Categoria: Omelie

  • Domenica detta “della donna samaritana”

    Il Vangelo di oggi ci narra l’incontro di Gesù con la donna samaritana. È un brano ricco di spunti di riflessione: Gesù supera le barriere razziali, vince i tabù, dà significato al pozzo come luogo degli incontri più significativi.
    Ci viene presentato, in questo episodio, il cammino della vita cristiana, dall’inizio sino alle ultime conseguenze.
    Ci ricorda che il cristiano è uno che incontra il Signore: il primo incontro avviene nell’acqua del Battesimo con il dono dello Spirito, ma, poi, tutta la vita è un incontro con Lui. Questo incontro è un dono gratuito del Signore che ci aspetta al pozzo, si fa bisognoso di un po’ d’acqua, inizia il dialogo e così ci cambia il cuore. Quando incontriamo il Signore, come per la Samaritana, siamo affascinati, turbati perché scopriamo che il Signore ha interesse per noi, ci ama, ci obbliga a rientrare in noi stessi, ci fa prendere coscienza del peccato, non per angosciarci, ma per convertirci. Questo cambio non è facile: cerchiamo, come la samaritana, di trovare degli alibi. Proviamo, allora, a chiederci se la preghiera, l’ascolto della Parola, l’Eucarestia, siano un incontro che parla al nostro cuore, che ci mette in crisi. Siamo capaci di lasciare la brocca, i nostri interessi, per testimoniare con gioia di aver incontrato il Signore? Chiediamo al Signore di avere sete di questa “acqua viva”, che ci può purificare e rafforzare nel cammino della vita e renderci così testimoni del suo Vangelo.
    don Alberto

  • Domenica prima di quaresima

    Inizia questa domenica la Quaresima, il tempo che ci prepara alla Pasqua. Un tempo di verifica e di conversione in cui il protagonista non siamo noi, ma Gesù che ci salva.

    Il brano di Vangelo ci porta nel deserto, il luogo in cui l’uomo riscopre la sua dipendenza da Dio, riesce ad ascoltare, fuori dal frastuono del mondo, la Parola del Signore. È la Parola su cui dobbiamo fondare la nostra vita, dobbiamo trovare il tempo per ascoltare questa Parola perche è la Parola più importante.

    Questo ascolto ci deve portare a vincere, come Gesù, le tentazioni facili del potere, del sentirsi qualcuno, dello star bene… condurci a una vita nel senso di donazione.

    L’imposizione delle ceneri, non deve essere un gesto formale, ma il riconoscimento di quanto siamo poveri, un pugno di polvere, e nello stesso tempo a quale grandezza Dio ci ha chiamati, ad essere sua immagine viva nel mondo.

    Il magro e il digiuno non devono essere solo un cambiare menù a tavola, ma un segno di padronanza e capacità di rinuncia, personalizzandolo, ad esempio con il digiuno della TV, di letture futili, di chiacchiere inutili.

    Gesù, vuole aiutarci in questo lavoro di conversione, è Lui che può lavorare dentro di noi se gli apriamo il cuore. Impegnamoci a una preghiera più intensa, a una partecipazione più viva alla messa, a una confessione che sia l’incontro con l’amore misericordioso di Dio.

    Ciascuno trovi un momento per delineare una propria regola di vita cosicché questo tempo sia “un momento favorevole, il giorno della salvezza”.

    don Alberto

  • Te Deum di ringraziamento alla fine dell’anno

    31 dicembre 2018: Te Deum di ringraziamento alla fine dell’anno

    (Nm 6,22-27; Fil 2,5-11; Lc 2,18-21)

    «Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù dice loro: “In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa! Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi”. Offrire la pace è al cuore della missione dei discepoli di Cristo». Così inizia il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della Pace di domani, 1° gennaio 2019, e così i sacerdoti, le religiose e i laici incaricati hanno salutato le famiglie
    e le case che hanno accolto la visita natalizia: «Pace a questa casa!».

