Asciuga, Bambino Gesù, le lacrime dei fanciulli! Accarezza il malato e l’anziano!
Spingi gli uomini a deporre le armi e a stringersi in un universale abbraccio di pace!
Invita i popoli, misericordioso Gesù, ad abbattere i muri creati dalla miseria e dalla disoccupazione, dall’ignoranza e dall’indifferenza, dalla discriminazione e dall’intolleranza.
Sei tu, Divino Bambino di Betlemme, che ci salvi, liberandoci dal peccato. Sei tu il vero e unico Salvatore, che l’umanità spesso cerca a tentoni.
Dio della pace, dono di pace per l’intera umanità, vieni a vivere nel cuore di ogni uomo e di ogni famiglia. Sii tu la nostra pace e la nostra gioia!
Gli auguri alla Comunità Pastorale di Desio quest’anno li vogliamo fare con la Preghiera al Signore che consideriamo universale e che proponiamo qui scritta in diverse lingue affinché la si possa recitare tutti insieme, come figli di un unico Dio e Padre.
Pater Noster (Latino)
Pater noster, qui es in cælis: sanctificétur Nomen Tuum: advéniat Regnum Tuum: fiat volúntas Tua, sicut in cælo, et in terra. Panem nostrum cotidiánum da nobis hódie, et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris, et ne nos inducas in tentazionem, sed líbera nos a Malo. Amen
Ul nost pa’ (Brianzolo)
O nost Pa’ che te stét in Ciel, che ul tô Nom al vegna santificà, che vegna ul tô regn, che sia fà quel che te vöeret, inscì in Ciel cumè in tèra. Dach incöe ul nost pan de tütt i dì, cancèla i nost debit cumè anca nünch i cancèlum ai nost debitur e lassich no in mez a la tentaziun ma liberach dal mà. Amen
الصلاة الحالية (arabo)
أبانا الذي في السموات ليتقدس اسمك، ليأت ملكوتك، لتكن مشيئتك، كما في السماء كذلك على الأرض، اعطنا خبزنا كفاف يومنا، واغفر لنا ذنوبنا و خطايانا، كما نحن نغفر أيضآ لمن اخطأ واساء الينا، ولا تدخلنا في التجربة، ولكن نجنا من الشرير لأن لك المُلك والقدرة والمجد إلى أبد الدهور. آمين.
Oce nash (Serbo)
Oce nash, izhe jesi na nebesjeh! Da svjatitsja imja Tvoje; Da pridet carstvije Tvoje; Da budet volja Tvoja, Jako na nebesi i na zemlji; Hleb nash nasushni dazd nam dnes; I ostavi nam dolgi nashja Jakozhe i mi ostavljajem dolzhnikom nashim; I nevvedi nas vo iskusheniye; No izbavi nas ot lukavago. Amen
Our father (Inglese)
Our father, which art in heaven, hallowed be thy name. Thy kingdom come. Thy will be done on earth as it is in heaven. Give us this day our daily bread. and forgive us our trespasses as we forgive those who trespass against us. And lead us not into temptation, but deliver us from evil. Amen
Vater unser (Tedesco)
Vater unser in Himmel, geheiligt werde Dein Name; Dein Reich komme; Dein wille geschehe, wie in Himmel so auf Erden; unser tägliches Brot gib uns heute; und vergib uns unsere Schuld, wie auch wir vergeben unseren Schuldigern und führe uns nicht in Versuchung, sondern erlöse uns von dem Bösen. Amen
Notre père (Francese)
Notre père, qui es aux cieux, que ton nom soit sanctifié. Que ton règne vienne. Que ta volonté soit faite sur la terre comme au ciel. Donne-nous aujourd’hui notre pain quotidien. Et pardonne-nous nos offenses, comme nous pardonnons à ceux qui nous ont offensés. Et ne nous laisse pas entrer en tentation mais délivre-nous du mal. Amen
Baba yetu (Swahili)
Baba yetu, uliye mbinguni: jina lako lisifiwe, ufalme wako uje, mapenzi yako yafanyiwe duniani kama mbinguni. Utupe leo chakula chetu cha kila siku. Utusamehe makosa yetu, kama tunavyowasamehe waliotukosea. Usituache kushindwa na kishawishi, lakini utuopoe katika maovu. Amen
Padre nuestro (Spagnolo)
Padre nuestro, que estás en el cielo, santificado sea tu Nombre; venga tu reino; hágase tu voluntad en la tierra como en el cielo; da nos hoy nuestro pan de cada día; perdona nuestras ofensas, como tambien nosotros perdonamos a los que nos ofenden; no nos dejes caer en tentación, y líbra nos del mal Amen
Durante la visita alle famiglie, molti mostrano con fierezza il presepio (o i presepi) che hanno preparato per il Natale. Ne vedo due tipi.
