La liturgia di questa domenica ci presenta il primo miracolo
di Gesù, che Giovanni chiama segno, cioè gesto che rimanda
a una realtà più profonda. Si tratta di un banchetto di nozze salvato nella gioia da Gesù.
Oltre al racconto di Gesù che evita ai due sposi una brutta
figura, c’è il significato biblico del vino, che è segno di gioia.
Nell’acqua delle fredde giare, nella routine che ha poco da
dire, Gesù immette la forza dell’amore.
È un miracolo operato per la mediazione di Maria: Gesù pare resistere all’osservazione della mamma, ma nell’insistenza di Maria vede la volontà del Padre. Gesù vuole con sé, nel suo disegno di amore, la mamma: Maria è presente nel presepe, qui al primo miracolo e ai piedi della croce. Il suo compito è di ricordarci che dobbiamo fare quanto egli ci dirà. L’evangelista Giovanni chiude il racconto con una frase che segna il sorgere della Chiesa: “Questo a Cana di Galilea fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”.
I discepoli che credono nel segno sono la prima comuni-
tà cristiana. Oggi è la Chiesa che deve essere segno della
presenza di Gesù nel mondo: i miracoli di Gesù si devono
ripetere oggi nella vita della Chiesa. In settimana inizieremo l’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani: una Chiesa che tende all’unità, al di sopra dei nazionalismi, che si impegna nell’ecumenismo, è un miracolo in un mondo che
trova mille motivi per dividersi e disgregarsi.
Domandiamo al Signore che ci doni il suo Spirito che è l’anima della Chiesa. Ci doni la fede, la certezza che Lui può cambiare l’acqua in vino, ma soprattutto rinnovare il nostro cuore. Chiediamo di aiutarci ad essere segno vivente del suo amore.