Categoria: Omelie

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Seconda Domenica di Avvento

    L’Avvento è un corso di Esercizi spirituali: i predicatori sono Isaia, Giovanni Battista e Maria.

    Isaia è il profeta messianico per eccellenza: ha rivelato la natura del Messia come “l’Emmanuele”, il Dio
    con noi, preannunciando il mistero del Natale e come il “Servo di Jahwè” sofferente, prevedendo il mistero della Croce.

    Maria la contempleremo l’8 dicembre come l’Immacolata e nella sua Divina Maternità.

    Che cosa ci insegna Giovanni Battista? Innanzitutto, ci ricorda che il Natale esige la conversione. Giovanni Battista è un maestro molto concreto: sa indicare a tutti un modo di conversione e, pur esigendo da tutti un cambiamento, sa valutare quanto possono dare. Non chiede a nessuno di cambiare professione o mestiere, ma di cambiare il modo di esercitarlo: ogni strada può portare alla santità. E’ importante fare sempre un passo, non fermarci. A tutti chiede la solidarietà e la condivisione.

    Giovanni è cosciente che non basta la buona volontà per salvare l’uomo. La conversione vera è frutto
    dello Spirito Santo, che è il fuoco che brucia il nostro peccato e ci carica di quell’amore di condividere con gli altri quanto possediamo.

    Il ministero di Giovanni ha come sfondo il deserto: è lontano dal frastuono che l’uomo incontra Dio e può
    ascoltare la sua Parola, senza il silenzio non possiamo né capire, né vivere il Natale.

    Chiediamo a Gesù la voglia e la forza di convertirci, ascoltando, nel silenzio, la sua Parola e condividendo con gli altri l’amore ricevuto.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Prima Domenica di Avvento

    Oggi inizia l’Avvento. Da oggi la Chiesa celebra i misteri del Signore con uno dei suoi momenti più forti. Come vivere queste sei settimane in preparazione al Natale?

    Innanzitutto, proprio partendo dal senso stesso dell’Avvento, che è l’attesa di una venuta. Tutta la nostra vita, tutta la storia umana è un’attesa. Per noi cristiani la storia ha un inizio nella mente e nel cuore di Dio e ha un fine che è la venuta di Gesù.

    La venuta di Gesù che si realizza in due tempi: una nella storia (il Natale), che chiude il Primo Testamento, e una alla fine in cui Gesù si rivelerà giudice glorioso come oggi ci narra la seconda lettura. Il brano del Vangelo di Matteo (discorso sulle “ultime cose”) per noi è difficile, perché non siamo abituati al linguaggio apocalittico.

    Ora, mentre sappiamo qualcosa della prima venuta, quella storica, dove e quando è nato Gesù, non sappiamo nulla di quella finale.

    Gesù non ci ha detto la data, ma un programma, per farci vivere bene e non trovarci impreparati. E non ci ha lasciati soli in questo tempo tra la prima e la seconda venuta: “Io sarò con voi fino alla fine del mondo”. Gesù viene ogni giorno, cammina con noi, in particolare nella celebrazione eucaristica: è per questo che ci impegneremo in modo particolare a vivere bene la nostra Messa domenicale. “Il Signore che viene”, trovi il nostro cuore aperto. Viviamo questo tempo avendo come modello Maria, che ha fatto nove mesi di Avvento, nel suo ascolto, nel ringraziare il Signore e nel servire gli altri.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

    Oggi è l’ultima domenica dell’anno liturgico e la Chiesa ci fa celebrare la
    festa di Cristo Re dell’Universo e Pastore della Chiesa.

    Gesù è il re nel senso biblico: Gesù vince ogni opposizione, anche la morte. Ma questo non l’ha fatto sentire sopra di noi, nostro padrone: Gesù accetta il titolo di re solo sulla Croce, quando dona tutto se stesso per gli uomini, per il suo gregge.

    Alla fine della vita Gesù sarà giudice, ma il suo sarà un giudizio che arriva dopo un lungo lavoro di amore e di perdono.

    Gesù non manda nessuno all’inferno, però rispetta la nostra libertà e si allontana da noi solo se non l’abbiamo voluto. I sudditi di questo re sono persone libere, volontarie e corresponsabili che seguono Gesù nel suo stile di vita, di donazione
    e condivisione, capaci di riscoprire ed onorarlo in ogni persona. Questa è la cosa più difficile: Gesù viaggia sempre in incognita. Uno dei peccati più frequenti che possiamo fare è quello della “distrazione”, non tanto nella preghiera, quanto nella vita. Il giudizio sarà su questa domanda: siamo stati capaci di riscoprirlo in chi indossa i panni di tutti i giorni, nei volti normali, magari i meno belli?