Nel primo la culla è vuota perché «Gesù non è ancora nato, lo metteremo alla notte di Natale»; c’è anche una variante: Gesù è nella culla (spesso perché culla e bambino sono un pezzo solo), ma ricoperto da un velo che verrà rimosso nella Notte Santa. In questa rappresentazione c’è il valore dell’attesa: si aspetta qualcosa, anzi Qualcuno, una Buona Notizia, una nuova compagnia. Questo modo di organizzare il presepio dice che è bello avere desideri, quelli infantili legati magari ancora ai regali, e quelli adulti, più profondi.
L’altro tipo è di coloro che già hanno messo Gesù al suo posto, ben visibile, al centro della scena. A questo forse si riferisce il nostro Arcivescovo che in una recente intervista ha dichiarato: «Gesù è già nato e non nasce di nuovo. Questa visione del Natale come rievocazione di un mito archetipo ed esemplare a me non piace molto. Gesù non rinasce in nessuna parte del mondo: è già nato, la sua testimonianza è palpitante. Però ogni bambino che nasce sperimenta che Gesù è dalla sua parte: che nasca su un barcone o sotto un portico».
Anch’io preferisco vedere subito Gesù nella culla, nella capanna. Per dire che quel fatto antico è vivo per noi, che quel messaggio ci fa sentire Dio vicino; un Dio povero che ogni giorno rinasce nella nostra fede e che possiamo mostrare e portare ai poveri del mondo.
Una giusta inquietudine davanti ai problemi del nostro tempo, da affrontare con il realismo della speranza proprio dei cristiani e la buona politica di cui è capace il nostro territorio: questo il nucleo del pronunciamento dell’Arcivescovo, di cui proponiamo una sintesi
«Il linguaggio di Milano e di questa nostra terra è la fierezza di poter affrontare le sfide, è la generosità nell’accogliere e nel condividere, è la saggezza pensosa che di fronte alle domande cerca le risposte, è la franchezza nell’approvare e nel dissentire, è la compassione che non si accontenta di elemosine ma crea soluzioni, stimola a darsi da fare, inventa e mantiene istituzioni per farsi carico dei più fragili». Esprime così in sintesi i suoi sentimenti l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, nel Discorso alla città pronunciato nella Basilica di Sant’Ambrogio lo scorso 6 dicembre. Ad ascoltarlo, amministratori pubblici, politici e responsabili del bene comune che operano nel territorio della Diocesi.
Chi sono gli altri?
Ma chi sono in particolare gli altri per il pastore della Chiesa ambrosiana? «Mi sembra che tutti coloro che hanno responsabilità vivano quell’inquietudine provocata dall’interrogativo: e gli altri? E gli altri, i bambini che subiscono violenze e abusi? Le altre, le donne maltrattate, umiliate, picchiate in casa? E gli altri, gli anziani soli, chiusi nelle loro case per paura, per abitudine, perché impossibilitati a partecipare alla vita sociale? Gli altri, quelli che non hanno voce, quelli che abitano la città senza che noi ce ne accorgiamo? Gli altri, quelli per cui non abbiamo stanziato risorse sufficienti? E gli altri, quelli che non vanno a scuola, quelli che non lavorano? E gli altri, quelli che non hanno casa, quelli che non hanno assistenza sanitaria? E gli altri, quelli che lavorano troppo e sono pagati troppo poco? E gli altri, quelli che subiscono prepotenze, estorsioni, ricatti dalla malavita organizzata che si insinua dovunque può conquistarsi profitti e potere? E gli altri, i ragazzi che si associano per commettere violenze, per rovinare i muri della città e le cose di tutti, per rovinare la propria giovinezza e rendersi schiavi di dipendenze spesso irrimediabili?». Monsignor Delpini confessa che trova «sempre più insopportabile il malumore. Trovo irragionevole il lamento. Trovo irrespirabile l’aria inquinata di frenesia e di aggressività, di suscettibilità e risentimento».
