Categoria: Omelie

  • La divina maternità di Maria

    La divina maternità di Maria

    Siamo ormai in clima natalizio perché celebriamo il Natale in Maria, ricordando oggi il mistero dell’Incarnazione: il Figlio di Dio, al sì di Maria, per opera dello Spirito Santo, prende carne, diventa uno di noi. È il fondamento di tutti gli altri misteri che riguardano la persona di Gesù.

    Proviamo a soffermarci su due evidenti verità. La prima è che siamo dentro un fatto storico preciso, non una favola o un raccontino: viene presentato il luogo, il nome della ragazza, la sua situazione familiare; viene chiarito a Maria cosa accade: «Tu concepirai un Figlio, lo darai alla luce, lo chiamerai Gesù». Tutto avviene per opera di Dio che entra nella storia, è lo Spirito Santo che rende Maria madre di Dio.

    È un mistero perché supera le nostre capacità intellettive. Maria stessa chiede spiegazioni: «Come avverrà questo?». Sappiamo quante eresie sono sorte dalla falsa interpretazione di questo mistero, negando la divinità di Gesù o la sua umanità. È un mistero possibile solo perché Dio, a cui nulla è impossibile, l’ha voluto, ha mantenuto le sue promesse. È un fatto che conclude millenni di preparazione e apre a un mondo nuovo, una nuova modalità di presenza di Dio nella storia.La seconda verità è che anche questo mistero è un dono che va accolto. La prima lettura è un invito a liberare la strada dalle pietre, a preparare il nostro cuore. Il Signore non agisce mai nella storia da padrone, ma da padre.

    Per realizzare questo mistero chiede il sì di una ragazzina di Nazareth, paesino sconosciuto della Galilea. Per nascere dentro di noi chiede il sì della nostra libertà, la fede nel suo vangelo. Per continuare la sua presenza nel mondo, chiede il sì di ciascuno di noi ad essere testimoni del suo amore.

    Chiediamo al Signore che ciascuno di noi possa dire, come Maria: «Eccomi sono la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola».

    Giovanni ci insegna che dobbiamo essere capaci di metterci da parte. Ogni educatore deve saper portare chi gli è affidato a fare scelte libere e responsabili. Anche un genitore verso i figli passa da uno stato di autorità a uno di sempre maggiore libertà. Come educatori chiediamo allora di essere come Giovanni, alla continua ricerca del progetto di Dio su chi ci è affidato, pronti ad aiutarlo.

  • Il pensiero della settimana – Vª domenica di Avvento

    Il pensiero della settimana – Vª domenica di Avvento

    In questa domenica incontriamo di nuovo Giovanni il Battista. Ci è stato presentato nel deserto come il predicatore austero e radicale nelle sue richieste; lo abbiamo visto, poi, in carcere, mentre si domanda se Gesù sia veramente il Messia o si debba aspettarne un altro; oggi lo ritroviamo nell’atto di battezzare presso il Giordano quando Gesù inizia il suo ministero. Il fatto suscita gelosia nei discepoli di Giovanni, ma lui, da una parte li aiuta a riscoprire il primato di Gesù, “lo sposo che viene“, e dall’altra ricorda che il suo compito è quello di prepararne la venuta, di essere l’amico dello sposo e che, quindi mentre Gesù cresce in importanza, lui deve diminuire. Ciascuno di noi deve, come il Battista, preparare la strada all’incontro con Gesù, in particolare se siamo genitori, educatori, catechisti e sacerdoti: quali insegnamenti ci vengono in questo compito, dal comportamento di Giovanni? L’annuncio riguarda la persona di Gesù e non le nostre idee e chi    ci ascolta deve essere affascinato dal Vangelo, non dalla nostra persona. Questo non è facile perché ciascuno di noi ha una sua personalità, sensibilità, formazione e un modo di vedere Gesù che siamo tentati di ritenere il migliore. Spesso si instaura tra chi educa e chi viene educato un rapporto di comunione profonda con il pericolo di una dipendenza che non lascia più libero l’educando dal suo educatore. Noi, al contrario, dobbiamo essere aperti come Giovanni Battista e Paolo ricordando che è il Signore da conoscere e da amare e che gli altri sono solo strumento.

