Categoria: Omelie

  • Il pensiero della settimana – VII domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il pensiero della settimana – VII domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il Vangelo di oggi ci riporta la parabola della zizzania: una delle più conosciute e una delle poche spiegate da Gesù. La parabola ci ricorda che Dio è sempre presente nella storia dell’umanità ed è paziente con l’uomo. Non sfugge nulla al padrone del campo, anche se non è imputabile a lui la zizzania; sa che c’è e chi l’ha seminata. Ha presente la situazione del mondo,  sa che c’è il bene, ma sa che purtroppo c’è anche il male.

    Al contrario di noi uomini, che vorremmo subito la divisione tra il bene ed il male e l’annullamento di questo, Dio sa aspettare perché, a differenza di quanto avviene nel mondo vegetale, la zizzania potrebbe diventare buon grano, una persona cattiva può diventare buona. La storia ci presenta delle conversioni clamorose.

    Il discepolo di Gesù deve essere attento ai fenomeni del suo tempo. Sa che nel mondo c’è zizzania, che c’è il demonio, il male, ma sa anche che c’è il Signore che è superiore ad ogni forza cattiva, c’è anche il buon grano.

    Buon grano e zizzania non sono due categorie di persone, ma modi di vivere che possono essere presenti in ciascuno di noi.

    Il cristiano non nega il male, ma di fronte alla persona che sbaglia ha sempre speranza che si converta e lo sforzo che deve fare, nel punire il colpevole, è di recuperarlo. Devi imitare Gesù che condannava il peccato salvando il peccatore.

    Chiediamo allora al Signore di saper guardare il mondo, la storia con i suoi occhi, di avere la sua pazienza e misericordia con chi sbaglia e di essere strumento  del suo amore nel mondo.

  • Il pensiero della settimana – VI domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il pensiero della settimana – VI domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    La parabola del Vangelo di oggi suscita negli operai della vigna una reazione istintivamente negativa: il  padrone è giusto con tutti, inspiegabilmente più generoso con alcuni. La parabola ci ricorda che Dio è imprevedibile, non lo possiamo circoscrivere nei nostri schemi. La tentazione continua dell’uomo è quella di costruirsi un Dio a propria immagine e somiglianza, un idolo.

    Il nostro Dio è un Dio che salva gratuitamente e per amore ci invita ad andare a Lui perché solo in Lui si può trovare la salvezza. Le parole critiche del padrone ai contadini esprimono come questa bontà sia qualcosa che lascia perplessi, “sei invidioso, perché sono buono?“

    Purtroppo spesso non riusciamo ad accettare questo modo di comportarsi di Dio: un Dio sempre pronto a perdonare, a cominciare da capo, con tutti. Dobbiamo invece riscoprire che tutta la vita è un dono, saperci meravigliare che Dio si interessi di noi, ci perdoni. Dio ricolma tutti dei suoi doni: l’unico limite al suo amore è il nostro sentirci a posto, bravi, non bisognosi di Lui.

    Abbiamo bisogno, tutti, di ascolto della Parola, di meditazione per avere le idee giuste di Dio. Dobbiamo sentirci tutti chiamati a lavorare, a condividere i nostri doni, a preoccuparci della Vigna. Una parrocchia, un oratorio è più o meno bello a seconda se tutti condividono doni ricevuti, nessuno escluso. La vita ci è stata data perché l’abbiamo a far fruttificare.

    Chiediamo l’intercessione di Maria, riscoprendo, in questo mese in particolare, il S. Rosario: lo reciteremo in particolare per i missionari.

  • Il pensiero della settimana – V domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il pensiero della settimana – V domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    La parabola del buon Sa­ma­ritano è spesso ri­dot­ta a un invito generico di Gesù ad avere compassione per chi ha bisogno. Ma l’in­se­gnamento di Gesù è mol­to più profondo: il contesto ed i personaggi non sono ca­­suali.

    A Gesù non piacciono i di­scor­si sterili. I suoi di­sce­po­li non devono essere gen­te d’accademia, ma gente che sa amare Dio e il pros­simo, unendo i due co­man­da­men­ti, perché l’uno è pro­va dall’altro.

    Purtroppo, non è sempre così: il sacerdote ed il le­vi­ta, le persone più vicine a Dio per il culto, non si fer­mano. Il modello della ca­ri­tà è, invece, un samaritano, ritenuto un impuro per raz­za e per fede. Spesso nel Vangelo si fa notare che chi ha più fede o è più di­spo­nibile al Signore, non ap­par­tiene al popolo eletto, ma è tra i lontani.

