Categoria: Omelie

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Domenica dell’Incarnazione

    Oggi celebriamo la Maternità divina di Maria e il mistero dell’Incarnazione: il Figlio di Dio, al sì di Maria, per opera dello Spirito Santo, prende carne e diventa uno di noi.

    È il fondamento di tutti gli altri misteri riguardanti Gesù. Un mistero accennato nell’Antico Testamento che supera tutte le aspettative: nessun profeta o patriarca ha pensato a tanto!

    Ci sono due verità evidenti.

    La prima è che è un fatto storico ben preciso, non una favola o un racconto: viene presentato il luogo, il nome della ragazza, la sua situazione familiare; tutto avviene per iniziativa di Dio che entra nella storia. Lo Spirito Santo rende Maria, Madre di Dio.

    È un mistero che supera la nostra capacità di comprensione, eppure Dio l’ha voluto perché ha mantenuto le sue promesse. Il Signore fa sua la nostra esperienza umana, condivide la nostra vita, dandole un senso e un valore nuovo in tutto, anche al dolore, e ci dà la certezza che la vittoria sarà sempre del bene.

    La seconda verità è che anche questo mistero è un dono che va accolto. La prima lettura è un invito a preparare il nostro cuore. Il Signore agisce nella storia da Padre: per realizzare questo mistero chiede il “Sì” di una ragazzina di Nazareth, paesino sconosciuto della Galilea.

    Dio, per nascere dentro di noi, chiede il “Sì” della nostra libertà; per continuare la sua presenza nel mondo, chiede il “Sì” di ciascuno di noi, per essere testimoni del suo amore.

    Chiediamo al Signore che ciascuno di noi possa dire, come Maria, il proprio “Sì”.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    IVa Domenica di Avvento

    Oggi ricompare la guida spirituale di tutto l’Avvento: Giovanni Battista. L’abbiamo già incontrato come “voce di uno che grida nel deserto” e come uomo in ricerca, ma ora la Liturgia ce lo presenta come “Il Testimone” (per 3 volte ricorre questo termine nel Vangelo), come colui che indica, in Gesù, il Messia atteso. Giovanni Battista non era la luce, ma doveva dar testimonianza alla Luce, accompagnarci a riscoprire in Gesù il Messia pensato dall’eternità. Egli nasce a Betlemme e viene per rivelare il Padre. Viene anche oggi, come 200 anni fa. Egli ci rivela Dio con la sua parola e con la sua vita. Quanto spazio diamo alla lettura e alla riflessione sulla Parola di Dio?

    II Signore viene a purificare il senso religioso, per educarci a un rapporto filiale con Dio. Viene a rivelare il Padre, in particolare nella sua misericordia. Qual è il nostro rapporto con Dio? È di abbandono fiducioso a Lui, anche nei momenti difficili, o lo pensiamo come un giudice da tener buono alla fine? Di tutto questo non possiamo limitarci ad essere convinti e a viverlo personalmente, ma come Giovanni dobbiamo esserne testimoni, non con le parole, ma con l’esempio. Ricordava Paolo VI che il mondo ha bisogno più di testimoni che di maestri e accetta uno come maestro se lo vede testimone in prima persona nel vivere
    quanto annuncia. Chiediamo a Giovanni di aiutarci a riscoprire continuamente la nostra missione di essere testimoni del Natale con la nostra vita.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    IVa Domenica di Avvento

    Le Letture di questa domenica sembrano fuori stagione: siamo nell’Avvento in preparazione al S. Natale e ci parlano dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme, la domenica delle Palme. Se riflettiamo bene, ci accorgiamo che sono pagine che ci aiutano nel cammino di preparazione verso il Natale.

    Si parla di una venuta di un re che viene in Gerusalemme accolto festosamente dalla folla, dai semplici (non dai notabili, dai capi religiosi e politici), cavalcando un’asina, non un cavallo da guerra!

    È quanto avverrà a Natale: viene il “re dei cieli”, cantato e lodato dagli Angeli, nelle vesti umili di un bambino, accolto festosamente dai poveri come i pastori. Dobbiamo essere disponibili a come Dio vuole
    rivelarsi e non crearci un Dio a nostra immagine.

    È, inoltre, una venuta preannunciata: Matteo fa notare che in Gesù si adempiono le Scritture, quanto Dio aveva preannunciato. Il Natale ci ricorda che il Signore è sempre fedele e non viene mai meno alla sua parola. Il Vangelo ci dice che Gesù “bambino” è lo stesso Gesù crocifisso e risorto: è sempre il Figlio di Dio, che rivela l’amore incarnandosi, morendo e risorgendo per noi.

