Categoria: News

  • Il saluto della comunitàa don Mauro

    Il saluto della comunità
    a don Mauro

    In una Basilica gremita Monsignor Michele Elli, vicario Episcopale per la zona di Monza, ha presentato ufficialmente il nuovo parroco della Comunità Pastorale Santa Teresa del Bambin Gesù, monsignor Mauro Barlassina, che sarà al nostro fianco nel cammino di fede e che è stato accolto dalla comunità e dal Consiglio Pastorale con queste parole:

    Carissimo don Mauro,
    a nome di tutta la Comunità Pastorale ti rivolgiamo la nostra più calorosa accoglienza. Benvenuto nella nostra famiglia! Con la Grazia dello Spirito Santo noi tutti popolo di Dio in Desio invochiamo su di te la benedizione del Padre.

    In questi pochi giorni abbiamo iniziato a conoscerti con le tue strette di mano, il tuo sorriso, la tua voglia di raccontarti e di ascoltare e conoscere profondamente i tuoi interlocutori. In una riunione hai ribadito l’importanza di fare Chiesa attraverso relazioni vere e concrete. Ci hai detto: “Credo fortemente nelle relazioni. Non è il parroco che fa la parrocchia. Occorre accettare di far crescere la fraternità fra laici, consacrati e consacrate”.

    Noi laici oggi ci impegniamo a compartecipare a questa concordia insieme a te, ai consacrati e alle consacrate di Desio, in comunione con la Chiesa universale, per vivere insieme nella fedeltà del Signore Gesù dando concretezza nella vita quotidiana al Vangelo, crescendo progressivamente nella fraternità che rende più libera e creativa la missione di una comunità di discepoli che abita nella città proprio come ci hai chiesto.

    Potrebbe succedere, però, che a volte avrai il desiderio di “scuotere la polvere dai tuoi piedi” come si narra nei vangeli di Marco e di Matteo. Sappiamo di essere un “popolo di dura cervice” ma, come hai detto tu nella tua lettera di presentazione, dietro alle resistenze c’è una ricchezza. Per questo, prendiamo in prestito le parole di Albino Luciani, successore di Paolo VI a te caro, che appena diventato vescovo pronunciò questo discorso nella sua prima omelia: “Appena designato vostro vescovo, ho pensato che il Signore venisse attuando anche con me un suo vecchio sistema: certe cose, scriverle non sul bronzo
    o sul marmo, ma addirittura sulla polvere, affinché, se la scrittura resta, non scompaginata o dispersa dal vento, risulti chiaro che il merito è tutto e solo di Dio”. Ecco allora che la polvere che ti si attaccherà ai piedi durante il tuo mandato a Desio sarà quella tavola sulla quale Dio scriverà la sua Parola. Noi rinnoviamo quindi il nostro impegno insieme a te e a tutti i consacrati e le consacrate di questa
    comunità a far sì che quella scrittura, opera delle mani del Padre, resti impressa nei nostri cuori in maniera indelebile.

    Ti ringraziamo di aver accolto l’invito a percorrere un pezzo di strada insieme a noi. Buon cammino!

  • La festa del Madunìn

    La festa del Madunìn

    La festa del Madunìn, una tradizione che risale agli anni Cinquanta

    Prima domenica di ottobre, festa del Madunìn, una delle poche occasioni rimaste a far da legame con la vita dei nostri nonni. La festa ricordava un tempo l’imminente ripresa delle scuole (allora si iniziava in ottobre), il giretto sulle giostre, la campana bèla e l’immancabile turta de làcc, dolce tipico di Desio e dintorni. I ricordi corrono ancora alla messa pontificale che mons. Bandera celebrava in Basilica, e il giorno successivo, lunedì, il prevosto convocava i preti di tutta la ‘pieve’ (territorio che si estendeva fino a Paderno) e si replicava con il solenne ufficio funebre per i defunti della cittadina. L’altare della Madonna era parato a festa e i numerosi lumi accesi testimoniavano la grande fede della gente che amava ricorrere all’intercessione della Santa Madre di Dio. È doveroso puntualizzare che la nostra festa desiana ha
    radici non ben identificate. Da alcune annotazioni raccolte dallo storico concittadino Massimo Brioschi, risulta che essa potrebbe trovare origine attorno
    al primo Seicento, in occasione della solenne incoronazione della statua della
    Madonna del Rosario.

