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  • «Partecipare alla vita  di Dio»

    «Partecipare alla vita di Dio»

    Le Giornate Eucaristiche sono giorni particolari della vita della Chiesa durante le quali, nelle parrocchie, viene data la possibilità di sostare presso Gesù eucaristico

    In programma per questo fine settimana nelle parrocchie di Desio ci sono le Giornate Eucaristiche. Le proponiamo in un periodo vicino alla festa del Corpus Domini e a chiusura delle principali attività dell’anno pastorale. Non c’è obbligo di un calendario definito. Nella diocesi di Milano si chiede semplicemente che «l’esposizione solenne dell’Eucaristia (detta tradizionalmente Quarantore, o Giornate Eucaristiche) sia celebrata possibilmente ogni anno, fuori dai tempi di avvento, di natale e di quaresima» (Sinodo 47°, cost. 57).

    Il nome tradizionale di Quarantore pare derivare dal calcolo del tempo trascorso da Gesù nel sepolcro e si legherebbe così a una pratica ancora oggi molto diffusa durante il Triduo Pasquale: oltre all’adorazione della Croce, si prega davanti all’altare dove è conservata l’Eucaristia, o altare della riposizione, in passato impropriamente chiamato “sepolcro”.
    La storia delle Quarantore o Giornate Eucaristiche non è molto chiara: sembra un movimento nato “dal basso”, animato da numerosi santi e ravvivato da molteplici usi e devozioni, dove però possiamo trovare alcuni elementi fondamentali, utili a vivere bene anche oggi questa proposta spirituale.

    Scrive papa Benedetto XVI nell’Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis (2007): «l’adorazione eucaristica non è che l’ovvio sviluppo della Celebrazione eucaristica». E aggiunge: «L’atto di adorazione al di fuori della santa Messa prolunga ed intensifica quanto s’è fatto nella Celebrazione liturgica stessa. Infatti, soltanto nell’adorazione può maturare un’accoglienza profonda e vera. E proprio in questo atto personale di incontro col Signore matura poi anche la missione sociale che nell’Eucaristia è racchiusa e che vuole rompere le barriere non solo tra il Signore e noi, ma anche e soprattutto le barriere che ci separano gli uni dagli altri».
    Dedicare un tempo forte a porsi di fronte a Gesù nell’Eucaristia, è anzitutto rivolgersi a Dio così come veramente è – non come lo immagineremmo noi – ossia a Colui che ha spezzato la sua vita per noi, che non la vuole possedere, ma salvare, che la vuole nutrire. Non sosteremo mai abbastanza in contemplazione del dono che Gesù ci fa di se stesso, della sua amicizia, della sua compagnia. La parola del vangelo ci potrà aiutare a stare con Lui. Il silenzio, abitato dalla sua presenza, non resterà momento vuoto, ma ricerca di intimità, quella che la frenesia delle giornate ci toglie, lasciandoci senza fiato.

    Pregare così, con l’adorazione, è possibile a tutti, anche a coloro che non sono in grado di ricevere la Comunione, ma possono sostare davanti al Signore: non si tratta infatti di ricevere un premio, ma di ritrovare se stessi accanto a Lui.

    E, come scrive papa Benedetto, di ritrovare anche gli altri: la missione sociale dell’Eucaristia per rompere le barriere che ci separano gli uni dagli altri e vivere la memoria di Gesù non solo nei riti ma soprattutto nella vita. Fate questo in memoria di me: spezzate il pane per condividere l’amore.
    don Gianni

    Orari e giorni divisi per Parrocchia

    Parrocchia Santi Siro e Materno

    GIOVEDÌ 27 MAGGIO

    • 7.30 S. Messa e tempo per le confessioni
    • 9.00 S. Messa e tempo per le confessioni (fino alle 11.00)
    • 16.00 Tempo per le confessioni (fino alle 18.30)
    • 18.30 S. Messa e tempo di adorazione e confessioni
      fino alle 20.00

    VENERDÌ 28 MAGGIO

    • 7.30 S. Messa
    • 9.00 S. Messa
    • 15.30 Esposizione e adorazione eucaristica
    • 18.00 Vespri e riposizione
    • 18.30 S. Messa
    • 21.00 Esposizione dell’Eucaristia e adorazione guidata.
      Tempo di silenzio
    • 22.00 Compieta e riposizione