    Oggi è la Giornata diocesana Caritas: è l’occasione per verificare se siamo “sudditi” secondo il cuore di Gesù, con il cuore attento al fratello che ha bisogno. La Caritas ha il compito di richiamarci continuamente a questo stile di vita e di aiutarci a realizzarlo. A Gesù, che nell’Eucarestia si offre come “pane spezzato”, chiediamo la capacità di spezzare, a nostra volta, il pane ai fratelli.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    La parabola del Vangelo è una lettura della storia della salvezza: i primi invitati al banchetto sono gli Ebrei, ma a questo segno di elezione alcuni rispondono con indifferenza, rifiuto, perfino ostilità violenta.

    A questo punto c’è il castigo e la chiamata alla salvezza anche dei pagani.
    Nella parabola si evidenzia l’amore gratuito, totale di Dio che chiama ogni uomo a partecipare alla sua gioia.

    Si sottolinea, insieme alla chiamata, la risposta dell’uomo. L’invito al banchetto ha risposte diverse: c’è chi lo rifiuta perché non è disposto a mutare il centro d’interesse della propria vita. C’è chi, invece, lo accetta, ma non ne capisce il significato: l’amore del Signore è qualcosa che rinnova e, se accettiamo questo amore, ”la veste” della nostra vita deve cambiare.

    Matteo non specifica in che cosa consiste questa veste nuziale: ma ognuno di noi quando entra in comunione con Dio, deve cambiare.

    Il Signore ci conosce profondamente: sa quanto è difficile per noi lasciarci amare, per questo ha voluto che ci fosse un banchetto, segno, richiamo, anticipo di quel Banchetto Eucaristico a cui ci invita.

    Anche noi a questo banchetto, talvolta forse abbiamo preferito altre cose…
    Ma il Signore non si stanca, continua a chiamarci, vuole che diventiamo partecipi della sua gioia, si fa cibo per noi.

    Chiediamo al Signore di saper sempre vivere con fede e speranza l’Eucaristia, ogni domenica, nell’attesa di partecipare, alla fine, al Banchetto celeste.

    don Alberto

  • Commemorare i defuntie i santi (sempre)!

    Commemorare i defunti
    e i santi (sempre)!

    La festa di Ognissanti e la commemorazione di tutti i fedeli defunti (1 e 2 novembre) ci invitatano ad approfondire il senso della vita e della morte.

    Nelle nostre case sono presenti le fotografie dei familiari defunti. A volte, sulle pareti o sui mobili di alcune camere, si trovano anche le immagini dei santi a cui siamo più devoti. Abbiamo bisogno che i nostri occhi incrocino il loro sguardo, per ravvivare la fiamma d’amore che cova sotto la cenere.

    Quando ci rechiamo presso la tomba dei nostri cari abbiamo il desiderio di continuare a parlare con loro, così come facevamo quando erano accanto a noi. Questo colloquio diventa preghiera, perchè sappiamo che loro vivono presso il Signore e Lui può rendere sempre nuovo questo legame.

    Anche con i santi si innesca un procedimento simile; a volte li abbiamo incrociati durante la giovinezza, altre volte li abbiamo conosciuti tramite la televisione o un episodio della loro vita letta su un giornale … Il Signore ce li fa ritrovare in maniera improvvisa, soprattutto quando c’è un dispiacere che ci consuma. Proprio in queste circostanze è sufficiente il loro sguardo, oppure una frase incisiva che ci hanno trasmesso, per mettere la pace di Dio nel nostro cuore.

    In questi anni però ci accorgiamo che stanno diminuendo sia i pellegrinaggi nei luoghi dove sono vissuti i santi più famosi, sia la visita frequente ai cimiteri per ricordare i propri defunti. Sono tanti i motivi che possono spiegare questo fenomeno: la secolarizzazione; la vita più intensa che lascia solo poche pause lungo la settimana …

    Io penso che ci sia anche un’altra motivazione: è lo sgomento che ci prende quando sperimentiamo accanto a noi la realtà della morte. Sappiamo che anche noi dovremo morire, ma non riusciamo a meditare su questo argomento in modo maturo. Istintivamente allontaniamo questo pensiero con parecchi espedienti: ci illudiamo di essere ancora giovani; contro le malattie prendiamo tante precauzioni; il rischio della guerra riguarda sempre altri popoli …

    Nel momento in cui si immaginano il proprio futuro, per molti cristiani, che pure credono che Gesù è risorto da morte, anche la speranza nella vita eterna rischia di rimanere un miraggio.

