Categoria: News

  • Si può vincere la malattia con il sorriso?

    Si può vincere la malattia con il sorriso?

    Don Gianni Mattia, cappellano dell’ospedale di Lecce, nell’ incontro de Il sicomoro di venerdi 16 dicembre, ci testimonia la sua articolare esperienza accanto ai malati.

    Grazie alla clownterapia i volontari della sua associazione utilizzano alcune tecniche prese dal circo e dal teatro di strada per migliorare lo stato psicologico dei pazienti: la risata permette di alleviare la sofferenza e ad affrontare con spirito positivo le terapie mediche. Ecco le sue risposte ad alcune domande:

    Un po’ prete, un po’ psicologo, un po’ clown…

    “Attraverso iniziative come la bimbulanza o la casa di accoglienza e grazie all’azione dei volontari cerchiamo di rendere più confortevole la permanenza degli ammalati nell’ospedale. Nel nostro agire si colloca la dimensione della carità, del servizio al più povero, a colui che è solo e non si sente rispettato. Chi svolge attività di assistenza in ospedale viene spesso descritto come una persona di grande sensibilità, ma la verità è che per vivere accanto a chi soffre è necessario essere sensibili e forti al tempo stesso. Accade anche a noi di non avere parole soprattutto quando in quel letto di ospedale, attaccato al respiratore, c’è un bambino con gli occhi che guardano nel vuoto, e che alle volte riescono persino a comunicare.”

    Qual è la domanda più difficile che i pazienti le pongono?

    “Perché? La sofferenza rimane un mistero. Ci si può solo rivolgere a Dio per chiedere il senso di questa sofferenza – che non so se si potrà comprendere su questa terra – e la forza per sopportarla. In molte circostanze diventa molto difficile poter dire una parola, anzi credo che non si debba dire assolutamente niente, restare in silenzio e abbracciare queste persone. L’unica cosa che può salvarci è la preghiera che non elimina la sofferenza, però, ci aiuta a sopportarla.”

    Vito Bellofatto

  • IL REGALO È SOLIDALE CON LA BOLLETTA SOSPESA

    IL REGALO È SOLIDALE CON LA BOLLETTA SOSPESA

    Caritas propone una scelta alternativa e consapevole : il mio regalo andrà a una famiglia bisognosa senza chiedere nulla in cambio.

    Come tutti sanno il costo dell’energia ha raggiunto picchi mai registrati e, per di più, il costo della vita e l’impennata dell’inflazione stanno provocando gravi difficoltà in molte famiglie: si stima che dall’inizio dell’anno 5 milioni di italiani abbiano saltato qualche pagamento delle bollette energetiche. Sempre più famiglie si rivolgono ai Centri di Ascolto Caritas perché magari sono costrette a scegliere se pagare la rata dell’affitto e quella del gas o indebitarsi: non si puo’ vivere dignitosa mente senza luce e gas, specie se in casa ci sono bambini o anziani.

    Caritas Ambrosiana ha istituito il Fondo Diocesano di Assistenza che è nato con lo scopo di sostenere il pagamento delle bollette di molte famiglie. Ma il fondo ha bisogno di molte risorse per far fronte alle maggiori richieste del periodo invernale. Nel contempo Caritas ha già iniziato una attività educativa e formativa per aiutare i nuclei famigliari più fragili a utilizzare con maggiore consapevolezza l’energia, per mettere in pratica comportamenti virtuosi di risparmio energetico e per imparare a leggere una bolletta, o scegliere il miglior fornitore per aiutare a diminuire i consumi e quindi i costi.

    IL REGALO SOLIDALE: LA BOLLETTA SOSPESA

    Ecco allora che nel periodo natalizio di quest’anno Caritas propone i regali solidali con lo specifico intento di alimentare il fondo di assistenza e donare una bolletta sospesa a una famiglia bisognosa. L’ambizioso obiettivo è quello di garantire luce e gas per 10.000 bollette sospese in ogni dove della nostra diocesi.

    Il regalo solidale è un modo diverso di fare un regalo a una persona cara, a un collega o amico che non solo evita le corse dell’ultimo minuto per la caccia al regalo che spesso si rivela poco utile e superfluo, ma soprattutto permette di fare un vero regalo a una famiglia che fa fatica ad arrivare a fine mese.

    Scegliere il regalo solidale è semplice: basta cliccare sul sito regalisolidali.caritasambrosiana.it e individuare la taglia del regalo prescelta : un piccolo aiuto vale ad esempio 10€ , uno medio vale 20€ e così via. Si può comodamente pagare con carta di credito o bonifico solo con un click. A questo punto il donatore può scegliere un formato di biglietto di auguri personalizzabile che si puo’ mandare via mail o whatsapp o si puo’ stampare e consegnare direttamente alla persona cara con gli auguri di Buon Natale e la destinazione del regalo solidale. Pagare la bolletta per una persona sconosciuta può essere un gesto di carità, fare del bene e donare senza la richiesta di nulla in cambio si rivela allora una azione consapevole per non conformarci alle logiche della società del consumo e dello spreco che caratterizzano, purtroppo, questo periodo.

