Categoria: News

  • Adorazione Eucaristica

    Adorazione Eucaristica

    Adorazione Eucaristica

    In comunione con l’Arcivescovo

    Desio, Chiesa SS Pietro e Paolo Domenica21 febbraio ore 20,45

  • Esercizi, palestra dello spirito

    Dal 23 al 26 febbraio gli esercizi spirituali di quaresima nelle parrocchie della città.

    Nella prima settimana di Quaresima si terranno in tutta la città gli esercizi spirituali guidati da alcuni sacerdoti della nostra Comunità Pastorale. Il primo incontro sarà martedì 23 febbraio e per 3 serate l’appuntamento sarà nelle proprie parrocchie; la conclusione sarà per tutti in Basilica venerdì 26 febbraio. Gli incontri avranno inizio alle 20.30 in modo da permettere il rientro a casa nel rispetto delle attuali normative. Un appuntamento che si rinnova ogni anno con modalità, temi e predicatori diversi, ma che si pone un unico obiettivo di fondo.

    L’esercizio fisico è un’attività che consente di restare in forma, di mantenere il corpo attivo, vincere la sedentarietà, potenziare il respiro, migliorare il funzionamento del cuore. Nello sport, l’esercizio fisico prepara ad affrontare gli impegni di particolare importanza, le gare e gli eventi in cui è richiesto particolare sforzo fisico.

    Con una bella similitudine possiamo quindi ricavare il senso degli esercizi spirituali. Essi aiutano lo spirito a restare in forma, sempre vigile e attento contro le insidie del maligno che cerca in ogni modo di deviare il nostro vivere da veri cristiani. Aiutano a vincere la grande tentazione della sedentarietà dello spirito, della voglia di accomodarsi e stare a guardare gli eventi che scorrono inesorabili nella nostra vita.

    Gli esercizi cercano di potenziare gli effetti dello Spirito che soffia dentro di noi e aprire le finestre del nostro cuore affinché la presenza di Dio nella nostra vita possa essere vista, sentita ed ascoltata. Invitano e stimolano il nostro animo a cercare risposte agli interrogativi che sembrano impossibili da risolvere, sollecitando la riflessione e la preghiera.

    E infine, gli esercizi spirituali portano la grande grazia di affrontare gli impegni quotidiani, piccoli o grandi che siano, con una nuova vitalità, con una nuova energia, con un impegno rinnovato che certamente non risolveranno tutti i nostri piccoli e grandi problemi, ma che ci doneranno la forza e la carica di affrontarli nel modo giusto.

    In questa epoca caratterizzata dalla velocità della comunicazione digitale, il silenzio e lo stacco a cui siamo invitati durante gli esercizi spirituali ci preservano dalla frenesia, dalla velocità con cui accadono gli eventi, dallo scorrere di notizie davanti ai nostri occhi, dal lasciarsi trasportare quasi inconsapevolmente e involontariamente dallo stress in cui siamo trascinati.
    E questo silenzio obbligatorio in cui saremo immersi permette un incontro speciale e un colloquio personale con il Signore, che altrimenti, nel chiasso della nostra quotidianità, non riusciremmo a percepire.

    Ecco perché gli esercizi sono utili, ecco perché gli esercizi sono importanti.

    Un buon esercizio richiede anche una palestra idonea; per noi le nostre chiese saranno le palestre idonee e sicure che ci consentiranno anche in questo periodo di emergenza sanitaria, di vivere gli esercizi in tutta sicurezza. La Comunità Pastorale ha scelto l’Enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti” come linea guida delle serate, che da un lato ci permetteranno di conoscere ed apprezzare questo meraviglioso scritto, e dall’altro, meditando sul suo contenuto, ci permetteranno di realizzare quell’incontro misterioso ed efficace nel nostro cuore con il Signore.
    A tutti l’invito a cogliere questa particolare opportunità di ascolto e di dialogo, per gustarne i frutti e aumentare all’infinito lo spazio disponibile nel nostro cuore per l’amore, l’accoglienza, la fraternità.

    A tutti, buon allenamento!

  • Domenica prima di quaresima

    Inizia questa domenica la Quaresima, il tempo che ci prepara alla Pasqua. Un tempo di verifica e di conversione in cui il protagonista non siamo noi, ma Gesù che ci salva.

    Il brano di Vangelo ci porta nel deserto, il luogo in cui l’uomo riscopre la sua dipendenza da Dio, riesce ad ascoltare, fuori dal frastuono del mondo, la Parola del Signore. È la Parola su cui dobbiamo fondare la nostra vita, dobbiamo trovare il tempo per ascoltare questa Parola perche è la Parola più importante.

