Categoria: Omelie

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    La liturgia celebra oggi la festa della Dedicazione del Duomo, cioè l’anniversario della sua consacrazione.

    La parola “Duomo”, che deriva dal latino “domus” significa casa. Di “Casa” parla Pietro nella prima Lettura, in cui presenta la Chiesa come edificio spirituale in cui Cristo è la pietra angolare e noi siamo pietre vive.

    Torna su questa immagine anche Gesù nel Vangelo, ma la presenta come simbolo della vita cristiana, come una casa costruita con fondamenta sulla roccia, sicura anche dalle piene del fiume.

    È un richiamo al nostro essere Chiesa: nel battesimo siamo inseriti in una Comunità parrocchiale, parte di una Comunità più vasta che è la Diocesi che ha nel Duomo il suo centro e che, in comunione col Papa, è la Chiesa cattolica presente in Milano.

    Di questa Chiesa dobbiamo essere “pietre vive”, sentirci uniti e corresponsabili della sua vita, tenendo sempre come punto di riferimento la comunione piena con Gesù.

    Il Duomo è anche Cattedrale, cioè sede del Vescovo, che ha lì la sua cattedra. La seconda lettura parla del Vescovo come capo della Comunità e Pastore e, la Lettera agli Ebrei, ci ricorda che dobbiamo obbedienza ai nostri capi.

    Quest’anno il nostro Vescovo ci richiama alla preghiera e, in particolare, all’Eucarestia che è il vertice della vita cristiana.

    Il Vangelo ci ricorda che non possiamo limitarci a dire “Signore, Signore”, ma dobbiamo fare quanto il Signore dice. Solo così la nostra “casa”, la nostra vita, è fondata sulla “roccia” che è Gesù.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    La Liturgia di oggi prende in esame uno degli aspetti del comandamento dell’amore verso il prossimo: le tre letture parlano della forma di carità che è l’accoglienza, l’ospitalità.

    La prima lettura narra dell’ospitalità offerta generosamente ad Elia da una povera vedova di Sarepta. La lettera agli Ebrei ricorda diversi modi di esercitare la carità, e per primo l’ospitalità. Infine, nel Vangelo, Gesù insiste sull’accoglienza dei suoi discepoli, dei profeti, dei giusti, dei piccoli. Il Vangelo ci presenta l’ospitalità come atto di culto: ogni gesto di carità, di attenzione, anche il più piccolo come l’offrire un bicchiere d’acqua, ha come destinatario ultimo, Gesù stesso e il Padre. Proprio perché è a Gesù che noi offriamo la nostra attenzione, l’accoglienza è per tutti e, se vogliamo fare preferenze, è per coloro che contano meno.

    Il tema dell’accoglienza è di attualità. Tutti diventiamo diffidenti del prossimo che può abusare della nostra bontà o che, può mettere in pericolo la nostra sicurezza economica, come gli stranieri che bussano alla nostra porta.

    La Parola di Dio di oggi sprona i cristiani impegnati in ambito socio-politico all’integrazione pacifica e dignitosa di queste persone.

    Ma tutti certamente dobbiamo chiederci se la nostra casa è ospitale ; se siamo attenti “ai piccoli“, a quelli che non contano; se siamo capaci “di offrire un bicchiere d’acqua, a chi ce lo chiede; se condividiamo quel poco che abbiamo: il Signore sicuramente farà i miracoli e non si lascerà vincere in generosità.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Domenica V dopo martirio di S. Giovanni

    Carissimi,
    la pagina evangelica di oggi fa parte del discorso programmatico di Gesù nel Vangelo di Luca ed è certo tra quelle più note. Prende in esame il primo comandamento, cioè l’amore verso il prossimo, vissuto nella radicalità del Vangelo e, quindi, anche verso i nemici. Proviamo a farci due domande, ricercando la risposta nella Parola del Signore.

    Che cosa significa amare?

    Amore, nel linguaggio evangelico, non è tanto un sentimento istintivo, di piacere nello stare con
    una persona o di possederla (èros), ma l’amore di donazione (agàpe). Nello stile di Gesù è la volontà di condividere i doni che abbiamo, di metterci al servizio, di accogliere l’altro. Amare è rompere quella spirale di violenza quasi innata in noi, è porgere l’altra guancia, è perdonare ed accogliere l’altro anche se ci odia.

    Ma perché devo amare?