    È utile sapere che quanto donato può essere detraibile fiscalmente nella prossima dichiarazione dei redditi e che ben il 91,6% di quanto viene donato andrà direttamente ai bisognosi, mentre solo l’8,4% copre le spese di gestione. Inoltre per facilitare l’approccio e l’uso dello strumento informatico anche ai meno esperti è disponibile il numero del call center 02/40703424: gli operatori sono a disposizione per chiarimenti e fornire le dritte necessarie per un buon regalo solidale.

  • DON GIOVANNI BARBARESCHI

    DON GIOVANNI BARBARESCHI

    Quest’anno ricorre il centenario della nascita di don Giovanni Barbareschi, figura storica nella diocesi milanese, uomo della Resistenza, definito “giusto e libero”, prete “ribelle per amore”.

    Sul finire di questo 2022 il pensiero va spesso a eventi significativi dell’anno che volge al termine. Tra questi la ricorrenza della nascita di don Giussani (nato nel 1922), teologo e storico fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, figura di grande rilievo e indiscusso carisma. Ma l’anno che volge al termine ricorda anche un altro illustre centenario di nascita: quello di don Giovanni Barbareschi, prete-scout e partigiano cattolico, insegnante al liceo Manzoni di Milano e animatore con il Cardinale Martini della cosiddetta “cattedra dei non credenti”.

    Giovanni Barbareschi, della diocesi di Milano, faceva parte delle Aquile Randagie (gruppo scout clandestino nel periodo della Resistenza), definendosi non un “prete scout” ma uno “scout diventato prete”. Con altri (don Andrea Ghetti, don Enrico Bigatti, don Natale Motta) diede vita alla organizzazione clandestina “Oscar” (di soccorso cattolico per antifascisti e ricercati), oltre a essere
    in quegli anni bui e terribili cofondatore di una rivista cattolica clandestina (“Il Ribelle”). Arrestato, imprigionato, torturato e deportato, riuscì a fuggire e a tornare nella diocesi milanese del cardinal Schuster. Nel dopoguerra è stato a lungo accanto a don Gnocchi e ai suoi “mutilatini”.

    Don Giovanni è sempre stato molto amato dai giovani, a cui sapeva trasmettere il profondo amore per la libertà, che amava cogliere negli scritti di San Paolo ai Galati: “in libertate vocati estis”, ogni uomo è chiamato a realizzare la sua libertà.

    In una sua nota intervista del 2009 diceva: “la mia libertà è una piccola isola in un oceano di condizionamenti, ma io – e con me ogni uomo – posso nascere come persona libera solo in quella piccola isola”. E come persona libera sapeva essere al servizio di ogni persona (“questo era il nostro modo di osservare la legge: aiutare il prossimo in ogni circostanza”).

    Oggi non solo il mondo degli scout lo ricorda con affetto, ma anche molti giovani in Desio, ove li incontrò più volte, chiamato dall’allora amico don Mirko Bellora.

    Insignito della medaglia d’argento della Resistenza e dell’attestato di benemerenza della Comunità Ebraica di Milano, don Giovanni ha ricevuto l’Ambrogino d’Oro del Comune di Milano e a lui è dedicato un cippo al Giardino dei Giusti di tutto il Mondo a Milano. Chiudiamo questo breve
    articolo con una preghiera, la preghiera della rivista “il Ribelle”, la sua preghiera, prete ribelle per amore:

    “Dio che sei verità e libertà, facci liberi e intensi: alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà.Quanto più s’addensa e incupisce l’avversario, facci limpidi e diritti. Ascolta la preghiera di noi ribelli per amore”.

  • LA FESTA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

    LA FESTA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

    La ricorrenza dell’8 dicembre nacque in Oriente attorno al secolo VIII col nome di Festa della concezione di S. Anna e riguardava il prodigioso miracolo, narrato dai vangeli apocrifi, secondo il quale Gioacchino ed Anna, pur in tardissima età, ricevettero il dono di avere come figlia la Vergine Maria.

    In Occidente la festa si diffuse dopo il secolo XI ma solo nel 1476 papa Sisto IV diede l’approvazione perché venisse celebrata in tutto il mondo cristiano. Si dovette attendere poi fino al 1661 per vedere papa Alessandro VII proclamare che oggetto della festa era la preservazione di Maria dal peccato fin dal suo concepimento. Finalmente nel 1854 papa Pio IX proclamò tale verità come dogma di fede e la festa venne elevata al più alto grado della liturgia: divenne solennità e fu considerata giorno di precetto.

