Categoria: Omelie

  • Il pensiero della settimana – IIª domenica di Avvento

    Il pensiero della settimana – IIª domenica di Avvento

    L’Avvento si può paragonare a un corso di esercizi spirituali in preparazione al Natale: i maestri di Spirito che ci predicano, sono Isaia, Giovanni Battista e Maria.

    Isaia è il profeta che più a fondo ha rivelato la natura del Messia, come l’Emmanuele (il Dio con noi, nel mistero del Natale) e come il Servo di Jahvè (il Messia che soffre nel mistero della croce).

    Giovanni Battista è il protagonista del Vangelo di oggi. È l’ultimo, il più grande dei profeti, colui che realizza quanto Isaia aveva profetizzato. Ci dice con forza che il Natale esige conversione. Dobbiamo preparare la via del Signore e raddrizzare le strade, cioè verificare la nostra condotta, gli orientamenti di fondo, le lacune nella vita spirituale. Un Natale che non ci cambia, che non ci mette in crisi, non è un Natale cristiano. Gesù è venuto per rivoluzionare il mondo, per mettervi come legge il servizio e l’amore, invece del dominio e dell’odio.

    Il Natale – ci insegna ancora Giovanni – presuppone il deserto, che è la premessa e la condizione per la riflessione e per la conversione. Se non ci domandiamo seriamente che cosa è il Natale per noi, rischiamo di non capire neppure il grande dono di Dio che viene per noi e in noi, per renderci creature nuove.
    Gesù è venuto a dirci che Dio è padre e che, proprio perché è padre di tutti, gli altri sono nostri fratelli. La preghiera deve essere più filiale e la solidarietà più fattiva.

    Chiediamo al Signore di fare nostro il richiamo di Giovanni. Lasciamoci illuminare dalla sua Parola, raggiungere dal suo perdono, animare dal suo amore, così che il Natale sia veramente il nascere di Gesù nella nostra vita.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana – Iª domenica di Avvento

    Il pensiero della settimana – Iª domenica di Avvento

    Oggi è il capodanno della vita della Chiesa, del suo celebrare i misteri del Signore, che ha i suoi momenti più forti nel Natale, nella Pasqua e nella Pentecoste. L’Avvento è attesa di una venuta: per noi credenti tutta la vita e tutta la storia umana sono un’attesa.

    Per noi cristiani la storia ha inizio nella mente e nel cuore di Dio e ha una fine che è la venuta di Gesù. Tutta la creazione è stata fatta per Lui e in vista di Lui. La venuta di Gesù si realizza in due tempi: nella storia (il Natale che chiude il vecchio Testamento) e alla fine dei tempi, in cui Gesù si rivela giudice glorioso. Di per sé ci stiamo preparando a rivivere la prima venuta, il Natale storico, ma se meditiamo bene le letture di oggi, ci accorgiamo che parlano più della seconda.

    Il Vangelo fa riferimento alla fine di Gerusalemme (rappresentata dal tempio) e alla fine del mondo. Si parla della fine e, quindi, è un discorso che ci fa paura. È invece necessario, come prosegue il testo evangelico, “alzare lo sguardo, perché la vostra liberazione è vicina”.

    Ora, mentre sappiamo qualcosa della prima venuta (cioè dove e quando è nato Gesù), non sappiamo nulla di quella finale. Gesù non ci ha detto la data, ma ci ha offerto un programma per spendere bene la vita. Ci ha chiesto di rimanere svegli, vigilanti, attenti. Nel tempo che trascorre tra la prima e la seconda venuta, Gesù non ci lascia soli, cammina con noi, è luce nella vita, ci dà la certezza di farcela

    .Cerchiamo allora di fare spazio al Signore che viene con un ascolto più attento della Parola, vivendo meglio l’incontro domenicale della S. Messa, scoprendo Gesù nel volto dei poveri, degli ultimi, di quelli che soffrono, facendoci aiutare da Maria che ha vissuto nove mesi di Avvento.

    Buon avvento a tutti!.
    don Alberto

  • Il pensiero della settimana – Festa di Cristo Re dell’universo

    Il pensiero della settimana – Festa di Cristo Re dell’universo

    La festa di Cristo Re sembra un po’ strana, sia per il titolo dato a Gesù, sia perché il brano di Vangelo non parla (come ci si aspetterebbe) dell’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, ma racconta la Croce.

    Nel passo evangelico non compare nessuno che crede nella sua regalità, la folla è indifferente, i capi religiosi, i soldati, uno dei due malfattori sono tutti concordi nell’insultarlo: se sei il Cristo, se sei il Figlio di Dio, se sei re, scendi dalla croce.