L’elogio dell’inquietudine
Nella sua analisi l’Arcivescovo parte dall’elogio dell’inquietudine «che bussa alle porte della paura. La paura serpeggia nella città e nella nostra terra… Alle porte della paura bussa l’inquietudine con la sua provocazione: e gli altri?».
La città che corre: dove trovare la casa?
Un’inquietudine che bussa a «una città che corre, la città che riqualifica quartieri e palazzi, la città che fa spazio all’innovazione e all’eccellenza, la città che seduce i turisti e gli uomini d’affari, la città che demolisce le case popolari e costruisce appartamenti a prezzi inaccessibili. Dove troveranno casa le famiglie giovani, il futuro della città? Dove troveranno casa coloro che in città devono lavorare, studiare, invecchiare?».
Delpini avanza una critica all’egoismo di una società ricca a scapito di altri: «Come si può giustificare un sistema di vita che pretende il proprio benessere a spese delle risorse altrui? Come si può immaginare una civiltà che si chiude e muore e lascia morire popoli pieni di vita?».
Attenzione alla complessità
«Elogio l’inquietudine perché pensieri, decisioni, interventi siano attenti alla complessità e là dove sembra produttivo e popolare essere sbrigativi e semplicisti, istintivi e presuntuosi, l’inquietudine suggerisca saggezza e disponibilità al confronto, studio approfondito e concertazione ampia, per quanto possibile».
L’elogio del realismo della speranza
Fin qui l’inquietudine manifestata dall’Arcivescovo, che però «non è un’inclinazione depressiva che può paralizzare il pensiero e l’azione nell’incertezza e nello scontento. È piuttosto un rimedio per contrastare la soddisfazione narcisista che si assesta in un egocentrismo rovinoso. Il confronto con “gli altri”, l’ascolto del gemito, la costruzione di rapporti fondati sulla stima, sull’attenzione, sulla riconoscenza, sono fattori di quell’umanesimo realista che rende desiderabili la convivenza civile e i rapporti tra i popoli».
Vocazione alla fraternità, l’illusione dell’individualismo
Diverse le motivazioni che propone l’Arcivescovo con l’elogio del realismo della speranza. Innanzitutto quando «riconosce la vocazione alla fraternità iscritta in ogni vita umana. Il realismo della speranza smaschera l’illusione dell’individualismo, forse la radice più profonda dell’infelicità del nostro tempo».
Tutela della salute e cura dei più fragili
Propone inoltre l’elogio del realismo della speranza «che consente di affrontare la tutela della salute e il prendersi cura nelle situazioni limite della malattia».
L’assurdità della guerra
Per l’Arcivescovo è necessario porre l’attenzione a consolidare relazioni internazionali impostati sul rispetto e la costruzione di una pace duratura: «Voglio fare l’elogio del realismo della speranza che interpreta i rapporti tra le nazioni come condizione necessaria per rendere abitabile il pianeta e promettente il futuro… Non possiamo lasciarci rubare la speranza: crediamo alla promessa della vocazione alla fraternità di tutti gli abitanti del pianeta. Non possiamo rinunciare al realismo: percorriamo e incoraggiamo a percorrere le vie della diplomazia, della preghiera, della reazione popolare alla guerra, agli affari sporchi che la guerra favorisce».