    Il Vangelo non è un libro, di cui possiamo scegliere le pagine che più ci interessano, ma è una Persona, con una proposta chiara di vita, certamente una bella notizia, ma che comporta la Croce, premessa di risurrezione.

    Lasciamo entrare Gesù nel nostro cuore come è entrato in Gerusalemme; la sua Parola penetri nella nostra vita e il suo Perdono tolga la radice del male che è il peccato.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    IIIa Domenica di Avvento

    Protagonista del Vangelo di questa domenica è ancora Giovanni Battista. Oggi lo vediamo in un momento difficile della sua vita, in carcere per la sua coerenza.
    Il Vangelo ci presenta l’ambasciata di alcuni discepoli da parte di Giovanni: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”. Qual è il senso di questa missione? Per rivelare Gesù ai suoi discepoli, staccandoli da sè o perché era un uomo in crisi? Il comportamento di Gesù non corrisponde al suo pensiero: Gesù non è il giustiziere dei costumi corrotti, ma la rivelazione del perdono di Dio che vuole la salvezza del peccatore. Ma questo non lo scoraggia e non lo porta al rifiuto come i farisei, ma ad una ricerca seria, a delle domande precise, ad un incontro più intimo con il Signore. È un richiamo forte per noi, nei dubbi di fede che ci portano allo scoraggiamento, alla delusione.

    Giovanni è un uomo coerente e forte. Gesù lo elogia per questo aspetto. Ha saputo tenere testa alle autorità corrotte, rimproverare loro la condotta immorale, fino al martirio.

    Anche questo è un richiamo per noi, che siamo facili all’entusiasmo del momento, facciamo grandi propositi, ma la routine della vita, i fastidi, il non vedere subito i risultati ci porta allo scoraggiamento.

    Proviamo allora a chiederci, tenendo davanti la pagina di Vangelo: siamo anche noi in continua ricerca del vero volto di Gesù? La nostra vita concreta, infine, è un dare ragione che il Signore è con noi e che ci può cambiare e può renderci capaci di miracoli?

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Seconda Domenica di Avvento

    L’Avvento è un corso di Esercizi spirituali: i predicatori sono Isaia, Giovanni Battista e Maria.

    Isaia è il profeta messianico per eccellenza: ha rivelato la natura del Messia come “l’Emmanuele”, il Dio
    con noi, preannunciando il mistero del Natale e come il “Servo di Jahwè” sofferente, prevedendo il mistero della Croce.

    Maria la contempleremo l’8 dicembre come l’Immacolata e nella sua Divina Maternità.

    Che cosa ci insegna Giovanni Battista? Innanzitutto, ci ricorda che il Natale esige la conversione. Giovanni Battista è un maestro molto concreto: sa indicare a tutti un modo di conversione e, pur esigendo da tutti un cambiamento, sa valutare quanto possono dare. Non chiede a nessuno di cambiare professione o mestiere, ma di cambiare il modo di esercitarlo: ogni strada può portare alla santità. E’ importante fare sempre un passo, non fermarci. A tutti chiede la solidarietà e la condivisione.

    Giovanni è cosciente che non basta la buona volontà per salvare l’uomo. La conversione vera è frutto
    dello Spirito Santo, che è il fuoco che brucia il nostro peccato e ci carica di quell’amore di condividere con gli altri quanto possediamo.

    Il ministero di Giovanni ha come sfondo il deserto: è lontano dal frastuono che l’uomo incontra Dio e può
    ascoltare la sua Parola, senza il silenzio non possiamo né capire, né vivere il Natale.

    Chiediamo a Gesù la voglia e la forza di convertirci, ascoltando, nel silenzio, la sua Parola e condividendo con gli altri l’amore ricevuto.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Prima Domenica di Avvento

    Oggi inizia l’Avvento. Da oggi la Chiesa celebra i misteri del Signore con uno dei suoi momenti più forti. Come vivere queste sei settimane in preparazione al Natale?

    Innanzitutto, proprio partendo dal senso stesso dell’Avvento, che è l’attesa di una venuta. Tutta la nostra vita, tutta la storia umana è un’attesa. Per noi cristiani la storia ha un inizio nella mente e nel cuore di Dio e ha un fine che è la venuta di Gesù.

