Categoria: News

  • “La mia missione è in oratorio”

    “La mia missione è in oratorio”

    Franco Castoldi, educatore, svolge nella nostra diocesi la sua vita di missione. Ci racconta, in queste righe, la sua esperienza

    Mi chiamo Franco Castoldi e sono sposato da 24 anni con Annalisa e viviamo all’oratorio Sant’Eurosia di Cesano Maderno come Famiglia Missionaria a Km0, ma questa è un’altra storia che racconto dopo.

    Lavoro come educatore per la cooperativa diocesana Aquila e Priscilla e da settembre sono impegnato nella pastorale giovanile cittadina qui a Desio.

    Mi presento a voi provando a raccontarvi qualcosa di me che riguarda il mio impegno in oratorio.
    Fin da ragazzo sono rimasto affascinato dalla vita del mio oratorio che non avevo frequentato prima delle medie se non per il catechismo. Da allora ho continuato il percorso con il gruppo preadolescenti, adolescenti e poi nel gruppo giovani, che già allora comprendeva giovani che facevano parte dei vari gruppi giovanili della città (anticipazione di quello che sarebbe successo nelle nostre Comunità Pastorali).

    Ho vissuto e partecipato a tante esperienze in oratorio (gruppi preadolescenti, adolescenti e giovani, vacanze estive, campeggi in tenda, oratorio estivo, feste dell’oratorio, gruppi di solidarietà, corsi biblici …) che mi hanno formato e guidato anche nelle scelte fatte da adulto continuando a partecipare attivamente alle iniziative dell’oratorio e della parrocchia: come educatore, responsabile laico, nella comunità d’ascolto (un cammino di dieci anni, tutte le settimane, di ascolto della parola di Dio e preghiera), conducendo gruppi di ascolto, con l’Equipe Notre Dame (da ventidue anni io e mia moglie vi partecipiamo come cammino di spiritualità di coppia).

    Da giovane ho fatto obiezione di coscienza e il servizio civile. Una esperienza che mi ha cambiato, perché per il mio servizio ho scelto proprio di vivere in un oratorio a Milano, fare comunità con gli altri obiettori e con le persone, spesso povere, che la provvidenza metteva sul nostro cammino.

    Per venti anni ho insegnato nella formazione professionale regionale a Milano, come formatore, tutor e coordinatore con adulti, disabili, adolescenti e ragazzi con problemi di devianza minorile.
    Quando, nella mia parrocchia, si è iniziato a parlare della figura del responsabile di oratorio ho capito che quella poteva essere la mia strada perché univa l’ambito educativo con la trasmissione della fede.

    Così ho iniziato a lavorare per Aquila e Priscilla: dopo sette anni nella comunità Pastorale di Mariano Comense sono stato mandato a Monza dove per nove anni ho lavorato nella Comunità Pastorale Ascensione del Signore composta dalle parrocchie di S. Biagio, S. Pio X e Santa Gemma.

    Ed ora eccomi qui con voi a Desio.

    Vi ho raccontato qualcosa di me partendo dalle esperienze che hanno segnato la mia vita per darvi un’idea di come Dio sia intervenuto nella mia storia quotidiana, mettendo un seme, già fin da ragazzo, per sviluppare quella che sarebbe stata la mia vita.
    Da ultimo vorrei dire due parole sull’esperienza che vivo con mia moglie come Famiglia Missionaria a Km0.

    Da alcuni anni ci siamo messi a disposizione della diocesi per vivere un’esperienza di servizio vivendo in oratorio. Per sette anni siamo stati a Monza e ora viviamo nell’oratorio di Sant’Eurosia a Cesano Maderno.

    Le parole che più caratterizzano questa esperienza sono accogliere e custodire insieme a corresponsabilità.

    La nostra presenza, infatti, si rende visibile nell’accogliere chi, a vario titolo, frequenta l’oratorio e nel custodire persone e ambienti, ma questo servizio non sarebbe tale se non fosse condiviso con chi guida la comunità.

    Più che dire cosa noi diamo, ci piace ricordare quello che riceviamo, che è sicuramente molto di più.

    Ogni giorno il Signore moltiplica i nostri pochi “pani e pesci”. Si moltiplicano le relazioni, i sorrisi, i confronti, le confidenze, i sogni e le speranze.
    Il cammino con le famiglie missionarie a Km0 ci permette di confrontarci con chi vive esperienze simili alla nostra e ci fa sentire parte della grande famiglia che è la Chiesa.

