Categoria: Omelie

  • Penultima domenica dopo l’Epifania

    Penultima domenica dopo l’Epifania

    Il nuovo Lezionario caratterizza le ultime due domeniche del tempo dopo l’Epifania con temi che da una parte sono una sintesi della manifestazione di Gesù e, dall’altra, preparano alla celebrazione della Quaresima.

    Tutte le Letture hanno come tema la consapevolezza del proprio peccato e la misericordia del Signore.

    Paolo nella seconda Lettura riconosce il suo peccato, ma soprattutto la misericordia del Signore e mette in risalto che “Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io”.

    Così anche il brano di Vangelo, con la chiamata di Levi (Matteo), che segue immediatamente il racconto della guarigione del paralitico calato dal tetto davanti a Gesù e al quale Gesù rimette i peccati, tra lo sconcerto e lo stupore dei presenti, perché tale cosa è
    esclusivamente riservata a Dio.

    Levi è uno di quei personaggi che venivano considerati avidi di denaro, sfruttatori a servizio dei romani, peccatori miscredenti e rifiutati da Dio.

    Il banchetto che viene fatto in casa sua è simbolo di amicizia, di libertà e di gioia. Richiama il banchetto messianico: non esclude nessuno dalla tavola ed è aperto anche ai peccatori.

    La reazione, comprensibile, viene dei farisei e dagli scribi che interpellano i discepoli, ma concentrano l’ostilità su Gesù.

    In questo suo agire Gesù non solo rivela la sua missione, ma anche il volto di Dio, che non vede l’ora di abbandonare la sua ira e il suo sdegno verso i peccati e la malvagità umana, per volgersi al perdono. Questi brani aprono la Chiesa alla prospettiva del tempo quaresimale, in cui la divina clemenza, invitando a conversione e perdonando, convoca tutti al festoso banchetto dell’Agnello pasquale. Prepariamoci a vivere così la Quaresima.

  • VI Domenica dopo l’Epifania

    VI Domenica dopo l’Epifania

    Il tema centrale della liturgia di oggi è l’annuncio che la salvezza è per tutti gli uomini e non solo per il popolo eletto, il popolo ebraico. Tutte le letture lo richiamano. Gesù è per tutti, anche per le persone che gli altri emarginano, come i lebbrosi, ripugnanti e contagiosi; non guarda se sono giudei o samaritani. “Appena li vide, Gesù disse loro, andate a presentarvi ai Sacerdoti“, i quali dovevano verificare la guarigione e riammetterli nella comunità. Sono dieci i lebbrosi guariti, ma uno solo, un samaritano, torna a ringraziare e, nota il Vangelo, non solo è guarito, ma anche salvato.

    Sono pagine che dobbiamo sentire rivolte a noi. Siamo tutti lebbrosi per le nostre falsità, incoerenze, debolezze, peccati; anche noi, come i lebbrosi, spesso siamo emarginati ed emarginiamo gli altri, ma, ci ricorda la Parola di Dio, tutti possiamo essere guariti, salvati, liberati dalle schiavitù di cui parla Paolo. A tre condizioni: che riconosciamo di essere lebbrosi, peccatori; che con umiltà chiediamo al Signore di essere guariti; che, come il samaritano, siamo riconoscenti del dono ricevuto

    Mi pare che queste tre condizioni ci sono ricordate tutte le volte che celebriamo l’Eucarestia.

    All’inizio delle Messe siamo invitati a riconoscerci lebbrosi, peccatori (confesso a Dio e a voi fratelli e sorelle di aver molto peccato): ci pensiamo in quei momenti?

    Nella Liturgia della Parola il Signore ci aiuta a riscoprire le nostre debolezze, ma soprattutto il suo amore che guarisce e perdona. Siamo attenti alla Parola e la meditiamo?

    Nella Liturgia Eucaristica rendiamo grazie al Signore perché ci ama, rinnova la sua Pasqua, ci invita alla cena, si dà in cibo per noi per cambiarci?

    Chiediamo al Signore di saper vivere bene la Messa come incontro con Lui che ci salva.

