Categoria: Omelie

  • VII di Pasqua

    Le letture di questa domenica, inserita tra l’Ascensione e la Pentecoste, ci narrano sia dell’Ascensione di Gesù che dell’attesa del dono dello Spirito Santo.

    Gesù, nel Vangelo, ci riporta una lunga preghiera e afferma: “io vengo a te, Padre”. Questo ci fa pensare all’Ascensione di Gesù, uomo-Dio che sale al Padre, siede alla sua destra e quindi, è onnipotente e onnipresente come il Padre.

    Contemporaneamente la liturgia ci invita a pensare alla solennità di Pentecoste con il dono dello Spirito che rende presente Gesù oggi, nella storia e nella vita.
    Gesù, nella preghiera al Padre, è preoccupato per i discepoli che rimarranno soli e chiede per loro la pienezza della gioia. E quali grazie Gesù chiede al Padre? Chiede “che siano una cosa sola come noi” e più avanti dirà che questa sarà la testimonianza più forte dei suoi discepoli, “che siano una cosa sola perché il mondo creda”.

    Le sorgenti della gioia sono l’unità, la comunione, la condivisione, il perdono… segno che Gesù risorto è con loro.

    L’altra grazia che chiede al Padre è di custodire i suoi discepoli nel suo nome, di consacrarli nella verità, così che siano fedeli alla sua Parola. Solo così saranno “nel mondo senza essere del mondo”.

    I suoi discepoli devono essere nel mondo, ma come lievito, luce e sale.

    Chiediamo al Signore di donarci il suo Spirito per essere attenti ai problemi e testimoni veri del suo Vangelo in un mondo che spesso lo ostacola o lo ignora.

    don Alberto

  • VI di Pasqua

    Il brano della Lettera ai Corinzi ci riporta il nucleo della fede cristiana: “Fratelli, ho trasmesso a voi quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e, quindi, ai Dodici”. La nostra fede si fonda sulla Pasqua di Gesù, la sua morte e risurrezione, premessa e garanzia della nostra risurrezione.

    Un fatto difficile da accettare: abbiamo visto quante volte Gesù risorto è apparso e ha dovuto dimostrare che era Lui, e parlando con l’apostolo Tommaso ha riconosciuto la difficoltà di credere nella risurrezione, proclamando “beati coloro che senza vedere, crederanno”.

    La vita cristiana incomincia nell’incontro con Gesù risorto, che può avvenire in modo spettacolare, come Paolo sulla via di Damasco, o in modo misterioso ma reale, nel Sacramento del Battesimo.

    In tutti i casi, il cambiamento è radicale: è l’inizio di una vita nuova in Gesù che crescerà in noi nella misura in cui ci lasciamo trasformare dallo Spirito Santo, donatoci nel Battesimo.

    Le occasioni per incontrare Gesù sono molteplici: l’ascolto della Parola, la preghiera, i Sacramenti… Ma l’incontro più importante e significativo è quello che avviene nell’Eucarestia: è l’incontro fondamentale da cui iniziare la nuova settimana, testimoniando Gesù risorto, in un rapporto rinnovato con i fratelli, ricordandoci che ogni atto di bontà è un gesto di culto al Signore.

    don Alberto

  • V di Pasqua

    Il Vangelo di questa domenica ci riporta all’Ultima Cena di Gesù, un momento di intimità profonda in cui Gesù confida e dona ai suoi amici quanto più gli sta a cuore.
    Il brano fa parte della bellissima preghiera di Gesù al Padre (detta preghiera sacerdotale) che ci rivela il sentimento di profonda comunione tra Gesù ed il Padre ed il desiderio che anche i discepoli entrino in questa comunione di vita, “perchè siano una sola cosa, come noi”.

    Se riflettiamo bene, ci accorgiamo che questa preghiera può essere presa come modello del nostro modo di pregare.

    Innanzi tutto, la preghiera di Gesù è sempre in un clima di amore filiale, di riconoscenza e di gratitudine al Padre: ringrazia ancor prima che il Padre gli conceda quanto chiede.