    L’unico che fa un atto di fede nella regalità di Gesù è il ladrone.

    Gesù è il primo tra i re, sia per la sua natura di Figlio di Dio, sia perché ha vissuto fino in fondo sulla croce la sua missione di Figlio che rivela l’amore del Padre. Proprio perché è Figlio di Dio non è sceso dalla croce.

    Ha accettato il titolo di re solo lassù, sulla Croce: la scritta che siamo abituati a vedere sopra il crocifisso
    (INRI) lo dichiara. Così Gesù vive il suo essere re come colui che ama i suoi sudditi, fino a morire per loro.

    Chi sono i sudditi?

    Non sono definiti in base a un territorio, ma sono coloro che rispondono volontariamente e in modo positivo all’invito che Gesù pone a ciascuno: se vuoi.

    Che cosa è il Regno di Dio?

    È Gesù stesso insieme a tutti quelli che agiscono come lui, che si sentono amati dal Padre, che vivono la vita come dono. Coloro che, se occupano posizioni di comando, vedono il loro potere come servizio. Quelli che sanno perdonare chi li mette in croce; che sanno scoprire il volto di Gesù nel volto deturpato di
    un crocifisso, di un poveraccio e che, se hanno una preferenza, l’hanno per gli ultimi.

  • Il pensiero della settimana – II domenica dopo la Dedicazione del Duomo

    Il pensiero della settimana – II domenica dopo la Dedicazione del Duomo

    La Liturgia di oggi completa quella di domenica scorsa: dal mandato missionario alla partecipazione delle genti alla salvezza.

    Nel Vangelo i servi hanno il comando di condurre, costringere tutti al banchetto, anche quelli che non hanno nessun titolo per parteciparvi. Di fronte a questo invito, purtroppo, la risposta storica del popolo eletto – i primi ad essere invitati – è stata, in gran parte, di rifiuto. Ecco allora la seconda chiamata. Tra gli invitati in un secondo tempo ci siamo anche noi. Far parte del banchetto della salvezza non è frutto della scelta di un momento; l’adesione all’invito va confermata ogni giorno. È certamente un dono essere amati da Dio, ma questo esige di comprendere la concessione del suo amore e di accoglierla. Il nostro rischio quotidiano è di fare la figura dei protagonisti della parabola: presi da mille cose, pur belle, non abbiamo il tempo per pensare ai doni spirituali, tanto meno siamo disposti a cambiare la vita quando la grazia dell’amore di Dio ci invita a modificarne lo stile e a saper condividere quanto abbiamo ricevuto.

    Proviamo a farci qualche domanda. Quando partecipiamo alla Messa, lo facciamo per il desiderio di incontrare il Signore? Lo stare in chiesa è un momento di gioia? Il ritorno a casa è arricchito dal sorriso di chi ha vissuto una bella esperienza?

    I Santi che ricordiamo in questi giorni sono persone come noi, coi loro limiti e difetti, che però hanno creduto al Signore e si sono lasciati trasformare da Lui, diventando segno vivente del suo amore.

    Mentre preghiamo per i nostri morti, perché possano partecipare al banchetto, domandiamo di saperci preparare anche noi per lo stesso convivio, partecipando con gioia ai tanti inviti che il Signore ci rivolge ogni giorno.

  • Il pensiero della settimana – I domenica dopo la Dedicazione del Duomo

    Il pensiero della settimana – I domenica dopo la Dedicazione del Duomo

    La prima domenica dopo la Dedicazione del Duomo ha al centro il brano di Vangelo che solitamente ascoltiamo nel giorno dell’Ascensione, con il comando di Gesù: andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura. Per questo motivo il Lezionario ambrosiano definisce questa come la domenica del mandato missionario. Se leggiamo in quest’ottica i brani della liturgia, troviamo molte indicazioni sulla missionarietà che è una caratteristica della Chiesa (la quale o è missionaria, o non è la Chiesa di Gesù Cristo).