    L’espressione si allarga e diventa augurio e preghiera: «Pace a questa città!». Augurio, perché ciascun cittadino o cittadina è certamente desideroso di pace vera. E preghiera, perché la comunità cristiana annuncia il volto di colui che è la nostra pace: Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo.

    La Chiesa e ogni cristiano – seguendo quanto scrive san Paolo: abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù – si sentono inviati come Gesù a partecipare della vicenda umana. Egli umiliò se stesso, cioè si abbassò per camminare con gli uomini e le donne del suo tempo, per sperimentare relazioni, lavoro, famiglia, per toccare con mano le difficoltà, le sofferenze, le incertezze di tanti suoi contemporanei.

    Quello stile umile contrasta con la mentalità dell’individualismo dove, mentre ci si lamenta impietosamente di ciò che non funziona per sé, si rendono invisibili le povertà più drammatiche del nostro tempo e si trascura una visione di insieme della società stessa. el recente discorso di S. Ambrogio il nostro Arcivescovo ha affermato:

    «La recensione delle problematiche che caratterizzano il momento che viviamo è talora troppo influenzata dal particolare di cronaca che provoca una reazione emotiva e oscura la considerazione complessiva della realtà.

    L’esercizio di una lettura realistica di questo tempo può individuare alcune priorità che, per quello che mi risulta, sono già condivise.

    In una considerazione pensosa delle prospettive del nostro tempo si dovrà evitare di ridurci a cercare un capro espiatorio: talora, per esempio, il fenomeno delle migrazioni e la presenza di migranti, rifugiati, profughi invadono discorsi e fatti di cronaca, fino a dare l’impressione che siano l’unico problema urgente.

    Si devono nominare tra le problematiche emergenti e inevitabili:

    • la crisi demografica che sembra condannare la popolazione italiana a un inesorabile e insostenibile invecchiamento;
    • la povertà di prospettive per i giovani che scoraggia progetti di futuro e induce molti a trasgressioni pericolose e a penose dipendenze;
    • le difficoltà occupazionali nell’età adulta e nell’età giovanile e le problematiche del lavoro;
    • la solitudine il più delle volte disabitata degli anziani».

    Sono valutazioni da meditare in modo non fugace e superficiale, specialmente per quanto concerne la ricerca di capri espiatori, le crisi della demografia e del lavoro, le solitudini degli anziani e il duplice riferimento ai giovani circa la mancanza di lavoro e lo scoraggiamento sul futuro.

    Proprio ai giovani la Chiesa universale ha dedicato nel 2018 un’assemblea del Sinodo dei Vescovi. Vediamo non pochi giovani responsabilmente attivi in ambiti associativi, educativi, culturali, sportivi. Non ci nascondiamo tuttavia che alcuni anche da noi mostrino vuoti preoccupanti di motivazioni e di valori e diano luogo a comportamenti trasgressivi, antisociali, dannosi per se stessi, per gli altri e per le stesse istituzioni – quali ad esempio scuole e oratori – disponibili ad accoglierli.

    Mi sento di aggiungere ai tanti indicati dall’Arcivescovo il tema della casa, dell’abitare, che emerge con urgenza tre le richieste avanzate ai Centri di Ascolto della Caritas, e che appare di difficile soluzione, soprattutto per chi vive con scarso reddito.

    Tra le molte luci della vita cittadina, affiorano dunque zone di ombra, che suscitano la solidarietà di singoli e associazioni. Mi chiedo però se anche tra noi non si diffondano gli atteggiamenti preoccupanti messi in evidenza a livello nazionale dall’autorevole ricerca del CENSIS di fine d’anno, che ha descritto gli italiani «soli, arrabbiati e diffidenti».