    Sabato 29 maggio

    • 9.00 S. Messa
    • 15.30 Esposizione e adorazione eucaristica
    • 18.00 Vespri e riposizione
    • 18.30 S. Messa vigiliare

    DOMENICA 30 MAGGIO

    Orario delle SS. Messe festivo

    • 10.00 S. Messa in Oratorio per la GIORNATA DEL GRAZIE
    • 12.20 (dopo la S. Messa) Esposizione e adorazione eucaristica
      Conclusione per tutta la città
    • 16.00 Vespro solenne e benedizione

    Parrocchia Santi Pietro e Paolo

    Venerdì 28 maggio

    • 08.30 S. Messa e adorazione fino alle 10.00 (possibilità delle confessioni)
    • 20.30 Adorazione eucaristica per tutti

    Sabato 29 maggio

    • 16.00 Adorazione eucaristica per ragazzi, adolescenti e 18enni
      17.00 Adorazione eucaristica per tutti
      (possibilità delle confessioni)
      18.30 S. Messa vigiliare

    Parrocchia San Pio X

    Venerdì 28 maggio

    • 08.30 S. Messa e adorazione fino alle 10.00

    Sabato 29 maggio

    • 15.00 Esposizione e adorazione eucaristica (fino alle 17.00)
    • 17.30 S. Messa vigiliare

    Parrocchia San Giovanni Battista

    GIOVEDÌ 27 MAGGIO

    • 08.30 S. Messa, adorazione e confessioni fino alle 10.00

    Venerdì 28 maggio

    • 08.30 S. Messa, adorazione e confessioni fino alle 10.00
    • 17.00 Adorazione V elementare
    • 20.30 S. Rosario

    Sabato 29 maggio

    • 16.00 Esposizione e adorazione eucaristica e confessioni
    • 17.30 Vespri e riposizione
    • 18.00 S. Messa vigiliare

    Parrocchia San Giorgio

    Venerdì 28 maggio

    • 16.00 Esposizione e adorazione eucaristica
    • 18.00 S. Messa
    • 20.30 Esposizione e adorazione eucaristica

    Sabato 29 maggio

    • 17.00 Esposizione e adorazione eucaristica
    • 18.00 S. Messa vigiliare
  • 29a Giornata del Malato

    29a Giornata del Malato

    Mercoledì 2 giugno 2021 nella Basilica dei Santi Siro e Materno con gli anziani e gli ammalati verrà celebrata l’Eucaristia (sarà possibile ricevere l’Unzione degli Infermi)

    • Ore 15,30 ritrovo per la recita del rosario
    • Ore 16,00 celebrazione della santa messa

    Signore Gesù, ancora oggi, come buon samaritano,
    ti fai vicino a ogni persona ferita nel corpo e nello spirito,
    per portare i segni della consolazione e della speranza.
    Per il dono del Tuo Spirito,
    fa’ che ogni condizione di paura si apra alla fiducia,
    ogni situazione di dolore sia illuminata dalla speranza,
    ogni atteggiamento di egoismo si converta nella gioia
    della condivisione e del servizio.
    Fa’ che la nostra esistenza sia una casa accogliente,
    fondata sulla roccia del tuo amore.

    Giornata-del-malato-2021

  • Desio e la sua Basilica – Uno scrigno di bellezza e di sorprese

    Desio e la sua Basilica – Uno scrigno di bellezza e di sorprese – Episodio 1

    Entriamo nella basilica dei SS. Siro e Materno a Desio. Accompagnati e guidati dal Professor Massimo Brioschi scopriamo in questo episodio alcuni angoli nascosti e pressoché sconosciuti della chiesa desiana: l’ingegneristico sistema che sostiene il tetto, i resti del meccanismo dell’antico orologio frontale, il retro dell’organo, la salita alla torre campanaria e tante altre curiosità. Segui il progetto di restauro della cupola su

    www.desioelasuabasilica.it

    Video by Francesco Sangalli
    Fonico Riccardo Schellino
    Una produzione Parrocchia SS. Siro e Materno Desio

  • «Vieni e vedi»

    «Vieni e vedi»

    Comunicare incontrando le persone come e dove sono

    In occasione della 55a Giornata della Comunicazioni Sociali, che si tiene questa domenica 16 maggio, Papa Francesco invia questo messaggio che ci aiuta a vivere da cristiani l’approccio al mondo complesso delle comunicazioni.