Solidarietà, principio rivoluzionario
Le terre ambrosiane sono storicamente ricche di solidarietà. Eppure anche su questo punto l’Arcivescovo mette in guardia. «Voglio fare l’elogio del realismo della speranza per incoraggiare il pensiero e l’azione a interpretare la vocazione della nostra terra alla solidarietà. In molti modi le risorse sono state condivise: il tempo è diventato dono per il volontariato, le risorse economiche sono diventate supporto per opere di carità, gli spazi sono diventati luoghi per accogliere. È necessario però riconoscere ed evitare di praticare la “generosità del superfluo” o “degli avanzi”. Soprattutto in un settore che vede tutti impegnati in modo diretto e prioritario: l’assistenza ai fragili e la cura dei sofferenti. La gran parte delle risorse delle nostre istituzioni è investita in questo settore».
L’elogio della politica
L’Arcivescovo ringrazia chi è impegnato nelle istituzioni e nei ruoli di maggiore responsabilità. «Mi sembra che coloro che hanno responsabilità per il bene comune coltivino quel realismo della speranza che incoraggia ogni giorno a fare il proprio dovere, a pensare, a dialogare, a decidere, a interrogarsi sulle vie da percorrere. Chi ha responsabilità, infatti, deve guardare lontano».
La democrazia rappresentativa
L’Arcivescovo tesse invece le lodi del sistema democratico fondamentale per la convivenza civile, ricordando le radici della Costituzione nata dalla Resistenza: «Voglio fare l’elogio della politica che si esprime nella democrazia rappresentativa, il sistema costituzionale in cui viviamo, esito di un doloroso travaglio, della tragedia della guerra, dell’oppressione della dittatura, della sapienza dei legislatori». Va colmata la distanza tra chi è impegnato in politica e il cittadino: «L’elogio della democrazia rappresentativa chiede che ci sia un impegno condiviso per contestare e correggere la sfiducia che è presente in chi non vuole essere coinvolto, si chiude nel proprio punto di vista e non si interessa degli altri, pretende che siano soddisfatti i propri bisogni ma non si cura del bene dell’insieme».
Rilanciare la partecipazione
Per questo è fondamentale che tutti si sentano protagonisti e responsabili rilanciando un termine forse antico, ma ancora così carico di prospettiva: la partecipazione: «…che discute, ascolta, offre le proprie idee, pretende supporto per le forme di aggregazione e di presenza costruttiva nel sociale per prendersi cura degli altri, soprattutto di quelli che non contano, non parlano, non votano».
Prendersi cura del bene comune
In conclusione l’elogio di chi è impegnato per il bene comune: «Voglio fare l’elogio di voi, uomini delle istituzioni, onesti, dedicati, responsabili, espressione di una democrazia seria, faticosa e promettente, decisi a far funzionare il servizio che i cittadini vi hanno affidato. Voglio fare l’elogio di voi, che sapete che cos’è il bene comune e lo servite. Faccio il vostro elogio, perché io vi stimo».
Il testo integrale del Discorso alla città 2022 è intitolato «E gli altri? Tra ferite aperte e gemiti inascoltati: forse un grido, forse un cantico» ed è disponibile nelle librerie o sul sito www.chiesadimilano.it
Una tradizione che ha una storia e tanti volti che lavorano dietro le quinte per donare gioia e felicità a chi vende e a chi acquista per un nobile fine: sostenere le attività parrocchiali.
I “Mercatini Natalizi” nelle parrocchie della città di Desio sono una tradizione che nasconde tanti volti e tante storie di coloro che si impegnano a raccogliere fondi per le singole parrocchie: in futuro, forse, lo faranno tutti insieme, un unico mercatino per la comunità parrocchiale intera.
È evidente la creatività dei lavoretti che vengono pensati all’oratorio della Beata Vergine Immacolata da un gruppo di mamme che lasciano libera la loro fantasia per aiutare a trovare il regalo giusto per i propri cari: “Stai già pensando ai regali per Natale”. È un progetto nato durante la pandemia. Per aiutare l’oratorio le mamme si sono sbizzarrite: hanno confezionato degli angioletti di feltro (più di 120!), dei bracciali e collane, oltre a kit porta carte, biglietti di tutti i tipi e hanno addirittura proposto il presepe in birra. Da qualche anno hanno creato anche i kit: colazione, aperitivo, dolce. Un grazie a Simona, Claudia, Fiorella, Monia, Enza, Carla, Anna, Miriam, Federica, Flavia, Cristina, Carolina, Greta, Monica, Betty, Ilaria e Marzia. Anche per loro trovarsi è sia un modo di stare insieme diverso che un attimo di condivisione in un gruppo sempre in crescita.