    Con fiducia nel Signore ho iniziato il mio servizio in mezzo a voi e vi ringrazio fin d’ora per la strada che percorreremo insieme.

    Franco Castoldi

  • …l’avete fatto a me!

    …l’avete fatto a me!

    Per un cammino di fede

    “Il Sicomoro” può essere molte cose: un simbolo, una comfort zone, un luogo di incontro, un punto di partenza o di arrivo.
    Vogliamo scoprire quale significato diamo a questi incontri, come singoli e come Comunità Pastorale. Vogliamo capire insieme come utilizzarli al meglio, per riuscire ad avere il coraggio di aprirci al Signore Gesù e per continuare i nostri

    cammini di fede.

    Essere operatori di misericordia per il Regno

    Chissà quanta fatica ha fatto Zaccheo nel salire sul Sicomoro, quanto vedeva alta e irraggiungibile la cima. Ma ha avuto il coraggio di salire e, chiamato, di scendere.

    L’incontro con Gesù lo ha cambiato profondamente. In quel preciso istante decise di modificare radicalmente la sua vita diventando a sua volta operatore di misericordia verso il suo prossimo

    Calendario degli incontri

    • Venerdì 21 ottobre 2022
    • Venerdì 18 novembre 2022
    • Venerdì 16 dicembre 2022
    • Venerdì 20 gennaio 2023
    • Venerdì 17 febbraio 2023

    Gli incontri si terranno in presenza dalle ore 21,00 presso la chiesa di San Giovanni Battista in via G. di Vittorio 18 a Desio.

    Saranno trasmessi tramite il canale YouTube della Pastorale ove possibile.

  • Giornata della San Vincenzo

    Giornata della San Vincenzo

    La Conferenza SAN VINCENZO di Desio opera sul territorio da circa 90 anni. Ha la sede presso il Centro Parrocchiale di Desio e può contare sulla presenza di circa 15 volontari.

    La Conferenza è la denominazione con la quale, sin dall’origine, la Società di San Vincenzo de’ Paoli identifica i gruppi di Vincenziani presenti nell’ambito di una parrocchia.

    L’amicizia è il legame che unisce i Vincenziani tra loro e che li unisce alle persone più disagiate. La riunione di conferenza è il segno di questa amicizia: è un luogo ove attivarsi nella fede e per la pratica della carità.

    I volontari vivono la loro esperienza attraverso le riunioni e l’attività di servizio a favore delle persone in stato di bisogno, con la specificità della visita al domicilio.

    Provvedono alla distribuzione di generi alimentari e vestiti, intervengono per famiglie in stato di necessità, al pagamento di utenze e affitti.

    Per far fronte a questi bisogni organizza una raccolta fondi il 1° novembre di ogni anno con la questua presso i due cimiteri cittadini e, nel mese di ottobre, in occasione della “Giornata della San Vincenzo”, con l’offerta del Pan Tramvai presso la Basilica, la chiesa del S. Crocifisso, la chiesa di S. Francesco e la chiesa del S. Cuore, oltre che ad offerte di privati cittadini.

    ☞ Attendiamo anche il vostro sostegno domenica 16 ottobre per il “Pan Tramvai”fuori dalle chiese citate.

    Irene Motta

  • Gli Angeli Custodi

    Gli Angeli Custodi

    Domenica scorsa, 2 ottobre, era anche la festa dedicata dalla Chiesa al ricordo dei Santi Angeli Custodi.

    Questa devozione, già espressa nella festa degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, si è sviluppata fin dal Medioevo con preghiere a loro rivolte e oggi vogliamo, anche noi, dare uno spazio per ricordare questa memoria liturgica.

    In ebraico l’angelo si chiamava mal’ak (che il greco tradurrà con aggelos e il latino con angelus). Originata dal cananeo laaka (inviare), questa parola designava l’ambasciatore o il corriere che il re utilizzava per far conoscere i propri desideri e ordini. Sono trascorsi soltanto quattro secoli da quando, nel 1608, la devozione verso gli angeli custodi è stata ufficializzata nella liturgia della Chiesa cattolica, con l’istituzione della festa fissata da papa Clemente X per il 2 ottobre.
    In realtà affonda nella notte dei tempi la consapevolezza dell’esistenza di un angelo custode posto da Dio a fianco di ogni essere umano. Sin dal libro dell’Esodo, redatto intorno al sesto secolo avanti Cristo fondandosi su precedenti tradizioni orali e scritte, troviamo infatti che Dio dice: «Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato» (Esodo 23,20), e nel Catechismo della Chiesa cattolica viene affermato che «dal suo inizio fino all’ora della morte, la vita umana è circondata dalla loro protezione e dalla loro intercessione» (n. 336).

