Il dominio assunto dal secondo termine permette all’essere umano di potenziare il suo desiderio. Più di un pensatore legge nello sviluppo della tecnologia il riflesso assunto dal nostro desiderio mai sopito di immortalità. Come leggere e comprendere i mutamenti che un simile modo di pensare genera sulla comprensione che l’uomo ha di sé? I Dialoghi sono un ottimo spazio per istruire il dibattito su mutamenti così grossi e al tempo stesso basilari per la costruzione della grammatica di comprensione della vita umana.

    Naturale/Artificiale. Il mondo della cura, in tutte le sue dimensioni e in tutti i suoi significati (educativo, medico, istituzionale, religioso), è uno dei luoghi più coinvolti e toccati dalle trasformazioni in atto. Come rideclinare il concetto di potere, quale contenuto dargli, quali buone pratiche mostrare: anche questo è uno degli obiettivi dei Dialoghi.

    Naturale/Artificiale. La tecnica si presenta oggi come un buon surrogato di ciò che era l’esperienza religiosa. Oggi ci si affida alla tecnica, convinti della sua onnipotenza. Le religioni non possono non sentirsi sollecitate. Per noi cristiani la sfida è lanciata: in questo mondo dominato dalla tecnologia occorre essere capaci di rendere ragione della nostra fede nel Dio di Gesù Cristo, testimoniando che l’amore è un “superparadigma” capace di battere il paradigma del superuomo: anche questo è sicuramente uno degli scopi dei Dialoghi di vita buona, che ci permette di comprendere l’utilità di un simile strumento per la costruzione di una Milano veramente metropoli d’Europa.

     

    mons. Luca Bressan

    Vicario Episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale

    Arcidiocesi di Milano

  • La vita buona del Vangelo tra presente e futuro

    La vita buona del Vangelo tra presente e futuro:

    la proposta di pastorale giovanile per l’anno pastorale 2016-2017

     

    Il cammino dell’anno pastorale che inizia continua  con lo stesso obiettivo dell’anno precedente: educarsi al pensiero di Cristo, assumere lo sguardo di Gesù. Alla domanda: “tu come la pensi?” dovremmo riuscire a rispondere non solo offrendo un’opinione personale ma rendendo evidente il pensiero di Cristo, facendone cogliere tutta la forza, la bellezza,  la verità. Siamo inoltre nel pieno dell’Anno Santo della Misericordia. Sappiamo che la misericordia è l’essenza del pensiero di Cristo, è come il cuore per l’occhio: se il cuore è ripiegato su di sé, gli occhi si ammalano e tutto si sfuoca. Vogliamo dunque raccogliere nell’anno pastorale che abbiamo davanti l’eredità del Giubileo della Misericordia, unendo insieme il pensare e l’agire, il valutare e il decidere, perché – come ci ricorda l’apostolo – “a spingerci è l’amore di Cristo” (2Cor 5,14).

    il testo guida per la Pastorale Giovanile scelto quest’anno è Mt 19, 16-22. Il protagonista è un giovane animato da un grande desiderio di vita. il suo incontro con Gesù potrebbe dare pieno appagamento a quanto egli cerca con verità, ma i beni posseduti si frappongono tra lui e il Signore della vita, ed egli se ne va triste. Il desiderio di vita vera anima il cuore di questo giovane, ma prima ancora anima il cuore di Gesù. Egli sa che dall’accoglienza del suo invito dipenderà il raggiungimento di quanto quest’uomo desidera. È l’appello del Vangelo, decisivo, che arriva alla coscienza libera, domanda fiducia totale, coraggio di assumere il suo pensiero. In gioco c’è la gioia di vivere, la letizia interiore, la beatitudine che Gesù annuncia.

    In questa direzione muove dunque quest’anno il nostro cammino con i giovani e i ragazzi, alla scuola di colui che, come vero Signore  della vita, chiama a seguirlo nella libertà. Questo ci è chiesto: concentrarsi sull’essenziale per sentire tutta la forza della voce del Signore; lasciarsi guidare da lui a riconoscere con umiltà i lacci che tengono avvinta la nostra libertà  e ci impediscono di dare compimento ai nostri desideri più veri. Una promessa accompagna questo invito a scegliere nella libertà di stare con lui: “Chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).

     

    S.E. mons. Pierantonio Tremolada

    Vescovo
    Vicario Episcopale per l’Evangelizzazione e i Sacramenti

  • Accoglienza Mons. Gianni Cesena

    Indirizzo di accoglienza al parroco, don Gianni Cesena,

    Dal Consiglio Pastorale della comunità pastorale S. Teresa di Gesù Bambino

    1 ottobre 2016

    Caro don Gianni,  permettici di darti del tu…  ben arrivato tra noi!