Anche a San Giorgio la tradizione viene portata avanti grazie ad un gruppo di abili donne, tra cui Marina Piacenti. Qui è nato negli anni Ottanta: “Io ho iniziato a collaborare quando avevo vent’anni grazie ad una mia zia che confezionava cose fatte a mano. Ho conosciuto le altre signore e mi sono subito inserita con entusiasmo”. C’è stato un susseguirsi di persone e gli anni passano: “C’è sempre stata la volontà di dare una mano alla parrocchia e grazie a questa iniziativa sono state raccolte notevoli somme che hanno sostenuto diverse spese importanti“. La motivazione nasce anche dalla volontà di stare a contatto e confrontarsi con altre persone, cercando di relazionarsi positivamente. Io, sotto questo aspetto, sono cresciuta molto all’interno della parrocchia”.
Anna Colombo per San Pio X ci racconta che da anni il gruppo delle “signore diversamente giovani”, chiamato “Gruppo simpatia” cerca di usare materiali riciclati per confezionare i pensieri per Natale. “Inoltre, facciamo la vendita di cioccolatini con confezioni a tema natalizio. Quanto riusciamo a raccogliere ci servirà per sostenere le spese dell’oratorio, visti i rincari in generale. Stiamo facendo dei laboratori per i bambini, come la favola animata, il laboratorio di pasticceria e tanto altro. Siamo molto soddisfatti per la partecipazione che c’è”.
Laura Radaelli coordina il mercatino ai Santi Pietro e Paolo: “Abbiamo venduto i fiori per la Festa della Mamma e lo facciamo da qualche anno. Ci piace fare queste attività per i vari momenti dell’anno. Quest’anno per Natale abbiamo voluto provare a fare qualcosa con dei prodotti fatti da noi, artigianali, come delle piccole box per la colazione, per reinventarci un po’ e sta andando bene, ma ci sono anche molte cose recuperate da persone che ci aiutano”. È nato, all’incirca, una cinquantina di anni fa. “Da che ho memoria io c’è sempre stato e abbiamo voluto cercare di tenere viva questa tradizione perché è una bella cosa che contribuisce al sostentamento della parrocchia”.
La disponibilità e lo scambio di idee e materiali a livello di comunità pastorale potrebbe essere una nuova idea per lo sviluppo di queste ricche tradizioni parrocchiali.
Il corso si è tenuto nella casa dei padri Saveriani di Desio, grazie a Luigi Valenti con 12 allievi e 2 insegnanti.
L’unione di una passione e di un’arte. Con l’avvicinarsi del Natale è vivida la voglia di rappresentare la natività. C’è chi non ha perso tempo e si è dedicato, già nel mese di novembre, ad un corso per imparare la nobile arte della composizione dei presepi. «È stata un’esperienza molto piacevole e positiva perché le persone che hanno partecipato sono state molto soddisfatte». È stato il commento di Luigi Valenti, uno degli organizzatori del corso di presepismo.
I quattro incontri si sono tenuti nella casa dei Padri Saveriani. Presenti 12 allievi e due insegnanti. «Hanno concluso il corso con ottimi risultati, da parte dei partecipanti c’è stata una grande soddisfazione. Siamo davvero contenti di condividere lo spirito per una tradizione così radicata».
Il motto dell’iniziativa, che ha ricevuto il patrocinio del Comune, è quello che incarna lo spirito saveriano: «Fare del mondo una sola famiglia» anche attraverso la raffigurazione di uno spazio sacro.
Don Gianni Mattia, cappellano dell’ospedale di Lecce, nell’ incontro de Il sicomoro di venerdi 16 dicembre, ci testimonia la sua articolare esperienza accanto ai malati.