    Molti fedeli conservano il ricordo del Catechismo di san Pio X che precisava: «Si dicono custodi gli angeli che Dio ha destinato per custodirci e guidarci nella strada della salute» (n. 170) e l’angelo custode «ci assiste con buone ispirazioni, e, col ricordarci i nostri doveri, ci guida nel cammino del bene; offre a Dio le nostre preghiere e ci ottiene le sue grazie» (n. 172).

    Papa Francesco nell’omelia del 02/10/2018 parlando degli angeli custodi dice: “Sono proprio loro l’aiuto molto particolare che il Signore promette al suo popolo e a noi che camminiamo sulla strada della vita. L’Angelo ci aiuta, ci spinge a camminare.” E dice il Signore: “Abbi rispetto della sua presenza, da’ ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui”.

    Ma io vorrei dire a tutti voi una domanda: Voi parlate con il vostro Angelo? Voi sapete il nome che ha il vostro Angelo? Voi ascoltate il vostro Angelo? Vi lasciate portare per mano sulla strada o spingere per muovervi? Continua Papa Francesco: il Signore dice: “Non disprezzate i bambini perché i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei Cieli”.

    Il nostro Angelo non solo è con noi, ma vede Dio Padre. È in rapporto con Lui. È il ponte quotidiano, dall’ora in cui ci alziamo fino all’ora in cui andiamo a letto la notte, che ci accompagna e è in rapporto con il Padre e noi. L’Angelo è la porta quotidiana alla trascendenza, all’incontro con il Padre: cioè l’Angelo che mi aiuta ad andare per la strada è perché guarda il Padre e sa qual è la strada.

    Non dimentichiamo questi compagni di strada.

  • È dopo il Festival che inizia il Festival!

    È dopo il Festival che inizia il Festival!

    La missione la si ritrova nella quotidianità delle azioni della Chiesa, ma anche nel confronto aperto per-donarsi

    Sono tanti i numeri che un evento come il Festival della Missione si porta dietro: a Milano per 4 giorni le Colonne di San Lorenzo sono state il cuore delle iniziative dedicate alla missionarietà. Più di 100 gli ospiti, italiani e stranieri, oltre 200 i volontari per un totale di 30mila presenze.
    Dal 29 settembre al 2 ottobre l’evento è stato promosso da Fondazione Missio e Conferenza degli Istituti Missionari Italiani, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Milano.

    Per me è stato un momento concreto di missione: ho rincontrato tutti i miei compagni di missione (appunto) con i quali sono stata quest’estate in Thailandia,, ma anche padre Adili Emmanuel, per tanti anni rettore dei missionari a Desio, padre Carlos, ma anche don Giacomo, don Davide, Edo Mauri… insomma c’erano davvero tutti. Tutti coloro che hanno fatto parte anche della mia missione. Questo mi ha fatto riflettere su cosa voglia dire essere missionari oggi: cambiare vita totalmente e seguire il Signore? Per qualcuno può darsi, per me, ora, è una ricerca continua di senso nella missione della vita di tutti i giorni. Prima nello studio, oggi nel lavoro e nelle relazioni con gli altri.

    Non riesco però a non pensare a come un piccolo gesto, una tenerezza, una piccola parola sia un seme, che germoglia per l’altro. Quindi dai grandi numeri del Festival si va all’essenziale: al numero del cuore e all’Amore che dimostriamo verso il nostro prossimo o che abbiamo avuto la fortuna di ricevere.
    Eleonora Murero

  • don Luigi Giussani

    don Luigi Giussani

    don Luigi Giussani: 1922 – 2022 Centenario della nascita

    Luigi Giovanni Giussani nasce il 15 ottobre 1922 a Desio, e lo vogliamo ricordare con la testimonianza di don Giorgio Lavezzari