    La Parola di Dio fonda questo tipo di amore solo su motivi di fede. Dobbiamo amare gli altri
    perché Dio ci ha amati: tutto quanto abbiamo è dono gratuito, in particolare il perdono che continuamente Dio ci dà; per essere figli di quel Padre, che ama tutti, anche gli stranieri e che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi; per essere discepoli di Chi ha perdonato chi lo metteva in croce, ha chiamato amico il traditore, ha confermato papa Pietro che lo aveva rinnegato.

    L’ultimo, definitivo giudizio sarà proprio sull’amore; se avremo riscoperto il Signore in ogni persona durante la vita e la misura che noi useremo per giudicare gli altri, sarà usata per noi nel giudizio.

    don Alberto

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    Il pensiero della settimana

    Domenica IV dopo martirio di S. Giovanni

    Tema della Liturgia di questa domenica è l’Eucarestia: è preannunciata nell’Antico Testamento ed è realizzato da Gesù, come sempre in modo imprevedibile, donando come cibo del banchetto il suo Corpo, e come vino il suo Sangue. Gesù fa questo discorso dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci ai suoi uditori che lo ricercano per farlo re; ricorda che è venuto a portare un pane ben più importante che è la sua Persona. Gesù realizzerà tutto questo, in modo misterioso, ma reale, nell’Ultima Cena. I legami tra questo racconto e l’istituzione dell’Eucarestia sono evidenti.

    Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci viene descritto dagli evangelisti con le stesse parole della Cena.

    Con questo discorso, Giovanni trova l’occasione di risvegliare i suoi fedeli al senso vero di quel gesto che non è un simbolo, ma è un vero mangiare il Corpo del Signore che è la piena comunione con il Signore e, nel Signore, la piena comunione con i fratelli.

    L’Eucarestia è espressione e sorgente del nostro essere Chiesa ed è premessa ed invito a una seria vita di carità.

    Proviamo, allora, a lasciarci interrogare dall’ Eucarestia. Credo davvero che il mio è un mangiare il Corpo del Signore e bere il suo Sangue? C’è la preparazione a riceverlo?

    L’Eucarestia è un gesto comunitario che mi ricorda e mi fa vivere l’essere Chiesa?

    Come per moltiplicare i pani e i pesci, anche oggi Gesù accoglie quel poco che gli viene offerto, perché Il Signore spezza il pane a chi ha fame, anche attraverso il mio gesto di condivisione.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    III Domenica dopo il martirio di S. Giovanni

    Le Letture di oggi non sono per nulla facili e questo ci ricorda che dobbiamo sempre accostarci alla Sacra Scrittura con pazienza, attenzione e disponibilità di cuore.

    Come ci insegnava il Card. Martini, si deve scoprire il senso letterale del brano e poi chiederci che cosa il
    Signore vuole dire a noi, con queste parole. Le Letture di oggi ci danno delle indicazioni preziose per il nuovo anno pastorale. È bene partire dalla 2° Lettura. Il primo impegno in assoluto per un cristiano è conoscere Gesù, nella sua identità e nella sua missione: non diamo per scontato di conoscerlo.

    Nel Vangelo Gesù ci ricorda che è il Figlio di Dio, mandato dal Padre che testimonia per Lui e di cui è venuto a rivelare, in particolare, l’amore misericordioso. È in questa luce che dobbiamo contemplare la
    Croce: è il momento più alto, più espressivo dell’identità di Gesù e della sua missione: Gesù crocefisso
    rivela da una parte il suo abbandono totale al Padre e dall’altro il suo amore per gli uomini.

    Certo la contemplazione del Crocefisso, ci impegna, a nostra volta, a donarci agli altri.

    Anche il Card. Martini alla domanda “chi è il vero cristiano? Uno che va a Messa o uno che si dà da
    fare per gli altri?”, rispondeva: “il vero cristiano è uno che si dà fare per gli altri perché è andato a
    Messa”. Solo riscoprendo e accogliendo l’amore del Signore, possiamo amare e donarci agli altri.

    Certamente non saremo mai perfetti, dovremo riconoscere sempre le nostre debolezze, i nostri peccati. Ma il Signore è pronto a perdonarci e a rinnovarci.

    don Alberto

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    Il pensiero della settimana

    II Domenica dopo il martirio di S. Giovanni

    L’immagine che lega le letture della liturgia di oggi è quella della vigna: il popolo di Israele è la
    “vigna” scelta ed amata dal Signore, che non dà i frutti sperati; la vigna è il Regno di Dio a cui
    tutti siamo chiamati a lavorare e che richiede la nostra risposta. La vigna è un dono, è una scelta
    d’amore gratuito di Dio che, però, esige di essere accolto, fatto fruttificare. Quindi non interessa per la salvezza se siamo figli di Abramo o cristiani, se conosciamo bene il Vangelo o sappiamo parlare bene.