    Gesù vuole uno stile par­ticolare. Alla domanda chi è il mio prossimo, Gesù non risponde con un elenco di persone da amare, ma ri­cor­da che prossimo è la per­sona che vuole amare: prossimo va inteso non in senso passivo, ma attivo.

    Dovremmo ricordare quan­to insegnava il Card. Martini quando metteva in guardia da tre pericoli fa­ci­le nell’amore verso gli altri: la fretta, la paura di essere sempre più coinvolti nel dono di sé, l’alibi e la de­le­ga: ci sono altre cose da fare, non siamo capaci e, quindi, deleghiamo la Caritas…

    C’è infine una lettura an­co­ra più profonda della pa­ra­bola. Il vero sa­ma­ri­ta­no è il Signore: ha com­pas­sione; si fa uno di noi per guarirci dal pec­cato, fino a di­ven­ta­re nell’Eucarestia pane spez­­za­to per noi.

  • Il pensiero della settimana – IV domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il pensiero della settimana – IV domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Carissimi, nel Vangelo di oggi Gesù si presenta come il Pane della vita: dovremmo leggerlo mettendoci nei panni degli ascoltatori di Gesù, così da provare lo stesso stupore e  un po’ di ribellione istintiva.

    Conosciamo il contesto: ci troviamo dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani. Le folle seguono Gesù, lo vogliono fare re, gli chiedono di sfamarle come nel deserto. Gesù, proprio partendo da questo bisogno materiale, le porta a prendere coscienza di un bisogno più profondo, quello del “Pane di vita”, e descrive di se stesso come il pane che stanno ricercando, l’unico che può sfamare il loro cuore.

    Per evitare che i suoi uditori lo interpretassero in modo metaforico o simbolico, dichiara: “Io sono il pane della vita, il pane che discende dal cielo perché chi ne mangia non muoia“.

    È comprensibile, quindi, la reazione di sbigottimento e anche di rifiuto: solo nell’Ultima Cena, ricordata da Paolo nella seconda Lettura, Gesù dimostrerà il senso di quelle parole, facendosi cibo per i suoi discepoli.

    Noi crediamo che Cristo Gesù è presente nell’Eucarestia in modo misterioso, ma reale. Da qui deve scaturire il rispetto, il raccoglimento e l’adorazione. È per questo che la Chiesa esige la purezza di cuore per la Comunione.

    L’Eucarestia è il pane di vita, non è un cibo di lusso o una torta per le grandi occasioni, ma è il pane, la cosa più semplice e quotidiana, la condizione per avere la vita di Gesù e la forza di vivere il Vangelo.

    È un pane che dà la vita eterna che inizia in questa vita e che si realizza pienamente in Paradiso.

  • Il pensiero della settimana – III domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il pensiero della settimana – III domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il brano del Vangelo di oggi ha come pro­ta­go­nisti Gesù e Nicodemo che è un fa­ri­seo, membro del Sinedrio, uomo di cultura.

    Nicodemo invita ed in­con­tra Gesù “di notte“. I motivi di questa scelta pos­­so­no es­sere i più di­versi: per non per­dere la reputazione, per avere un tempo più disteso per il dia­logo. Forse Gio­vanni vede nelle tenebre della not­te l’animo di quest’uomo: è colpito dalla persona di Gesù, lo loda per quanto dice e per quanto fa, ma non ha an­co­ra la luce del­la fede: non riesce a ca­pi­re il dis­cor­so di Gesù, anche se non lo rifiuta.
    La sua riscoperta di Gesù maturerà lungo la vita e sfo­cia solo dopo la morte di Gesù, quando sarà dis­pos­to a tutto per Lui. È one­sta­men­te in ricerca, vuol usci­re dalle tenebre. Gesù lo aiuta in questo sfor­zo, ri­cor­dan­do­gli che è ne­ces­sa­rio ri­na­sce­re, cam­biare modo di ve­de­re, di pensare e di vivere: tutto questo, ricorda Gesù, è dono dello Spirito.

    Sono brani che ci chie­do­no se come Nicodemo sia­mo per­sone sempre in ricerca o se, invece, dia­mo tutto per scontato o peg­gio se siamo scoraggiati dalle tenebre. Siamo con­vinti che l’essere cristiani non consiste nel fare qual­che gesto par­ti­co­lare ma, invece, nel­l’ac­co­glie­re in noi una vita nuova che toc­ca ogni sen­ti­mento ed ogni situazione?

    Chie­diamo insieme al Signore di essere una co­mu­nità aperta al dono del­lo Spirito, sempre più con­sa­pe­vole dell’amore di Dio per ciascuno di noi, capaci di con­dividere questo amo­re con i fratelli che il signore ci fa incontrare.