    La venuta di Gesù che si realizza in due tempi: una nella storia (il Natale), che chiude il Primo Testamento, e una alla fine in cui Gesù si rivelerà giudice glorioso come oggi ci narra la seconda lettura. Il brano del Vangelo di Matteo (discorso sulle “ultime cose”) per noi è difficile, perché non siamo abituati al linguaggio apocalittico.

    Ora, mentre sappiamo qualcosa della prima venuta, quella storica, dove e quando è nato Gesù, non sappiamo nulla di quella finale.

    Gesù non ci ha detto la data, ma un programma, per farci vivere bene e non trovarci impreparati. E non ci ha lasciati soli in questo tempo tra la prima e la seconda venuta: “Io sarò con voi fino alla fine del mondo”. Gesù viene ogni giorno, cammina con noi, in particolare nella celebrazione eucaristica: è per questo che ci impegneremo in modo particolare a vivere bene la nostra Messa domenicale. “Il Signore che viene”, trovi il nostro cuore aperto. Viviamo questo tempo avendo come modello Maria, che ha fatto nove mesi di Avvento, nel suo ascolto, nel ringraziare il Signore e nel servire gli altri.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

    Oggi è l’ultima domenica dell’anno liturgico e la Chiesa ci fa celebrare la
    festa di Cristo Re dell’Universo e Pastore della Chiesa.

    Gesù è il re nel senso biblico: Gesù vince ogni opposizione, anche la morte. Ma questo non l’ha fatto sentire sopra di noi, nostro padrone: Gesù accetta il titolo di re solo sulla Croce, quando dona tutto se stesso per gli uomini, per il suo gregge.

    Alla fine della vita Gesù sarà giudice, ma il suo sarà un giudizio che arriva dopo un lungo lavoro di amore e di perdono.

    Gesù non manda nessuno all’inferno, però rispetta la nostra libertà e si allontana da noi solo se non l’abbiamo voluto. I sudditi di questo re sono persone libere, volontarie e corresponsabili che seguono Gesù nel suo stile di vita, di donazione
    e condivisione, capaci di riscoprire ed onorarlo in ogni persona. Questa è la cosa più difficile: Gesù viaggia sempre in incognita. Uno dei peccati più frequenti che possiamo fare è quello della “distrazione”, non tanto nella preghiera, quanto nella vita. Il giudizio sarà su questa domanda: siamo stati capaci di riscoprirlo in chi indossa i panni di tutti i giorni, nei volti normali, magari i meno belli?

    Oggi è la Giornata diocesana Caritas: è l’occasione per verificare se siamo “sudditi” secondo il cuore di Gesù, con il cuore attento al fratello che ha bisogno. La Caritas ha il compito di richiamarci continuamente a questo stile di vita e di aiutarci a realizzarlo. A Gesù, che nell’Eucarestia si offre come “pane spezzato”, chiediamo la capacità di spezzare, a nostra volta, il pane ai fratelli.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    La parabola del Vangelo è una lettura della storia della salvezza: i primi invitati al banchetto sono gli Ebrei, ma a questo segno di elezione alcuni rispondono con indifferenza, rifiuto, perfino ostilità violenta.

    A questo punto c’è il castigo e la chiamata alla salvezza anche dei pagani.
    Nella parabola si evidenzia l’amore gratuito, totale di Dio che chiama ogni uomo a partecipare alla sua gioia.

    Si sottolinea, insieme alla chiamata, la risposta dell’uomo. L’invito al banchetto ha risposte diverse: c’è chi lo rifiuta perché non è disposto a mutare il centro d’interesse della propria vita. C’è chi, invece, lo accetta, ma non ne capisce il significato: l’amore del Signore è qualcosa che rinnova e, se accettiamo questo amore, ”la veste” della nostra vita deve cambiare.

    Matteo non specifica in che cosa consiste questa veste nuziale: ma ognuno di noi quando entra in comunione con Dio, deve cambiare.

    Il Signore ci conosce profondamente: sa quanto è difficile per noi lasciarci amare, per questo ha voluto che ci fosse un banchetto, segno, richiamo, anticipo di quel Banchetto Eucaristico a cui ci invita.

    Anche noi a questo banchetto, talvolta forse abbiamo preferito altre cose…
    Ma il Signore non si stanca, continua a chiamarci, vuole che diventiamo partecipi della sua gioia, si fa cibo per noi.

    Chiediamo al Signore di saper sempre vivere con fede e speranza l’Eucaristia, ogni domenica, nell’attesa di partecipare, alla fine, al Banchetto celeste.

    don Alberto

  • Commemorare i defuntie i santi (sempre)!