    Quando durante un funerale i nipoti promettono al nonno che non lo dimenticheranno mai, sembra che, senza il loro ricordo, questa persona scomparirà per sempre.

    Invece i credenti sanno che Gesù è il Signore dei vivi e dei morti; per questo in Lui, che è vivo per sempre, questa comunicazione con i santi e i defunti è un’opportunità perenne.

    don Sandro

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    I Domenica dopo la dedicazione del Duomo

    Oggi la nostra diocesi celebra la Giornata missionaria: siamo invitati a pregare per
    i nostri missionari e a pensare come poterli aiutare. L’annuncio che, in Gesù, siamo tutti figli dello stesso Padre, il missionario lo fa,non solo con la Parola, ma anche con la testimonianza di un amore concreto, che si china, come il buon Samaritano, sugli ultimi dell’umanità.

    Ma tutto questo non è sufficiente: per amare veramente i nostri missionari dobbiamo scoprire sempre più profondamente che anche noi, dobbiamo essere missionari.

    Il Vangelo ci porta le parole di Gesù, nel giorno dell’Ascensione e ci accorgiamo che questo annuncio è un comando esplicito di Gesù. Il richiamo a questo aspetto della vita del cristiano è
    continuo nelle parole sia del Papa che del nostro Arcivescovo.

    Forse ci spaventa il compito, perché sentiamo l’inadeguatezza della nostra opera riguardo a un mondo che sembra sempre più lontano da Dio, chiuso al senso religioso vero.

    La 1°Lettura ci fa scoprire che il protagonista di questa evangelizzazione è lo Spirito Santo.

    Paolo, nella 2° Lettura, ricorda che chiamato da Gesù, con la forza dello Spirito, ha realizzato il suo ministero.

    E Gesù, nel brano di Vangelo, assicura “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

    Ecco perché, per tutti i missionari in prima linea e per noi nelle retrovie, è indispensabile invocare il dono dello Spirito di Gesù risorto e rimanere in comunione con Lui.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    La liturgia celebra oggi la festa della Dedicazione del Duomo, cioè l’anniversario della sua consacrazione.

    La parola “Duomo”, che deriva dal latino “domus” significa casa. Di “Casa” parla Pietro nella prima Lettura, in cui presenta la Chiesa come edificio spirituale in cui Cristo è la pietra angolare e noi siamo pietre vive.

    Torna su questa immagine anche Gesù nel Vangelo, ma la presenta come simbolo della vita cristiana, come una casa costruita con fondamenta sulla roccia, sicura anche dalle piene del fiume.

    È un richiamo al nostro essere Chiesa: nel battesimo siamo inseriti in una Comunità parrocchiale, parte di una Comunità più vasta che è la Diocesi che ha nel Duomo il suo centro e che, in comunione col Papa, è la Chiesa cattolica presente in Milano.

    Di questa Chiesa dobbiamo essere “pietre vive”, sentirci uniti e corresponsabili della sua vita, tenendo sempre come punto di riferimento la comunione piena con Gesù.

    Il Duomo è anche Cattedrale, cioè sede del Vescovo, che ha lì la sua cattedra. La seconda lettura parla del Vescovo come capo della Comunità e Pastore e, la Lettera agli Ebrei, ci ricorda che dobbiamo obbedienza ai nostri capi.

    Quest’anno il nostro Vescovo ci richiama alla preghiera e, in particolare, all’Eucarestia che è il vertice della vita cristiana.

    Il Vangelo ci ricorda che non possiamo limitarci a dire “Signore, Signore”, ma dobbiamo fare quanto il Signore dice. Solo così la nostra “casa”, la nostra vita, è fondata sulla “roccia” che è Gesù.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    La Liturgia di oggi prende in esame uno degli aspetti del comandamento dell’amore verso il prossimo: le tre letture parlano della forma di carità che è l’accoglienza, l’ospitalità.