    Cari fratelli e sorelle,
    l’invito a “venire e vedere”, che accompagna i primi emozionanti incontri di Gesù con i discepoli, è anche il metodo di ogni autentica comunicazione umana. Per poter raccontare la verità della vita che si fa storia è necessario uscire dalla comoda presunzione del “già saputo” e mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà, che sempre ci sorprenderà in qualche suo aspetto. «Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita», consigliava il Beato Manuel Lozano Garrido* ai suoi colleghi giornalisti. Desidero quindi dedicare il Messaggio, quest’anno, alla chiamata a “venire e vedere”, come suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale. “Vieni e vedi” è il modo con cui la fede cristiana si è comunicata, a partire da quei primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea.

    Consumare le suole delle scarpe

    Pensiamo al grande tema dell’informazione. Voci attente lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, “di palazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società. La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più “consumare le suole delle scarpe”, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni. Se non ci apriamo all’incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi. Ogni strumento è utile e prezioso solo se ci spinge ad andare e vedere cose che altrimenti non sapremmo, se mette in rete conoscenze che altrimenti non circolerebbero, se permette incontri che altrimenti non avverrebbero.

    Quei dettagli di cronaca nel Vangelo

    Ai primi discepoli che vogliono conoscerlo, dopo il battesimo nel fiume Giordano, Gesù risponde: «Venite e vedrete» (Gv 1,39), invitandoli ad abitare la relazione con Lui. Oltre mezzo secolo dopo, quando Giovanni, molto anziano, redige il suo Vangelo, ricorda alcuni dettagli “di cronaca” che rivelano la sua presenza nel luogo e l’impatto che quell’esperienza ha avuto nella sua vita: «Era circa l’ora decima», annota, cioè le quattro del pomeriggio. Il giorno dopo – racconta ancora Giovanni – Filippo comunica a Natanaele l’incontro con il Messia. Il suo amico è scettico: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?». Filippo non cerca di convincerlo con ragionamenti: «Vieni e vedi», gli dice. Natanaele va e vede, e da quel momento la sua vita cambia. La fede cristiana inizia così. E si comunica così: come una conoscenza diretta, nata dall’esperienza, non per sentito dire. «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito», dice la gente alla Samaritana, dopo che Gesù si era fermato nel loro villaggio. Il “vieni e vedi” è il metodo più semplice per conoscere una realtà, perché per conoscere bisogna incontrare, permettere che colui che ho di fronte mi parli, lasciare che la sua testimonianza mi raggiunga.

    Grazie al coraggio di tanti giornalisti

    Anche il giornalismo, come racconto della realtà, richiede la capacità di andare dove nessuno va. Una curiosità, un’apertura, una passione. Dobbiamo dire grazie al coraggio e all’impegno di tanti professionisti –  giornalisti, cineoperatori, montatori, registi che spesso lavorano correndo grandi rischi – se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate. Sarebbe una perdita per l’informazione, per tutta la società e per la democrazia se queste voci venissero meno: un impoverimento per la nostra umanità.

    Opportunità e insidie nel web

    La rete, con le sue innumerevoli espressioni social, può moltiplicare la capacità di racconto e di condivisione: tanti occhi in più aperti sul mondo, un flusso continuo di immagini e testimonianze. La tecnologia digitale ci dà la possibilità di una informazione di prima mano e tempestiva, a volte molto utile: pensiamo a certe emergenze in occasione delle quali le prime notizie e anche le prime comunicazioni di servizio alle popolazioni viaggiano proprio sul web. È uno strumento formidabile, che ci responsabilizza tutti come utenti e come fruitori. Grazie alla rete abbiamo la possibilità di raccontare ciò che vediamo, ciò che accade sotto i nostri occhi, di condividere testimonianze.
    Ma sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili. Tale consapevolezza critica spinge a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti. Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere.