    Cosa dobbiamo e possiamo annunziare noi? Il Vangelo, la bella notizia, Gesù risorto. Filippo, guidato dallo Spirito Santo, incontra un uomo che sta leggendo il libro di Isaia, gli chiede se capisce il testo e alla richiesta dell’Eunuco, l’aiuta a capire che in quelle pagine si parla di Gesù. Anche noi dovremmo camminare così, vicino agli uomini, e non ergerci in cattedra. Dobbiamo partire dalla vita concreta di chi avviciniamo ed aiutarli a scoprire che tutte le attese, gli interrogativi, trovano una risposta in Gesù, così da suscitare in loro il desiderio dei Sacramenti. Nell’annuncio dobbiamo ricordare che non siamo noi i protagonisti dei fatti: è lo Spirito Santo che conduce Filippo, che aiuta l’Eunuco a capire, che a Pentecoste darà la forza agli Apostoli di attuare il comando di Gesù, che permetterà loro di accompagnare l’annuncio con i segni miracolosi. Chiediamo l’azione dello Spirito Spirito su ciascuno di noi, perché ci ricordi il nostro impegno ad essere missionari e ci dia la forza per metterlo in atto. Quest’oggi lo vogliamo invocare soprattutto sui ragazzi che hanno recentemente ricevuto la S. Cresima.

  • Il pensiero della settimana – Dedicazione del Duomo

    Il pensiero della settimana – Dedicazione del Duomo

    La Liturgia ambrosiana celebra oggi la festa della Dedicazione della Cattedrale, cioè l’anniversario della consacrazione del Duomo, detto Cattedrale perché risiede il Vescovo che, come successore degli Apostoli, è il Maestro che ha, lì, la sua cattedra.

    La Chiesa cattedrale è un po’ il cuore di una diocesi: in essa vengono consacrati, il Giovedì Santo, gli Oli santi per tutti i sacramenti, e vengono ordinati i Sacerdoti; è la sede del Vescovo, successore degli apostoli, pastore del gregge.

    Ecco perché le indicazioni pastorali che il Vescovo ci dà, ci devono stare a cuore.

    Non è che Dio ha bisogno di una casa. Siamo noi ad averne bisogno, come segno della sua presenza e Dio ci viene incontro e ha voluto una casa tra le nostre case. Dovremmo ricordare sempre che è “casa di Dio“: il silenzio, il raccoglimento, il purificarci con l’acqua benedetta, la genuflessione, l’inchino, l’abbigliamento. Su questo punto, del “galateo “, abbiamo tutti da migliorare e da richiamarci a vicenda.

    Ma tutto il discorso sulla chiesa edificio ci porta al nostro essere Chiesa. Paolo raffigura la Chiesa come un edificio in cui Cristo è la pietra angolare e ci ricorda: “non sapete che siete Tempio di Dio e che lo Spirito abita in voi?”

    Preghiamo, allora, perché il nostro Arcivescovo sia sempre il maestro della nostra fede, perché abbiamo a sentire la Chiesa come la nostra seconda casa per la presenza particolare del Signore e perché ciascuno di noi si sente responsabile della vita della Chiesa, riscoprendo la sua vocazione.

  • Il pensiero della settimana – VII domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il pensiero della settimana – VII domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il Vangelo di oggi ci riporta la parabola della zizzania: una delle più conosciute e una delle poche spiegate da Gesù. La parabola ci ricorda che Dio è sempre presente nella storia dell’umanità ed è paziente con l’uomo. Non sfugge nulla al padrone del campo, anche se non è imputabile a lui la zizzania; sa che c’è e chi l’ha seminata. Ha presente la situazione del mondo,  sa che c’è il bene, ma sa che purtroppo c’è anche il male.

    Al contrario di noi uomini, che vorremmo subito la divisione tra il bene ed il male e l’annullamento di questo, Dio sa aspettare perché, a differenza di quanto avviene nel mondo vegetale, la zizzania potrebbe diventare buon grano, una persona cattiva può diventare buona. La storia ci presenta delle conversioni clamorose.

    Il discepolo di Gesù deve essere attento ai fenomeni del suo tempo. Sa che nel mondo c’è zizzania, che c’è il demonio, il male, ma sa anche che c’è il Signore che è superiore ad ogni forza cattiva, c’è anche il buon grano.

    Buon grano e zizzania non sono due categorie di persone, ma modi di vivere che possono essere presenti in ciascuno di noi.

    Il cristiano non nega il male, ma di fronte alla persona che sbaglia ha sempre speranza che si converta e lo sforzo che deve fare, nel punire il colpevole, è di recuperarlo. Devi imitare Gesù che condannava il peccato salvando il peccatore.

    Chiediamo allora al Signore di saper guardare il mondo, la storia con i suoi occhi, di avere la sua pazienza e misericordia con chi sbaglia e di essere strumento  del suo amore nel mondo.