    Ti accogliamo con gioia questa sera, come segno concreto del fatto che Dio ama la sua chiesa che è in Desio.  Sappiamo che non è scontata la tua venuta tra noi… è un dono che viene da lontano:

    –          Viene dal giorno della tua nascita, 60 anni fa, proprio come oggi;

    –          Viene dal si, detto con entusiasmo negli anni della giovinezza, a seguire il Signore nella via del ministero ordinato,

    –          E viene, immaginiamo, anche dallo scorrere degli anni, da tutte le volte in cui hai dovuto e voluto riscegliere con fedeltà e perseveranza di seguire Gesù, nelle gioie e nelle fatiche del ministero.

    Grazie, perché questi lunghi anni ti portano a noi nel pieno della tua maturità, di cui probabilmente oggi la nostra comunità ha bisogno:  sarai per noi come un padre, un fratello maggiore, un  amico al quale speriamo di poterci rivolgere con semplicità, sapendo di avere da te una parola di sapienza che ci aiuti a crescere nella fede e nella comunione tra noi.

    Ecco, ti chiediamo di aiutarci a crescere come comunità pastorale. Proprio nel giorno in cui ci affidiamo alle preghiere di Santa Teresa di Lisieux – nostra patrona –  siamo consapevoli di dover ancora camminare verso una comunione più vera e nella stima reciproca: tra le parrocchie, tra i presbiteri e i laici, i consacrati e le consacrate, tra le diverse associazioni e movimenti. Con il tuo ministero di parroco diventa per noi un segno concreto dell’unità nella diversità, a cui siamo chiamati perseverando nella fede.

    Aiutaci a voler diventare ogni giorno di più “chiesa in uscita”, come ci chiede Papa Francesco. Per questo spronaci ad essere cristiani che vivono nella città e nel mondo con responsabilità, pienamente consapevoli di partecipare alle gioie e alle sofferenze di ogni uomo che ci è prossimo. Se qualche volta ci capiterà di chiuderci nelle sacrestie, nei nostri campi da gioco o nei nostri “auricolari”, indicaci la porta o il cancello da varcare per portare il vangelo nelle nostre strade, nei posti di lavoro, nelle piazze e nelle scuole, nei luoghi dove si decide del bene della comunità civile, piuttosto che negli ospedali o nelle nostre case.

    Infine, don Gianni, vorremmo dirti la nostra disponibilità ad esserci, per edificare con te la comunità cristiana e per occuparci della fede dei più piccoli e dei più poveri, in un tempo in cui sono molte le prove che tante famiglie stanno attraversando, anche qui a Desio.

    Sappiamo di essere eredi di una comunità in cui la fede si è tramandata di generazione in generazione e di cui noi siamo depositari. Abbiamo anche l’intercessione del papa di Desio, Pio XI, che certamente oggi prega per noi e per te in particolare. Ma sappiamo anche che la fede può perdersi in un soffio, è un dono fragile che va custodito con la libera adesione personale di ciascuno di noi …. Aiutaci a radicarci nella relazione con Gesù, intima, personale e insieme comunitaria. Aiutaci a sentirlo presente tra noi come il Signore Risorto, colui che ci chiama fratelli e che ci invia in missione, ogni giorno della nostra vita.

    Preghiamo il Signore per te, don Gianni, tu presentaci a lui come figli che imparerai ad amare, speriamo. E in questa intercessione reciproca il Signore ci custodisca e ci faccia crescere nell’amore.

  • Nel segno della gratitudine

    Omelia del Prevosto emerito alla S. Messa di congedo dalla Comunita’ Pastorale di Desio. Domenica 18 settembre 2016

    NEL SEGNO DELLA GRATITUDINE

    E’ giunto ormai il momento per ringraziare da parte mia il Signore per questi 14 anni trascorsi a Desio. Anni in cui abbiamo camminato insieme e che sono stati (per me sicuramente) un dono del Signore. Oltre che a Dio, la mia riconoscenza va a tutta la comunità, preti, laici, consacrati e, globalmente, a tutte le persone con cui ho condiviso un tratto di strada, specialmente se c’è stata l’occasione di servire insieme – in sintesi – il vangelo di Cristo e i fratelli.

    In questo momento di saluto – che inevitabilmente diventa anche un po’ un bilancio – vorrei esprimere in maniera più esplicita le convinzioni, i sentimenti e le intenzioni che hanno guidato il mio servizio qui a Desio e non solo. Sono infatti le motivazioni essenziali che hanno orientato  la mia opera in qualunque comunità io sia stato.

    Parlavo di convinzioni, sentimenti… e anche “intenzioni”: ma quest’ultima è una parola pericolosa, perché c’è un proverbio che dice: ‘Di buone intenzioni è lastricato l’inferno…’.