    Nulla sostituisce il vedere di persona

    Nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona. Non si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti. L’attrattiva di Gesù su chi lo incontrava dipendeva dalla verità della sua predicazione, ma l’efficacia di ciò che diceva era inscindibile dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti e persino dai suoi silenzi. I discepoli non solo ascoltavano le sue parole, lo guardavano parlare.
    In Lui – il Logos incarnato – la Parola si è fatta Volto, il Dio invisibile si è lasciato vedere, sentire e toccare, come scrive lo stesso Giovanni (Gv 1,1-3). La parola è efficace solo se si “vede”, solo se ti coinvolge in un’esperienza, in un dialogo. Per questo motivo il “vieni e vedi” era ed è essenziale.
    Pensiamo a quanta eloquenza vuota abbonda anche nel nostro tempo, in ogni ambito della vita pubblica, nel commercio come nella politica. Diceva W. Shakespeare: «Sa parlare all’infinito e non dir nulla». Le parole del drammaturgo inglese valgono anche per noi comunicatori cristiani.
    La buona novella del Vangelo si è diffusa nel mondo grazie a incontri da persona a persona, da cuore a cuore.
    Uomini e donne che hanno accettato lo stesso invito: “Vieni e vedi”, e sono rimaste colpite da un “di più” di umanità che traspariva nello sguardo, nella parola e nei gesti di persone che testimoniavano Gesù Cristo.
    Quel grande comunicatore che si chiamava Paolo di Tarso si sarebbe certamente servito della posta elettronica e dei messaggi social; ma furono la sua fede, la sua speranza e la sua carità a impressionare i contemporanei che lo sentirono predicare ed ebbero la fortuna di passare del tempo con lui. Verificavano, vedendolo in azione nei luoghi dove si trovava, quanto vero e fruttuoso per la vita fosse l’annuncio di salvezza di cui era per grazia di Dio portatore. E anche laddove non poteva essere incontrato in persona, il suo modo di vivere in Cristo era testimoniato dai discepoli che inviava.

    «Nelle nostre mani ci sono i libri, nei nostri occhi i fatti», affermava Sant’Agostino, esortando a riscontrare nella realtà il verificarsi delle profezie presenti nelle Sacre Scritture. Così il Vangelo riaccade oggi, ogni qual volta riceviamo la testimonianza limpida di persone la cui vita è stata cambiata dall’incontro con Gesù. Da più di duemila anni è una catena di incontri a comunicare il fascino dell’avventura cristiana.
    La sfida che ci attende è dunque quella di comunicare incontrando le persone dove e come sono.
    Signore, insegnaci a uscire dai noi stessi,
    e a incamminarci alla ricerca della verità.
    Insegnaci ad andare e vedere, insegnaci ad ascoltare,
    a non coltivare pregiudizi,
    a non trarre conclusioni affrettate.
    Insegnaci ad andare là dove nessuno vuole andare,
    a prenderci il tempo per capire, a porre attenzione
    all’essenziale, a non farci distrarre dal superfluo,
    a distinguere l’apparenza ingannevole dalla verità.
    Donaci la grazia di riconoscere le tue dimore nel mondo e l’onestà di raccontare ciò che abbiamo visto.

  • FESTA DEI POPOLI 2021

    FESTA DEI POPOLI 2021

    La Festa dei popoli, organizzata dai Saveriani in collaborazione con associazioni e volontari, è di grande attualità. Se allarghiamo lo sguardo, oltre Desio, abbiamo a che fare con popoli, culture, lingue, identità diverse. Nelle stazioni, nelle piazze, sui treni, negli ospedali, per strada, nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, negli oratori troviamo tutto il mondo.
    Celebrare la Festa dei popoli il 23 maggio 2021, domenica della Pentecoste, è particolarmente significativo. La Pentecoste è celebrazione della bellezza dell’universalità, delle diversità. Il volto di Dio è multiforme, multiculturale, multietnico. Dio parla le nostre lingue. La festa dei popoli è occasione per celebrare la bellezza delle nostre identità, delle nostre diversità con particolare attenzione alla fratellanza universale tra uomini e donne. Occorre avere – come diceva il card. Martini – “sincera simpatia per l’altro, avvicinarlo con fiducia, essere pronti a imparare da chiunque parli con sincerità e onestà intellettuale”.
    Quest’anno, unico evento, sarà la celebrazione dell’Eucaristia, presso i Missionari Saveriani, domenica 23 maggio alle 11,30.

    Don Tonino Bello, un giorno disse: “La pace è finita, andate a messa”. Così ci invitava a prolungare l’Eucaristia fuori della chiesa con persone diverse, con chi non condivide la nostra fede, la nostra cultura, la nostra lingua.

    Padre Emmanuel

  • Accolitato per Cosimo Iodice

    Sabato prossimo, 22 maggio, nella parrocchia di Garbagnate Milanese verrà conferito a Cosimo Iodice, parrocchiano di San Giovanni Battista e prezioso collaboratore nella Comunità Pastorale, il ministero dell’Accolitato, ultima tappa del percorso verso il Diaconato permanente. Partecipiamo alla sua gioia e lo accompagniamo nella preghiera.

