Categoria: Omelie

  • Seconda domenica dopo l’Epifania

    Seconda domenica dopo l’Epifania

    La liturgia di questa domenica ci presenta il primo miracolo
    di Gesù, che Giovanni chiama segno, cioè gesto che rimanda
    a una realtà più profonda. Si tratta di un banchetto di nozze salvato nella gioia da Gesù.

    Oltre al racconto di Gesù che evita ai due sposi una brutta
    figura, c’è il significato biblico del vino, che è segno di gioia.

    Nell’acqua delle fredde giare, nella routine che ha poco da
    dire, Gesù immette la forza dell’amore.

    È un miracolo operato per la mediazione di Maria: Gesù pare resistere all’osservazione della mamma, ma nell’insistenza di Maria vede la volontà del Padre. Gesù vuole con sé, nel suo disegno di amore, la mamma: Maria è presente nel presepe, qui al primo miracolo e ai piedi della croce. Il suo compito è di ricordarci che dobbiamo fare quanto egli ci dirà. L’evangelista Giovanni chiude il racconto con una frase che segna il sorgere della Chiesa: “Questo a Cana di Galilea fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”.

    I discepoli che credono nel segno sono la prima comuni-
    tà cristiana. Oggi è la Chiesa che deve essere segno della
    presenza di Gesù nel mondo: i miracoli di Gesù si devono
    ripetere oggi nella vita della Chiesa. In settimana inizieremo l’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani: una Chiesa che tende all’unità, al di sopra dei nazionalismi, che si impegna nell’ecumenismo, è un miracolo in un mondo che
    trova mille motivi per dividersi e disgregarsi.

    Domandiamo al Signore che ci doni il suo Spirito che è l’anima della Chiesa. Ci doni la fede, la certezza che Lui può cambiare l’acqua in vino, ma soprattutto rinnovare il nostro cuore. Chiediamo di aiutarci ad essere segno vivente del suo amore.

  • Battesimo del Signore

    Battesimo del Signore

    In queste domeniche continua l’Epifania, la manifestazione di Dio al mondo nella persona di Gesù. La domenica del Battesimo di Gesù ci rivela chi è Lui e lo scopo della sua venuta tra noi; ci riporta all’inizio della sua vita pubblica.

    Certamente Gesù non ha bisogno di un gesto di penitenza perché è l’Agnello di Dio, senza peccato. La richiesta del battesimo, invece, indica chiaramente la sua scelta di campo: si è messo in fila con i peccatori per dire che è venuto per loro. Gesù si è fatto uno di noi per salvarci, ha condiviso tutta l’esperienza umana, eccetto il peccato che è venuto a togliere dal mondo.

    In tutti i Vangeli si fa notare la differenza del battesimo di Giovanni Battista da quello di Gesù: quello di Giovanni è il gesto penitenziale di una persona che si riconosce pubblicamente peccatore e domanda perdono, quello di Gesù è il dono dello Spirito che ricrea (v. lo Spirito che aleggia sulle acque) e che porta pace (v. la colomba del diluvio). È veramente l’entrare di Dio nella nostra storia: è il dono dello Spirito che ci fa creature nuove e ci inserisce nella Chiesa.

    A noi tocca accogliere lo Spirito e viverlo. Il dono dello Spirito sollecita, non obbliga la nostra volontà; ci dà facoltà nuove: occhi nuovi (la fede), coraggio nuovo (la speranza), cuore nuovo (la carità).

    È un dono da riscoprire sempre più profondamente.

    Sarebbe bello trovare oggi un momento per ripensare al nostro battesimo, come evento fondamentale della nostra vita: il Vangelo parla di rinascita.

    La vita nuova ci è data come seme da custodire e da sviluppare: rendiamo grazie a Dio del dono ricevuto e chiediamogli di riscoprirlo sempre meglio, così da viverlo in pienezza.

  • Domenica dopo l’ottava del Natale del Signore

    Domenica dopo l’ottava del Natale del Signore

    Le letture di questa domenica ci ricordano il senso del Natale, lo scopo della venuta di Dio tra noi. Ci suggeriscono, di conseguenza, come vivere questo mistero.