Grazie alla clownterapia i volontari della sua associazione utilizzano alcune tecniche prese dal circo e dal teatro di strada per migliorare lo stato psicologico dei pazienti: la risata permette di alleviare la sofferenza e ad affrontare con spirito positivo le terapie mediche. Ecco le sue risposte ad alcune domande:
Un po’ prete, un po’ psicologo, un po’ clown…
“Attraverso iniziative come la bimbulanza o la casa di accoglienza e grazie all’azione dei volontari cerchiamo di rendere più confortevole la permanenza degli ammalati nell’ospedale. Nel nostro agire si colloca la dimensione della carità, del servizio al più povero, a colui che è solo e non si sente rispettato. Chi svolge attività di assistenza in ospedale viene spesso descritto come una persona di grande sensibilità, ma la verità è che per vivere accanto a chi soffre è necessario essere sensibili e forti al tempo stesso. Accade anche a noi di non avere parole soprattutto quando in quel letto di ospedale, attaccato al respiratore, c’è un bambino con gli occhi che guardano nel vuoto, e che alle volte riescono persino a comunicare.”
Qual è la domanda più difficile che i pazienti le pongono?
“Perché? La sofferenza rimane un mistero. Ci si può solo rivolgere a Dio per chiedere il senso di questa sofferenza – che non so se si potrà comprendere su questa terra – e la forza per sopportarla. In molte circostanze diventa molto difficile poter dire una parola, anzi credo che non si debba dire assolutamente niente, restare in silenzio e abbracciare queste persone. L’unica cosa che può salvarci è la preghiera che non elimina la sofferenza, però, ci aiuta a sopportarla.”
Caritas propone una scelta alternativa e consapevole : il mio regalo andrà a una famiglia bisognosa senza chiedere nulla in cambio.
Come tutti sanno il costo dell’energia ha raggiunto picchi mai registrati e, per di più, il costo della vita e l’impennata dell’inflazione stanno provocando gravi difficoltà in molte famiglie: si stima che dall’inizio dell’anno 5 milioni di italiani abbiano saltato qualche pagamento delle bollette energetiche. Sempre più famiglie si rivolgono ai Centri di Ascolto Caritas perché magari sono costrette a scegliere se pagare la rata dell’affitto e quella del gas o indebitarsi: non si puo’ vivere dignitosa mente senza luce e gas, specie se in casa ci sono bambini o anziani.
Caritas Ambrosiana ha istituito il Fondo Diocesano di Assistenza che è nato con lo scopo di sostenere il pagamento delle bollette di molte famiglie. Ma il fondo ha bisogno di molte risorse per far fronte alle maggiori richieste del periodo invernale. Nel contempo Caritas ha già iniziato una attività educativa e formativa per aiutare i nuclei famigliari più fragili a utilizzare con maggiore consapevolezza l’energia, per mettere in pratica comportamenti virtuosi di risparmio energetico e per imparare a leggere una bolletta, o scegliere il miglior fornitore per aiutare a diminuire i consumi e quindi i costi.
IL REGALO SOLIDALE: LA BOLLETTA SOSPESA
Ecco allora che nel periodo natalizio di quest’anno Caritas propone i regali solidali con lo specifico intento di alimentare il fondo di assistenza e donare una bolletta sospesa a una famiglia bisognosa. L’ambizioso obiettivo è quello di garantire luce e gas per 10.000 bollette sospese in ogni dove della nostra diocesi.
Il regalo solidale è un modo diverso di fare un regalo a una persona cara, a un collega o amico che non solo evita le corse dell’ultimo minuto per la caccia al regalo che spesso si rivela poco utile e superfluo, ma soprattutto permette di fare un vero regalo a una famiglia che fa fatica ad arrivare a fine mese.