    «E tu chi sei? Come mai sei qui? Chi sono i tuoi amici?» Sono le prime parole che mi sono sentito rivolgere da don Giussani un pomeriggio di alcuni anni fa (forse più di trenta, anzi quasi quaranta ormai) durante la pausa di uno degli incontri che lui teneva regolarmente al Pime per i preti ed i seminaristi che partecipavano al Movimento di Comunione e Liberazione. Queste domande non erano poste a caso: sicuramente riecheggiavano il suo tratto ed il suo modo di porsi profondamente brianzolo (“Chi l’è ul to pà? Dùve te sté de cà?”: erano le domande che una volta si rivolgevano a uno per sapere chi era) ma in lui erano anche l’eco di una domanda molto più profonda e costante nella sua vita: “Maestro, dove abiti?”. Anche l’incontro casuale in un corridoio del Pime con un insignificante seminarista per lui nascondeva i tratti di una trama misteriosa – ma reale – intessuta dalla presenza di Cristo nella storia; trama che lui desiderava conoscere, vedere e valorizzare il più possibile. Per cui ti rivolgeva queste domande fissandoti con il suo sguardo limpido e penetrante per poter letteralmente intravvedere le tracce di questo Mistero e, contemporaneamente, accogliere te nella sua vita. Sguardo che nel tempo e nel susseguirsi degli incontri non fletteva né scemava, tanto che più volte sono rimasto stupito dal fatto che don Giussani mi avesse presente e si ricordasse di me molto più di quanto mi sarei potuto aspettare.

    Ero stato spinto a partecipare a questi incontri dall’invito di alcuni amici preti che avevo incontrato negli anni del liceo ed in parrocchia, ma anche da una frase di un mio (pro)zio, missionario del Pime, padre Franco Vernocchi, che alla sua veneranda età non se ne perdeva uno: “Quando partecipo agli incontri che don Giussani tiene con i preti o con gli universitari ritrovo gli ideali della mia giovinezza. Peccato che ho già ottant’anni …” mi disse un giorno. Mio zio, amico personale di Clemente Vismara, suor Lucia di Fatima e Pio XII, padre spirituale e rettore del seminario del Pime, che aveva vissuto in prima persona gli anni ‘20, in cui gli iscritti dell’Azione Cattolica manifestavano contro il regime fascista ed erano portati in questura per essere picchiati, ritrovava in Giussani lo stesso impeto e la stessa carica ideale in cui la sua vocazione aveva mosso i primi passi.

    Più volte ho avuto modo di incontrare don Giussani negli anni successivi, da solo o in compagnia di alcuni amici. Ricordo in particolare gli incontri con Giussani – sempre impegnatissimo ma che non rinunciava a questi appuntamenti – che si svolgevano in genere il lunedì di Pasquetta a casa sua, in via Martinengo a Milano. Ci riceveva nel suo studio, una stanza letteralmente ricoperta dai libri perché gli scaffali andavano dal pavimento al soffitto e ricoprivano tutte le pareti: “leggere un libro è come andare in missione” ci diceva, evidentemente consapevole del nostro stupore. Immedesimarsi nello sguardo degli altri, capire, vagliare ogni accento umano: le sue letture -sterminate- lungi dal rimanere pura attività accademica o intellettuale diventavano occasione di apertura a tutto il mondo ed alle più disparate esperienze: da quelle degli studenti che incontrava a lezione ai monaci buddhisti del Monte Koya in Giappone.

    I nostri incontri dovevano durare – secondo il mitico Martinelli che faceva da segretario – non più di un ora. Ma egli ce lo comunicava, prima che entrassimo dal Gius, già rassegnato al fatto che l’orario non sarebbe stato rispettato e sarebbe diventato un’ora e mezza ed anche più, includendo magari anche il momento del tè, in cui al nostro incontro si aggiungeva sempre padre Romano Scalfi che Giussani chiamava scherzando “il mio superiore”, perchè abitava nel piano sopra della villetta in cui abitava lui.