    L’incarnazione, il mistero del Natale, ha il suo principio nell’eternità, cioè nella mente di Dio che ha pensato e ha creato tutto per Lui e per mezzo di Lui, il Verbo, la sapienza, Gesù Cristo. Il Natale è il segno della fedeltà di Dio al suo disegno d’amore che il peccato dell’uomo non ha distrutto.

    Il brano di Vangelo racconta di Gesù che si reca alla Sinagoga e, come ospite d’onore, legge il brano di Isaia che parla del Messia. Al termine, nella meraviglia di tutti, dichiara “oggi si è compiuta questa Scrittura”, cioè: sono io il Messia promesso e atteso.

    Gesù tralascia gli ultimi versetti della profezia in cui Isaia parla del “giorno di vendetta per il nostro Dio”, giorno di castigo vendicatore, predicato anche da Giovanni Battista. La sua non è una dimenticanza, ma una scelta: l’annuncio di Gesù è la bella notizia dell’amore misericordioso e gratuito del Padre. Gesù non solo non ucciderà i peccatori, ma li ricercherà, starà volentieri con loro, perché sono i malati che è venuto a curare. E manifesterà questo suo amore soprattutto sulla croce, quando perdonerà anche chi lo uccide ”perché non sanno quello che fanno”.

    Come scoprire ed accogliere questo stile di Dio?

    Gesù ritorna in Galilea con la potenza dello Spirito; nella sinagoga dice: “lo Spirito del Signore è sopra di me“; è lo Spirito Santo, che si manifesta al Giordano. Lasciamoci prendere dallo Spirito di Gesù: riscopriremo il vero volto di Dio, capiremo la sua misericordia verso di noi, accetteremo i suoi tempi e il suo stile con chi sbaglia. Allora sarà il vero Natale dentro di noi.

  • Domenica nell’ottava del Natale del Signore

    Domenica nell’ottava del Natale del Signore

    La liturgia di questa domenica continua la contemplazione del mistero natalizio: le letture sono tra le pagine più alte di teologia biblica sul mistero dell’Incarnazione.

    Il Vangelo ci riporta il prologo di Giovanni (un Vangelo nel Vangelo). Riassume tutta la storia della salvezza dall’eternità alla nascita e al ritorno glorioso del Figlio che si fa carne.

    Il mistero dell’Incarnazione, ci ricorda Giovanni, non è tanto uno spettacolo da contemplare, ma un mistero che tocca ogni uomo: Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi figlio di Dio.

    Ma, purtroppo, lungo la storia, qualcuno ha rifiutato questo disegno d’amore. Un rifiuto che viene dai ’suoi’, da quelli che per primi, invece, avrebbero dovuto accettarlo.

    Quali sono i motivi per cui anche noi potremmo rifiutare Gesù che viene?

    Se vogliamo che il Natale acquisti un valore nella nostra vita, dovremmo far silenzio, ripensare un po’ la parola di sempre. Qualcun altro potrebbe dire “siamo talmente sfiduciati… che appare impossibile che Gesù riesca a salvarci”. Il Natale invece è motivo di speranza, perché ci dimostra che Dio rimane fedele alla sua promessa di salvare il mondo, nonostante le infedeltà dell’uomo.

    In che modo possiamo vivere questo mistero?

    I pastori hanno visto un bambino e nulla più, ma hanno creduto. Anche oggi Gesù si manifesta nascosto sotto le apparenze di un po’ di pane e di vino, di un sacerdote che ti assolve, di uno che ti annuncia la sua Parola. Soprattutto sotto le sembianze di ogni persona che ha bisogno di te.

    Chiediamo in dono la capacità di stare in silenzio per ascoltare la sua Parola, la fede per riscoprirlo presente nella storia nostra personale e del mondo e la speranza nella salvezza nostra e del mondo intero.

    Buon anno nel Signore!

  • La divina maternità di Maria

    La divina maternità di Maria

    Siamo ormai in clima natalizio perché celebriamo il Natale in Maria, ricordando oggi il mistero dell’Incarnazione: il Figlio di Dio, al sì di Maria, per opera dello Spirito Santo, prende carne, diventa uno di noi. È il fondamento di tutti gli altri misteri che riguardano la persona di Gesù.

