Categoria: Omelie

  • Terza domenica di Quaresima

    Terza domenica di Quaresima

    La Liturgia di oggi ci propone tre modelli su cui confrontarci: Abramo, Mosè e Gesù.

    Abramo è il protagonista di questa domenica: ci viene proposto come esempio di fede, il primo del popolo di Dio costituito non in base alla razza, ma alla fede stessa.

    Una fede che ad Abramo ha fatto desiderare e credere come possibile un figlio pur in tarda età; che gli ha fatto abbandonare il suo paese sicuro, il suo clan, per incamminarsi verso la terra promessa da Dio. Una fede che non ha risolto i suoi problemi: Abramo ha dovuto affrontare molti ostacoli, ma è riuscito a superare ogni cosa per la sua fiducia incrollabile in Dio.

    Mosè è il protagonista della prima lettura è il modello di ogni guida, come potrebbe essere un sacerdote o un genitore, o un educatore.

    In questa funzione si presenta spesso come una persona sola. Come portavoce di Dio spesso deve soffrire incomprensioni, è emarginato come uno che dà fastidio. Ma pur essendo messo da parte, si sente solidale con il suo popolo, sente il peccato dei suoi connazionali come anche suo e si sente in dovere di intercedere per questo popolo di dura cervice.

    Gesù ci viene presentato nel brano del Vangelo di oggi come il profeta promesso a Mosè. Parla con coloro che già credevano in Lui e cerca di far toccare con mano la situazione di schiavitù, di incoerenza e di falsità in cui vivono. Gesù, in questo brano, sembra perfino violento nell’accusa ai suoi discepoli: li definisce bugiardi, schiavi e figli del demonio, tanto da suscitare una reazione aggressiva.

    Anche a noi, se non ci sentiamo falsi e schiavi, incoerenti e dominati dal peccato, non serve né il venire a Messa, né la Quaresima, né la Pasqua che è il Signore che salva.

  • Seconda domenica di Quaresima

    Seconda domenica di Quaresima

    La liturgia, oggi, ci offre molti spunti e quindi cerchiamo di trovare il tempo per riflettere sulla Parola e lasciarla penetrare nel nostro cuore.

    La prima Lettura ci ricorda che l’impegno prioritario che abbiamo è proprio questo: “ascolta Israele”. Quanto più la Parola di Dio sarà viva in noi, tanto più riusciremo a comunicarla agli altri. Nella seconda Lettura, Paolo ci ricorda che, tra i comandamenti, il primo è quello dell’amore.

    Infine, il Vangelo ci riporta l’incontro di Gesù con la donna samaritana. È un brano ricco di spunti di riflessione: Gesù supera le barriere razziali, vince i tabù vicino a un pozzo che è luogo più significativo per nuove conoscenze. Ci è presentato anche il cammino della vita cristiana. Il cristiano è uno che incontra il Signore: il primo approccio avviene nell’acqua del Battesimo con il dono dello Spirito, ma poi tutta la vita è un incontro con Lui, un dono gratuito di Gesù che ci aspetta al pozzo, si fa bisognoso di un po’ d’acqua, inizia il dialogo e in tal modo cambia il cuore di chi lo ascolta.

    Quando si incontra il Signore, così come è stato per la samaritana, siamo affascinati, turbati perché scopriamo che Lui ci ama, ci fa prendere coscienza del peccato che è in noi, non per angosciarci, ma per farci uscire da questa situazione, per convertirci.

    Proviamo, allora, a chiederci, tenendo davanti il colloquio di Gesù con la samaritana: la nostra preghiera, l’ascolto della Parola, l’Eucarestia è un vero incontro che parla al nostro cuore, ci mette in crisi? Ci lasciamo interrogare intimamente da questa Parola?

    Chiediamo al Signore di avere sete di questa acqua viva che ci può dissetare, purificare, rafforzare nel cammino della nostra vita e renderci testimoni del suo Vangelo.