    La delusione e il rancore possono condurre alla cattiveria, se per la difesa del proprio spazio personale, familiare, di gruppo, di fazione, non ci si fa scrupolo di penalizzare o rifiutare l’altro, il diverso, il debole. Ma se chi sta in fondo alla scala sociale non è garantito, ben presto nessun livello potrà dirsi al sicuro.

    La crisi globale che ha colpito tutti con durezza ormai dieci anni fa, più che crisi economica si presenta infatti come crisi di fiducia, come osserva Papa Francesco nel suo messaggio: «viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono
    in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno».

    Questo clima crea talora diffidenza non solo verso le fasce marginali della popolazione, ma anche verso chi le soccorre, fino a svalutare enti e associazioni che si muovono nell’ambito della carità, dell’assistenza, dell’accoglienza. Già sfavorite da una mentalità di delega, per cui se si occupano loro dei poveri altri possono disinteressarsene, ora subiscono sospetti circa il loro operato e rischiano anche a livello legislativo e fiscale
    di non vedere apprezzato il loro apporto in settori dove agiscono per il bene comune.

    Il valore delle organizzazioni non a scopo di lucro infatti non sta solo nel servizio volontario che rendono, ma anche nel contributo che offrono alla realizzazione della vita dei cittadini, di quelli di cui si prendono cura direttamente e di quelli che si giovano di una compagine sociale meno conflittuale.

    Nell’anno trascorso le parrocchie, unitamente ad altri soggetti, hanno aderito a due provvedimenti promossi con il Comune di Desio.

    Con il primo si è rinnovata la Convenzione con le Scuole d’Infanzia paritarie, che interessano centinaia di famiglie della nostra città e vogliono offrire un’occasione educativa privilegiata ai più piccoli. Le stesse comunità parrocchiali non sempre conoscono l’impegno professionale, organizzativo ed economico che rappresentano le tre Scuole d’Infanzia parrocchiali, alle quali se ne aggiungono altre tre di ispirazione cristiana e altre ancora presenti sul territorio. La Convenzione rinnovata dà rilievo ai temi dell’inclusione e della mediazione culturale, così da sostenere percorsi di integrazione dei bambini e delle loro famiglie.

    Il secondo consiste nel protocollo Qui Welfare Desio, che intende facilitare l’accesso alle prestazioni sociali e sociosanitarie attive sul territorio attraverso il coordinamento di soggetti che operano in rete tra loro. Il Centro di Ascolto Caritas della Basilica ha aderito con l’intento di essere antenna e canale a nome delle parrocchie cittadine.

    Una parola di gratitudine riservo ai Missionari Saveriani che hanno ricordato i 70 anni di presenza a Desio: ci richiamano a vivere l’universalità della Chiesa e a praticare il dialogo interreligioso.

    Sono pure riconoscente all’associazione Minhaj Ul Quran per il messaggio natalizio che ci ha indirizzato, con la disponibilità a percorrere insieme vie di incontro, dialogo, pacificazione.

    Scrive ancora il Papa: «Celebriamo in questi giorni il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata all’indomani del secondo conflitto mondiale. Ricordiamo in proposito l’osservazione del Papa San Giovanni XXIII: “Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli
    altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli”».

  • Il Signore ci custodisca e ci conceda pace

    Riportiamo il testo dell’omelia pronunciata dal Prevosto, Mons. Elio Burlon, durante la S. Messa di ringraziamento del 31 dicembre scorso.

    La benedizione

    Nel passaggio dal vecchio al nuovo anno si compie l’Ottava di Natale e nella I lettura di questa Eucaristia (presa dal libro dei Numeri) ci viene offerta la benedizione che Aronne è incaricato di trasmettere al popolo di Israele. Ogni benedizione non è solo un augurio ma in essa si realizza una presenza di Dio e un’effusione dei suoi doni, infatti si dice che i figli di Israele vivranno sotto la protezione del nome, cioè della potenza di Dio. S. Paolo però ci ricorda che – dopo la venuta tra noi del Verbo incarnato – c’è un solo nome davanti al quale ogni ginocchio è chiamato a piegarsi per riconoscere la sua signoria, ed è il nome di Gesù. In lui riconosciamo il Dio che ha scelto di “svuotare” se stesso per rivestirsi della nostra umanità, e farsi solidale con la nostra pochezza e fragilità di creature, prendendo su di sé il nostro limite per farci partecipi della sua stessa vita divina. Siamo chiamati perciò a vivere nel suo nome per trovare il senso del nostro vivere, gioire, lottare e soffrire, del nostro progettare e sperare.