    La prima lettura narra dell’ospitalità offerta generosamente ad Elia da una povera vedova di Sarepta. La lettera agli Ebrei ricorda diversi modi di esercitare la carità, e per primo l’ospitalità. Infine, nel Vangelo, Gesù insiste sull’accoglienza dei suoi discepoli, dei profeti, dei giusti, dei piccoli. Il Vangelo ci presenta l’ospitalità come atto di culto: ogni gesto di carità, di attenzione, anche il più piccolo come l’offrire un bicchiere d’acqua, ha come destinatario ultimo, Gesù stesso e il Padre. Proprio perché è a Gesù che noi offriamo la nostra attenzione, l’accoglienza è per tutti e, se vogliamo fare preferenze, è per coloro che contano meno.

    Il tema dell’accoglienza è di attualità. Tutti diventiamo diffidenti del prossimo che può abusare della nostra bontà o che, può mettere in pericolo la nostra sicurezza economica, come gli stranieri che bussano alla nostra porta.

    La Parola di Dio di oggi sprona i cristiani impegnati in ambito socio-politico all’integrazione pacifica e dignitosa di queste persone.

    Ma tutti certamente dobbiamo chiederci se la nostra casa è ospitale ; se siamo attenti “ai piccoli“, a quelli che non contano; se siamo capaci “di offrire un bicchiere d’acqua, a chi ce lo chiede; se condividiamo quel poco che abbiamo: il Signore sicuramente farà i miracoli e non si lascerà vincere in generosità.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Domenica V dopo martirio di S. Giovanni

    Carissimi,
    la pagina evangelica di oggi fa parte del discorso programmatico di Gesù nel Vangelo di Luca ed è certo tra quelle più note. Prende in esame il primo comandamento, cioè l’amore verso il prossimo, vissuto nella radicalità del Vangelo e, quindi, anche verso i nemici. Proviamo a farci due domande, ricercando la risposta nella Parola del Signore.

    Che cosa significa amare?

    Amore, nel linguaggio evangelico, non è tanto un sentimento istintivo, di piacere nello stare con
    una persona o di possederla (èros), ma l’amore di donazione (agàpe). Nello stile di Gesù è la volontà di condividere i doni che abbiamo, di metterci al servizio, di accogliere l’altro. Amare è rompere quella spirale di violenza quasi innata in noi, è porgere l’altra guancia, è perdonare ed accogliere l’altro anche se ci odia.

    Ma perché devo amare?

    La Parola di Dio fonda questo tipo di amore solo su motivi di fede. Dobbiamo amare gli altri
    perché Dio ci ha amati: tutto quanto abbiamo è dono gratuito, in particolare il perdono che continuamente Dio ci dà; per essere figli di quel Padre, che ama tutti, anche gli stranieri e che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi; per essere discepoli di Chi ha perdonato chi lo metteva in croce, ha chiamato amico il traditore, ha confermato papa Pietro che lo aveva rinnegato.

    L’ultimo, definitivo giudizio sarà proprio sull’amore; se avremo riscoperto il Signore in ogni persona durante la vita e la misura che noi useremo per giudicare gli altri, sarà usata per noi nel giudizio.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Domenica IV dopo martirio di S. Giovanni

    Tema della Liturgia di questa domenica è l’Eucarestia: è preannunciata nell’Antico Testamento ed è realizzato da Gesù, come sempre in modo imprevedibile, donando come cibo del banchetto il suo Corpo, e come vino il suo Sangue. Gesù fa questo discorso dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci ai suoi uditori che lo ricercano per farlo re; ricorda che è venuto a portare un pane ben più importante che è la sua Persona. Gesù realizzerà tutto questo, in modo misterioso, ma reale, nell’Ultima Cena. I legami tra questo racconto e l’istituzione dell’Eucarestia sono evidenti.

    Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci viene descritto dagli evangelisti con le stesse parole della Cena.

    Con questo discorso, Giovanni trova l’occasione di risvegliare i suoi fedeli al senso vero di quel gesto che non è un simbolo, ma è un vero mangiare il Corpo del Signore che è la piena comunione con il Signore e, nel Signore, la piena comunione con i fratelli.

    L’Eucarestia è espressione e sorgente del nostro essere Chiesa ed è premessa ed invito a una seria vita di carità.

    Proviamo, allora, a lasciarci interrogare dall’ Eucarestia. Credo davvero che il mio è un mangiare il Corpo del Signore e bere il suo Sangue? C’è la preparazione a riceverlo?

    L’Eucarestia è un gesto comunitario che mi ricorda e mi fa vivere l’essere Chiesa?

    Come per moltiplicare i pani e i pesci, anche oggi Gesù accoglie quel poco che gli viene offerto, perché Il Signore spezza il pane a chi ha fame, anche attraverso il mio gesto di condivisione.

    don Alberto