    La seconda caratteristica della preghiera cristiana, non è costringere Dio nei nostri schemi, nell’obbligarlo a pensare come noi, ma è l’aprirsi a Lui, è mettersi in ascolto, è dichiararsi disponibili a quanto ci chiede, “compiendo l’opera che mi hai dato da fare”.

    Ecco perchè il dono fondamentale da chiedere, ci ricorda sempre Paolo, è lo Spirito Santo che ci permette “di conoscere i segreti, le profondità di Dio”.

    La nostra preghiera sia, innanzitutto, un invocare il dono dello Spirito, mettendoci in ascolto e offrendo la nostra disponibilità a quanto il Signore ci chiede, ringraziandolo sempre perchè tutto è dono e grazia.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana: IV di Pasqua

    La figura che domina il Vangelo di oggi è quella di Gesù “buon Pastore” che conosce, ama ed è ascoltato dalle sue pecore.

    Questa immagine, poco familiare per noi, è invece, una figura importante nella Bibbia: spesso Dio viene presentato, nell’Antico Testamento, come il “pastore di Israele” e i profeti sono mandati da Lui a “pascere il suo popolo”.

    Gesù, è il Pastore per eccellenza che guida, ama, si dona per il suo gregge e, prima di salire al cielo, affida ai suoi apostoli il compito di pascere il suo gregge .

    In questo gregge ciascuno ha il suo posto, il suo compito, la sua “vocazione”: c’è chi è chiamato ad essere il segno vivente dell’amore di Cristo per la Chiesa nel sacramento del Matrimonio, c’è chi deve continuare la sua missione di pastore nel popolo di Dio (Sacerdoti e Vescovi), c’è chi deve richiamarci al senso del servizio nella vita cristiana (Diaconi), c’è chi ha il compito del primo annuncio come missionario, c’è chi deve richiamarci il primato di Dio e la vita futura con i voti di castità, povertà e obbedienza, nella Vita Consacrata. 

    Tutte queste Vocazioni sono importanti nella vita della Chiesa, che sarà segno vivo di Cristo risorto, quanto più ciascuno di noi riscoprirà la sua vocazione e sarà disponibile, con la grazia del Signore, ad attuarla.
    Se siamo genitori ed educatori, cerchiamo di presentare la vita come dono da spendere “dove e come” vuole il Signore, nella certezza che così si realizza pienamente.

    don Alberto

  • Domenica III di Pasqua

    La domanda di Filippo, nell’ultima cena “Signore mostraci il Padre e ci basta”, è una richiesta da una parte comprensibile e dall’altra è segno che gli Apostoli non avevano ancora capito chi fosse Gesù.
    Gesù parla del Padre, a 12 anni, dicendo: “non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre?”.

    Poi nella sua predicazione: “le parole che dico non sono mie, ma del Padre” e “sono venuto per fare la volontà del Padre”.
    Chi è dunque questo Padre di cui così spesso parla?

    La richiesta di Filippo è anche l’espressione del desiderio di ogni uomo di poter vedere Dio, di parlare con lui.

    Ma questa domanda rivela anche che gli Apostoli non avevano ancora capito che Gesù è la rivelazione del Padre: la sua parola, i suoi gesti, i suoi miracoli sono tutte occasioni che rivelano il Padre, il suo amore, il suo perdono. E il culmine dalla rivelazione dell’amore del Padre per l’uomo è Gesù sulla Croce, che la trasforma da strumento di tortura, in segno di salvezza.