  • V Domenica dopo l’Epifania

    V Domenica dopo l’Epifania

    L’episodio del Vangelo ci ricorda le parole che diciamo in ogni Messa, prima della Comunione: “O Signore non sono degno, ma dì soltanto una parola e sarò salvato“. Sono parole che ricalcano quelle del centurione, che invoca il Signore perché guarisca il suo servo. Il centurione è il protagonista del brano di Vangelo. E’ un pagano, fa parte dell’esercito romano, eppure è un uomo profondamente sensibile, è preoccupato per il suo servo, è aperto ai bisogni della comunità in cui vive. Ha una fede viva, concreta, di poche parole, umile ma senza riserve, tanto da meritare i complimenti di Gesù: “In Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande“.

    L’atteggiamento di Gesù ci ricorda che la salvezza è voluta da Dio per tutti gli uomini. Nel salmo responsoriale ripetiamo: tutti gli uomini sono amati dal Signore.

    Gesù si muove subito per andare nella casa di un pagano: “Verrò e lo guarirò“. Certo, per essere salvati è indispensabile credere, come il centurione pagano.

    Sono veramente tanti gli interrogativi che sorgono nel cuore e che possono diventare preghiera.

    Innanzitutto, vedendo l’attenzione di questo centurione per il servo malato e la cura che Gesù ha sempre nel Vangelo per chi soffre, viene da chiedersi: è così il nostro comportamento con chi è malato (in tutti i sensi) o facilmente lo emarginiamo?

    Siamo capaci di scoprire il bene che c’è in una persona a prescindere da razza, religione, ceto sociale?

    La fede del centurione ci chiede di verificare la nostra fede: è sincera, umile, concreta, viva?

    Infine, quando pronunciamo, prima della Comunione, le parole del centurione, le diciamo con il cuore? So o Signore che sono indegno di riceverti, ma sono certo che tu desideri venire nel mio cuore e tu puoi cambiarlo.

  • Presentazione del Signore

    Presentazione del Signore

    La festa della Presentazione ci ricorda quanto Maria e Giuseppe fossero obbedienti alla legge mosaica che imponeva alle mamme, dopo 40 giorni dal parto, di recarsi al Tempio per la purificazione dei primogeniti attraverso un’offerta, nel ricordo dei piccoli salvati da Dio nella notte di Pasqua, nell’esodo dall’Egitto.

    Ci sono alcuni particolari che fanno del racconto una vera pagina teologica. Innanzitutto, il luogo dove si svolge: in Gerusalemme e nel tempio che ne è il cuore. Gesù realizza la profezia di Malachia e viene ‘come fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai a purificare e a rinnovare l’alleanza‘.

    Ci sono due personaggi che incontrano la famiglia di Nazareth, Simeone e Anna, che hanno in comune la semplicità di vita e il desiderio di vedere il Messia. Sono gli unici che sanno scoprirlo nel bambino che viene offerto al Signore.

    Simeone ricorda che Gesù è il segno della fedeltà di Dio alle promesse, la luce attesa dalle genti (di qui la tradizione della Candelora) che porta un senso nuovo nella vita. E ricorda che il seguire Gesù, anche per la sua Mamma, comporterà la croce.

    Tutto questo insegna a noi che per incontrare Gesù dobbiamo attenderlo, sentirne il bisogno: solo i semplici che riconoscono di avere bisogno della luce che dà senso alla vita e alla storia lo possono scoprire.

    La Chiesa chiede a Dio la sua luce sul dono della vita che ci fa, dono del quale la società sta perdendo il significato: quante difficoltà all’apertura alla vita da parte dei coniugi, quante volte la vita viene negata con l’aborto e l’eutanasia, quanta leggerezza nel mettere a repentaglio la propria vita e quella degli altri.

    Ringraziamo il Signore del dono della vita, chiediamogli di saperla sfruttare bene e diamo il nostro sostegno a chi aiuta quanti sono in difficoltà nell’accoglierla e nel farla crescere.

  • Santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

    Santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

    Il Papa e i Vescovi presentano la famiglia come la cellula viva
    della Chiesa e della società civile, il luogo di trasmissione e
    di educazione alla fede.