    Il ringraziamento

    Al momento della chiusura di un anno desideriamo naturalmente esprimere innanzitutto la nostra gratitudine per il tempo che ci è stato dato, e con esso i molteplici doni e opportunità di cui abbiamo potuto godere, pur in mezzo a difficoltà e problemi. Ogni persona ha certamente modo di individuare i motivi concreti e precisi per il proprio ringraziamento: qui vogliamo individuare quelle ragioni di gratitudine che ci toccano come Comunità cristiana (e anche come cittadinanza di Desio). La mia competenza riguarda principalmente la vita delle parrocchie, e mi sembra di poter dire che – grazie al Signore – cerchiamo di rispondere al meglio al compito fondamentale della Chiesa in generale (e di ogni comunità locale in particolare) che è quello dell’annuncio del vangelo ai singoli e alla società, che stiamo cercando di realizzare in maniera sempre più concorde e convergente, attraverso iniziative – come la Quaresima unitaria, la catechesi di Gerico, gli Esercizi spirituali ecc. – che hanno una dimensione cittadina e vanno oltre il pur fondamentale momento delle celebrazioni liturgiche.

    Dal punto di vista delle iniziative di solidarietà è giusto ricordare il pro-seguimento della mensa (in collaborazione con l’Amministrazione comunale e varie associazioni) e l’attività diversificata dei vari gruppi caritativi di ispirazione cristiana, con il coordinamento della Caritas cittadina.

    In particolare desidero segnalare – di fronte al persistere della crisi economico-sociale – l’avvio concreto del piccolo “Fondo di solidarietà-lavoro”, che è stato costituito in occasione del mio 50° anniversario di sacerdozio e che è già operativo da ottobre a favore di persone che hanno perso il lavoro. Ci stiamo avvalendo dell’azione del Consorzio Desio Brianza per un accompagnamento mirato (e qualificato a livello professionale) per mettere queste persone in grado di affacciarsi in modo non approssimativo al mercato del lavoro e di fruire anche di alcuni percorsi di “tirocinio” sovvenzionato dal fondo, nella speranza che questo possa portare a una vera e propria assunzione. Inoltre, da parte dello stesso Comune mi sembra sia imminente il lancio di un analogo “Fondo lavoro solidale”, che si raccorda all’iniziativa chiamata MIND (Mettiamo Insieme i Nostri Destini), conseguente a una serie di incontri avvenuti tempo fa all’auditorium del Banco Desio.

    Un altro aspetto positivo che mi sembra giusto porre in evidenza è l’impegno delle Parrocchie, in collaborazione con i Missionari Saveriani, l’associazione Desio Città aperta e l’Associazione culturale della Comunità pakistana per favorire un clima di dialogo inter-culturale e inter-religioso in special modo tra la realtà desiana e i gruppi di immigrati da altri continenti, soprattutto in funzione della costruzione del rispetto reciproco e della pace, con una decisa e forte condanna (oggi sempre più necessaria) di ogni forma di terrorismo e di violenza. Il segno più evidente è lo striscione appeso sulla facciata della Basilica e che poi sarà fatto girare anche in altre parrocchie.