    Giovanni ci insegna che dobbiamo essere capaci di metterci da parte. Ogni educatore deve saper portare chi gli è affidato a fare scelte libere e responsabili. Anche un genitore verso i figli passa da uno stato di autorità a uno di sempre maggiore libertà. Come educatori chiediamo allora di essere come Giovanni, alla continua ricerca del progetto di Dio su chi ci è affidato, pronti ad aiutarlo.

  • Il pensiero della settimana – IVª domenica di Avvento

    Il pensiero della settimana – IVª domenica di Avvento

    Carissimi, le letture di oggi sembrano proprio fuori stagione: siamo in Avvento, ci stiamo preparando al Natale e i brani ci descrivono l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, la domenica delle palme.

    Si parla di una venuta, di un Re che arriva in Gerusalemme accolto festosamente dalla folla, dai semplici (non dai notabili, dai capi religiosi e politici), cavalcando un puledro (non un cavallo da guerra).

    È paragonabile a quanto succede a Natale: viene il Re dei cieli, cantato dagli angeli, ma nelle vesti umili di un bambino accolto festosamente dai poveri e dai pastori, emarginati sociali. A Gerusalemme il canto delle folle “pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli” è lo stesso canto degli angeli a Betlemme.

    Tutto ciò esige un atto di fede: dobbiamo avere un cuore disponibile a Dio che vuole rivelarsi e non, invece, crearci un Dio a nostra immagine e somiglianza.

    Il ricordo della domenica delle palme proposto durante l’Avvento ci conferma che Gesù bambino è lo stesso Gesù crocifisso e risorto: è sempre il Figlio di Dio, che rivela l’amore del Padre incarnandosi, morendo e risorgendo per noi.

    Il Vangelo non è un libro di cui si possono scegliere le pagine che più interessano, trascurando quelle che non piacciono, ma è la testimonianza della vita e degli insegnamenti di una Persona, Gesù di Nazareth, che offre a tutti una proposta chiara, una bella notizia che comporta, però, la croce. Il Signore ci cambia il cuore: da sorgente di orgoglio, di gelosia e di cattiveria, a cuore nuovo, capace di amare, strumento di pace.

    Ci accompagni in questa settimana la Mamma di Gesù, che veneriamo come Immacolata, immune da ogni peccato, anche quello originale. Maria, che ha atteso per nove mesi Gesù, ci aiuti a vivere bene queste ultime settimane di avvento.

  • Il pensiero della settimana – IIIª domenica di Avvento

    Il pensiero della settimana – IIIª domenica di Avvento

    Il protagonista del Vangelo di questa domenica è ancora Giovanni Battista. Oggi lo vediamo in un momento difficile nella sua vita: è in carcere a causa della sua coerenza. Giovanni è un uomo in ricerca. Il Vangelo ci racconta dell’ambasciata che affida ad alcuni suoi discepoli per chiedere a Gesù: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?».

    Perché l’ha fatto? Per rivelare Gesù ai suoi discepoli o perché era un uomo in crisi e necessitava di certezze? Il comportamento di Gesù non corrispondeva alle aspettative, non era il giustiziere dei costumi corrotti dei suoi tempi, ma la rivelazione del perdono di Dio che vuole la salvezza del peccatore. Questo però non ha scoraggiato il Battista, non lo ha portato al rifiuto di Gesù come è successo ai farisei, ma ad una ricerca seria, a delle domande precise, ad un incontro più intimo con il Signore.

    È un richiamo forte per noi. Nelle difficoltà, nei dubbi di fede che magari ci portano alla scoraggiamento, siamo chiamati a riscoprire l’essenziale del nostro credere: Cristo morto e risorto, senso della nostra vita.
    Gesù elogia Giovanni per questo suo modo d’essere: non è una canna sbattuta dal vento, non un uomo molle, abbandonato a una vita comoda. È coraggioso, ha saputo tenere testa alle autorità corrotte, rimproverare loro la morale fino al martirio e non solo in un atto clamoroso, ma per tutta la vita, giorno per giorno, dall’inizio alla fine.

