La pagina di vangelo di oggi è spesso ridotta ad un invito generico di Gesù ad avere compassione per chi ha bisogno. Dovremmo chiederci se, di fronte ad un povero o ad un bisognoso, saremmo disposti a spendere tempo e soldi come il samaritano.
Alla domanda “che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” Gesù esalta i due comandamenti che sono l’uno prova dell’altro: il primato è per Dio (v. 1a Lettura), ma l’amore verso Dio deve riflettersi sul prossimo.
Non è sempre così: il modello della carità è un samaritano, ritenuto un impuro per razza e per fede, e non un dottore della legge, un fariseo o uno del clero.
Alla domanda “chi è il mio prossimo?”, Gesù non risponde con un elenco di persone, ma ricorda che prossimo è la persona che vuole amare. Ed è un amore che non ha misura: attento, premuroso, disponibile, concreto. Il Card. Martini nella sua Lettera pastorale Farsi prossimo, indicava tre pericoli: la fretta (non si ha tempo per scoprire le povertà), la paura (di essere più coinvolti nel dono di sé) e infine, l’alibi e la delega, (ho altro da fare, e quindi deleghiamo la Caritas…).
La carità è qualcosa di essenziale alla vita cristiana.
L’amore del samaritano è l’amore del Signore: ha compassione, si fa uno di noi per guarirci dal peccato, e diventa pane per noi. Chiediamo a Gesù, buon samaritano, di rendere il nostro cuore capace di vera “com-passione”, di soffrire con le persone vicine, di donare il nostro tempo e il nostro aiuto, ma soprattutto il nostro cuore. don Alberto
Categoria: Omelie
V dopo Martirio di S. Giovanni
III dopo Martirio di S. Giovanni
I protagonisti del Vangelo di oggi sono Gesù e Nicodemo.
Nicodemo è un fariseo, membro del Sinedrio. Lo troviamo tre volte nel Vangelo di Giovanni: in questo colloquio “notturno”, in una seduta del Sinedrio quando prende le difese di Gesù e dopo la morte di Gesù, quando, con Giuseppe di Arimatea, depone il corpo del Signore nel sepolcro. Nicodemo ha tanto da insegnare alla nostra vita.
Innanzitutto, invita ed incontra Gesù di notte. I motivi di questa scelta possono essere diversi ma, forse, Giovanni vede nelle tenebre della notte l’animo di Nicodemo: è colpito dalla persona di Gesù, lo loda per quanto dice e per quanto fa, ma non ha ancora la luce della fede.
La scoperta di Gesù maturerà lungo la vita e comunque, rimane onestamente in ricerca.
Gesù lo aiuta in questo sforzo, ricordandogli che è necessario rinascere, cambiare modo di vedere, di pensare e di vivere: tutto questo, ricorda Gesù, è dono dello Spirito.
Sono brani che ci pongono parecchi interrogativi.
Ci chiedono se, come Nicodemo, siamo persone sempre in ricerca o se, invece, diamo tutto per scontato o, peggio, siamo scoraggiati dalle tenebre.
Siamo convinti che l’essere cristiani non consiste nel fare qualche gesto particolare ma nell’accogliere in noi una vita nuova, che tocca ogni sentimento ed ogni situazione?Crediamo che il protagonista della nostra vita spirituale è lo Spirito, l’Amore del Signore che ci può far superare difficoltà ed incomprensioni?
don Alberto
II dopo Martirio di S. Giovanni
La pagina di Vangelo di oggi narra la guarigione di un uomo paralizzato da 38 anni. I nemici di Gesù, invece di lodare Dio per la guarigione avvenuta, accusano Gesù di aver trasgredito la legge perché ha operato di sabato. Gesù li invita a riflettere per riscoprire nella sua persona il Mandato dal Padre, il Salvatore, ma costoro non vogliono accettare i miracoli che egli fa.
Quali insegnamenti ci può dare questo brano?Il primo è che dobbiamo avere un cuore libero e disponibile, nel dialogo con Dio e con gli altri.