    In merito al significato liturgico della ricorrenza, ci viene invece in aiuto monsignor Marco Navoni che, nel suo testo “Il Mistero di Cristo e di Maria “, ci offre alcuni spunti di riflessione: “La pratica devota del rosario nacque nel medioevo per opera dei Domenicani, che la diffusero come arma contro certe eresie che minacciavano la nostra fede. Nella corona del rosario, era possibile per tutti concentrare e meditare le verità della fede cattolica e pregare la Madre di Dio, perché intercedesse nel preservare l’integrità della fede e della Santa Chiesa.

    Nel secolo XVI il rosario fu attuato come preghiera per proteggere la cristianità dall’insidia portata dall’Impero Ottomano. Non a caso fu proprio papa San Pio V, dell’ordine dei domenicani, dopo la vittoriosa battaglia di Lepanto del 1571, ad istituire la festa del Rosario nella giornata del 7 ottobre. Da quell’anno la festa si diffuse in tutta la chiesa cattolica, diventando una delle ricorrenze mariane più sentite e partecipate”.

    Beppe Monga

  • I doni della Comunità Pastorale ai suoi parroci

  • Un cuore che batte

    Un cuore che batte

    Proposta di legge “Un Cuore che batte”. Fino al 7 novembre una firma può salvare la vita dei nascituri

    Giorgio Celsi, presidente associazione Ora et labora in difesa della vita, è promotore, insieme ad altre 14 associazioni – tra i quali Pro Vita & Famiglia onlus – di una proposta di legge di iniziativa popolare per modificare la legge 194 del 1978.

    L’dea è di aggiungere un comma all’articolo 14, l’1bis, con lo scopo, spiega Celsi, «di obbligare il medico abortista che esegue la visita pre aborto a far vedere il bambino alla mamma intenzionata ad abortire e far sentire lei il battito del cuoricino della vita che porta in grembo. Questa, nello specifico, la dicitura del comma che si intende aggiungere: «Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso».

    QUI TUTTE LE ISTRUZIONI OPERATIVE SU DOVE E COME FIRMARE

    E’ una proposta di legge importante perché se si facesse questa operazione,  la mamma probabilmente cambierebbe idea, come già accade in Paesi che effettuano questo passaggio. «La donna ha il diritto di essere resa consapevole della vita che porta nel grembo, una vita con un cuore che pulsa. Solo in tal modo può essere realmente libera e responsabile delle sue azioni» racconta Giorgio Celsi.

    Solitamente, però, chi fa la visita pre aborto è un medico abortista quindi appartenente ad un gruppo di medici che tendono a non far mai questo passo: attenzione perché a quel punto potrebbero essere responsabili, nei termini previsti per legge, del mancato consenso informato.

    Celsi conclude con un appello a partecipare all’iniziativa: «C’è tempo fino al 7 novembre per raccogliere le 50mila firme che occorrono per presentare la proposta: in tutti i comuni c’è la possibilità di firmare, informatevi. Se proprio non ci fosse questa possibilità avvisate Ora et labora: possiamo salvare moltissimi bambini, le generazioni future ce ne daranno merito e anche il buon Dio».


    È stata presenta, in data 16 maggio, una proposta di legge di iniziativa popolare, dal nome “Un cuore che batte“, per integrare uno degli articoli della Legge 194 del 1978.

    Nel dettaglio la proposta vuole introdurre il comma 1-bis all’articolo 14 della Legge, contenente “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”.

    La proposta vuole aggiungere che: “Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza” ai sensi della legge, “è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”. Come segnalato dal sito Ora et Labora in Difesa della Vita, l’attivazione della raccolta firme, salvo casi particolari che vi esortiamo a segnalarci, è ormai disponibile in tutti i comuni italiani. Infatti i moduli e tutta la documentazione necessaria per l’attivazione della raccolta firme per la Proposta di Legge di Iniziativa Popolare “Un cuore che batte” sono stati inviati tramite PEC (posta elettronica certificata) in tutti i Comuni d’Italia.

    Gli organizzatori consigliano preventivamente di telefonare al Comune per sapere se effettivamente è stata attivata la raccolta firme e in quali orari è possibile recarsi per firmare.  In caso affermativo, si esorta ognuno a firmare nel proprio comune di residenza e a farsi divulgatore della proposta, invitando quante più persone possibili a fare altrettanto, eventualmente comunicando loro gli orari di apertura dell’ufficio preposto.

    Qualora invece la raccolta non fosse stata ancora attivata, l’invito è quello di chiedere al comune di controllare di aver ricevuto la mail PEC inviata dall’indirizzo oraetlabora33@pec.it.

    Per eventuali chiarimenti o problemi è possibile contattare Ora et Labora al seguente numero: 3467035866.