    Proviamo a soffermarci su due evidenti verità. La prima è che siamo dentro un fatto storico preciso, non una favola o un raccontino: viene presentato il luogo, il nome della ragazza, la sua situazione familiare; viene chiarito a Maria cosa accade: «Tu concepirai un Figlio, lo darai alla luce, lo chiamerai Gesù». Tutto avviene per opera di Dio che entra nella storia, è lo Spirito Santo che rende Maria madre di Dio.

    È un mistero perché supera le nostre capacità intellettive. Maria stessa chiede spiegazioni: «Come avverrà questo?». Sappiamo quante eresie sono sorte dalla falsa interpretazione di questo mistero, negando la divinità di Gesù o la sua umanità. È un mistero possibile solo perché Dio, a cui nulla è impossibile, l’ha voluto, ha mantenuto le sue promesse. È un fatto che conclude millenni di preparazione e apre a un mondo nuovo, una nuova modalità di presenza di Dio nella storia.La seconda verità è che anche questo mistero è un dono che va accolto. La prima lettura è un invito a liberare la strada dalle pietre, a preparare il nostro cuore. Il Signore non agisce mai nella storia da padrone, ma da padre.

    Per realizzare questo mistero chiede il sì di una ragazzina di Nazareth, paesino sconosciuto della Galilea. Per nascere dentro di noi chiede il sì della nostra libertà, la fede nel suo vangelo. Per continuare la sua presenza nel mondo, chiede il sì di ciascuno di noi ad essere testimoni del suo amore.

    Chiediamo al Signore che ciascuno di noi possa dire, come Maria: «Eccomi sono la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola».

    Giovanni ci insegna che dobbiamo essere capaci di metterci da parte. Ogni educatore deve saper portare chi gli è affidato a fare scelte libere e responsabili. Anche un genitore verso i figli passa da uno stato di autorità a uno di sempre maggiore libertà. Come educatori chiediamo allora di essere come Giovanni, alla continua ricerca del progetto di Dio su chi ci è affidato, pronti ad aiutarlo.

  • Il pensiero della settimana – Vª domenica di Avvento

    Il pensiero della settimana – Vª domenica di Avvento

    In questa domenica incontriamo di nuovo Giovanni il Battista. Ci è stato presentato nel deserto come il predicatore austero e radicale nelle sue richieste; lo abbiamo visto, poi, in carcere, mentre si domanda se Gesù sia veramente il Messia o si debba aspettarne un altro; oggi lo ritroviamo nell’atto di battezzare presso il Giordano quando Gesù inizia il suo ministero. Il fatto suscita gelosia nei discepoli di Giovanni, ma lui, da una parte li aiuta a riscoprire il primato di Gesù, “lo sposo che viene“, e dall’altra ricorda che il suo compito è quello di prepararne la venuta, di essere l’amico dello sposo e che, quindi mentre Gesù cresce in importanza, lui deve diminuire. Ciascuno di noi deve, come il Battista, preparare la strada all’incontro con Gesù, in particolare se siamo genitori, educatori, catechisti e sacerdoti: quali insegnamenti ci vengono in questo compito, dal comportamento di Giovanni? L’annuncio riguarda la persona di Gesù e non le nostre idee e chi    ci ascolta deve essere affascinato dal Vangelo, non dalla nostra persona. Questo non è facile perché ciascuno di noi ha una sua personalità, sensibilità, formazione e un modo di vedere Gesù che siamo tentati di ritenere il migliore. Spesso si instaura tra chi educa e chi viene educato un rapporto di comunione profonda con il pericolo di una dipendenza che non lascia più libero l’educando dal suo educatore. Noi, al contrario, dobbiamo essere aperti come Giovanni Battista e Paolo ricordando che è il Signore da conoscere e da amare e che gli altri sono solo strumento.