    Si parlava di tutto con don Giussani: gli argomenti spaziavano dalle nostre domande personali ai fatti ecclesiali o civili di quel momento; ma Giussani teneva moltissimo a raccontarci anche di sé, e soprattutto a comunicarci quelli che erano stati i punti di riferimento della sua esperienza umana e sacerdotale. Mi sono rimasti profondamente impressi molti suoi suggerimenti, oltre a tante indicazioni personali: quello di essere innanzi tutto uomini prima che preti, per evitare che l’essere prete diventi semplicemente un ruolo da ricoprire come funzionario o da recitare come attore. L’invito ad immedesimarsi nella preghiera del breviario, che lui considerava la vera sorgente della propria spiritualità; e quello a celebrare la messa “obbedendo al messale fino alla virgola”, cosa che per lui costituiva la più alta espressione di obbedienza a Cristo ed alla Chiesa. Ma su tutti questi richiami se ne stagliava uno. Il modo e l’insistenza con cui me lo ha ripetuto nel tempo e nei vari incontri mi ha fatto capire l’urgenza e l’importanza che lui attribuiva a questa cosa: “domanda sempre alla Madonna la grazia di poter conoscere ed amare Cristo, suo figlio. Di poterlo conoscere ed amare davvero”. Penso che se si volesse riassumere e concentrare la vita e la personalità di don Giussani in un tratto solo, in una pennellata, essa sarebbe indubbiamente questa.

    Sono rimasto molto legato a don Giussani; anche oggi vado spesso a trovarlo al Monumentale dove sulla sua tomba spicca quella frase che lui stesso ha voluto fosse posta a perenne richiamo per tutti: “O Madonna, tu sei la sicurezza della nostra speranza”.

    Gli racconto quello che mi accade o gli faccio le mie domande, esattamente come facevo un tempo: e devo dire che non ho mai avuto l’impressione di parlare a vuoto o di non essere ascoltato o fattivamente aiutato. Esattamente come un tempo.

  • Il Sicomoro

    Il Sicomoro

    …l’avete fatto a me!

    Matteo 25,31-46

    Venerdì 21 ottobre 2022 alle ore 21 presso la chiesa di San Giovanni Battista in via G. di Vittorio 18 a Desio

  • Una Chiesa universale

    Una Chiesa universale

    Don Marco è stato a Fortaleza, Cearà-Brasile, in missione per incontrare Simone, l’amico d’infanzia

    La missione è amicizia come testimonia l’esperienza di don Marco di quest’estate. Ce l’ha raccontata:

    Parlare di missione estiva mi sembra eccessivo! Certo, da anni c’era nel cuore il desiderio di rivedere Simone, caro amico d’infanzia, emigrato da Lecco in Brasile 15 anni fa! C’era il
    desiderio di condividere in carne e ossa, e non solo via video-chiamata, l’esperienza della vita, della Fede e di conoscere personalmente la sua compagna e i suoi bambini. C’era il desiderio di ritornare in una terra e incontrare una Chiesa visitata nel lontano 2010 che avevano toccato
    il cuore. Solo così posso parlare di piccola missione estiva!

    Sono partito la notte del 16 agosto con destinazione Fortaleza, Cearà-Brasile e sono rientrato a Malpensa nel pomeriggio del 24 agosto. Pochi giorni, ma ricchi! Vi racconto alcuni piccoli
    “tesori nascosti” trovati in questo campo della vita!

    La tecnologia è fantastica, ma l’incontro ancora di più. Per anni con Simo ci siamo sentiti settimanalmente via email, poi via chat e poi ancora via video-chiamata. Abbiamo chiacchierato, condiviso le normali giornate, le gioie della vita, e anche grandi dolori, con una spontaneità che
    rendeva i 7210 km non così distanti. Separati da uno schermo, abbiamo riso e pianto, pregato e condiviso la fede molte volte. Molte volte la benedizione del Signore è passata via satellite!

    Eppure anche questa meraviglia della tecnologia non può sostituire la gioia di abbracciare un amico dopo 15 anni, giocare e prendere in braccio i suoi figli, assaggiare la colazione brasiliana
    e il cafezinho preparati dalla sua compagna. Impagabile è entrare nei luoghi di lavoro di noi italiani emigrati all’estero e conoscere decine e decine di lavoratori italiani e brasiliani dentro
    una città giovane sull’oceano, che cresce velocemente, con una natura stupenda attorno, spesso derubata, con grandi contrasti, ma anche molta voglia di vivere.

    La Chiesa è sempre “casa” e ancora una volta l’ho sperimentata come Cattolica: universale. Aver
    concelebrato la Messa nella parrocchia di Nossa Senhora da Glória, anche senza capire tutto, mi ha riportato a casa perché lì c’era Gesù, il Suo Gregge radunato attorno a Lui, Maria Sua Madre, i Santi, il Vescovo nominato durante la preghiera eucaristica insieme al nostro Papa Francesco, un sacerdote, un gruppo di parrocchiani, un diacono, i ministri dell’Eucaristia, lettori, catechisti.