    Per quanto riguarda il materiale utile, è possibile scaricare QUI il Vademecum sui moduli da depositare in comune per la raccolta firme; QUI il Modulo per la raccolta delle firme e QUI il Manuale Operativo per la raccolta in piazza; QUI l’Informativa sul trattamento dei dati personali.

  • Il saluto di don Gianni

    Il saluto di don Gianni

    Nel messaggio di saluto e di ringraziamento alla Comunità di Desio, che ha guidato e custodito per sette anni, don Gianni ci lascia un’esortazione a “prendere il largo”, a diventare una comunità di testimoni vivendo pur in mezzo a mille dubbi e difficoltà – da cristiani nel mondo.

    Monsignor GIanni Cesena durante la cerimonia di benvenuto come Vicario Episcopale della zona pastorale III svoltasi il 21 settembre nella Basilica di San Nicolò a Lecco.

    Pensavo che le coincidenze di alcune date tra la mia vita e la comunità di Desio dovessero segnare un legame indissolubile tranoi: il 1 ottobre la festa di santa Teresa di Gesù Bambino, patrona della Comunità Pastorale, coincide con la mia data di nascita e il 7 ottobre, festa della Madonna del Rosario patrona della città, coincide con la data del mio Battesimo.

    Il Signore ci insegna che conduce la nostra vita come vuole Lui e non secondo schemi prefissati, che – per quanto riferiti ai santi – possono saltare.

    In questo momento di congedo ho scelto che a parlare siano due vetrate della nostra basilica che sintetizzano due espressioni di Vangelo essenziali a rileggere questo momento e il cammino di questi anni.

    «Io sono la via, la verità e la vita»

    Come ho avuto occasione di dire tante volte in questi anni, si tratta di una delle scritte che ho trovato maggiormente ripetute in tutte le lingue in chiese e cappelle di tutto il mondo, comprese costruzioni provvisorie di fango e paglia.

    È Gesù che dice così e si pone come origine, traguardo e compagno di strada; è lui che ci consente di dire e fare cose che abbiano un senso e di discernere ed evitare ciò che ci danneggia.

    Tutti cercano verità e vita: Gesù lo è per tutti ed è via, cammino per non perdere la direzione giusta.

    La vetrata è accompagnata dai simboli dei quattro evangelisti, a ricordare il nostro attaccamento alla parola di Gesù e quella indicazione preziosa del card. Martini che ho citato spesso: «Sono sempre più persuaso che un’educazione all’ascolto del Maestro interiore passa per l’esercizio della lectio divina, della meditazione orante sulla parola di Dio, e non mi stancherò di ripetere che essa è uno degli strumenti principali con cui Dio vuole salvare il nostro mondo occidentale dalla rovina morale che incombe su di esso a causa dell’indifferenza e della paura a credere. La lectio divina è l’antidoto che Dio propone ai nostri tempi per farci superare il consumismo e il secolarismo, favorendo la crescita di quella interiorità senza la quale il cristianesimo non supererà la sfida del terzo millennio».

    Ascolto della Parola e cura dell’interiorità: così continuiamo a seguire Gesù, via verità e vita.

    «Prendi il largo»

    Non si tratta qui solo di un’indicazione per me come persona ad assumere un nuovo incarico, per di più sulle rive di un lago, ma della chiamata a ogni comunità cristiana a guardare oltre, a non rimanere chiusa in abitudini e ripetizioni, ad allargare gli interessi a tutto ciò che è umano – la cultura, la salute, il lavoro, la famiglia, la giustizia, la pace, i poveri – e a tutto ciò che il mondo oggi ci porta in casa come varietà di popoli e di religioni, affinché ogni uomo e donna possano incontrare la gioia del Vangelo e liberamente sceglierla come fondamento della vita.

    L’invito di Gesù a prendere il largo non è per un’iniziativa individuale, sporadica, ma tocca tutti i battezzati
    e le battezzate, che potranno contribuire a edificare una comunità di testimoni solo se saranno andati al
    largo, vivendo – pur in mezzo a mille dubbi e difficoltà – da cristiani nel mondo. E riconoscendo come la fede può essere vissuta in modi diversi, e tutti autentici, secondo le età, le lingue, le culture.

    Come gli apostoli diciamo «sulla tua parola getterò le reti», perché il Signore non ci manda allo sbaraglio,
    ma alla fine sale con noi sulla barca della vita e la orienta in mezzo alle tempeste.