    Giovanni ci insegna che dobbiamo essere capaci di metterci da parte. Ogni educatore deve saper portare chi gli è affidato a fare scelte libere e responsabili. Anche un genitore verso i figli passa da uno stato di autorità a uno di sempre maggiore libertà. Come educatori chiediamo allora di essere come Giovanni, alla continua ricerca del progetto di Dio su chi ci è affidato, pronti ad aiutarlo.

  • Il pensiero della settimana – IVª domenica di Avvento

    Il pensiero della settimana – IVª domenica di Avvento

    Carissimi, le letture di oggi sembrano proprio fuori stagione: siamo in Avvento, ci stiamo preparando al Natale e i brani ci descrivono l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, la domenica delle palme.

    Si parla di una venuta, di un Re che arriva in Gerusalemme accolto festosamente dalla folla, dai semplici (non dai notabili, dai capi religiosi e politici), cavalcando un puledro (non un cavallo da guerra).

    È paragonabile a quanto succede a Natale: viene il Re dei cieli, cantato dagli angeli, ma nelle vesti umili di un bambino accolto festosamente dai poveri e dai pastori, emarginati sociali. A Gerusalemme il canto delle folle “pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli” è lo stesso canto degli angeli a Betlemme.

    Tutto ciò esige un atto di fede: dobbiamo avere un cuore disponibile a Dio che vuole rivelarsi e non, invece, crearci un Dio a nostra immagine e somiglianza.

    Il ricordo della domenica delle palme proposto durante l’Avvento ci conferma che Gesù bambino è lo stesso Gesù crocifisso e risorto: è sempre il Figlio di Dio, che rivela l’amore del Padre incarnandosi, morendo e risorgendo per noi.

    Il Vangelo non è un libro di cui si possono scegliere le pagine che più interessano, trascurando quelle che non piacciono, ma è la testimonianza della vita e degli insegnamenti di una Persona, Gesù di Nazareth, che offre a tutti una proposta chiara, una bella notizia che comporta, però, la croce. Il Signore ci cambia il cuore: da sorgente di orgoglio, di gelosia e di cattiveria, a cuore nuovo, capace di amare, strumento di pace.

    Ci accompagni in questa settimana la Mamma di Gesù, che veneriamo come Immacolata, immune da ogni peccato, anche quello originale. Maria, che ha atteso per nove mesi Gesù, ci aiuti a vivere bene queste ultime settimane di avvento.

  • Il pensiero della settimana – IIIª domenica di Avvento

    Il pensiero della settimana – IIIª domenica di Avvento

    Il protagonista del Vangelo di questa domenica è ancora Giovanni Battista. Oggi lo vediamo in un momento difficile nella sua vita: è in carcere a causa della sua coerenza. Giovanni è un uomo in ricerca. Il Vangelo ci racconta dell’ambasciata che affida ad alcuni suoi discepoli per chiedere a Gesù: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?».

    Perché l’ha fatto? Per rivelare Gesù ai suoi discepoli o perché era un uomo in crisi e necessitava di certezze? Il comportamento di Gesù non corrispondeva alle aspettative, non era il giustiziere dei costumi corrotti dei suoi tempi, ma la rivelazione del perdono di Dio che vuole la salvezza del peccatore. Questo però non ha scoraggiato il Battista, non lo ha portato al rifiuto di Gesù come è successo ai farisei, ma ad una ricerca seria, a delle domande precise, ad un incontro più intimo con il Signore.

    È un richiamo forte per noi. Nelle difficoltà, nei dubbi di fede che magari ci portano alla scoraggiamento, siamo chiamati a riscoprire l’essenziale del nostro credere: Cristo morto e risorto, senso della nostra vita.
    Gesù elogia Giovanni per questo suo modo d’essere: non è una canna sbattuta dal vento, non un uomo molle, abbandonato a una vita comoda. È coraggioso, ha saputo tenere testa alle autorità corrotte, rimproverare loro la morale fino al martirio e non solo in un atto clamoroso, ma per tutta la vita, giorno per giorno, dall’inizio alla fine.

    Ecco un ulteriore richiamo per noi, facili all’entusiasmo del momento, a grandi propositi, ma anche allo scoraggiamento dovuto alla routine della vita, ai fastidi, al non vedere subito i risultati.

    Proviamo allora a chiederci: siamo anche noi in continua ricerca del vero volto di Gesù?