    Ecco un ulteriore richiamo per noi, facili all’entusiasmo del momento, a grandi propositi, ma anche allo scoraggiamento dovuto alla routine della vita, ai fastidi, al non vedere subito i risultati.

    Proviamo allora a chiederci: siamo anche noi in continua ricerca del vero volto di Gesù?

    Guidati da Giovanni Battista viviamo in pienezza questa terza settimana di avvento.

  • Il pensiero della settimana – IIª domenica di Avvento

    Il pensiero della settimana – IIª domenica di Avvento

    L’Avvento si può paragonare a un corso di esercizi spirituali in preparazione al Natale: i maestri di Spirito che ci predicano, sono Isaia, Giovanni Battista e Maria.

    Isaia è il profeta che più a fondo ha rivelato la natura del Messia, come l’Emmanuele (il Dio con noi, nel mistero del Natale) e come il Servo di Jahvè (il Messia che soffre nel mistero della croce).

    Giovanni Battista è il protagonista del Vangelo di oggi. È l’ultimo, il più grande dei profeti, colui che realizza quanto Isaia aveva profetizzato. Ci dice con forza che il Natale esige conversione. Dobbiamo preparare la via del Signore e raddrizzare le strade, cioè verificare la nostra condotta, gli orientamenti di fondo, le lacune nella vita spirituale. Un Natale che non ci cambia, che non ci mette in crisi, non è un Natale cristiano. Gesù è venuto per rivoluzionare il mondo, per mettervi come legge il servizio e l’amore, invece del dominio e dell’odio.

    Il Natale – ci insegna ancora Giovanni – presuppone il deserto, che è la premessa e la condizione per la riflessione e per la conversione. Se non ci domandiamo seriamente che cosa è il Natale per noi, rischiamo di non capire neppure il grande dono di Dio che viene per noi e in noi, per renderci creature nuove.
    Gesù è venuto a dirci che Dio è padre e che, proprio perché è padre di tutti, gli altri sono nostri fratelli. La preghiera deve essere più filiale e la solidarietà più fattiva.

    Chiediamo al Signore di fare nostro il richiamo di Giovanni. Lasciamoci illuminare dalla sua Parola, raggiungere dal suo perdono, animare dal suo amore, così che il Natale sia veramente il nascere di Gesù nella nostra vita.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana – Iª domenica di Avvento

    Il pensiero della settimana – Iª domenica di Avvento

    Oggi è il capodanno della vita della Chiesa, del suo celebrare i misteri del Signore, che ha i suoi momenti più forti nel Natale, nella Pasqua e nella Pentecoste. L’Avvento è attesa di una venuta: per noi credenti tutta la vita e tutta la storia umana sono un’attesa.

    Per noi cristiani la storia ha inizio nella mente e nel cuore di Dio e ha una fine che è la venuta di Gesù. Tutta la creazione è stata fatta per Lui e in vista di Lui. La venuta di Gesù si realizza in due tempi: nella storia (il Natale che chiude il vecchio Testamento) e alla fine dei tempi, in cui Gesù si rivela giudice glorioso. Di per sé ci stiamo preparando a rivivere la prima venuta, il Natale storico, ma se meditiamo bene le letture di oggi, ci accorgiamo che parlano più della seconda.

    Il Vangelo fa riferimento alla fine di Gerusalemme (rappresentata dal tempio) e alla fine del mondo. Si parla della fine e, quindi, è un discorso che ci fa paura. È invece necessario, come prosegue il testo evangelico, “alzare lo sguardo, perché la vostra liberazione è vicina”.

    Ora, mentre sappiamo qualcosa della prima venuta (cioè dove e quando è nato Gesù), non sappiamo nulla di quella finale. Gesù non ci ha detto la data, ma ci ha offerto un programma per spendere bene la vita. Ci ha chiesto di rimanere svegli, vigilanti, attenti. Nel tempo che trascorre tra la prima e la seconda venuta, Gesù non ci lascia soli, cammina con noi, è luce nella vita, ci dà la certezza di farcela

    .Cerchiamo allora di fare spazio al Signore che viene con un ascolto più attento della Parola, vivendo meglio l’incontro domenicale della S. Messa, scoprendo Gesù nel volto dei poveri, degli ultimi, di quelli che soffrono, facendoci aiutare da Maria che ha vissuto nove mesi di Avvento.