Scegliere il regalo solidale è semplice: basta cliccare sul sito regalisolidali.caritasambrosiana.it e individuare la taglia del regalo prescelta : un piccolo aiuto vale ad esempio 10€ , uno medio vale 20€ e così via. Si può comodamente pagare con carta di credito o bonifico solo con un click. A questo punto il donatore può scegliere un formato di biglietto di auguri personalizzabile che si puo’ mandare via mail o whatsapp o si puo’ stampare e consegnare direttamente alla persona cara con gli auguri di Buon Natale e la destinazione del regalo solidale. Pagare la bolletta per una persona sconosciuta può essere un gesto di carità, fare del bene e donare senza la richiesta di nulla in cambio si rivela allora una azione consapevole per non conformarci alle logiche della società del consumo e dello spreco che caratterizzano, purtroppo, questo periodo.
È utile sapere che quanto donato può essere detraibile fiscalmente nella prossima dichiarazione dei redditi e che ben il 91,6% di quanto viene donato andrà direttamente ai bisognosi, mentre solo l’8,4% copre le spese di gestione. Inoltre per facilitare l’approccio e l’uso dello strumento informatico anche ai meno esperti è disponibile il numero del call center 02/40703424: gli operatori sono a disposizione per chiarimenti e fornire le dritte necessarie per un buon regalo solidale.
Quest’anno ricorre il centenario della nascita di don Giovanni Barbareschi, figura storica nella diocesi milanese, uomo della Resistenza, definito “giusto e libero”, prete “ribelle per amore”.
Sul finire di questo 2022 il pensiero va spesso a eventi significativi dell’anno che volge al termine. Tra questi la ricorrenza della nascita di don Giussani (nato nel 1922), teologo e storico fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, figura di grande rilievo e indiscusso carisma. Ma l’anno che volge al termine ricorda anche un altro illustre centenario di nascita: quello di don Giovanni Barbareschi, prete-scout e partigiano cattolico, insegnante al liceo Manzoni di Milano e animatore con il Cardinale Martini della cosiddetta “cattedra dei non credenti”.
Giovanni Barbareschi, della diocesi di Milano, faceva parte delle Aquile Randagie (gruppo scout clandestino nel periodo della Resistenza), definendosi non un “prete scout” ma uno “scout diventato prete”. Con altri (don Andrea Ghetti, don Enrico Bigatti, don Natale Motta) diede vita alla organizzazione clandestina “Oscar” (di soccorso cattolico per antifascisti e ricercati), oltre a essere in quegli anni bui e terribili cofondatore di una rivista cattolica clandestina (“Il Ribelle”). Arrestato, imprigionato, torturato e deportato, riuscì a fuggire e a tornare nella diocesi milanese del cardinal Schuster. Nel dopoguerra è stato a lungo accanto a don Gnocchi e ai suoi “mutilatini”.
Don Giovanni è sempre stato molto amato dai giovani, a cui sapeva trasmettere il profondo amore per la libertà, che amava cogliere negli scritti di San Paolo ai Galati: “in libertate vocati estis”, ogni uomo è chiamato a realizzare la sua libertà.
In una sua nota intervista del 2009 diceva: “la mia libertà è una piccola isola in un oceano di condizionamenti, ma io – e con me ogni uomo – posso nascere come persona libera solo in quella piccola isola”. E come persona libera sapeva essere al servizio di ogni persona (“questo era il nostro modo di osservare la legge: aiutare il prossimo in ogni circostanza”).
Oggi non solo il mondo degli scout lo ricorda con affetto, ma anche molti giovani in Desio, ove li incontrò più volte, chiamato dall’allora amico don Mirko Bellora.
Insignito della medaglia d’argento della Resistenza e dell’attestato di benemerenza della Comunità Ebraica di Milano, don Giovanni ha ricevuto l’Ambrogino d’Oro del Comune di Milano e a lui è dedicato un cippo al Giardino dei Giusti di tutto il Mondo a Milano. Chiudiamo questo breve articolo con una preghiera, la preghiera della rivista “il Ribelle”, la sua preghiera, prete ribelle per amore:
“Dio che sei verità e libertà, facci liberi e intensi: alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà.Quanto più s’addensa e incupisce l’avversario, facci limpidi e diritti. Ascolta la preghiera di noi ribelli per amore”.
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