Questa domenica la Liturgia ci fa riflettere su Mosè, la guida del popolo eletto, il protagonista dell’Esodo dall’Egitto alla Terra promessa. Se Abramo è l’Uomo di fede, Mosè è l’Uomo alla ricerca del mistero di Dio. Mosè si trova nel deserto, in fuga dall’Egitto, quando è scosso dal roveto ardente e ascolta la voce di Dio. Mosè chiede: “chi sei tu, qual é il tuo nome” e Dio gli ricorda che non può avere un nome che lo definisca e lo limiti: “Io sono colui che sono”.
È il Dio che ha un disegno di liberazione e per questo chiede la collaborazione di Mosè assicurandogli: “Io sarò con te, non ti abbandonerò!”
Il mistero di Dio si rivela pienamente in Gesù. Nel Vangelo Gesù ricorda che Dio è un mistero: “Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.” Ma Gesù ci rivela Dio entrando nella storia.
Gesù è Dio attento all’uomo, stanco e oppresso: è un Dio che si china sull’uomo per liberarlo da ogni schiavitù (spirituale, fisica, sociale).
È un Dio mite e umile di cuore che ci chiama, come Mosè, per collaborare a liberare l’uomo di oggi da tutte le sue schiavitù. Interroghiamoci seriamente, pensando agli esempi di Mosè e Gesù.
Il Dio in cui credo è un Essere astratto o è un Dio dentro la storia del popolo eletto, della Chiesa, della mia storia?
Ho avuto anch’io l’esperienza del roveto ardente, di un incontro con Dio che mi ha rivelato il suo amore? Mi sento anch’io inviato ad annunciare agli altri questo amore, a collaborare per un mondo più giusto e fraterno?
don Alberto
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