    Questo ascolto ci deve portare a vincere, come Gesù, le tentazioni facili del potere, del sentirsi qualcuno, dello star bene… condurci a una vita nel senso di donazione.

    L’imposizione delle ceneri, non deve essere un gesto formale, ma il riconoscimento di quanto siamo poveri, un pugno di polvere, e nello stesso tempo a quale grandezza Dio ci ha chiamati, ad essere sua immagine viva nel mondo.

    Il magro e il digiuno non devono essere solo un cambiare menù a tavola, ma un segno di padronanza e capacità di rinuncia, personalizzandolo, ad esempio con il digiuno della TV, di letture futili, di chiacchiere inutili.

    Gesù, vuole aiutarci in questo lavoro di conversione, è Lui che può lavorare dentro di noi se gli apriamo il cuore. Impegnamoci a una preghiera più intensa, a una partecipazione più viva alla messa, a una confessione che sia l’incontro con l’amore misericordioso di Dio.

    Ciascuno trovi un momento per delineare una propria regola di vita cosicché questo tempo sia “un momento favorevole, il giorno della salvezza”.

    don Alberto

  • Anniversario senza spreco

    Mi rifaccio ancora a papa Francesco e a una sua affermazione paradossale: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. L’ha detta a Pentecoste, e l’ha ripetuta nei mesi successivi.

    Un anno fa, il pomeriggio di domenica 23 febbraio, sull’onda delle allarmanti notizie che iniziavano a prendere consistenza intorno al nuovo devastante virus, eravamo costretti a decisioni drastiche: sospensione delle Messe con la presenza dei fedeli (le chiese però sono sempre rimaste aperte per la preghiera personale), chiusura degli oratori e delle attività educative e sportive, chiusura delle scuole, incluse quelle parrocchiali per l’Infanzia. Dopo qualche giorno abbiamo imparato una nuova espressione: lockdown, chiusura totale, confinamento.

    Si è parlato di “tempo sospeso” e qualcuno ha proposto di cancellare dalla storia l’anno 2020.

    Cancellare: un istinto ricorrente nelle singole persone quando subiscono un periodo di prova per una malattia, un lutto, una separazione, un licenziamento o una bocciatura; tentazione che può essere avvertita anche a livello collettivo. Ma – a parte che l’accaduto non si può cancellare – è giusto mettere tra parentesi? Ignorare o eliminare o rimuovere il negativo? Non è anch’esso una scuola di vita, che mette in luce limiti, fragilità, ma anche risorse e capacità di lotta e di perseveranza di singoli e comunità? Nessuna esperienza, neppure la più angosciante, va sprecata. La forza della preghiera e del pensiero possono aiutare a superare ciò che il papa chiama “narcisismo, vittimismo ed egoismo” e a immaginare creativamente nuovi orizzonti.

    don Gianni

  • Comunità in cammino 14 febbraio 2020

    Comunità in cammino 14 febbraio 2020

    Il papa e le crisi

    I papi parlano a tutti.
    Una volta all’anno parlano anche ai diplomatici accreditati presso la S. Sede
    affinché non solo loro e i loro governi, ma tutti possano riflettere sull’attuale
    situazione. Ricevendo l’8 febbraio scorso gli ambasciatori papa Francesco ha approfondito le principali crisi in atto, già da altri evocate e condivise: sanitaria, ambientale, economica e sociale.

    Poi però ha aggiunto: «Le criticità che ho fin qui evocato pongono in rilievo una crisi ben più profonda, che in qualche modo sta alla radice delle altre, la cui drammaticità è stata posta in luce proprio dalla pandemia. È la crisi della politica (…). Uno dei fattori emblematici di tale crisi è la crescita delle contrapposizioni politiche e la difficoltà, se non addirittura l’incapacità, di ricercare soluzioni comuni e condivise ai problemi che affliggono il nostro pianeta (…). Mantenere vive le realtà democratiche è una sfida di questo momento storico, che interessa da vicino tutti gli Stati: siano essi piccoli o grandi, economicamente avanzati o in via di sviluppo».