  • Fondo San Giuseppe

    Uno spazio capace di ricostruire legami e di aiutare le persone a vedere un futuro concreto.

    Ha scritto il nostro Arcivescovo: “Ciò che rende insopportabile la vita non è la povertà, ma il sentirsi abbandonati”.

    Con questi sentimenti un anno fa, nel pieno della prima emergenza Covid, su iniziativa dell’Arcivescovo Mario Delpini, nasceva il Fondo diocesano San Giuseppe con lo scopo di aiutare quanti, a causa dell’emergenza, hanno drasticamente ridotto il proprio reddito da lavoro.

    • Sino ad oggi sono stati donati al Fondo più di 8 milioni di euro, dei quali più di 5 milioni erogati a 2.454 persone e famiglie della nostra Diocesi. Ai 4 milioni di euro iniziali (offerti in parti uguli dalla Diocesi e dal Comune di Milano) si sono aggiunte donazioni da parte di singoli cittadini (70%) e di imprese (30%), segno di generosità diffusa, e di quella cultura della cura indicata da Papa Francesco, capace di seminare speranza.
    • I beneficiari sono sia italiani che stranieri. Per accedere al Fondo occorre presentare la domanda o attraverso il Centro di Ascolto Caritas o direttamente al Fondo. Va dimostrato di avere subito una sensibile riduzione del reddito familiare dal marzo 2020 e non avere entrate superiori a 400 euro mensili a persona. La richiesta di contributo viene valutata dal consiglio di gestione del Fondo che decide anche l’entità del contributo (variabile tra i 400 e gli 800 euro al mese per 3 mesi), tenendo conto del numero dei componenti della famiglia.
    • Nella nostra Comunità Pastorale desiana sino ad oggi sono state accolte dal Fondo Diocesano 20 domande di contributo e l’importo complessivo erogato ad oggi è di 35mila euro.
    • Quest’anno il Fondo ha consentito di dare un immediato sollievo alle famiglie che hanno perso o ridotto il lavoro. Come ha detto il direttore della Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti, si è rivelato un segno profetico che consente di redistribuire reddito, tra chi ha risorse e chi le cerca, in modo gratuito e aperto e tutti. Inoltre vuole essere uno spazio capace di ricostruire legami tessendo reti di fraternità capaci di aiutare le persone a vedere un futuro concreto.

    Rita Galimberti e Vito Bellofatto

  • Cupola, al via i lavori di restauro

    Mons. Gianni Cesena con una porzione della nuova copertura della cupola

    Sabato 22 maggio verrà posizionata la gru e si aprirà il cantiere che rimarrà attivo per circa nove mesi

    La data annunciata è quella di sabato 22 maggio 2021: il centro storico sarà pressoché blindato per consentire il passaggio e il posizionamento della gru che verrà elevata fino agli oltre 60 metri di altezza della cupola della basilica dei SS. Siro e Materno. Siamo dunque vicini all’inaugurazione del cantiere nel quale per circa nove mesi decine di operai si prenderanno cura della copertura in ardesia del simbolo della città di Desio, ammalorata dal tempo e dagli agenti atmosferici.


    Da sx: Massimo Brioschi, Marco Sala, Luigi Losa, Marta Petenzi, Roberto Corti, Mons. Gianni Cesena e Gianluca Gatto

    Nella suggestiva cornice di un altro luogo simbolo desiano, la Sala delle colonne di Villa Tittoni, lunedì 10 maggio si sono riuniti i principali attori del progetto di recupero: Mons. Gianni Cesena, parroco di SS. Siro e Materno e responsabile della Comunità Pastorale cittadina; Roberto Corti, sindaco di Desio; Marta Petenzi e Luigi Losa, rispettivamente segretario generale e vicepresidente di Fondazione della Comunità Monza Brianza onlus; Gianluca Gatto, progettista e direttore lavori; Massimo Brioschi, storico; Marco Sala, coordinatore del gruppo di lavoro ‘Salviamo la cupola’; Elia Ranza, titolare di Caliber srl, impresa esecutrice dei lavori.