    Buon avvento a tutti!.
    don Alberto

  • Il pensiero della settimana – Festa di Cristo Re dell’universo

    Il pensiero della settimana – Festa di Cristo Re dell’universo

    La festa di Cristo Re sembra un po’ strana, sia per il titolo dato a Gesù, sia perché il brano di Vangelo non parla (come ci si aspetterebbe) dell’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, ma racconta la Croce.

    Nel passo evangelico non compare nessuno che crede nella sua regalità, la folla è indifferente, i capi religiosi, i soldati, uno dei due malfattori sono tutti concordi nell’insultarlo: se sei il Cristo, se sei il Figlio di Dio, se sei re, scendi dalla croce.

    L’unico che fa un atto di fede nella regalità di Gesù è il ladrone.

    Gesù è il primo tra i re, sia per la sua natura di Figlio di Dio, sia perché ha vissuto fino in fondo sulla croce la sua missione di Figlio che rivela l’amore del Padre. Proprio perché è Figlio di Dio non è sceso dalla croce.

    Ha accettato il titolo di re solo lassù, sulla Croce: la scritta che siamo abituati a vedere sopra il crocifisso
    (INRI) lo dichiara. Così Gesù vive il suo essere re come colui che ama i suoi sudditi, fino a morire per loro.

    Chi sono i sudditi?

    Non sono definiti in base a un territorio, ma sono coloro che rispondono volontariamente e in modo positivo all’invito che Gesù pone a ciascuno: se vuoi.

    Che cosa è il Regno di Dio?

    È Gesù stesso insieme a tutti quelli che agiscono come lui, che si sentono amati dal Padre, che vivono la vita come dono. Coloro che, se occupano posizioni di comando, vedono il loro potere come servizio. Quelli che sanno perdonare chi li mette in croce; che sanno scoprire il volto di Gesù nel volto deturpato di
    un crocifisso, di un poveraccio e che, se hanno una preferenza, l’hanno per gli ultimi.

  • Il pensiero della settimana – II domenica dopo la Dedicazione del Duomo

    Il pensiero della settimana – II domenica dopo la Dedicazione del Duomo

    La Liturgia di oggi completa quella di domenica scorsa: dal mandato missionario alla partecipazione delle genti alla salvezza.

    Nel Vangelo i servi hanno il comando di condurre, costringere tutti al banchetto, anche quelli che non hanno nessun titolo per parteciparvi. Di fronte a questo invito, purtroppo, la risposta storica del popolo eletto – i primi ad essere invitati – è stata, in gran parte, di rifiuto. Ecco allora la seconda chiamata. Tra gli invitati in un secondo tempo ci siamo anche noi. Far parte del banchetto della salvezza non è frutto della scelta di un momento; l’adesione all’invito va confermata ogni giorno. È certamente un dono essere amati da Dio, ma questo esige di comprendere la concessione del suo amore e di accoglierla. Il nostro rischio quotidiano è di fare la figura dei protagonisti della parabola: presi da mille cose, pur belle, non abbiamo il tempo per pensare ai doni spirituali, tanto meno siamo disposti a cambiare la vita quando la grazia dell’amore di Dio ci invita a modificarne lo stile e a saper condividere quanto abbiamo ricevuto.

    Proviamo a farci qualche domanda. Quando partecipiamo alla Messa, lo facciamo per il desiderio di incontrare il Signore? Lo stare in chiesa è un momento di gioia? Il ritorno a casa è arricchito dal sorriso di chi ha vissuto una bella esperienza?

    I Santi che ricordiamo in questi giorni sono persone come noi, coi loro limiti e difetti, che però hanno creduto al Signore e si sono lasciati trasformare da Lui, diventando segno vivente del suo amore.