    (da “L’anno liturgico ambrosiano” di mons. M. Navoni)

  • Nel cuore dei misteri

    Nel cuore dei misteri

    Un libro inchiesta, perché il sacrificio di Lucia, Olga e Bernardetta, le tre missionarie uccise in Burundi nel 2014, non sia stato vano

    Giusy Baioni, giornalista desiana freelance, scrive per diverse testate nazionali, oltre che su alcune riviste missionarie. In occasione dell’uscita del suo libro inchiesta “Nel cuore dei misteri” (ed. All Around), ci racconta perché ha deciso di impegnare alcuni anni della sua vita e del suo lavoro alla ricerca di una verità scomoda e velocemente insabbiata, che ha a che fare con notevoli interessi che si sviluppano in Africa, ma che sono a vantaggio di altri paesi… “Perché solo la verità rende liberi davvero, solo la verità salva”

    La verità: perché darsi tanta pena per cercarla? Non basta conservare una dolce memoria di chi non c’è più? Di chi è stato strappato al mondo con violenza? Perché riaprire ferite ormai rimarginate?
    Forse più di una persona si porrà questa domanda, scoprendo che a distanza di otto anni dal barbaro assassinio della saveriana desiana Lucia Pulici e delle sue consorelle Olga Raschietti e Bernardetta Boggian, un’inchiesta riapre la vicenda. Perché? Me lo sono domandata più e più volte, in questi anni, mentre tentavo di ricomporre pezzi di un puzzle che parevano assurdi nella loro crudezza e durezza. Perché? Non era meglio lasciar stare, lasciare che tutto restasse com’era?

    Lo si fa spesso, questo ragionamento. Comprensibile, quando si tratta di lenire il dolore della perdita di un familiare o di un amico.

    Ma se nessuno si preoccupa di comprendere e di cercare in profondità la verità dei fatti, non facciamo un torto anzitutto a chi non c’è più? Pensiamo che le tre missionarie siano morte invano, senza una causa, una mano che quel delitto ha compiuto, una mente che lo ha pensato? Lasciare le cose come stanno, qui o altrove, crea un grosso problema, che si autoalimenta e si ingigantisce via via: se nessuno chiede conto, se nessuno cerca i colpevoli, costoro si sentiranno liberi di agire di nuovo, di disporre a loro piacimento della vita degli altri. Tanto più se questi “altri” sono persone senza voce, senza diritti… Se dei killer spietati non si sono fermati nemmeno davanti a tre religiose, davanti a tre donne ultrasettantenni (in Africa i consacrati e gli anziani godono di un rispetto quasi assoluto) per di più straniere e occidentali, allora immaginate come possano agire nei confronti di chi non ha voce. Se vogliamo che il sacrificio di Lucia, Olga e Bernardetta non sia stato vano, è necessario comprendere: persino il perdono necessita di nomi e volti a cui essere donato, altrimenti resta un inutile esercizio retorico.

    Cercate e troverete: le risposte arrivano, per chi le cerca. Sempre. Ma talvolta possono rivelarsi dure, quasi insopportabili. Affrontarle, guardarle in faccia richiede coraggio, ma anche misericordia, per non cadere nella trappola dello scandalismo.

    Ne valeva la pena? Resto convinta di sì: nonostante la fatica, nonostante lo shock e anche il dolore di alcune scoperte, nonostante le possibili incomprensioni, vale sempre la pena cercare la verità. Perché solo la verità rende liberi davvero. Solo la verità salva.

  • La pace si può

    La pace si può

    Un incontro di sensibilizzazione e raccolta fondi per sostenere il progetto AVSI in Libano.

    Testimonianza di Jihan Rahan, coordinatrice delle opere locali e Mariagrazia Cova, nostra concittadina che ha recentemente visitato i luoghi e le opere curate da AVSI in Libano

    Domenica 4 dicemnre 2022 ore 16 presso il Circolo Culturale ProDesio via Garibaldi 81, Desio

  • Un’omelia domenicale

    Un’omelia domenicale

    Mi colpisce l’omelia di papa Francesco della scorsa domenica, che tocca situazioni concrete e invita a pensare più in grande. Ne rileggo con voi alcune espressioni.

    Di fronte agli inganni: «Da quale inganno vuole liberarci Gesù? Dalla tentazione di leggere i fatti più drammatici in modo superstizioso o catastrofico, come se fossimo ormai vicini alla fine del mondo e non valesse la pena di impegnarci più in nulla di buono».