    “La parrocchia si rivolge a tutti i cittadini desiani e non solo – ha detto ha detto Mons. Gianni Cesena -. Facciamo un appello alle donne e agli uomini di buona volontà perché questo intervento possa essere portato a termine con successo e la città stessa possa ritrovarsi attorno alla sua basilica con un’identità più forte”. L’obiettivo è quello di sostituire le 28 mila scandole che ricoprono la cupola, costruita nel 1895: “Questo intervento – ha continuato il parroco – ha una molteplicità di significati. Il più immediato è quello della tutela di un bene artistico che è importante per tutta la città. Ma questo monumento è anche una chiesa, dove ogni giorno si celebrano importanti funzioni che riguardano la vita delle singole persone. E’ la casa di una comunità cristiana che si inserisce nella storia della città, per i servizi che intende continuare a svolgere nel campo religioso, ma anche in quello educativo e sociale, con l’attenzione ai poveri e alle situazioni di bisogno. Non dimentichiamo poi il carattere spirituale di questo luogo, che vogliamo tutelare: ogni chiesa è un richiamo all’interiorità dell’uomo. L’ho definita un’oasi di pace, di riflessione e di preghiera. In questo caso non si rinnova solo un rivestimento: si deve rinnovare anche il cuore interiore della città, la sua identità, il suo sguardo sul futuro”.

    Particolare dell’attuale copertura della cupola

    Il sindaco di Desio Roberto Corti ha ricordato come l’amministrazione comunale intenda sempre “mettersi al fianco di chi nella città si occupa degli altri. Nel caso specifico la Basilica è uno dei simboli della città, insieme al suo campanile e a Villa Tittoni. Tutti ci sentiamo corresponsabili del mantenimento di quello che è un bene storico, simbolo di fede, ma anche simbolo laico, visto che il cuore della città è costruito proprio attorno a questo edificio”.

    Secondo Massimo Brioschi, uno dei maggiori esperti delle vicende storiche desiane, quando “si arriva sotto la cupola si viene catapultati nel tempo alla fine dell’Ottocento, in un mondo di valori completamente diverso da quello attuale”. “La cupola non è solo il tetto di un edificio sacro – ha detto Brioschi -, è una creazione anomala, tanto è vero che quando sono stati avviati i lavori non era prevista. E’ nata durante l’esecuzione dei vari progetti. In quest’opera c’è di tutto: l’orgoglio campanilistico, le tensioni sociali, le ambizioni di avere una cosa fuori dall’ordinario, i tentativi di coordinare tutta la realtà cittadina intorno ad un unico progetto. Alla fine dell’Ottocento Desio stava uscendo dal ‘suo’ Medioevo: cessava di essere una realtà contadina e cominciava ad entrare in contatto con una realtà sociale, economica, produttiva complessa, che la proiettava in ambiti sempre più grandiosi”.

    Brioschi ha raccontato un episodio che spiega “il tentativo di convogliare tutte le tensioni dell’epoca in un progetto che doveva catalizzare tutte le forze cittadine. Quando iniziarono i lavori c’era il problema di posizionare e movimentare i materiali in arrivo via ferrovia. Non c’era lo spazio fisico per muoversi. Venne ideato un progetto di una complessità incredibile. Venne demolita l’abside della vecchia basilica. I cittadini desiani, gratuitamente, con la loro carriola, si presentarono tutti i sabati e le domeniche: caricavano la carriola di macerie, la portavano alla stazione, creando la rampa che sale alla stazione, fatta praticamente di cocci della vecchia basilica. Nel frattempo la fabbriceria comprò un terreno di fianco alla stazione da cui cavare sabbia. In questo modo i desiani, dopo aver portato i cocci alla stazione, tornavano in centro con la carriola piena di sabbia, utile per la costruzione della nuova basilica. Questo sistema è andato avanti per quattro anni. E’ un lavoro colossale, in gran parte collettivo. Qui non c’è di mezzo il tetto di un edificio di culto, c’è di mezzo l’identità desiana. Lasciarla andare vuol dire mandare in pezzi il nostro essere desiani”.

    A pochi passi dalla croce sommitale

    Per sostenere l’ambizioso impegno la Parrocchia SS. Siro e Materno ha attivato anche un Fondo presso la Fondazione per la Comunità Monza Brianza onlus. Il segretario generale Marta Petenzi ha affermato che “le due parole chiave sono comunità e solidarietà. Questo si coniuga bene con l’attività della Fondazione, che opera da oltre vent’anni sul territorio, sostenendo progetti in ambito sociale, culturale e ambientale. Per lo specifico progetto relativo alla cupola desiana è stato attivato un fondo solidale, aperto a tutti, per consentire a tutti, cittadini e imprese, di contribuire con una donazione”. Tutte le indicazioni per devolvere un sostegno economico si trovano nella pagina del sito internet della Fondazione dedicata al progetto ‘Salviamo la cupola’.