    Quello che interessa sono le nostre scelte quotidiane più o meno coerenti al Vangelo. Se Gesù avesse narrato questa parabola al giorno d’oggi, dice un commentatore, probabilmente avrebbe parlato non solo di due figli, ma di ben quattro. Un terzo figlio, alla proposta del Padre di lavorare nella vigna, avrebbe chiesto tempo, un confronto a tavolino, uno studio della situazione, un dossier sulla vigna, magari lamentandosi del degrado di essa e poi, forse, non sarebbe neppure passato all’azione. Sono così certi cristiani che con la scusa che la Chiesa non è quella che
    dovrebbe essere, non si sporcano mai le mani per cambiarla. Il quarto figlio, infine, sarebbe quello che non dice neppure di sì. Nel silenzio ascolta il Padre e, nel nascondimento, lavora, assomigliando a Gesù che si è incarnato, si è spogliato della sua divinità, si è fatto uno di noi vivendo per 30 anni una vita normale di famiglia e di lavoro.

    Come la gente umile, senza pretese, senza etichette, che nel silenzio, assiste anziani, malati, che
    evangelizza con la sua testimonianza. Dovremmo tutti appartenere a quest’ultima categoria.

    don Alberto

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    Il pensiero della settimana

    I Domenica dopo il martirio di S. Giovanni

    Il brano evangelico ci ricorda il periodo liturgico che stiamo vivendo: il tempo dopo il martirio
    di S. Giovanni Battista. Confrontiamo le figure di Giovanni e di Gesù, per tanti aspetti con una
    vita simile e per altri ben diversi.

    Giovanni è precursore: la sua vita sarà un anticipo della vita di Gesù. Anche Giovanni viene preannunciato, la sua nascita è accompagnata da fatti straordinari; c’è l’esperienza del deserto e il gesto del battesimo; la predicazione in ambedue è un invito alla conversione; tutti e due trovano difficoltà ad essere accolti, ma rimangono fedeli alla loro missione fino al martirio.

    Ci sono anche diversità nel vivere l’annuncio e nello stile di vita: austero, ascetico, isolato quello
    di Giovanni. Gesù invece è tra la gente. Giovanni accoglie quanti vanno a lui (non si muove dal
    deserto), Gesù va agli altri, l’incontra sulle strade, nelle città, nel tempio, sul lago, senza distinzione tra farisei, pubblicani, adulteri, lebbrosi, ebrei e pagani. C’è differenza anche nel messaggio di conversione.

    Giovanni preannuncia un Messia che farà piazza pulita del male: bisogna convertirsi per non avere castighi. Gesù invita a convertirsi perché il Regno di Dio è giunto, cioè l’amore del Padre si è rivelato pienamente in lui. Tra i due non c’è contrapposizione, ma preparazione in Giovanni e realizzazione in Gesù.

    Proviamo, allora, a farci qualche domanda. Sentiamo l’invito alla conversione sempre e comunque? Sappiamo andare come Gesù verso gli altri, in ogni ambiente, in ogni situazione? Non meravigliandoci se siamo incompresi, rifiutati, emarginati: è stato così per Giovanni Battista e per Gesù stesso.

    don Alberto

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    Il pensiero della settimana

    IV Domenica  dopo Pentecoste

    La seconda Lettura ci invita a riflettere sul fondamento della nostra vita cristiana, che è la fede. Senza la fede, dice, è impossibile essere graditi a Dio.

    La fede è un dono da chiedere e da testimoniare nella vita concreta di ogni giorno. In particolare, oggi, nella prima Lettura e nel Vangelo ci ricorda quale deve essere il rapporto tra noi. Certamente condanna la
    gelosia, l’invidia che può portare all’omicidio del fratello: purtroppo sono cronaca di tutti i giorni i delitti, anche in famiglia.

    Condanna anche l’uccisione di un reo confesso di omicidio, “chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte” e questo dovrebbe farci pensare alla pena di morte in vigore ancora in tanti paesi.