  • Il pensiero della settimana – II domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il pensiero della settimana – II domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il brano di Vangelo di oggi racconta la guarigione da parte di Gesù di un uomo paralizzato e i nemici di Gesù invece che  lodare Dio per la guarigione avvenuta, accusano Gesù di aver peccato perché ha operato questa guarigione di sabato, infrangendo il riposo festivo.

    Il racconto è un richiamo ad avere un cuore libero e disponibile, nel dialogo con Dio e con gli altri. Gesù parla con tutti, ma quelli che lo ascoltano sono i poveri, i peccatori, gli ultimi: gli altri, che credono di possedere già la verità, sono chiusi.

    Anche oggi il Signore ci parla attraverso le Scritture ma è anche necessario, per capire la sua Parola, di essere umili, poveri, semplici. Quante volte, quando la Chiesa parla siamo abili o selezionare quanto dice, accettandola solo quando ha le nostre idee. Quante volte il nostro impegno non è tanto quello di ascoltare, ma di preparare la risposta in modo che l’ultima parola sia la nostra: non c’è disponibilità, apertura, umiltà.

    Gesù non si limita a dire di essere Figlio di Dio, lo dimostra; non si limita ad annunciare il Vangelo, lo vive per primo; non si limita a predicare la misericordia del Signore, ma sta volentieri con i peccatori, non si limita a predicare la povertà di spirito, ma per primo vive da povero.

    Paolo VI diceva che il mondo di oggi ha bisogno più di testimoni che di maestri e accetta uno come maestro,  perché è testimone.

    Chiediamo al Signore, che il nostro cuore sia umile, semplice, disponibile all’ascolto e che ci dia la forza di essere testimoni.

  • Il pensiero della settimana – VII domenica dopo Pentecoste

    Il pensiero della settimana – VII domenica dopo Pentecoste

    La Liturgia oggi ci pre­sen­ta Gio­suè, il suc­cessore di Mo­sè che introdusse il po­po­lo eletto nella Terra promessa. Non è stata un’impresa facile: ha dovuto com­battere i nemici, a Gabaon, dove per poter vin­cere pienamente, chiese al sole di fermarsi perché si prolungasse la giornata. Una pa­gina che, purtroppo, a chi non sapeva leggere bene la Bibbia, nel suo senso vero, ha dato uno dei motivi di con­dannare Galileo che ricordava che non è il sole che si muove, ma la terra.

    Ha dovuto inoltre mettere in guardia il popolo dalla ten­tazione dei culti pagani e, a Sichem, in un’as­sem­blea popolare, Giosuè chie­de al­la gente di fare pub­bli­ca­men­te una scelta o con Dio o con gli dei pagani, pro­cla­man­do da parte sua la scel­ta di fedeltà a Dio.

    Ora Giosuè è immagine di Gesù.

    Anche Gesù chiede di fare delle scelte: non lascia in­dif­ferenti: scelte che com­por­tano la Croce. Gesù la pre­ve­de e prean­nun­cia tri­bo­la­zioni e per­se­cuzioni, ma non dob­biamo sco­rag­giarci perché il Signore con noi.

    Il filo che lega le Letture mi pa­re proprio un invito alla speranza. Proviamo a chie­der­ci, ripensando a Giosuè e a Gesù: abbiamo il de­si­de­rio della Terra Promessa, del­la vita eterna, cioè di una comunione profonda e intima con il Signore? La nostra vita ha come guida Gesù o abbiamo tanti idoli? Quali in particolare sono in contrasto con il Vangelo: soldi, successo, orgoglio, pigrizia? Abbiamo fiducia nel Signore che ci dà forza di vincere contro tutte le tentazioni e gli  insuccessi?

    Chiediamo al Signore di accompagnarci nel cammino della nostra vita, donandoci forza e luce.

  • Il pensiero della settimana – VI domenica dopo Pentecoste

    Il pensiero della settimana – VI domenica dopo Pentecoste

    In questa domenica la Liturgia ci fa riflettere su Mosè , la guida del popolo eletto, dall’Egitto alla Terra promessa.

    Nel  Vangelo di oggi, innanzitutto, Gesù ricorda che Dio è un mistero: “nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”. Gesù rivela  Dio   entrando nella storia e ce lo presenta come un  Dio attento all’uomo “stanco e oppresso” che si china sull’uomo  per liberarlo dalla schiavitù; che rende più leggero il peso della vita perché lo porta con noi; mite e umile di cuore  ci fa sentire  a nostro agio nei suoi confronti: Dio è l’Abbà – il Papà.

    Il momento culminante di questa rivelazione di Dio in Gesù, ricorda Paolo, è sulla Croce in cui si rivela l’amore folle di Dio per noi.