  • Prima domenica di Quaresima

    Prima domenica di Quaresima

    Inizia, con questa domenica, la Quaresima, il tempo che ci prepara alla festa più grande, la Pasqua: è un tempo di verifica e di conversione, è un cammino di 40 giorni da vivere in pienezza. Come?

    Il brano di Vangelo ci aiuta. Ci porta nel deserto, presentato dalla Bibbia come il luogo in cui l’uomo riscopre la sua totale dipendenza da Dio e riesce ad ascoltare, fuori dal frastuono del mondo, la Parola del Signore. È su di essa che dobbiamo fondare la nostra vita. Ma perché non risulti vana, dobbiamo trovare il tempo per ascoltarla, dobbiamo riuscire a ritagliare un po’ di silenzio pur nelle nostre occupazioni e preoccupazioni, perché è la Parola più importante e anche la più delicata. L’ascolto della Parola di Dio non deve essere fine a se stesso: Gioele, nella prima Lettura, ci mette in guardia contro una malattia facile nella religione, il formalismo, il fare dei gesti che non hanno riscontro nella vita. L’imposizione delle ceneri, ad esempio, non deve essere un gesto formale, ma un riconoscere quanto poveri siamo, simili ad un pugno di polvere, ma nello stesso tempo a quale grandezza Dio ci ha chiamati per amore, ad essere sua immagine viva nel mondo.

    Il magro e il digiuno non devono essere solo un cambiare il menù a tavola, ma sono un segno di padronanza di noi stessi e di capacità di rinuncia a favore di chi non ha nulla. Forse oggi dovremmo fare digiuno di TV, di letture futili, di chiacchere inutili o, più profondamente, attuare la rinuncia a un legame sbagliato, a una situazione poco evangelica nella vita.

    Gesù, come sempre, non si limita ad essere modello da imitare, ma vuole aiutarci in questo lavoro di conversione, anzi ne è lui il protagonista. E’ certo: il Signore può lavorare dentro di noi se gli apriamo il cuore.

    Buona Quaresima.

  • Ultima domenica dopo l’Epifania

    Ultima domenica dopo l’Epifania

    l brano di Vangelo di oggi racconta uno degli episodi più conosciuti. È una scena gustosa: Zaccheo che corre ad arrampicarsi per vedere Gesù.

    Zaccheo era capo dei pubblicani, persona importante e odiata dalla gente perché a servizio dei romani e facilmente esosa.

    È un episodio che manifesta la bontà del Signore verso i peccatori, un gesto non isolato, ma una costante da parte di
    Dio: nella prima Lettura, ad esempio, si dichiara che “il Signore è paziente”, abbonda nel perdono.

    Gesù è l’unico che si accorge di questo uomo. Lo chiama per
    nome. Va in cerca di questo ricco, poco stimato, anzi odiato; non pronuncia parole di rimprovero, l’onora di una visita, non certo per giustificarne l’operato, ma per manifestargli il suo amore. L’incontro, fondato sull’amicizia e non sul processo, è ciò che cambia Zaccheo, lo rende libero e generoso. Egli non si limita a restituire, è anche benefico e lo fa nella gioia.

    Ci dobbiamo chiedere se è così anche il nostro incontro con il Signore nella Parola, nei sacramenti, in particolare nella confessione: c’è il desiderio di vedere il Signore? È un accoglierlo con gioia dentro di noi? È un lasciarci cambiare il cuore?

    Com’è diverso l’atteggiamento di Gesù da quello degli uomini!

    Tanti sfruttano l’amicizia con persone influenti fino a quando sono importanti, pronti a lasciarli quando cambia l’onda, anzi a diventarne accusatori; molti si ergono a giudici spietati, con l’invidia inconscia per la vita che gli altri riescono a fare.

    Gesù non giustifica l’operato di Zaccheo, ma lo ama così come è e gli cambia il cuore.

    Chiediamo al Signore di credere al suo amore gratuito e misericordioso e di renderci testimoni credibili di questo amore verso gli altri.