    Guidati da Giovanni Battista viviamo in pienezza questa terza settimana di avvento.

  • Il pensiero della settimana – IIª domenica di Avvento

    Il pensiero della settimana – IIª domenica di Avvento

    L’Avvento si può paragonare a un corso di esercizi spirituali in preparazione al Natale: i maestri di Spirito che ci predicano, sono Isaia, Giovanni Battista e Maria.

    Isaia è il profeta che più a fondo ha rivelato la natura del Messia, come l’Emmanuele (il Dio con noi, nel mistero del Natale) e come il Servo di Jahvè (il Messia che soffre nel mistero della croce).

    Giovanni Battista è il protagonista del Vangelo di oggi. È l’ultimo, il più grande dei profeti, colui che realizza quanto Isaia aveva profetizzato. Ci dice con forza che il Natale esige conversione. Dobbiamo preparare la via del Signore e raddrizzare le strade, cioè verificare la nostra condotta, gli orientamenti di fondo, le lacune nella vita spirituale. Un Natale che non ci cambia, che non ci mette in crisi, non è un Natale cristiano. Gesù è venuto per rivoluzionare il mondo, per mettervi come legge il servizio e l’amore, invece del dominio e dell’odio.

    Il Natale – ci insegna ancora Giovanni – presuppone il deserto, che è la premessa e la condizione per la riflessione e per la conversione. Se non ci domandiamo seriamente che cosa è il Natale per noi, rischiamo di non capire neppure il grande dono di Dio che viene per noi e in noi, per renderci creature nuove.
    Gesù è venuto a dirci che Dio è padre e che, proprio perché è padre di tutti, gli altri sono nostri fratelli. La preghiera deve essere più filiale e la solidarietà più fattiva.

    Chiediamo al Signore di fare nostro il richiamo di Giovanni. Lasciamoci illuminare dalla sua Parola, raggiungere dal suo perdono, animare dal suo amore, così che il Natale sia veramente il nascere di Gesù nella nostra vita.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana – Iª domenica di Avvento

    Il pensiero della settimana – Iª domenica di Avvento

    Oggi è il capodanno della vita della Chiesa, del suo celebrare i misteri del Signore, che ha i suoi momenti più forti nel Natale, nella Pasqua e nella Pentecoste. L’Avvento è attesa di una venuta: per noi credenti tutta la vita e tutta la storia umana sono un’attesa.

    Per noi cristiani la storia ha inizio nella mente e nel cuore di Dio e ha una fine che è la venuta di Gesù. Tutta la creazione è stata fatta per Lui e in vista di Lui. La venuta di Gesù si realizza in due tempi: nella storia (il Natale che chiude il vecchio Testamento) e alla fine dei tempi, in cui Gesù si rivela giudice glorioso. Di per sé ci stiamo preparando a rivivere la prima venuta, il Natale storico, ma se meditiamo bene le letture di oggi, ci accorgiamo che parlano più della seconda.

    Il Vangelo fa riferimento alla fine di Gerusalemme (rappresentata dal tempio) e alla fine del mondo. Si parla della fine e, quindi, è un discorso che ci fa paura. È invece necessario, come prosegue il testo evangelico, “alzare lo sguardo, perché la vostra liberazione è vicina”.

    Ora, mentre sappiamo qualcosa della prima venuta (cioè dove e quando è nato Gesù), non sappiamo nulla di quella finale. Gesù non ci ha detto la data, ma ci ha offerto un programma per spendere bene la vita. Ci ha chiesto di rimanere svegli, vigilanti, attenti. Nel tempo che trascorre tra la prima e la seconda venuta, Gesù non ci lascia soli, cammina con noi, è luce nella vita, ci dà la certezza di farcela

    .Cerchiamo allora di fare spazio al Signore che viene con un ascolto più attento della Parola, vivendo meglio l’incontro domenicale della S. Messa, scoprendo Gesù nel volto dei poveri, degli ultimi, di quelli che soffrono, facendoci aiutare da Maria che ha vissuto nove mesi di Avvento.

    Buon avvento a tutti!.
    don Alberto