Gesù parla a tutti, ma lo ascoltano solo i poveri e gli ultimi. Oggi il Signore ci parla attraverso le Scritture, la sua Chiesa e le persone che incontriamo. Ma non siamo abbastanza umili per ascoltare: quando la Chiesa parla selezioniamo quanto dice, accettandola solo quando il discorso coincide con le nostre idee. E, ancora, quante volte quando ragioniamo con gli altri, il nostro impegno non è quello di ascoltare e capire il loro pensiero, ma di preparare la risposta in modo che l’ultima parola sia la nostra?
Un altro insegnamento riguarda la testimonianza.
Gesù dice: non volete credere alle mie parole, credete alle opere che faccio. Non si limita a dire di essere il Figlio di Dio, lo dimostra con la sua vita. Questo è un richiamo per noi: non basta parlare bene, se poi le nostre opere non sono coerenti con la nostra fede.
Chiediamo al Signore un cuore umile, disponibile all’ascolto e che ci dia la forza per essere suoi testimoni con la nostra vita.don Alberto
I dopo Martirio di S. Giovanni
Fino ad ora nelle letture abbiamo ripercorso la storia della salvezza attraverso le figure più significative, che trovano la loro realizzazione in Gesù. Da oggi, nella 2a parte del Tempo dopo Pentecoste, il protagonista è Gesù, che si rivela nel suo mistero di Dio, fatto uomo, per salvarci.
Questa domenica ci riporta la testimonianza del precursore, Giovanni Battista, di cui abbiamo ricordato il martirio mercoledì scorso.
Per comprendere il brano del Vangelo, dobbiamo rifarci alle usanze di quel tempo: il 1° Testamento usa spesso l’immagine dell’amore coniugale per esprimere l’amore di Dio per Israele. Per Giovanni Battista lo sposo è Gesù, la sposa è il Popolo di Dio.
Inoltre il brano di oggi ci riporta all’usanza dei matrimoni in Palestina: il migliore amico dello sposo lo aspetta a casa della sposa ed è lui a comunicarne l’arrivo: nel Vangelo, il miglior amico è Giovanni Battista, che annuncia lo sposo, Gesù.
Cosa dicono queste pagine, oggi, a noi? Giovanni Battista è consapevole della sua missione: preparare la venuta e annunciare il Messia.
Dovrebbe essere l’atteggiamento di ogni educatore: aiutare a far conoscere Gesù, lasciando, poi, che ognuno segua la sua strada.
Un altro aspetto è la verifica del nostro rapporto col Signore, prendendo ad esempio l’immagine dell’amore sponsale. Non un rapporto cerebrale o formale ma un amore disinteressato, vissuto con il cuore. Chiediamo al Signore, di convertire il nostro cuore alla sua Parola e al suo amore.
don Alberto
VI dopo Pentecoste
Questa domenica la Liturgia ci fa riflettere su Mosè, la guida del popolo eletto, il protagonista dell’Esodo dall’Egitto alla Terra promessa. Se Abramo è l’Uomo di fede, Mosè è l’Uomo alla ricerca del mistero di Dio. Mosè si trova nel deserto, in fuga dall’Egitto, quando è scosso dal roveto ardente e ascolta la voce di Dio. Mosè chiede: “chi sei tu, qual é il tuo nome” e Dio gli ricorda che non può avere un nome che lo definisca e lo limiti: “Io sono colui che sono”.
È il Dio che ha un disegno di liberazione e per questo chiede la collaborazione di Mosè assicurandogli: “Io sarò con te, non ti abbandonerò!”Il mistero di Dio si rivela pienamente in Gesù. Nel Vangelo Gesù ricorda che Dio è un mistero: “Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.” Ma Gesù ci rivela Dio entrando nella storia.
Gesù è Dio attento all’uomo, stanco e oppresso: è un Dio che si china sull’uomo per liberarlo da ogni schiavitù (spirituale, fisica, sociale).
È un Dio mite e umile di cuore che ci chiama, come Mosè, per collaborare a liberare l’uomo di oggi da tutte le sue schiavitù. Interroghiamoci seriamente, pensando agli esempi di Mosè e Gesù.
Il Dio in cui credo è un Essere astratto o è un Dio dentro la storia del popolo eletto, della Chiesa, della mia storia?Ho avuto anch’io l’esperienza del roveto ardente, di un incontro con Dio che mi ha rivelato il suo amore? Mi sento anch’io inviato ad annunciare agli altri questo amore, a collaborare per un mondo più giusto e fraterno?
don Alberto
V dopo Pentecoste
La liturgia ambrosiana nelle domeniche dopo Pentecoste ci fa ripercorrere la storia della salvezza attraverso i suoi personaggi più importanti.