    Condividendo queste due parole, che sono state anche visivamente davanti a noi in ogni nostra celebrazione e che continueranno a essere ben visibili, dico la mia gratitudine al Signore che mi ha chiamato tra voi a condividere un tempo di cammino di fede e di chiesa

    È difficile oggi specificare il grazie a ciascuna e ciascuno di voi – anche a chi non può essere qui stasera – senza far torto a qualcuno. Lo faccio in questa celebrazione – questa è l’Eucaristia – rendendo grazie al Signore che ha animato, custodito e accompagnato i passi di questi sette anni, che ha dovuto perdonarmi molte cose, e che affida ora questa comunità alla cura attenta e generosa di un nuovo pastore.

    Monsignor Gianni Cesena

  • Il “Grazie” della Comunità

    Il “Grazie” della Comunità

    All’inizio della celebrazione è stato letto un ringraziamento per l’opera di don Gianni nei sette anni trascorsi a Desio. Alla S. Messa, nella Basilica gremita, hanno partecipato tutti i sacerdoti della Comunità e le autorità civili e militari.

    Carissimo monsignore, o come ha sempre preferito essere chiamato, don Gianni, il consiglio pastorale cittadino, a nome di tutta la comunità pastorale di Desio, ci tiene a ringraziarla e ad esprimerle tutta la sua riconoscenza per quanto fatto in questi anni.

    Comunità pastorale che, non senza fatica, lei ha cercato di far crescere e di far sentire tale, provando a instillare in tutti i consiglieri, nei religiosi e nei fedeli, quel senso di appartenenza ad una comunità cittadina che va oltre l’ambito parrocchiale – a cui spesso siamo ancora fin troppo ancorati
    – in un’ottica di più ampio respiro.

    In questi anni, è stata da esempio e da sprone la sua attenzione alla carità in tutte le forme: dai centri di ascolto, alle missioni, al neonato gesto “un dono da condividere” ecc… L’abbiamo vista spesso in mezzo ai ragazzi accompagnandoli alle vacanzine e cercando di essere sempre presente nei momenti più significativi del loro percorso di fede.

    Ha dimostrato in più occasioni la sua apertura e la sua attenzione alle varie realtà religiose e sociali del territorio. Non potremo certamente dimenticare la sua vicinanza a tutta la comunità durante la pandemia facendo sì che, attraverso i mezzi tecnologici a disposizione, si assicurassero a tutti i fedeli momenti di preghiera e di formazione. Attenzione particolare ha avuto nei confronti dei fedeli di quelle parrocchie rimaste prive di vicario, cercando di essere lei stesso presente il più possibile, affinché non si sentissero mai abbandonati o trascurati dalla comunità.

    Infine la ringraziamo per aver cercato di dare una solida formazione al Consiglio Pastorale, facendo attenzione alla partecipazione e al contributo di ognuno, aiutando tutti noi consiglieri a vivere tale incarico come servizio prezioso alla comunità.

    In questi anni ha cercato di far suo quello che il Cardinal Martini, a lei tanto caro, chiamava il “primato della consolazione sulla desolazione” tentando di dare sempre risalto al positivo, al bello e al buono che è presente in tutto e in tutti.

    Caro don Gianni, non ci resta che salutarla e farle gli auguri per il suo nuovo incarico, perché con la grazia di Dio, questo possa essere occasione di crescita nella fede per lei e per tutte le persone che la incontreranno.

    Grazie e buon cammino!

    Il Consiglio Pastorale

  • Edoardo Mauri ordinato Diacono

    Edoardo Mauri ordinato Diacono

    Sabato 30 settembre, nel Duomo di Milano, i 16 candidati al diaconato e al presbiterato hanno ricevuto, per le mani dell’Arcivescovo, Mons. Mario Delpini, l’ordinazione diaconale. Tra questi il nostro concittadino Edoardo Mauri che ci ha inviato questo messaggio

    Carissimi amici di Desio, sembra ieri che vi scrivevo per il mio ingresso in seminario e invece eccomi qua
    per condividere con voi la gioia della mia ordinazione diaconale. Infatti, sabato l’Arcivescovo di Milano, Mons. Delpini mi ha ordinato diacono insieme ad altri 15 miei compagni. Di fatto col diaconato dico il mio “Sì” definitivo al Signore, alla Sua Chiesa per donarmi tutto a Lui. Ho promesso per sempre la mia dedizione a Dio, nella preghiera, nell’obbedienza e nel celibato.

    Sono giunto all’ordinazione con l’animo sereno e grato per quanto vissuto in questi 5 anni di seminario, in cui ho sperimentato ogni giorno quanto sia grande e vero il centuplo promesso da Gesù per chi si mette alla sua sequela.