    Oggi la famiglia non sta vivendo un momento facile perché
    parecchie forze disgregatrici la minacciano: l’instabilità
    affettiva nella coppia, il difficile rapporto genitori-figli, le preoccupazioni economiche, la difficoltà ad avere un lavoro
    sicuro. È un valore, quindi, da promuovere e da difendere.

    Dio ha voluto la famiglia per ogni uomo e anche per il Figlio
    di Dio, fatto uomo, perché la prima esperienza da bambino fosse quella di un amore gratuito, totale, disinteressato, capace di perdonare. Che fosse, insomma, l’immagine più bella della sua natura, che è amore.

    Quando la nostra famiglia assomiglia a quella di Nazareth e
    rispecchia il disegno di Dio? Paolo individua queste condizioni nel ’vincolo della perfezione’, cioè la carità. La famiglia è cristiana se la vita di coppia, lo stile dei rapporti genitori figli, l’atmosfera generale risentirà o meno di questo amore.

    Perché questo si possa realizzare, ci deve essere da parte di tutti la ricerca del disegno di Dio su ciascuno. Il brano di Vangelo ci riporta Giuseppe, custode di Gesù che, con Maria e Gesù, segue le indicazioni che Dio gli dà. È uomo giusto, perché fedele a Dio.
    Preghiamo insieme quest’oggi per le nostre famiglie, chiedendo l’intercessione della Santa famiglia di Nazareth e di riscoprire la bellezza del sacramento del matrimonio, che non è una serie di impegni, ma è la garanzia della presenza del Signore, perché l’amore tra i coniugi sia immagine vivente del suo amore per la Chiesa e perché i figli, che sono suo dono, possano essere aiutati
    nella loro crescita, come Maria e Giuseppe hanno fatto con Gesù.

  • Seconda domenica dopo l’Epifania

    Seconda domenica dopo l’Epifania

    La liturgia di questa domenica ci presenta il primo miracolo
    di Gesù, che Giovanni chiama segno, cioè gesto che rimanda
    a una realtà più profonda. Si tratta di un banchetto di nozze salvato nella gioia da Gesù.

    Oltre al racconto di Gesù che evita ai due sposi una brutta
    figura, c’è il significato biblico del vino, che è segno di gioia.

    Nell’acqua delle fredde giare, nella routine che ha poco da
    dire, Gesù immette la forza dell’amore.

    È un miracolo operato per la mediazione di Maria: Gesù pare resistere all’osservazione della mamma, ma nell’insistenza di Maria vede la volontà del Padre. Gesù vuole con sé, nel suo disegno di amore, la mamma: Maria è presente nel presepe, qui al primo miracolo e ai piedi della croce. Il suo compito è di ricordarci che dobbiamo fare quanto egli ci dirà. L’evangelista Giovanni chiude il racconto con una frase che segna il sorgere della Chiesa: “Questo a Cana di Galilea fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”.

    I discepoli che credono nel segno sono la prima comuni-
    tà cristiana. Oggi è la Chiesa che deve essere segno della
    presenza di Gesù nel mondo: i miracoli di Gesù si devono
    ripetere oggi nella vita della Chiesa. In settimana inizieremo l’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani: una Chiesa che tende all’unità, al di sopra dei nazionalismi, che si impegna nell’ecumenismo, è un miracolo in un mondo che
    trova mille motivi per dividersi e disgregarsi.

    Domandiamo al Signore che ci doni il suo Spirito che è l’anima della Chiesa. Ci doni la fede, la certezza che Lui può cambiare l’acqua in vino, ma soprattutto rinnovare il nostro cuore. Chiediamo di aiutarci ad essere segno vivente del suo amore.

  • Battesimo del Signore

    Battesimo del Signore

    In queste domeniche continua l’Epifania, la manifestazione di Dio al mondo nella persona di Gesù. La domenica del Battesimo di Gesù ci rivela chi è Lui e lo scopo della sua venuta tra noi; ci riporta all’inizio della sua vita pubblica.