    La Quaresima che inizieremo domenica prossima ci aiuti anche in questo.

  • Penultima domenica dopo l’Epifania

    Penultima domenica dopo l’Epifania

    Il nuovo Lezionario caratterizza le ultime due domeniche del tempo dopo l’Epifania con temi che da una parte sono una sintesi della manifestazione di Gesù e, dall’altra, preparano alla celebrazione della Quaresima.

    Tutte le Letture hanno come tema la consapevolezza del proprio peccato e la misericordia del Signore.

    Paolo nella seconda Lettura riconosce il suo peccato, ma soprattutto la misericordia del Signore e mette in risalto che “Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io”.

    Così anche il brano di Vangelo, con la chiamata di Levi (Matteo), che segue immediatamente il racconto della guarigione del paralitico calato dal tetto davanti a Gesù e al quale Gesù rimette i peccati, tra lo sconcerto e lo stupore dei presenti, perché tale cosa è
    esclusivamente riservata a Dio.

    Levi è uno di quei personaggi che venivano considerati avidi di denaro, sfruttatori a servizio dei romani, peccatori miscredenti e rifiutati da Dio.

    Il banchetto che viene fatto in casa sua è simbolo di amicizia, di libertà e di gioia. Richiama il banchetto messianico: non esclude nessuno dalla tavola ed è aperto anche ai peccatori.

    La reazione, comprensibile, viene dei farisei e dagli scribi che interpellano i discepoli, ma concentrano l’ostilità su Gesù.

    In questo suo agire Gesù non solo rivela la sua missione, ma anche il volto di Dio, che non vede l’ora di abbandonare la sua ira e il suo sdegno verso i peccati e la malvagità umana, per volgersi al perdono. Questi brani aprono la Chiesa alla prospettiva del tempo quaresimale, in cui la divina clemenza, invitando a conversione e perdonando, convoca tutti al festoso banchetto dell’Agnello pasquale. Prepariamoci a vivere così la Quaresima.

  • VI Domenica dopo l’Epifania

    VI Domenica dopo l’Epifania

    Il tema centrale della liturgia di oggi è l’annuncio che la salvezza è per tutti gli uomini e non solo per il popolo eletto, il popolo ebraico. Tutte le letture lo richiamano. Gesù è per tutti, anche per le persone che gli altri emarginano, come i lebbrosi, ripugnanti e contagiosi; non guarda se sono giudei o samaritani. “Appena li vide, Gesù disse loro, andate a presentarvi ai Sacerdoti“, i quali dovevano verificare la guarigione e riammetterli nella comunità. Sono dieci i lebbrosi guariti, ma uno solo, un samaritano, torna a ringraziare e, nota il Vangelo, non solo è guarito, ma anche salvato.

    Sono pagine che dobbiamo sentire rivolte a noi. Siamo tutti lebbrosi per le nostre falsità, incoerenze, debolezze, peccati; anche noi, come i lebbrosi, spesso siamo emarginati ed emarginiamo gli altri, ma, ci ricorda la Parola di Dio, tutti possiamo essere guariti, salvati, liberati dalle schiavitù di cui parla Paolo. A tre condizioni: che riconosciamo di essere lebbrosi, peccatori; che con umiltà chiediamo al Signore di essere guariti; che, come il samaritano, siamo riconoscenti del dono ricevuto

    Mi pare che queste tre condizioni ci sono ricordate tutte le volte che celebriamo l’Eucarestia.

    All’inizio delle Messe siamo invitati a riconoscerci lebbrosi, peccatori (confesso a Dio e a voi fratelli e sorelle di aver molto peccato): ci pensiamo in quei momenti?

    Nella Liturgia della Parola il Signore ci aiuta a riscoprire le nostre debolezze, ma soprattutto il suo amore che guarisce e perdona. Siamo attenti alla Parola e la meditiamo?

    Nella Liturgia Eucaristica rendiamo grazie al Signore perché ci ama, rinnova la sua Pasqua, ci invita alla cena, si dà in cibo per noi per cambiarci?