Questa domenica, con la figura di Abramo, ci presenta il capostipite del Popolo eletto, modello dell’uomo di fede, premessa dell’Alleanza, della salvezza.Abramo si fida di Dio: crede alla possibilità di una discendenza anche se Sara è sterile; lascia la sicurezza del suo clan per recarsi nella Terra promessa; è disposto a sacrificare l’unico figlio quando Dio glielo chiede.
La fede è anche il tema del Vangelo in cui Gesù si presenta come la “Luce del mondo” che si può accettare o rifiutare.C’è chi lo rifiuta, perchè Gesù non rientra nei suoi schemi.
C’è chi lo accetta, ma non si espone perchè non vuole la scomunica dalla Sinagoga.
C’è chi crede, e questo è dono dello Spirito Santo.
Sono situazioni che si ripetono anche oggi, magari nella stessa persona.
C’è chi lo rifiuta apertamente rifiutando la divinità, la risurrezione, non vivendo la sua proposta di vita.C’è chi ha paura a manifestare la propria fede per non sentirsi emarginato.
Per costoro, la fede è qualcosa di intimo che non ha nulla da dire alla vita sociale.Ma noi vogliamo essere tra coloro che credono alla parola di Gesù che ci viene richiamata dalla Chiesa e la vivono ogni giorno attraverso i valori che ci sono stati trasmessi. Esaminiamo la nostra vita e facciamo nostra la preghiera di Pietro “Signore accresci la mia fede”.
don Alberto
III dopo Pentecoste
Tema delle Letture di domenica, che vanno contestualizzate nella legge mosaica, è quello dell’amore coniguale e del matrimonio. Viene chiesto a Gesù a quali condizioni è possibile il divorzio, poiché Mosè permetteva all’uomo di ripudiare la donna, “quando questa non era più gradita ai suoi occhi”. Gesù esclude le ipotesi di infedeltà o di banali motivazioni. Richiamandosi al progetto di Dio sull’amore coniugale che fa dei due una carne sola, preclude ogni possibilità di divisione.
La Parola di Dio ci ricorda che l’amore coniugale è un dono del Signore. È Dio che, conoscendo l’animo umano, ha messo vicino all’uomo una donna, diversa dalle altre creature: “carne della mia carne, osso delle mie ossa”. L’uomo non capisce il perchè di questa diversità ma la sente uguale in dignità e complementare a lui. L’amore che c’e tra queste due creature è così forte, profondo e intimo che “i due sono una carne sola” e, quindi, “l’uomo non può dividere quello che Dio ha congiunto”. Gesù ha portato a compimento questa realtà con il Sacramento del Matrimonio. In esso propone a due giovani che si amano, di essere immagine vivente del suo amore per la Chiesa: un amore totale, gratuito, fedele e fecondo. Se i fidanzati accolgono la Sua proposta, lo sposarsi in Chiesa, non è un impegno in più, ma una garanzia per vivere l’amore coniugale. Ricordiamo che il nostro amore nasce da Dio: se vogliamo tenerlo vivo è a Lui che dobbiamo rifarci, è Dio che darà al nostro amore la fedeltà e la novità ogni giorno.
don Alberto
SS. Corpo e Sangue di Cristo
Celebriamo in questi giorni la festa del Corpo e del Sangue del Signore, cioè dell’Eucarestia, che ci fa riscoprire il dono dell’incarnazione di Gesù.
L’Eucarestia ci viene presentata come un banchetto.
È l’aspetto più evidente della Messa: un tavolo, le tovaglie, il pane ed il vino; è una cena di famiglia. Il Vangelo ci ricorda l’Ultima Cena, a cui siamo invitati in particolare nel giorno del Signore, la domenica. L’Eucarestia è prezenza reale di Dio tra noi. Gesù ha scelto di avere una casa tra le nostre case. L’Eucarestia è il Sacrificio della Messa: sacrificio della Nuova Alleanza.