    Oggi il compito di rivelare il Padre, Gesù risorto lo affida alla sua Chiesa, che deve essere annuncio e segno dell’amore del Padre.
    Ricordiamoci, però, che la Chiesa siamo tutti noi, non solo i vescovi, i sacerdoti e i religiosi. Tocca a ciascuno di noi portare il Vangelo al mondo, parlare di Gesù, continuare l’opera di rivelazione del Padre con una testimonianza coraggiosa e con una vita dedicata al servizio, alla donazione e al perdono.

    don Alberto

  • In Albis depositis

    Domenica in cui si ripongono le bianche vesti

    Il nome di questa domenica è collegato alle tappe finali del conferimento del Battesimo ai catecumeni. Anticamente, durante la Quaresima, il vescovo preparava i pagani adulti che volevano diventare cristiani. La conclusione dei diversi riti di passaggio avveniva la notte di Pasqua, durante la quale il vescovo amministrava loro il Battesimo e poi faceva indossare ai neofiti una veste bianca. L’importanza del nuovo abito per i battezzati richiama la novità di vita che in occasione del Battesimo esige la loro completa immersione nell’acqua. Questo gesto fa sperimentare al battezzando dapprima la morte di Gesù (sommersione), a cui segue la risurrezione di Gesù (riemersione). Questo passaggio pasquale è confermato da un altro gesto simbolico: il catecumeno, prima di immergersi nell’acqua, si spogliava degli abiti della vita precedente, che abbandonava nella parte occidentale del fonte battesimale.
    Riemergendo dalla parte orientale del battistero all’alba di Pasqua, il cristiano veniva illuminato dalla gloria di Cristo risorto, luce del mondo, creatore della nuova umanità. Questo cambiamento era richiamato anche dal colore bianco della veste con la quale il vescovo lo aveva rivestito.

    Il battistero a forma ottagonale ricordava al cristiano che ormai era avvenuta in lui la nuova creazione; anche lui era partecipe del mondo definitivo, che oltrepassa quello iniziale creato da Dio in sette giorni. È il tempo nuovo, inaugurato da Gesù la domenica di Pasqua con la risurrezione dalla morte: la vita di Dio vince il limite che il peccato ha introdotto nell’umanità.

    Durante la settimana che seguiva la domenica di Pasqua, i nuovi battezzati partecipavano alle catechesi battesimali, per comprendere i significati spirituali dei riti cristiani e poter così gustare in pienezza la vita ecclesiale.
    Utilizzando per sette giorni la stessa veste bianca, riuscivano a testimoniare, a tutti coloro che li incontravano, che da allora in poi sarebbero stati felici di essere membri della comunità spirituale della Chiesa, nella quale erano rinati a vita nuova.

    La settimana successiva il vescovo aspettava alla celebrazione eucaristica i neofiti, che gli riconsegnavano di domenica (in albis depositis) la veste battesimale che avevano ricevuto nella notte di Pasqua.
    Indossare la veste bianca è come indossare l’abito nuziale: esprime il desiderio di essere degni dell’incontro gioioso con Gesù, per far parte della comunità cristiana a pieno titolo.

    Questo simbolo luminoso ricorda anche che c’è una grande analogia tra il cristiano che incontra Dio nel Battesimo con l’episodio della trasfigurazione di Gesù sul Tabor, quando le sue vesti divennero candide come la neve.
    Nella lettera ai Colossesi san Paolo ci spiega cosa significa rivestirsi di Cristo: “Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri. Ma, sopra tutte queste cose, rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto”.
    don Sandro

  • Pasqua di Risurrezione

    Carissimi, la Pasqua, come dice il Salmo responsoriale, è “il giorno che ha fatto il Signore”, è la festa per eccellenza, che dà origine a tutte le feste, che i cristiani celebrano ogni otto giorni, nella domenica. E’ giorno di luce e di gioia, che ci aiuta a riscoprire chi siamo noi, perchè possiamo dire che il cristiano è uno che crede e vive la Pasqua, testimoniandola ogni giorno.

    Innanzitutto il cristiano è uno che crede nell’avvenimento che gli è stato trasmesso dalla Chiesa: Cristo è morto e risorto.

    E’ il mistero centrale della nostra fede, quello che ci distingue da ogni altra religione; è il fondamento della nostra preghiera, della Liturgia, dei Sacramenti che sono “incontro con Cristo risorto” nella Chiesa. 

    E’ un fatto che non è facile da accettare perchè supera la nostra ragione.

    Ecco perchè Gesù deve dimostrarlo: “Gesù si mostrò vivo dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro”.