    Chiediamo al Signore di saper vivere bene la Messa come incontro con Lui che ci salva.

  • V Domenica dopo l’Epifania

    V Domenica dopo l’Epifania

    L’episodio del Vangelo ci ricorda le parole che diciamo in ogni Messa, prima della Comunione: “O Signore non sono degno, ma dì soltanto una parola e sarò salvato“. Sono parole che ricalcano quelle del centurione, che invoca il Signore perché guarisca il suo servo. Il centurione è il protagonista del brano di Vangelo. E’ un pagano, fa parte dell’esercito romano, eppure è un uomo profondamente sensibile, è preoccupato per il suo servo, è aperto ai bisogni della comunità in cui vive. Ha una fede viva, concreta, di poche parole, umile ma senza riserve, tanto da meritare i complimenti di Gesù: “In Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande“.

    L’atteggiamento di Gesù ci ricorda che la salvezza è voluta da Dio per tutti gli uomini. Nel salmo responsoriale ripetiamo: tutti gli uomini sono amati dal Signore.

    Gesù si muove subito per andare nella casa di un pagano: “Verrò e lo guarirò“. Certo, per essere salvati è indispensabile credere, come il centurione pagano.

    Sono veramente tanti gli interrogativi che sorgono nel cuore e che possono diventare preghiera.

    Innanzitutto, vedendo l’attenzione di questo centurione per il servo malato e la cura che Gesù ha sempre nel Vangelo per chi soffre, viene da chiedersi: è così il nostro comportamento con chi è malato (in tutti i sensi) o facilmente lo emarginiamo?

    Siamo capaci di scoprire il bene che c’è in una persona a prescindere da razza, religione, ceto sociale?

    La fede del centurione ci chiede di verificare la nostra fede: è sincera, umile, concreta, viva?

    Infine, quando pronunciamo, prima della Comunione, le parole del centurione, le diciamo con il cuore? So o Signore che sono indegno di riceverti, ma sono certo che tu desideri venire nel mio cuore e tu puoi cambiarlo.

  • Presentazione del Signore

    Presentazione del Signore

    La festa della Presentazione ci ricorda quanto Maria e Giuseppe fossero obbedienti alla legge mosaica che imponeva alle mamme, dopo 40 giorni dal parto, di recarsi al Tempio per la purificazione dei primogeniti attraverso un’offerta, nel ricordo dei piccoli salvati da Dio nella notte di Pasqua, nell’esodo dall’Egitto.

    Ci sono alcuni particolari che fanno del racconto una vera pagina teologica. Innanzitutto, il luogo dove si svolge: in Gerusalemme e nel tempio che ne è il cuore. Gesù realizza la profezia di Malachia e viene ‘come fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai a purificare e a rinnovare l’alleanza‘.

    Ci sono due personaggi che incontrano la famiglia di Nazareth, Simeone e Anna, che hanno in comune la semplicità di vita e il desiderio di vedere il Messia. Sono gli unici che sanno scoprirlo nel bambino che viene offerto al Signore.

    Simeone ricorda che Gesù è il segno della fedeltà di Dio alle promesse, la luce attesa dalle genti (di qui la tradizione della Candelora) che porta un senso nuovo nella vita. E ricorda che il seguire Gesù, anche per la sua Mamma, comporterà la croce.

    Tutto questo insegna a noi che per incontrare Gesù dobbiamo attenderlo, sentirne il bisogno: solo i semplici che riconoscono di avere bisogno della luce che dà senso alla vita e alla storia lo possono scoprire.

    La Chiesa chiede a Dio la sua luce sul dono della vita che ci fa, dono del quale la società sta perdendo il significato: quante difficoltà all’apertura alla vita da parte dei coniugi, quante volte la vita viene negata con l’aborto e l’eutanasia, quanta leggerezza nel mettere a repentaglio la propria vita e quella degli altri.