    Commemorare i defunti
    e i santi (sempre)!

    La festa di Ognissanti e la commemorazione di tutti i fedeli defunti (1 e 2 novembre) ci invitatano ad approfondire il senso della vita e della morte.

    Nelle nostre case sono presenti le fotografie dei familiari defunti. A volte, sulle pareti o sui mobili di alcune camere, si trovano anche le immagini dei santi a cui siamo più devoti. Abbiamo bisogno che i nostri occhi incrocino il loro sguardo, per ravvivare la fiamma d’amore che cova sotto la cenere.

    Quando ci rechiamo presso la tomba dei nostri cari abbiamo il desiderio di continuare a parlare con loro, così come facevamo quando erano accanto a noi. Questo colloquio diventa preghiera, perchè sappiamo che loro vivono presso il Signore e Lui può rendere sempre nuovo questo legame.

    Anche con i santi si innesca un procedimento simile; a volte li abbiamo incrociati durante la giovinezza, altre volte li abbiamo conosciuti tramite la televisione o un episodio della loro vita letta su un giornale … Il Signore ce li fa ritrovare in maniera improvvisa, soprattutto quando c’è un dispiacere che ci consuma. Proprio in queste circostanze è sufficiente il loro sguardo, oppure una frase incisiva che ci hanno trasmesso, per mettere la pace di Dio nel nostro cuore.

    In questi anni però ci accorgiamo che stanno diminuendo sia i pellegrinaggi nei luoghi dove sono vissuti i santi più famosi, sia la visita frequente ai cimiteri per ricordare i propri defunti. Sono tanti i motivi che possono spiegare questo fenomeno: la secolarizzazione; la vita più intensa che lascia solo poche pause lungo la settimana …

    Io penso che ci sia anche un’altra motivazione: è lo sgomento che ci prende quando sperimentiamo accanto a noi la realtà della morte. Sappiamo che anche noi dovremo morire, ma non riusciamo a meditare su questo argomento in modo maturo. Istintivamente allontaniamo questo pensiero con parecchi espedienti: ci illudiamo di essere ancora giovani; contro le malattie prendiamo tante precauzioni; il rischio della guerra riguarda sempre altri popoli …

    Nel momento in cui si immaginano il proprio futuro, per molti cristiani, che pure credono che Gesù è risorto da morte, anche la speranza nella vita eterna rischia di rimanere un miraggio.

    Quando durante un funerale i nipoti promettono al nonno che non lo dimenticheranno mai, sembra che, senza il loro ricordo, questa persona scomparirà per sempre.

    Invece i credenti sanno che Gesù è il Signore dei vivi e dei morti; per questo in Lui, che è vivo per sempre, questa comunicazione con i santi e i defunti è un’opportunità perenne.

    don Sandro

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    I Domenica dopo la dedicazione del Duomo

    Oggi la nostra diocesi celebra la Giornata missionaria: siamo invitati a pregare per
    i nostri missionari e a pensare come poterli aiutare. L’annuncio che, in Gesù, siamo tutti figli dello stesso Padre, il missionario lo fa,non solo con la Parola, ma anche con la testimonianza di un amore concreto, che si china, come il buon Samaritano, sugli ultimi dell’umanità.

    Ma tutto questo non è sufficiente: per amare veramente i nostri missionari dobbiamo scoprire sempre più profondamente che anche noi, dobbiamo essere missionari.

    Il Vangelo ci porta le parole di Gesù, nel giorno dell’Ascensione e ci accorgiamo che questo annuncio è un comando esplicito di Gesù. Il richiamo a questo aspetto della vita del cristiano è
    continuo nelle parole sia del Papa che del nostro Arcivescovo.

    Forse ci spaventa il compito, perché sentiamo l’inadeguatezza della nostra opera riguardo a un mondo che sembra sempre più lontano da Dio, chiuso al senso religioso vero.

    La 1°Lettura ci fa scoprire che il protagonista di questa evangelizzazione è lo Spirito Santo.

    Paolo, nella 2° Lettura, ricorda che chiamato da Gesù, con la forza dello Spirito, ha realizzato il suo ministero.

    E Gesù, nel brano di Vangelo, assicura “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

    Ecco perché, per tutti i missionari in prima linea e per noi nelle retrovie, è indispensabile invocare il dono dello Spirito di Gesù risorto e rimanere in comunione con Lui.

    don Alberto