    Ma quando uno lo incontra e si sente chiamato per nome (v. Maria di Magdala al sepolcro) è troppo contento per non comunicarlo agli altri.

    Il cristiano testimonia la sua fede nella Pasqua quando vive come Gesù: quando sa dire il suo sì alla volontà del Padre e crede nel suo amore anche nei momenti più duri; quando vede l’autorità come un servizio e non ha vergogna di mettersi il grembiule e lavare i piedi agli ultimi; quando sa perdonare chi lo mette in croce…

    Il cristiano è un ottimista ad oltranza, è uno che vince la guerra con l’amore e il perdono, perchè non si sente mai solo!

    Certo non è facile, non lo è mai stato: lo scoraggiamento, la paura di averlo perso è sempre alle porte. Abbiamo bisogno che Gesù ci chiami per nome, giorno per giorno, come Maria, che Gesù ci spieghi la nostra vita e che “spezzi il Pane” che dà forza (come ai discepoli di Emmaus).

    Diamoci quindi l’appuntamento ogni domenica a “spezzare il pane”, ad incontrare il Signore risorto, a prendere la forza per testimoniarlo nel mondo. Buona Pasqua.

    don Alberto

  • Domenica delle Palme

    Carissimi, una delle preoccupazioni della Chiesa, oggi, è che i cristiani stianno perdendo il senso della Domenica come giorno del Signore e, proprio perchè del Signore, giorno dell’uomo, della famiglia, della gioia e della comunità. Fra l’altro siamo ormai abituati a dire “weekend – fine settimana” e quindi si ritiene la domenica come l’ultimo giorno.

    Ora, invece, per la Bibbia, la Domenica è il 1° giorno della settimana, quello in cui è iniziata la creazione e, per noi cristiani, è il 1° giorno della nuova creazione iniziata con la Risurrezione di Gesù.

    Tutto questo ci è ricordato dalla liturgia di questa domenica che ci preannuncia tutti i grandi misteri della nostra fede che celebreremo durante la settimana: insieme al trionfo di Gerusalemme, si parla di tradimento, di passione e di sepoltura (v. Vangelo) e la 1a Lettura ci presenta il Servo di Jahwè, che prende sopra di sè le nostre iniquità per donarci la sua giustizia.

    La Chiesa ci invita a vivere pienametne questa settimana sempre ritenuta la più importante, tanto da definirla la settimana “Autentica”, “Santa”. Il pericolo di sempre è che vi abbiamo ad entrare con indifferenza e abitudine, preoccupati di più del contorno della festa che non dei misteri che siamo invitati a rivivere.

    Come, dunque, vivere questa settimana, così che sia Santa anche per noi?

    Innanzitutto partecipando alla Liturgia.

    I riti della settimana Santa sono i più ricchi di tutto l’anno liturgico e la liturgia, capita e vissuta, è veramente, come dice il Concilio Vat.II, la sorgente e il culmine della vita cristiana: la liturgia è ascolto, catechesi, culto, memoria viva dei misteri che si celebrano.

    Dobbiamo prepararla con momenti di silenzio, di preghiera personale, trovando il tempo per riascoltare dentro di noi la Parola di Dio.

    Dobbiamo, poi, ricordarci che per vivere bene la Pasqua, uno degli strumenti donatici da Gesù è il sacramento della Riconciliazione. Prendiamo atto, in esso, di essere stati anche noi come Giuda che l’ha tradito o come Pietro che l’ha rinnegato per paura, vergogna o pigrizia. 

    Ma nello stesso tempo siamo certi che il Signore, ci conferma il suo amore, continua a chiamarci amici e desidera che abbiamo nel nostro cuore la sua pace e la sua gioia.

    Ma sia la Liturgia che la Riconciliazione devono riflettersi nella vita: dobbiamo evitare l’ipocrisia e il formalismo. Non si può portate il ramoscello d’ulivo, segno della pace e non avere il desiderio della pace nel nostro cuore, la pace del Signore si diffonda in tutto il mondo.

    Non si può celebrare la Lavanda dei piedi, il Giovedi Santo e, poi, non vivere lo stile di servizio umile, di cui Gesù vuol darci un esempio con quel gesto. 