    Ma Gesù che non rinnega la prima legge, bensì la porta a compimento nel ”Discorso della montagna”, ci ricorda che si può uccidere il fratello anche col giudizio, con la parola. Se dico “stupido”, “pazzo” a mio fratello, l’ho già ucciso come persona, non vale nulla per me. Non si può pensare di poter pregare, offrire un sacrificio al Signore, se non si è in pace con i fratelli: è per questo brano che il rito Ambrosiano ha anticipato lo scambio della pace, prima dell’offertorio.

    Proviamo a verificare la nostra vita su tutto questo: siamo in pace, siamo capaci di accoglienza, di perdono, per quanto dipende da noi, con tutti? Lo scambio di pace è un gesto formale o un segno di
    impegno?

    Chiediamo al Signore di aiutarci ad essere come egli ci vuole, a perdonare e ad andare d’accordo con tutti.

    Chiediamo un atteggiamento di umiltà di disponibilità

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    II  Domenica  dopo Pentecoste

    Nelle domeniche dopo Pentecoste si ripercorre la storia della salvezza, l’amore del Signore per le sue creature.

    Il primio atto di amore è la Creazione, un amore che crea tutto il mondo e che provvede alle creature.

    Il Vangelo ci dice che Dio non solo ci ha amati nel crearci, ma continua ad amarci: provvede alla nostra vita. Ricorda che pensa anche agli uccellini ed ai gigli del campo. Per questo l’uomo non deve preoccuparsi perché il Padre sa di che cosa abbiamo bisogno.

    Gesù non insegna una provvidenza fatalista che disimpegna.

    Nel Vangelo si parla di talenti che vanno trafficati, di gente che aspetta il Signore dandosi da fare nel comandamento dell’amore … e che alla fine ci sarà un giudizio.

    Vuole che crediamo all’amore paterno e provvidente di Dio, senza “preoccuparci”, “angosciarci” e vuole la nostra collaborazione nel suo lavoro di provvidenza.

    Dobbiamo essere segni dell’amore del Padre: dobbiamo interessarci degli altri, degli ultimi, sapendo riscoprire il suo volto in quello dei poveri. Il giudizio finale sarà proprio sul come noi siamo stati provvidenza per gli altri. “Ero povero, malato, nudo, straniero, carcerato…” e tu che cosa hai fatto?

    1. .Sappiamo scoprire la bellezza, la bontà, la grandezza di Dio nel creato ringraziando il Signore e rispettando il Creato?
    2. Crediamo nell’amore di Dio che s’interessa di tutte le Creature, in particolare degli uomini, creati a sua immagine e somiglianza?
    3. Ci ricordiamo che noi dobbiamo essere segni dell’amore, della provvidenza del Padre…e che alla fine saremo giudicati sull’amore?

    don ALberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Domenica della Santissima Trinità

    Celebriamo, oggi, il mistero della SS. Trinità che ci contraddistingue dalle altre grandi religioni.
    È il mistero che richiamiamo tutte le volte che facciamo il segno della croce (nel nome della Trinità), la santa Messa (è tutta una preghiera al Padre per Cristo, animati dallo Spirito Santo) e tutti i sacramenti che vengono amministrati nel nome della Trinità.

    È il mistero che ci ha rivelato Gesù, con la sua parola e la sua vita: il Figlio, fatto uomo, ha manifestato, in ogni suo gesto, l’amore misericordioso del Padre e con lui ci ha donato lo Spirito Santo.

    La Trinità sembra quasi un teorema irrisolvibile, più che una bella notizia che interessa la nostra vita.

    Definire la Trinità un mistero, istintivamente ci toglie, forse, la volontà di approfondimento, eppure nella Bibbia il mistero dell’unico Dio in tre Persone appare nell’azione di Dio. Pensiamo al primo capitolo della Genesi, dove viene detto che siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio: se Dio è comunità di amore, se è tre Persone che si conoscono, si parlano, si donano totalmente l’una all’altra, l’uomo è riflesso di Dio quando conosce, parla, si dona, in una parola quando ama e fa comunità con gli altri.

    Il peccato originale ci ha lasciato la ferita dell’egoismo, ma lo Spirito Santo che è l’amore, ci fa riscoprire in Dio il Padre e negli altri, in Gesù, dei fratelli.

    Chiediamo a Dio di essere sua immagine e somiglianza, in modo da essere immagine viva della Trinità.
    don Alberto

    don Alberto