    Invece: «Il cristiano davanti alla prova – qualsiasi prova, culturale, storica o personale – si interroga: “Che cosa ci sta dicendo il Signore attraverso questo momento di crisi?”». Chi ascolta, passa all’azione: «mentre vedi attorno a te fatti sconvolgenti, mentre si sollevano guerre e conflitti, mentre accadono terremoti, carestie e pestilenze, tu che cosa fai, io che cosa faccio? Ti distrai per non pensarci? Ti diverti per non farti coinvolgere? Prendi la strada della mondanità, di non prendere in mano, non prendere a cuore queste situazioni drammatiche? Ti giri dall’altra parte per non
    vedere? Ti adegui, remissivo e rassegnato, a quello che capita? Oppure queste situazioni diventano occasioni per testimoniare il Vangelo? Oggi ognuno di noi deve interrogarsi, davanti a tante calamità, davanti a questa terza guerra mondiale così crudele, davanti alla fame di tanti bambini, di tanta gente: io posso sprecare, sprecare i soldi, sprecare la mia vita, sprecare il senso della mia vita, senza prendere coraggio e andare avanti?». Buona settimana.

    don Gianni

  • GIORNATA DELLA COLLETTA ALIMENTARE

    GIORNATA DELLA COLLETTA ALIMENTARE

    Sabato 26 novembre 2022

    ORGANIZZATA DAL BANCO ALIMENTARE: raccoglie i prodotti ricevuti e li distribuisce a tutte le associazioni che ne fanno richiesta per sopperire al bisogno alimentare dei più poveri ed indigenti.

    GENERI RACCOLTI: quelli a lunga conservazione, latte, pasta, riso, pelati, legumi, biscotti,…

    SUPERMERCATI DI DESIO CHE ADERISCONO ALLA COLLETTA: COOP, D+, ESSELUNGA, EUROSPIN, MD ed UNES.

  • Geografia pastorale d’Avvento: l’Altare

    Geografia pastorale d’Avvento: l’Altare

    In questo Avvento riprendiamo contatto con gli ambienti che frequentiamo per la preghiera, riconoscendone il senso e il rimando liturgico che essi ci affidano. Guarderemo con semplicità ai luoghi primari (altare, ambone, cattedra) e secondari (battistero e tabernacolo). Lo scopo è rileggere gli spazi che abitualmente frequentiamo ma con uno sguardo diverso, comprendendo il senso della loro architettura e il rimando più profondo alla teologia pastorale che li accompagna

    L’altare

    L’altare è il centro del culto sacrificale, non solo nell’ebraismo e nel cristianesimo, ma in tutte le religioni.

    L’altare è il segno della presenza divina; Mosè suppone questo quando spruzza metà del sangue delle vittime sull’altare e l’altra metà sul popolo, che in tal modo entra in comunione con Dio; e lo stesso Paolo, quando dice: “Coloro che mangiano le vittime non sono forse in comunione con l’altare?” (1Cor 10,18 ).

    In Cristo giunge a compimento la realtà dei sacrifici dell’Antico Testamento: il suo è il sacrificio perfetto, Gesù è al tempo stesso sacerdote, vittima ed altare.
    Il rituale pontificale afferma: «L’altare è Cristo.»

    La struttura di una chiesa cattolica prevede la presenza del presbiterio, al cui centro sta l’altare: su di esso si celebra la liturgia eucaristica della Messa, e su di essa si pone l’ostensorio per la solenne adorazione eucaristica.

    Le norme liturgiche prescrivono che l’altare sia rivestito, durante le celebrazioni liturgiche, di una tovaglia, al fine di mettere in evidenza il suo carattere di mensa, cosicché viene espresso il duplice carattere dell’Eucaristia: essa è sacrificio conviviale e convito sacrificale. La riforma liturgica promossa dal Concilio Vaticano II collocò l’altare in modo tale che il celebrante fosse rivolto verso l’assemblea, al fine di favorire la piena partecipazione dei fedeli alla ricchezza dell’azione liturgica.
    L’altare deve essere:

    • fisso in quanto Cristo è pietra angolare
    • ben visibile
    • degno nelle fattezze e nella iconografia
    • Unico, perché comunichi l’Unico Cristo e l’unica Eucarestia
    • collocato nell’area presbiterale e rivolto al popolo
    • praticabile tutt’intorno e possibilmente di forma quadrangolare

    A mo’ di provocazione, se l’altare deve richiamare la mensa delle nostre case, è ancora usanza la tavola, il pranzare insieme o la nostra società moderna ci ha fatto dimenticare la convivialità e così anche il senso della “mensa eucaristica e dell’altare”?

    don Flavio Speroni

  • I reietti

    I reietti

    il Sicomoro
    per un cammino di fede

    Venerdì 18 novembre
    alle ore 21 presso la chiesa
    di San Giovanni Battista
    in via G. di Vittorio 18 a Desio

    ● ● ● I reietti ● ● ●

    Interviene don Claudio Burgio cappellano presso l’istituto penale minorile “Cesare Beccaria” per provare a rispondere a queste domande: ci sono ragazzi che possiamo definire cattivi? Se esistono rimangono tali per sempre?