    Mentre preghiamo per i nostri morti, perché possano partecipare al banchetto, domandiamo di saperci preparare anche noi per lo stesso convivio, partecipando con gioia ai tanti inviti che il Signore ci rivolge ogni giorno.

  • Il pensiero della settimana – I domenica dopo la Dedicazione del Duomo

    Il pensiero della settimana – I domenica dopo la Dedicazione del Duomo

    La prima domenica dopo la Dedicazione del Duomo ha al centro il brano di Vangelo che solitamente ascoltiamo nel giorno dell’Ascensione, con il comando di Gesù: andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura. Per questo motivo il Lezionario ambrosiano definisce questa come la domenica del mandato missionario. Se leggiamo in quest’ottica i brani della liturgia, troviamo molte indicazioni sulla missionarietà che è una caratteristica della Chiesa (la quale o è missionaria, o non è la Chiesa di Gesù Cristo).

    Cosa dobbiamo e possiamo annunziare noi? Il Vangelo, la bella notizia, Gesù risorto. Filippo, guidato dallo Spirito Santo, incontra un uomo che sta leggendo il libro di Isaia, gli chiede se capisce il testo e alla richiesta dell’Eunuco, l’aiuta a capire che in quelle pagine si parla di Gesù. Anche noi dovremmo camminare così, vicino agli uomini, e non ergerci in cattedra. Dobbiamo partire dalla vita concreta di chi avviciniamo ed aiutarli a scoprire che tutte le attese, gli interrogativi, trovano una risposta in Gesù, così da suscitare in loro il desiderio dei Sacramenti. Nell’annuncio dobbiamo ricordare che non siamo noi i protagonisti dei fatti: è lo Spirito Santo che conduce Filippo, che aiuta l’Eunuco a capire, che a Pentecoste darà la forza agli Apostoli di attuare il comando di Gesù, che permetterà loro di accompagnare l’annuncio con i segni miracolosi. Chiediamo l’azione dello Spirito Spirito su ciascuno di noi, perché ci ricordi il nostro impegno ad essere missionari e ci dia la forza per metterlo in atto. Quest’oggi lo vogliamo invocare soprattutto sui ragazzi che hanno recentemente ricevuto la S. Cresima.

  • Il pensiero della settimana – Dedicazione del Duomo

    Il pensiero della settimana – Dedicazione del Duomo

    La Liturgia ambrosiana celebra oggi la festa della Dedicazione della Cattedrale, cioè l’anniversario della consacrazione del Duomo, detto Cattedrale perché risiede il Vescovo che, come successore degli Apostoli, è il Maestro che ha, lì, la sua cattedra.

    La Chiesa cattedrale è un po’ il cuore di una diocesi: in essa vengono consacrati, il Giovedì Santo, gli Oli santi per tutti i sacramenti, e vengono ordinati i Sacerdoti; è la sede del Vescovo, successore degli apostoli, pastore del gregge.

    Ecco perché le indicazioni pastorali che il Vescovo ci dà, ci devono stare a cuore.

    Non è che Dio ha bisogno di una casa. Siamo noi ad averne bisogno, come segno della sua presenza e Dio ci viene incontro e ha voluto una casa tra le nostre case. Dovremmo ricordare sempre che è “casa di Dio“: il silenzio, il raccoglimento, il purificarci con l’acqua benedetta, la genuflessione, l’inchino, l’abbigliamento. Su questo punto, del “galateo “, abbiamo tutti da migliorare e da richiamarci a vicenda.

    Ma tutto il discorso sulla chiesa edificio ci porta al nostro essere Chiesa. Paolo raffigura la Chiesa come un edificio in cui Cristo è la pietra angolare e ci ricorda: “non sapete che siete Tempio di Dio e che lo Spirito abita in voi?”

    Preghiamo, allora, perché il nostro Arcivescovo sia sempre il maestro della nostra fede, perché abbiamo a sentire la Chiesa come la nostra seconda casa per la presenza particolare del Signore e perché ciascuno di noi si sente responsabile della vita della Chiesa, riscoprendo la sua vocazione.