    Per questo Giovanni, nella sua Lettera, cercando una definizione di Dio, non potrà che dire che “Dio é amore”.

    Dio è sempre un mistero indefinibile…. d’amore.

    Proviamo ad interrogarci serenamente e seriamente pensando a Mosè e a Gesù. Quando penso a Dio, mi ricordo che è un mistero di amore di cui posso balbettare  qualche cosa  ma che non conosco mai pienamente?

    Il Dio in cui credo è un essere astratto, ò un Dio dentro la storia che conosco attraverso la Creazione, la storia del Popolo eletto e della Chiesa, la mia storia?

    Mi sento anch’io mandato ad annunciare agli altri questo amore, a collaborare per un mondo più giusto, più fraterno? Chiediamo a Gesù di sentirlo nella nostra vita, sostegno e conforto, di accoglierlo e di condividerlo sempre.

  • Il pensiero della settimana – V domenica dopo Pentecoste

    Il pensiero della settimana – V domenica dopo Pentecoste

    Domenica scorsa siamo stati invitati a riflettere sul mistero del peccato, del rifiuto della salvezza. Questa domenica ci presenta Abramo,  il capostipite del Popolo eletto e ce lo presenta come modello di uomo di fede.

    Fede che è anche il tema del Vangelo in cui Gesù si presenta come la luce del mondo che si può accogliere o rifiutare. Sappiamo che questo è uno dei temi ricorrenti nel Vangelo di Giovanni: già all’inizio, nel Prologo, Gesù viene presentato come “luce che brilla nelle tenebre e le tenebre non l’hanno accolto”.

    Anche in questo brano è ribadita l’immagine di Gesù luce nel mondo e le diverse reazioni.

    C’è chi lo rifiuta, non vuol  neppure vedere le continue prove della sua Persona.

    C’è chi lo accetta, ma non si espone, non vuole la scomunica della Sinagoga.

    C’è chi crede e questo è dono dello Spirito.

    Sono situazioni che si ripetono anche oggi, magari nelle stessa persona che, di volta in volta, lo rifiuta, o apertamente negandone la divinità, riducendolo a un predicatore della pace, della fraternità universale o concretamente: credo ma ho una mia morale, dei miei valori. La fede è qualcosa di intimo che non sconvolge la nostra vita, che non ha molto da dire alla vita sociale, politica. Ma ci sono tanti che credono in Dio e testimoniano la loro fede.

    Dovremmo esaminarci e vedere quali sono gli atteggiamenti che più ricorrono nella nostra vita. Dobbiamo sempre  ricordarci che la fede è un dono da chiedere nella preghiera, da accogliere nel cuore e da testimoniare nella vita.

    “Signore aumenta la nostra fede!”

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana – IV domenica dopo Pentecoste

    Il pensiero della settimana – IV domenica dopo Pentecoste

    La parabola del Vangelo di oggi è una lettura della Storia della salvezza: la chiamata è per il popolo ebreo, ma a questo segno di elezione si risponde con indifferenza e rifiuto; a questo punto c’è il castigo e la chiamata di tutti gli uomini, anche dei pagani.

    Nella parabola si sottolinea l’amore gratuito di Dio che chiama ogni uomo a partecipare alla sua gioia. Il banchetto, è segno della predilezione di Dio che vuole condividere con noi la sua mensa: un banchetto che è  già in atto (il Regno di Dio è nel mondo).

    C’è chi rifiuta l’invito perché non è disposto a mutare il centro di interesse della propria vita. Gli invitati vanno ai propri campi, ai propri affari, anzi qualcuno insulta ed uccide i servi. Non c’è spazio per una gioia donata, immersi nelle nostre piccole soddisfazioni quotidiane: l’amore del Signore è qualcosa che non interessa, tantomeno il pensare alla sua fase finale, al Paradiso.

    C’è chi, invece, l’accetta, ma non capisce il significato, non vuole indossare l’abito nuziale. L’amore del Signore è qualcosa che rinnova e, se accettiamo questo amore, “la veste” della nostra vita deve cambiare.

    Per questo ha voluto che ci fosse un Banchetto, segno e anticipo di quel banchetto, ed è quello eucaristico, la S. Messa.

    A questo Banchetto siamo chiamati dal Padre, in particolare alla domenica. Il Signore non si stanca e continua a chiamarci: vuole che siamo partecipi della sua gioia e si fa cibo per noi.

    Chiediamo al Signore di sapere  vivere con fede questo momento, in particolare ogni domenica, nell’attesa di poter partecipare, alla fine, al Banchetto celeste.

    don Alberto