    Sono soprattutto grato per i tantissimi incontri fatti nelle parrocchie in cui sono stato, ma soprattutto ai Desiani che tanto hanno pregato per me e mi hanno sostenuto in questo cammino. Il diaconato è una tappa fondamentale per diventare sacerdote perché la sua essenza è il servizio, il rendersi sempre disponibili per gli altri perché il Signore possa toccare tutti attraverso la sua parola. Uno potrebbe chiedersi: ma cosa fa il diacono? Chi è il diacono? Il diacono è un ministro consacrato il cui compito principale è la predicazione del vangelo, ma non solo. Egli è segno di benedizione per la gente che incontra, perché il diacono può benedire, unire in matrimonio due persone, battezzare e portare l’Eucaristia ai malati. È chiaro che con l’ordinazione diaconale vivrò un bel cambio nella mia vita, non solo per l’appellativo di “don”, ma evidentemente crescono le responsabilità, le gioie, le aspettative date da quel “Sì, lo voglio” definitivo. Trascorrerò i prossimi mesi come diacono nella comunità pastorale San Paolo VI di San Giuliano Milanese, comunità che già mi ospita da un anno, in attesa di essere ordinato sacerdote il prossimo 8 giugno sempre nel Duomo di Milano. Pregate per me e per i miei compagni perché possiamo essere sempre docili allo sguardo d’amore di Dio e poterlo ridonare agli altri attraverso la nostra vita.

    Edoardo Mauri

  • EDUCAZIONE: C’È BISOGNO DI TESTIMONI

    EDUCAZIONE: C’È BISOGNO DI TESTIMONI

    Siamo stanchi di diventare giovani seri, o contenti per forza, o criminali o nevrotici; vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così sicuri. Non vogliamo essere subito già così senza sogni. Sciopero, sciopero, compagni! Per i nostri doveri. Signor Maestro, la smetta di trattarci come scemi che bisogna sempre non offendere, non ferire, non toccare. Non ci aduli, siamo uomini, Signor Maestro!

    Così Pasolini negli anni Settanta dava voce al desiderio dei giovani, alle loro speranze, ai loro bisogni. È il grido di chi vuole diventare grande sentendosi accompagnato da adulti capaci di essere incisivi, di toccare il cuore fino a ferirlo. Quel grido, oggi, è probabilmente meno evidente,soffocato dentro un disagio che non riesce a trovare parole per essere comunicato, espresso attraverso comportamenti e
    atteggiamenti complessi che sono però – in modo ancora più drammatico – una domanda che gli adulti non possono eludere. Proprio questo è il punto da cui l’emergenza educativa dentro la quale viviamo può cominciare a essere affrontata: occorre accompagnare i giovani a comprendere che le domande nascoste sotto i molti paesi e le molte paure che sperimentano debbano essere innanzitutto svelate: lo sai che vuoi essere felice? Lo sai che tanti come te si sono messi in viaggio prima di te e adesso con te? Lo sai che non sei solo? Negli anni Settanta come oggi, i giovani chiedono di conoscere come altri prima
    di loro si siano chiesti le stesse cose che si chiedono loro, quale viaggio hanno fatto per scoprire perché valesse la pena vivere e lavorare; chiedono di capire per chi e per che cosa svegliarsi ogni giorno e crescere e abitare il mondo. E chiedono un testimone, tanti testimoni: qualcuno che gli faccia compagnia, che con la sua stessa vita viva renda vere le parole di cui il mondo ha bisogno. Fino ad accorgersi con loro che il viaggio, la domanda e la ricerca hanno un punto luminoso verso cui andare, da cui venire invasi
    e compresi. Non c’è nessuna riforma scolastica che insegni agli insegnanti a essere testimoni così, ma occorre che la scuola torni a diventare un luogo in cui la libertà di fare questo viaggio insieme sia ancora possibile. Così come non c’è nessuna magia che garantisca ai genitori di essere testimoni così e occorre che gli adulti trovino un luogo in cui per primi vengano continuamente educati. Lo stesso si può dire per la Chiesa: è solo una comunità di adulti in cammino, di gente che si interroga sul senso delle cose e abbraccia il mondo avendo incontrato una risposta alla propria inquieta ricerca che può arrivare a offendere, toccare e ferire il cuore dei giovani. Come voleva Pasolini. E come papa Francesco ha con forza riaffermato alla GMG di Lisbona.

    Corrado Bagnoli