    Luigi Losa, vicepresidente della Fondazione, ha sottolineato “quanto questo bene sia ben più di una cupola, sia per quello che è stato vissuto dalla comunità che l’ha realizzata, sia per quello che rappresenta soprattutto oggi, in un momento di disorientamento, di stanchezza e di sfiducia”. Secondo Losa “queste operazioni possono rappresentare un motivo in più per ritrovarsi attorno a elementi che non sono solo simbolici, sono qualcosa di necessario e utile alla propria vita personale e comunitaria. La Fondazione non è solo un ente erogatore, ha il ruolo di stare al fianco delle comunità per aumentare questo spirito di appartenenza e di salvaguardia di un’identità”.

    La comunità parrocchiale sta proponendo una serie di iniziative per sensibilizzare fedeli e cittadini. E’ nato un gruppo di lavoro, coordinato da Marco Sala: “C’è una domanda di fondo: ma in un momento come questo è giusto chiedere alle persone di contribuire ad un’opera così costosa? Rispondo di si – ha detto -. E’ il momento giusto per riprendere con gli investimenti. Se riusciamo a coinvolgere le persone attorno a questo progetto stimoliamo anche la generosità delle persone. Chiediamo alle persone che in questo periodo non sono state colpite dal Covid di essere generose, per ridare fiato e speranza a tante altre persone che hanno avuto un periodo più difficile”.

    Il rifacimento della copertura della cupola richiede una spesa di 800.000 euro. Regione Lombardia e Comune di Desio hanno concesso un contributo di circa 200.000 euro. Servono dunque circa 600.000 euro. E’ stato ottenuto un finanziamento, che rappresenta una rete di protezione: “L’importante è coprire questo investimento in pochi anni – ha aggiunto Sala -, altrimenti bloccheremmo tutto quello che la parrocchia vuole fare anche per altre situazioni non meno importanti. Don Gianni ha ricordato più volte che la parrocchia non vuole venire meno, nonostante questo impegno di emergenza, a tutte le iniziative sociali che svolge”.

    Immagine mozzafiato dalla cima della lanterna

    Gianluca Gatto è l’architetto che sta seguendo la progettazione e la direzione lavori: “Ho inizialmente cercato di raccogliere documentazione, volendo innanzitutto capire che tipo di intervento fosse stato fatto nel 1976 – ha dichiarato -. In quell’occasione è stata cambiata una parte della sottostruttura lignea per quasi 40 mc, oltre a tutte le parti esterne in ardesia, che è arrivata dalla Liguria. Questo lavoro di studio è stato prezioso e mi ha permesso di comprendere spessori, dimensionamento e trattamento delle scandole, il tipo di chiodi in acciaio inox utilizzati e via discorrendo. Ci stiamo ora adoperando, attraverso tutta una serie di rilievi e di studi, di realizzare un’opera che possa durare nel tempo. L’ardesia arriverà dalla valle di Fontanabuona, vicino a Genova”. L’azienda incaricata per i lavori è Caliber srl, con sede in Val Seriana, nella bergamasca. Il titolare Elia Ranza si è detto “orgoglioso” di poter effettuare questo lavoro: “Ci teniamo tantissimo, lavoriamo da sempre con passione. Lo faremo anche questa volta, in un’opera così importante per la città di Desio” – ha concluso.

  • La devozione mariana e le chiese a Lei dedicate

    La devozione mariana non è soltanto un elemento costante della vita della Chiesa: essa può essere considerata come un punto di osservazione dello spirito ecclesiale, dei suoi sviluppi e delle sue involuzioni.
    Maria, infatti, è l’immagine e il modello della Chiesa.
    Una riflessione di storia generale della Chiesa, sia pure in forma di estrema sintesi, è utile per collocare le espressioni locali della devozione mariana, i santuari, le chiese e le cappelle votive a Lei dedicate. Storia locale e storia generale, infatti, si integrano e si illuminano l’un l’altra.

    Nei secoli iniziali della vita della Chiesa le rarissime testimonianze ci delineano una posizione di Maria nella Chiesa caratterizzata da estrema sobrietà: né chiese dedicate a lei, né feste particolari. Non che ella non sia presente, nella devozione, tra il popolo cristiano. Fin dal II secolo, nelle catacombe romane di Santa Priscilla, compare l’immagine di Maria che, con il bambino, accoglie i Magi.