    In prospettiva

    Rivolgendo ora il nostro sguardo al futuro, raccolgo solo due spunti dall’ormai tradizionale discorso che l’Arcivescovo ha rivolto alla città di Milano e alla Diocesi la vigilia di S. Ambrogio. A partire dalla necessità (che il nostro Pastore ha evidenziato) di dar vita a un Nuovo Umanesimo, mi sembra interessante mettere in luce almeno la caratteristica di fondo che il Card. Scola ha voluto indicare, e cioè che il nuovo umanesimo è fondato e scommette sull’uomo come “io-in-relazione”, contrastando la mentalità diffusa che tende a svalutare (per non dire snobbare) le grandi tradizioni, portando ciascuno a rinchiudersi nel proprio “io” narcisistico. Il nuovo umanesimo infatti non potrà essere che quello del “dono di sé”.

    Un secondo spunto il Cardinale lo ha ricavato da un passaggio del discorso di Papa Francesco al Parlamento europeo, dove il successore di Pietro fa notare che – di fronte alla crisi – si constata con rammarico un prevalere delle questioni tecniche ed economiche al centro del dibattito politico, a scapito di un autentico orientamento antropologico. Dove cioè al centro ci sono questi meccanismi tecnico-economici e non il valore e la centralità della persona umana, quasi fosse anch’essa un bene di consumo. E’ da qui che scaturisce quella che egli chiama la ‘cultura dello scarto’. Ovviamente queste osservazioni riguardano più direttamente coloro che sono al timone degli stati e dei governi nazionali (e oltre), ma credo sia bene tenerne conto anche a livello locale.

    Un richiamo e un paio di appelli

    Per quanto riguarda l’anno che sta per iniziare, vorrei ricordare che con il 1° gennaio prende l’avvio la Città Metropolitana: guardando a Desio in questo contesto più ampio, c’è da augurarsi che la nostra città trovi un suo ruolo non marginale e riesca anche a far valere alcune sue particolarità e potenzialità specifiche. Tra queste – anche se non può essere conside-rata la caratteristica centrale – penso sareb-be bene, proprio in occasione dell’EXPO, cercare di mettere in luce e valorizzare il fatto – che siamo una città “papale” (nel senso di luogo di nascita di un Pontefice).

    Tra le tre città lombarde che hanno dato i natali a un Papa, siamo oltretutto la più vicina a Milano, e questo potrebbe anche costituire una risorsa da non trascurare, che potrebbe dare origine a qualche iniziativa o percorso fruibile anche da un pubblico più vasto.

    Come invito alla cittadinanza, desidero segnalare un’emergenza che sta assumendo proporzioni preoccupanti: in seguito alla crisi e all’aumento della disoccupazione, anche a livello statistico si registra un incremento notevole di sfratti, di persone cioè che perdono la casa, perché non sono più in grado di pagare l’affitto, o le rate del mutuo. Poiché è noto che in città ci sono molti locali sfitti, sarebbe un gesto di vera generosità quello di chi fosse disposto – per lo meno – a dare in affitto l’abitazione di proprietà (finora inutilizzata) a un canone che sia alla portata anche di chi ha un proprietà (finora inutilizzata) a un canone che sia alla portata anche di chi ha un reddito ridotto. Certo per evitare spiacevoli sorprese si dovrebbero attivare anche forme di accompagnamento che assicurino un uso corretto del bene. E’ un gesto certamente impegnativo, ma la Parola del Signore ci invita molte volte ad andare al di là della semplice elemosina occasionale.

    Concludo con uno stimolo un po’ inconsueto: al di là dei problemi di ciascuno, dei crucci e delle fatiche, penso dovremmo chiedere il dono di un po’ di fantasia e di creatività, altrimenti rischiamo di lasciarci attaccare addosso (nell’animo intendo) un certo grigiore e quella rassegnazione che ci tarpa le ali e blocca ogni slancio. Nella benedizione che abbiamo ascoltato e che invocheremo insieme al termine di questa celebrazione, può trovare posto senz’altro anche questa richiesta, che ci consenta una speranza più viva e costante.