    Anziani, giovani, bambini. Mi ha molto colpito la Ministerialità diffusa, l’attenzione all’Eucaristia, alla Parola di Dio e all’evangelizzazione di giovani e famiglie della Chiesa Cattolica Brasiliana. L’esperienza di doversi confrontare con le comunità evangeliche è stata ed è una ferita, ma anche un’occasione di maturazione!

    Credo che anche noi possiamo fare tesoro di quello che sta vivendo questa porzione del Popolo di Dio! Tornare la sera a casa di Simo, insiemea tutto il popolo di Fortaleza che lascia il centro cittadino verso la periferia, non è indolore. Dentro il traffico corposo di auto e molte moto, sotto
    i cavalcavia, si intravedono figure minuscole: bambini, vestiti con pochi stracci. Con loro alcuni adulti che raccolgono cartoni e si preparano alla notte. Dentro una città bella, di mare, che cresce e sogna un futuro di progresso, ci sono fratelli e sorelle che vivono in povertà grandi, che
    spingono grossi carri a mano, che vivono in favela ai lati dei grattacieli, che giacciono per strada dimenticati a causa della droga, ci sono ragazze e ragazzi sfruttati per il turismo sessuale locale e d’oltroceano. Il volto crocifisso di Cristo si fa sentire in maniera brusca, bussa al mio cuore e interroga sul mio “sì” a Gesù, sul mio stile di vita, sulle mie scelte, sul nostro essere Chiesa.

    Don Marco Albertoni

  • AVERE UN FIGLIO OGGI: UNA SFIDA, UNA SCELTA, UNA CONSAPEVOLEZZA

    AVERE UN FIGLIO OGGI: UNA SFIDA, UNA SCELTA, UNA CONSAPEVOLEZZA

    Il racconto di Elena Galbiati, Presidente CAV Seregno

    Il Centro di Aiuto alla Vita (CAV), come tante altre associazioni per la vita in Italia, è nato per difendere e tutelare la vita umana fin dal concepimento, offrendo un aiuto concreto alla maternità e paternità difficili, sensibilizzando ad una cultura di accoglienza e difesa della vita stessa. Diventare mamma o genitore è normalmente una gioia immensa, un cambiamento naturale e anche delicato, che va accolto e valorizzato. A volte accade che la gravidanza sia inattesa o indesiderata, oppure che sia desiderata, ma la coppia o la famiglia non abbia le risorse economiche per poter accogliere una nuova vita. Quando una mamma, una coppia, una famiglia si rivolge al Centro di Aiuto alla Vita trova delle persone speciali: le nostre Assistenti Sociali/Operatrici svolgono un compito estremamente importante, delicato ed insostituibile. La loro presenza fornisce la garanzia di professionalità e riservatezza che in questi casi è essenziale. Nessun volontario del CAV, neppure il più bravo e volenteroso, potrebbe sostituirle. Aiutare una mamma, una coppia o una famiglia in difficoltà non significa solo sostenerla da
    un punto di vista economico; significa soprattutto starle accanto attraverso un supporto psicologico e pedagogico quando servono o semplicemente con l’amicizia, facendo sentire che c’è qualcuno a cui ci si può appoggiare per un consiglio, per una certezza, per una parola di conforto nei momenti di solitudine e/o di difficoltà.

    Le storie delle mamme che si rivolgono a noi sono storie difficili, fatte di sacrifici e rinunce; le operatrici assistono al coraggio di mamme che, nonostante siano costrette con minacce dal marito, fidanzato o convivente a procedere con l’IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza), scelgono la strada più difficile per loro, quella di portare a termine la gravidanza. Queste donne sono diventate mamme, hanno abbandonato la paura e ora vivono serenamente la loro maternità, hanno pianto, si sono disperate, hanno ceduto, ma poi si sono rialzate e hanno trovato la forza in quel bambino non previsto e a volte non voluto. Il compito che il CAV deve continuare
    a svolgere nella nostra società è quello di difendere la vita umana aiutando le future mamme a superare le difficoltà e a portare avanti una eventuale maternità difficile per qualsiasi motivazione. È quello che noi facciamo grazie anche a tutti i meravigliosi volontari e benefattori che con il loro impegno e il loro tempo ci permettono di mantenere viva la nostra associazione.

    Elena Galbiati