    L’Italia sta dimostrando in questi giorni quanto siano gravi i pericoli connessi alla crisi della politica e della democrazia e quanto sia necessario un nuovo stile di rapporti per superarla. Talvolta si dice che i cittadini hanno i governanti che si meritano – specchio delle loro virtù ed egoismi – e talaltra si afferma il contrario. Al di là dei modi di dire, spesso approssimativi nelle loro semplificazioni, tutti sono chiamati a un nuovo e serio senso di appartenenza e di solidarietà.

    don Gianni

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  • Posso chiedervi di condividere lo strazio dell’impotenza?

    Il nostro Arcivescovo rivolge a tutti un accorato appello sul tema dell’emergenza educativa

    Questo l’invito con cui il nostro Arcivescovo monsignor Delpini chiede a tutte le comunità di unirsi idealmente a lui nella preghiera per l’emergenza educativa

    Vorrei dare voce allo strazio dell’impotenza.

    Vorrei dare voce anche a tutti i genitori, gli educatori, gli insegnanti che percepiscono questo momento come una emergenza spirituale ed educativa e si rendono conto che non sono a portata di mano rimedi e soluzioni immediate.

    Vorrei dare voce a ragazzi e ragazze che sono sconvolti dall’isolamento, dai comportamenti incomprensibili e violenti fino alla morte di coetanei ai quali sono affezionati e si sentono in colpa per non aver capito, per non aver detto, per non aver fatto abbastanza.

    Vorrei che questa voce arrivasse alle istituzioni e che l’alleanza tra le istituzioni si rivelasse con maggior evidenza e incisività. Uomini e donne delle istituzioni certo condividono con me strazio e frustrazioni, insieme con impegno e passione educativa. Constatare inadeguatezza di risorse, esiti fallimentari, scelte sbagliate non può essere un motivo di paralisi, ma una provocazione a più incisiva dedicazione e una più corale concentrazione sulle priorità educative.

    Abbiamo suggerito parole e tempi per pregare; abbiamo insegnato la bellezza e la dignità di ogni persona; abbiamo parlato della vita come di una vocazione a mettere a frutto i talenti di ciascuno per il bene di tutti; abbiamo seminato parole di pace; abbiamo cura degli ambienti perché siano belli, ordinati, accoglienti. Riconosciamo la nostra impotenza: molti ragazzi e ragazze invece della concordia amano l’aggressione e la violenza verso gli altri e verso se stessi; ci sono ragazzi e ragazze che si negano ai rapporti, evitano ogni responsabilità; ci sono ragazzi e ragazze che passano il tempo a sporcare la città, a rovinare il pianeta e se stessi; ci sono ragazzi e ragazze che si sentono brutti, inadatti alla vita, disperati e non sanno pregare.

    Brucia dover constatare la mia, la nostra impotenza.

    In questo momento non ho niente da rimproverare a nessuno, non ho niente da insegnare. Verrà il momento per discorsi più ragionati, per proposte e impegno: la Chiesa c’è, ci sarà, per tutti. Ma in questo momento porto davanti al Signore questi sentimenti, con la certezza che il Signore continua ad amare ciascuno, manda il suo Spirito a seminare consolazione, coraggio, sapienza.

    Per questo domenica 21 febbraio pregherò con questa intenzione dalle 20,45 nel santuario di San Pietro in Seveso.

    Vorrei sentire che siamo in tanti in ogni parte della diocesi a pregare in quella sera di inizio Quaresima. Tanti: genitori, adolescenti e giovani appassionati del bene e avvertiti del male che insidia e rovina anche i loro coetanei. Tanti: preti, persone consacrate, insegnanti, educatori, tutti coloro che condividono lo strazio dell’impotenza e continuano a gridare verso Dio.

    Ogni chiesa, ogni santuario, ogni convento, ogni monastero, può essere aperto, in questo stesso orario, per un tempo di preghiera.

    “Ascolta la voce della mia supplica, quando a te grido aiuto,
    quando alzo le mie mani verso il tuo santo tempio” (salmo 28,2).