    Non si può venire a baciare il Crocifisso, il Venerdi Santo, senza sentirci da una parte corresponsabili di quella morte, e dall’altra riconoscenti per l’amore che ci ha rivelato. E soprattutto non si può celebrare la risurrezione di Gesù nella Veglia e nella Domenica di Pasqua, e non desiderare di essere rinnovati interiormente.

    Chiediamo insieme al Signore di vivere bene questa Settimana “tenendo fisso lo sguardo su Gesù” (v. 2a Lettura): sia veramente Santa per i misteri che celebriamo e per il modo con cui la viviamo.

    don Alberto

  • V di quaresima detta “di Lazzaro”

    Il Vangelo, con la risurrezione di Lazzaro, ci presenta la Pasqua come un passaggio dalla morte alla vita.
    La Pasqua è sinonimo di resurrezione, di cambiamento, di liberazione in cui il protagonista è il Signore. Sarebbe bello che ciascuno di noi con serenità e serietà, si chiedese in quale punto particolare la sua vita deve fare la Pasqua.
    Il Vangelo ci riporta l’ultimo dei “segni”, che rivelano il mistero di Gesù e, in lui, il volto del Padre. Gesù,in questo fatto, si rivela pienamente un uomo come noi, anzi modello per ciascuno di noi, nei valori umani: è amico vero, solidale nel dolore, sente la ribellione alla morte, si commuove e piange di fronte alla tomba dell’amico. Ma Gesù misteriosamente non si muove subito.
    Parla di “sonno” di Lazzaro. Ha una logica diversa: sa che anche in questa vicenda si sta svelando l’amore di Dio. Gesù è la Vita che sconfigge la morte!
    Chiediamoci allora se ricerchiamo i valori umani che Dio stesso ha fatto propri in Gesù: crediamo alla Provvidenza, che sa trarre il bene anche dal male? Gesù con la sua morte è vicino a ciascuno di noi nel dolore e con la sua risurrezione ci dà la certezza che la vittoria è della vita.
    Chiediamo, al Signore di farci capire la Pasqua a cui ci prepariamo e di aiutarci a vivere il mistero in cui Gesù affronta con amore la prova suprema della Croce e vince, fidandosi del Padre, il peccato e, con esso, la morte, diventando promessa di vita per noi.
    don Alberto

  • III di Quaresima detta “di Abramo”

    Carissimi, la Quaresima è tempo di verifica e di conversione, di riscoperta del nostro essere cristiani. La liturgia di oggi ci propone tre modelli su cui riflettere: Abramo, il padre della nostra fede; Mosè, la guida del popolo; Gesù, colui che ci rende uomini liberi e veri.

    Tre figure, collegate l’una all’altra. L’una all’origine del popolo ebreo, l’altra quando questi diventa un vero popolo con le sue leggi e, la terza, Gesù che è il frutto più bello di questo popolo.

    Abramo ci viene presentato come modello di fede, una fede che gli ha fatto desiderare e volere come possibile un figlio, gli ha fatto abbandonare il suo paese, il suo clan, per incamminarsi verso la terra promessa da Dio. È la stessa fede che ci viene donata nel Battesimo, che deve crescere lungo la vita e che ci illumina e ci dà forza per vivere il Vangelo. È così anche per noi?

    Gesù ci viene presentato nel brano di oggi come il profeta, la coscienza che ci fa rendere conto del nostro essere peccatori per aiutarci a redimerci. Parla con coloro che credevano in Lui ma trova un rifiuto e allora non gli resta che lasciare il tempio e nascondersi da loro.

    La Liturgia di oggi è un forte richiamo a ringraziare il Signore per il dono della fede, che ci ha fatto nel Battesimo e a capire di cosa siamo schiavi (soldi, pigrizia, chiacchiere) o falsi (ipocriti, incoerenti) così da chiedergli di liberarci e rimanere fedeli alla sua Parola come Lui ci ricorda: “Se rimarrete fedeli alla mia Parola, sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.

    don Alberto