    Certamente Gesù non ha bisogno di un gesto di penitenza perché è l’Agnello di Dio, senza peccato. La richiesta del battesimo, invece, indica chiaramente la sua scelta di campo: si è messo in fila con i peccatori per dire che è venuto per loro. Gesù si è fatto uno di noi per salvarci, ha condiviso tutta l’esperienza umana, eccetto il peccato che è venuto a togliere dal mondo.

    In tutti i Vangeli si fa notare la differenza del battesimo di Giovanni Battista da quello di Gesù: quello di Giovanni è il gesto penitenziale di una persona che si riconosce pubblicamente peccatore e domanda perdono, quello di Gesù è il dono dello Spirito che ricrea (v. lo Spirito che aleggia sulle acque) e che porta pace (v. la colomba del diluvio). È veramente l’entrare di Dio nella nostra storia: è il dono dello Spirito che ci fa creature nuove e ci inserisce nella Chiesa.

    A noi tocca accogliere lo Spirito e viverlo. Il dono dello Spirito sollecita, non obbliga la nostra volontà; ci dà facoltà nuove: occhi nuovi (la fede), coraggio nuovo (la speranza), cuore nuovo (la carità).

    È un dono da riscoprire sempre più profondamente.

    Sarebbe bello trovare oggi un momento per ripensare al nostro battesimo, come evento fondamentale della nostra vita: il Vangelo parla di rinascita.

    La vita nuova ci è data come seme da custodire e da sviluppare: rendiamo grazie a Dio del dono ricevuto e chiediamogli di riscoprirlo sempre meglio, così da viverlo in pienezza.

  • Domenica dopo l’ottava del Natale del Signore

    Domenica dopo l’ottava del Natale del Signore

    Le letture di questa domenica ci ricordano il senso del Natale, lo scopo della venuta di Dio tra noi. Ci suggeriscono, di conseguenza, come vivere questo mistero.

    L’incarnazione, il mistero del Natale, ha il suo principio nell’eternità, cioè nella mente di Dio che ha pensato e ha creato tutto per Lui e per mezzo di Lui, il Verbo, la sapienza, Gesù Cristo. Il Natale è il segno della fedeltà di Dio al suo disegno d’amore che il peccato dell’uomo non ha distrutto.

    Il brano di Vangelo racconta di Gesù che si reca alla Sinagoga e, come ospite d’onore, legge il brano di Isaia che parla del Messia. Al termine, nella meraviglia di tutti, dichiara “oggi si è compiuta questa Scrittura”, cioè: sono io il Messia promesso e atteso.

    Gesù tralascia gli ultimi versetti della profezia in cui Isaia parla del “giorno di vendetta per il nostro Dio”, giorno di castigo vendicatore, predicato anche da Giovanni Battista. La sua non è una dimenticanza, ma una scelta: l’annuncio di Gesù è la bella notizia dell’amore misericordioso e gratuito del Padre. Gesù non solo non ucciderà i peccatori, ma li ricercherà, starà volentieri con loro, perché sono i malati che è venuto a curare. E manifesterà questo suo amore soprattutto sulla croce, quando perdonerà anche chi lo uccide ”perché non sanno quello che fanno”.

    Come scoprire ed accogliere questo stile di Dio?

    Gesù ritorna in Galilea con la potenza dello Spirito; nella sinagoga dice: “lo Spirito del Signore è sopra di me“; è lo Spirito Santo, che si manifesta al Giordano. Lasciamoci prendere dallo Spirito di Gesù: riscopriremo il vero volto di Dio, capiremo la sua misericordia verso di noi, accetteremo i suoi tempi e il suo stile con chi sbaglia. Allora sarà il vero Natale dentro di noi.

  • Domenica nell’ottava del Natale del Signore

    Domenica nell’ottava del Natale del Signore

    La liturgia di questa domenica continua la contemplazione del mistero natalizio: le letture sono tra le pagine più alte di teologia biblica sul mistero dell’Incarnazione.

    Il Vangelo ci riporta il prologo di Giovanni (un Vangelo nel Vangelo). Riassume tutta la storia della salvezza dall’eternità alla nascita e al ritorno glorioso del Figlio che si fa carne.