  • Comunità in cammino 7 febbraio 2020

    Comunità in cammino 7 febbraio 2020

    Il peccato e l’infallibilità

    Se si parla di peccato, pare di usare un linguaggio retrogrado e moralista. Accusarsi di qualcosa – nel confessionale o davanti a un tribunale – sembra un atto di debolezza e d’altri tempi. Se in predica si cita il peccato si coglie l’imbarazzo dei presenti per un tema apparentemente fuori moda. Apparentemente: se infatti si deve valutare un evento sociale, un’azione politica, una resa scolastica, un problema di famiglia o di lavoro, i “pubblici ministeri” pronti all’accusa si moltiplicano a mostrare lacune, carenze e peccati altrui. Secondo taluni confessori, non mancano coloro che nel segreto del sacramento confessano sì i peccati, ma quelli degli altri. Sembra quasi che una certa mentalità induca a un impietoso giudizio sul prossimo, sugli altri, sulla classe dirigente, sui professionisti, sulla Chiesa ecc. e nello stesso tempo proclami una sostanziale infallibilità soggettiva. Come per i classici bambini dell’asilo, colpe e responsabilità sono sempre di altri («non sono stato io, è stato lui, o lei»): nella politica come nello sport, nella professione come in famiglia, negli uffici pubblici e nelle riunioni di condominio (e tra presunti amici). Difficile anche, a questo punto, chiedere scusa: l’infallibile non lo fa.

    In una società competitiva dove c’è sempre da vincere qualcosa a scapito di altri, l’umiltà non è virtù apprezzata, o lo è solo finché non diventa così controcorrente da diventare fastidiosa. E la pratica dell’esame di coscienza – davanti a Dio e agli uomini – meriterebbe di essere ancora insegnata e praticata.

    don Gianni

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  • Comunità in Cammino  – 31/01/2021

    Comunità in Cammino – 31/01/2021

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    Orizzonte o passatempo

    I professori raccomandano ai genitori di «seguire i figli» nello studio, sorreggendone le motivazioni e tenendo sotto controllo i comportamenti. Gli allenatori insistono con i genitori affinché ogni giorno ci sia per i figli uno spazio di attività fisica mirata così che siano sempre atleticamente preparati alle sfide che li attendono. Qualcosa di analogo viene richiesto dagli insegnanti di danza, di musica, di lingua straniere, di antiche e nuove arti espressive.
    I ragazzi e le ragazze sono lo specchio della vita familiare: motivazioni ad agire, organizzazione del tempo, modifica dei comportamenti, allargamento di relazioni e interessi.
    Anche catechisti e catechiste chiedono ai genitori di interessarsi agli argomenti trattati durante gli incontri e di prevedere la partecipazione ai momenti di preghiera della comunità, primo tra tutti la Messa domenicale. Potrebbe sembrare che la vita cristiana si affianchi a tutto il resto in una via intermedia tra scuola dell’obbligo e coltivazione di graditi passatempi.
    In verità la famiglia credente non è chiamata a vivere la fede come un argomento tra i tanti o semplicemente come occasione di inserimento sociale. La fede non è un prodotto o un hobby – e nemmeno un obbligo–, ma l’orizzonte stesso della vita. Un orizzonte non astratto, ma bisognoso di tempi e spazi per maturare. Quelli della preghiera in famiglia, dell’educazione alla carità, della condivisione dello stile di vita secondo il Vangelo, partendo dall’insegnare a riconoscere la persona di Gesù come essenziale per l’esistenza di ciascuno e della famiglia stessa.

    Il pensiero della settimana

    Festa della Santa Famiglia

    “Gesù stava loro sottomesso”
    Celebrando la festa della Santa Famiglia di Nazareth, la nostra riflessione si sofferma su una istituzione fondamentale sia della Chiesa che dello Stato. La Bibbia per prima sottolinea l’importanza di questa istituzione. Il 4°comandamento “onora il padre e la madre”, che regola i rapporti familiari, è l’unico cui è annessa una benedizione.
    La Famiglia, scaturisce dalla volontà esplicita di Dio nel suo creare l’uomo e la donna, a sua immagine, cioè capaci di amarsi così da essere una “carne sola” e di essere suoi collaboratori nel dare la vita.
    Dio ha voluto che l’amore coniugale fosse segno del suo amore per l’uomo: totale, fedele, gratuito, fecondo.
    Perché la famiglia realizzi il progetto originario, il primato deve essere sempre di Dio. Il primo impegno deve essere quello di riscoprire la sua volontà, i suoi progetti su noi e sui nostri figli. Nell’adesione da parte di tutti alla volontà di Dio sorge in famiglia una vera comunità, come quella di Nazareth, dove ci si ama non per interesse, ma gratuitamente; in cui non ci si arrabbia se non ci si capisce, ma si ricerca insieme il disegno di Dio, in cui l’autorità non è potere che schiaccia, ma servizio alla crescita delle persone, in cui l’essere sottomessi, come Gesù, non è visto come impoverimento, ma
    come condizione per crescere in “sapienza e grazia”. Sia così per tutte le nostre famiglie.
    don Alberto Barlassina