    Ringraziamo il Signore del dono della vita, chiediamogli di saperla sfruttare bene e diamo il nostro sostegno a chi aiuta quanti sono in difficoltà nell’accoglierla e nel farla crescere.

  • Santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

    Santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

    Il Papa e i Vescovi presentano la famiglia come la cellula viva
    della Chiesa e della società civile, il luogo di trasmissione e
    di educazione alla fede.

    Oggi la famiglia non sta vivendo un momento facile perché
    parecchie forze disgregatrici la minacciano: l’instabilità
    affettiva nella coppia, il difficile rapporto genitori-figli, le preoccupazioni economiche, la difficoltà ad avere un lavoro
    sicuro. È un valore, quindi, da promuovere e da difendere.

    Dio ha voluto la famiglia per ogni uomo e anche per il Figlio
    di Dio, fatto uomo, perché la prima esperienza da bambino fosse quella di un amore gratuito, totale, disinteressato, capace di perdonare. Che fosse, insomma, l’immagine più bella della sua natura, che è amore.

    Quando la nostra famiglia assomiglia a quella di Nazareth e
    rispecchia il disegno di Dio? Paolo individua queste condizioni nel ’vincolo della perfezione’, cioè la carità. La famiglia è cristiana se la vita di coppia, lo stile dei rapporti genitori figli, l’atmosfera generale risentirà o meno di questo amore.

    Perché questo si possa realizzare, ci deve essere da parte di tutti la ricerca del disegno di Dio su ciascuno. Il brano di Vangelo ci riporta Giuseppe, custode di Gesù che, con Maria e Gesù, segue le indicazioni che Dio gli dà. È uomo giusto, perché fedele a Dio.
    Preghiamo insieme quest’oggi per le nostre famiglie, chiedendo l’intercessione della Santa famiglia di Nazareth e di riscoprire la bellezza del sacramento del matrimonio, che non è una serie di impegni, ma è la garanzia della presenza del Signore, perché l’amore tra i coniugi sia immagine vivente del suo amore per la Chiesa e perché i figli, che sono suo dono, possano essere aiutati
    nella loro crescita, come Maria e Giuseppe hanno fatto con Gesù.

  • Seconda domenica dopo l’Epifania

    Seconda domenica dopo l’Epifania

    La liturgia di questa domenica ci presenta il primo miracolo
    di Gesù, che Giovanni chiama segno, cioè gesto che rimanda
    a una realtà più profonda. Si tratta di un banchetto di nozze salvato nella gioia da Gesù.

    Oltre al racconto di Gesù che evita ai due sposi una brutta
    figura, c’è il significato biblico del vino, che è segno di gioia.

    Nell’acqua delle fredde giare, nella routine che ha poco da
    dire, Gesù immette la forza dell’amore.

    È un miracolo operato per la mediazione di Maria: Gesù pare resistere all’osservazione della mamma, ma nell’insistenza di Maria vede la volontà del Padre. Gesù vuole con sé, nel suo disegno di amore, la mamma: Maria è presente nel presepe, qui al primo miracolo e ai piedi della croce. Il suo compito è di ricordarci che dobbiamo fare quanto egli ci dirà. L’evangelista Giovanni chiude il racconto con una frase che segna il sorgere della Chiesa: “Questo a Cana di Galilea fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”.

    I discepoli che credono nel segno sono la prima comuni-
    tà cristiana. Oggi è la Chiesa che deve essere segno della
    presenza di Gesù nel mondo: i miracoli di Gesù si devono
    ripetere oggi nella vita della Chiesa. In settimana inizieremo l’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani: una Chiesa che tende all’unità, al di sopra dei nazionalismi, che si impegna nell’ecumenismo, è un miracolo in un mondo che
    trova mille motivi per dividersi e disgregarsi.

    Domandiamo al Signore che ci doni il suo Spirito che è l’anima della Chiesa. Ci doni la fede, la certezza che Lui può cambiare l’acqua in vino, ma soprattutto rinnovare il nostro cuore. Chiediamo di aiutarci ad essere segno vivente del suo amore.