    Il mistero dell’Incarnazione, ci ricorda Giovanni, non è tanto uno spettacolo da contemplare, ma un mistero che tocca ogni uomo: Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi figlio di Dio.

    Ma, purtroppo, lungo la storia, qualcuno ha rifiutato questo disegno d’amore. Un rifiuto che viene dai ’suoi’, da quelli che per primi, invece, avrebbero dovuto accettarlo.

    Quali sono i motivi per cui anche noi potremmo rifiutare Gesù che viene?

    Se vogliamo che il Natale acquisti un valore nella nostra vita, dovremmo far silenzio, ripensare un po’ la parola di sempre. Qualcun altro potrebbe dire “siamo talmente sfiduciati… che appare impossibile che Gesù riesca a salvarci”. Il Natale invece è motivo di speranza, perché ci dimostra che Dio rimane fedele alla sua promessa di salvare il mondo, nonostante le infedeltà dell’uomo.

    In che modo possiamo vivere questo mistero?

    I pastori hanno visto un bambino e nulla più, ma hanno creduto. Anche oggi Gesù si manifesta nascosto sotto le apparenze di un po’ di pane e di vino, di un sacerdote che ti assolve, di uno che ti annuncia la sua Parola. Soprattutto sotto le sembianze di ogni persona che ha bisogno di te.

    Chiediamo in dono la capacità di stare in silenzio per ascoltare la sua Parola, la fede per riscoprirlo presente nella storia nostra personale e del mondo e la speranza nella salvezza nostra e del mondo intero.

    Buon anno nel Signore!

  • La divina maternità di Maria

    La divina maternità di Maria

    Siamo ormai in clima natalizio perché celebriamo il Natale in Maria, ricordando oggi il mistero dell’Incarnazione: il Figlio di Dio, al sì di Maria, per opera dello Spirito Santo, prende carne, diventa uno di noi. È il fondamento di tutti gli altri misteri che riguardano la persona di Gesù.

    Proviamo a soffermarci su due evidenti verità. La prima è che siamo dentro un fatto storico preciso, non una favola o un raccontino: viene presentato il luogo, il nome della ragazza, la sua situazione familiare; viene chiarito a Maria cosa accade: «Tu concepirai un Figlio, lo darai alla luce, lo chiamerai Gesù». Tutto avviene per opera di Dio che entra nella storia, è lo Spirito Santo che rende Maria madre di Dio.

    È un mistero perché supera le nostre capacità intellettive. Maria stessa chiede spiegazioni: «Come avverrà questo?». Sappiamo quante eresie sono sorte dalla falsa interpretazione di questo mistero, negando la divinità di Gesù o la sua umanità. È un mistero possibile solo perché Dio, a cui nulla è impossibile, l’ha voluto, ha mantenuto le sue promesse. È un fatto che conclude millenni di preparazione e apre a un mondo nuovo, una nuova modalità di presenza di Dio nella storia.La seconda verità è che anche questo mistero è un dono che va accolto. La prima lettura è un invito a liberare la strada dalle pietre, a preparare il nostro cuore. Il Signore non agisce mai nella storia da padrone, ma da padre.

    Per realizzare questo mistero chiede il sì di una ragazzina di Nazareth, paesino sconosciuto della Galilea. Per nascere dentro di noi chiede il sì della nostra libertà, la fede nel suo vangelo. Per continuare la sua presenza nel mondo, chiede il sì di ciascuno di noi ad essere testimoni del suo amore.

    Chiediamo al Signore che ciascuno di noi possa dire, come Maria: «Eccomi sono la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola».

    Giovanni ci insegna che dobbiamo essere capaci di metterci da parte. Ogni educatore deve saper portare chi gli è affidato a fare scelte libere e responsabili. Anche un genitore verso i figli passa da uno stato di autorità a uno di sempre maggiore libertà. Come educatori chiediamo allora di essere come Giovanni, alla continua ricerca del progetto di Dio su chi ci è affidato, pronti ad aiutarlo.