    Spero allora che – tra le varie mie intenzioni – siano poche quelle rimaste puramente tali e quindi destinate a tale triste uso.

    E’ ovvio che volersi paragonare ai grandi della storia è segno di stoltezza e presunzione. Ritengo invece utile e saggio tenerli davanti a sé come modelli e cercare di imitarli seguendone le orme, anche se molto da lontano. Per questo ho voluto inserire come II lettura di questa Eucaristia il brano di S.Paolo nella I lettera ai cristiani di Corinto, poiché il mio obiettivo principale – quando entravo a servizio di una parrocchia – è sempre stato quello di annunciare Gesù Cristo, Crocifisso e Risorto, e di favorire l’incontro di ogni persona con Lui, Via, Verità e Vita, specialmente attraverso l’ascolto della sua Parola. Infatti se S. Paolo dice: “…sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo (I Cor 4,15), S. Pietro gli fa eco dicendo: “siete stati rigenerati non da un seme corruttibile, madalla parola di Dio viva ed eterna (I Pt 1,23). Questo è sempre stato quanto mi sono proposto di fare, quanto poi vi sia riuscito, lo sa soltanto il Signore.

    L’altro obiettivo, strettamente legato al primo,  è stato quello di edificare la chiesa viva, la chiesa-comunità. Il pastore deve essere segno di unità e fare in modo che le eventuali tensioni non diventino divisioni. Ho cercato sempre di curare in particolare l’unità del gruppo dei preti, pur in presenza delle inevitabili diversità di sensibilità e di inclinazione. Di fatto poi le circostanze e i bisogni del complesso parrocchiale, specialmente della parrocchia centrale di Desio, mi hanno obbligato a dedicare molto tempo alle strutture materiali (con vari interventi più o meno radicali). Ciò sicuramente ha tolto un po’ di spazio alla cura delle relazioni personali e di amicizia, a cui di pe sé terrei molto. Ma la necessità non rinviabile era questa e, già al momento della mia nomina, i superiori mi avevano detto chiaramente: guarda che devi subito metter mano alla ristrutturazione della casa parrocchiale.

    Ho cercato di andare incontro alle persone secondo i loro bisogni, favorendo anche –possibilmente – l’espressione delle loro capacità. Un altro compito del pastore è quello di riconoscere e attivare i carismi, i doni di ciascuno: anche questo non sempre riesce come si vorrebbe e se qualche persona non si è sentita accolta e trattata da me come riteneva giusto, chiedo sinceramente scusa.

    Ho fatto attenzione anche ad instaurare rapporti di vera collaborazione con l’amministrazione civile, negli obiettivi condivisibili, pur nella distinzione dei ruoli…e magari anche con un po’ di dialettica e di confronto critico, se necessari. Ultimamente abbiamo avviato insieme il “Fondo solidarietà per il lavoro” e spero che possa davvero decollare con una buona partecipazione della cittadinanza.

    Entrando in questa nuova fase della vita, detta “di riposo”, ma in realtà continuando a esercitare il ministero pur senza responsabilità dirette, mi pare che debba emergere la condizione di base di ogni cristiano, che è quella di essere innanzitutto “discepolo”. Questo è lo statuto fondamentale del battezzato, qualunque funzione poi sia chiamato a svolgere nella Chiesa. Talvolta il ruolo che ricopriamo rischia di mettere in ombra questo aspetto. Tornando ora a un servizio non di primo piano, è più facile rimettere in luce la “sequela”, che è appunto l’essenziale.

    Cercando sempre di guardare i grandi, vorrei riassumere il mio servizio a Desio con una frase pronunciata dal nostro Papa, Pio XI, verso la fine del suo mandato quando disse: “Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”; avendo attenzione però a non intenderla come segno di autocompiacimento, ma in riferimento alla frase di Gesù: “anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare (Luca 17,10).

    Per concludere, un riconosciuto maestro spirituale, il monaco trappista Thomas Merton diceva che  il tempo che passa è come sabbia che scorre tra le nostre dita: si tratta di vedere se insieme alla sabbia lasciamo cadere anche qualche seme sul terreno. Spero proprio che in questi quattordici anni, oltre a tanti granelli di sabbia, tra le mie dita siano passati anche alcuni buoni semi, che possano attecchire e portare frutto anche per il futuro.

    Ringrazio di nuovo tutti i presenti, innanzitutto i confratelli, (compreso Mons.Carlo Sironi, da cui ho ricevuto una lettera davvero commovente) e tutta la Comunità pastorale, augurando un buon cammino con il nuovo Prevosto, verso nuovi e più ambiziosi traguardi.

    don Elio