Nella Santa Messa attuale ci sono analogie con il rito dell’Antica Alleanza: siamo invitati a purificarci dai peccati; viene proclamato quanto il Signore ci chiede per la nostra vita nella Parola; c’è uno scambio di doni: pane e vino offerti da noi, che ci vengono ridati nel Corpo e nel Sangue di Gesù che sostituisce il sangue della Antica Alleanza. Questo momento centrale della vita cristiana sembra, ad alcuni, un valore un decaduto e, quindi, trovano scuse per non frequentare questo rito. Dobbiamo chiederci perchè andiamo o non andiamo a Messa. Se siamo genitori, perchè vogliamo che i nostri figli vadano a Messa?
Ma, aldilà di tutti i motivi più o meno validi, sarebbe bello che considerassimo questo: andiamo a Messa per rinnovare la nostra amicizia con Dio, e per rinnovare l’Alleanza con Dio! La festa del Corpus Domini sia l’occasione per riscoprire questo dono. don AlbertoSantissima Trinità
La SS. Trinità è il mistero centrale della nostra fede e ci diversifica dalle altre religioni monoteiste: il nostro Dio è Padre e Figlio e Spirito Santo.
È un mistero che richiamiamo continuamente: quando facciamo il segno della Croce è “nel nome” della Trinità e anche tutti i sacramenti sono amministrati nel nome della Trinità.È il mistero che ci ha rivelato Gesù, con la sua parola e la sua vita: il Figlio, fatto uomo, ha manifestato l’amore del Padre e con Lui ci ha donato lo Spirito Santo.
Ma questo mistero sembra un teorema irrisolvibile, più che una “bella notizia” che interessa la nostra vita.
Definire la Trinità un mistero, istintivamente ci toglie, forse, la volontà di approfondimento, dimenticando che un mistero non è una verità contro la ragione, ma sopra la ragione.
Se leggessimo con attenzione e amore la Bibbia scopriremmo che il mistero dell’unico Dio in tre Persone appare nel disegno di salvezza di Dio lungo tutta la storia umana. La Trinità si manifesta nei tempi di questa storia: il Padre si rivela nella Creazione, Gesù nella redenzione, lo Spirito nella vita della Chiesa.
Nel primo capitolo della Genesi leggiamo che siamo stati creati “a immagine e somiglianza di Dio”: se Dio è comunità di amore, se è “tre Persone” che si conoscono, si parlano, si donano totalmente l’una all’altra, l’uomo sarà il riflesso di Dio quando conosce, parla, si dona, in una parola quando ama e fa comunità con gli altri.
don Alberto
Pentecoste
La liturgia di oggi nel Salmo responsoriale recita “del tuo Spirito, Signore, è piena la terra”. La Pentecoste, il fatto avvenuto 50 giorni dopo la Pasqua e narrato nella prima lettura, ci fa constatare questa presenza, il dono che è lo Spirito e di come opera nella nostra vita. È nella presenza dello Spirito che si fonda la speranza della Chiesa: lo Spirito è l’anima della vita della Chiesa. Senza lo Spirito la Parola, i Sacramenti, sarebbero riti e gesti senza vita.
Che cosa opera in noi lo Spirito Santo? Innanzitutto il dono della comunicazione: gli Atti degli Apostoli ci narrano di persone che si capiscono nonostante siano di provenienza diversa.Il comunicare esige coinvolgimento e ascolto: è lo Spirito che, ieri come oggi, dà la forza di capire l’altro e da capacità di dialogo.
Un altro dono è quello dell’unità. Nella seconda lettura ben nove volte ricorre “uno solo”. Siamo diversi l’uno dall’altro, ci sono affidati incarichi diversi, siamo membra diverse, ma uno solo è il Signore, uno solo è Dio: siamo un corpo solo!
Infine, il dono della forza, rappresentata dal “vento gagliardo”.
Gli Apostoli hanno affrontato un mondo ostile o indifferente: erano una piccola minoranza chiamata ad essere sale e lievito nel mondo.Anche oggi i cristiani si avviano ad essere una minoranza. Ma proprio la Pentecoste ci ricorda che la forza del cristianesimo non sta nel numero ma nella presenza dello Spirito Santo e nel lasciarsi trasformare da Lui.
don Alberto
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