    All’inizio del IV secolo, ebbe origine una prima forma di “cristianità”, ossia quel complesso sistema di concezione ideale e di organizzazione politica della società che delinea come un tutt’uno il regno terreno – affidato ad un sovrano cristiano – e l’istituzione ecclesiastica, e l’uno e l’altra insieme quale anticipo e inizio del regno di Dio. È una visione per sua natura universale che comprende non soltanto tutta l’umanità storica, bensì anche la comunità dei santi; non solo la terra, ma anche, in anticipo e promessa, il cielo.

    Si evidenzia dunque, uno spazio di mediazione, tra cielo e terra; ed è in questo contesto che va collocato l’intensificarsi della devozione mariana che accompagna e segue la dichiarazione solenne di “Maria madre di Dio” fatta al concilio di Efeso (anno 431). La Vergine – a un tempo creatura umana ma ricolmata dei più grandi favori divini – si staglia come la figura che identifica quel nuovo spazio di connessione fra cielo e terra. Ella si pone come immagine ideale dell’universo cristiano.
    La diffusione del culto mariano è costituita, innanzitutto, dal moltiplicarsi delle feste in suo onore. Tra le prime chiese che iniziano a sorgere – espressione di un cristianesimo ormai assunto a religione pubblica e universale – molte vengono dedicate a Maria. Anche a Roma sorgono le prime basiliche dedicate alla Vergine, prima e più famosa delle quali è quella di Santa Maria Maggiore voluta da Sisto III (V secolo).

    È attraverso il canale monastico che, insieme alla riforma, si diffonde in tutto l’Occidente la devozione mariana. Le prime cattedrali gotiche, edificate in Francia verso la metà del XII secolo, sono dedicate a “Nôtre Dame” (Chartres, Paris, Reims).

    La dedicazione mariana della chiesa-madre (nel senso di edificio) sottolinea e rafforza il già richiamato e tradizionale legame tra Maria e la Chiesa: la comunità ecclesiale si fa Corpo di Cristo in quel luogo dove si raccoglie e attinge alla vita del Figlio di Dio, offerto al mondo da Maria.

    Dagli Ordini religiosi la devozione mariana trapassa e si diffonde tra le popolazioni. Ancor più, il diretto contatto con la gente, esplicitamente ricercato dai Mendicanti, e attuato soprattutto con la predicazione, il ministero del confessionale, l’istituzione di confraternite, l’apertura di chiese frequentatissime in ogni città, moltiplica in proporzione tale influsso sulla religiosità popolare.

    Ed ecco apparire nuove pratiche devozionali. Prima di esse, per la diffusione e la fortuna durevole di cui godrà, è certamente il rosario. Esso nasce in ambiente monastico, con l’intento di sostituire la lettura dei 150 salmi mediante la recita delle 150 Ave Maria; il nome stesso con cui tale pratica viene inizialmente propagandata è quello di Psalterium Beatae Mariae Virginis.

    È mio personale convincimento che nessuno possa giungere ad
    un’intima unione con Nostro Signore e ad una perfetta fedeltà allo Spirito Santo, senza una grandissima unione con la
    Vergine santa ed una grande dipendenza dal suo soccorso.

    San Luigi Maria Grignion de Montfort
    da Trattato della Vera Devozione a Maria

    Quella fra Tre e Cinquecento è un’epoca ricchissima di raffigurazioni mariane, da quelle di sommo livello artistico, dove più forte è la tendenza ad esaltare nella bellezza la figura femminile di Maria, a quelle più modeste, significativamente presenti in ogni angolo di vita quotidiana, dalla casa alla campagna, dai palazzi pubblici alle strade.

    Localmente sono numerosissime le raffigurazioni di Maria nelle chiese, ma anche sulle case o in cappelle rurali. Tra le più frequenti, quelle legate appunto all’umanità di Gesù: dunque la madre con il bambino sulle braccia o al seno, l’Addolorata con in grembo il Cristo morto. Si intuisce come, in queste raffigurazioni, si potesse esprimere ed accrescere al meglio la devozione popolare, unendo alla venerazione della Vergine e alla contemplazione dei suoi misteri la consolante possibilità di rispecchiarsi con la propria stentata vita, dalla culla alla tomba, nella sua vita e in quella di suo Figlio.