  • Il pensiero della settimana – VI domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il pensiero della settimana – VI domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    La parabola del Vangelo di oggi suscita negli operai della vigna una reazione istintivamente negativa: il  padrone è giusto con tutti, inspiegabilmente più generoso con alcuni. La parabola ci ricorda che Dio è imprevedibile, non lo possiamo circoscrivere nei nostri schemi. La tentazione continua dell’uomo è quella di costruirsi un Dio a propria immagine e somiglianza, un idolo.

    Il nostro Dio è un Dio che salva gratuitamente e per amore ci invita ad andare a Lui perché solo in Lui si può trovare la salvezza. Le parole critiche del padrone ai contadini esprimono come questa bontà sia qualcosa che lascia perplessi, “sei invidioso, perché sono buono?“

    Purtroppo spesso non riusciamo ad accettare questo modo di comportarsi di Dio: un Dio sempre pronto a perdonare, a cominciare da capo, con tutti. Dobbiamo invece riscoprire che tutta la vita è un dono, saperci meravigliare che Dio si interessi di noi, ci perdoni. Dio ricolma tutti dei suoi doni: l’unico limite al suo amore è il nostro sentirci a posto, bravi, non bisognosi di Lui.

    Abbiamo bisogno, tutti, di ascolto della Parola, di meditazione per avere le idee giuste di Dio. Dobbiamo sentirci tutti chiamati a lavorare, a condividere i nostri doni, a preoccuparci della Vigna. Una parrocchia, un oratorio è più o meno bello a seconda se tutti condividono doni ricevuti, nessuno escluso. La vita ci è stata data perché l’abbiamo a far fruttificare.

    Chiediamo l’intercessione di Maria, riscoprendo, in questo mese in particolare, il S. Rosario: lo reciteremo in particolare per i missionari.

  • Il pensiero della settimana – V domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il pensiero della settimana – V domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    La parabola del buon Sa­ma­ritano è spesso ri­dot­ta a un invito generico di Gesù ad avere compassione per chi ha bisogno. Ma l’in­se­gnamento di Gesù è mol­to più profondo: il contesto ed i personaggi non sono ca­­suali.

    A Gesù non piacciono i di­scor­si sterili. I suoi di­sce­po­li non devono essere gen­te d’accademia, ma gente che sa amare Dio e il pros­simo, unendo i due co­man­da­men­ti, perché l’uno è pro­va dall’altro.

    Purtroppo, non è sempre così: il sacerdote ed il le­vi­ta, le persone più vicine a Dio per il culto, non si fer­mano. Il modello della ca­ri­tà è, invece, un samaritano, ritenuto un impuro per raz­za e per fede. Spesso nel Vangelo si fa notare che chi ha più fede o è più di­spo­nibile al Signore, non ap­par­tiene al popolo eletto, ma è tra i lontani.

    Gesù vuole uno stile par­ticolare. Alla domanda chi è il mio prossimo, Gesù non risponde con un elenco di persone da amare, ma ri­cor­da che prossimo è la per­sona che vuole amare: prossimo va inteso non in senso passivo, ma attivo.

    Dovremmo ricordare quan­to insegnava il Card. Martini quando metteva in guardia da tre pericoli fa­ci­le nell’amore verso gli altri: la fretta, la paura di essere sempre più coinvolti nel dono di sé, l’alibi e la de­le­ga: ci sono altre cose da fare, non siamo capaci e, quindi, deleghiamo la Caritas…

    C’è infine una lettura an­co­ra più profonda della pa­ra­bola. Il vero sa­ma­ri­ta­no è il Signore: ha com­pas­sione; si fa uno di noi per guarirci dal pec­cato, fino a di­ven­ta­re nell’Eucarestia pane spez­­za­to per noi.

  • Il pensiero della settimana – IV domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Il pensiero della settimana – IV domenica dopo il Martirio di San Giovanni

    Carissimi, nel Vangelo di oggi Gesù si presenta come il Pane della vita: dovremmo leggerlo mettendoci nei panni degli ascoltatori di Gesù, così da provare lo stesso stupore e  un po’ di ribellione istintiva.

    Conosciamo il contesto: ci troviamo dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani. Le folle seguono Gesù, lo vogliono fare re, gli chiedono di sfamarle come nel deserto. Gesù, proprio partendo da questo bisogno materiale, le porta a prendere coscienza di un bisogno più profondo, quello del “Pane di vita”, e descrive di se stesso come il pane che stanno ricercando, l’unico che può sfamare il loro cuore.

    Per evitare che i suoi uditori lo interpretassero in modo metaforico o simbolico, dichiara: “Io sono il pane della vita, il pane che discende dal cielo perché chi ne mangia non muoia“.

    È comprensibile, quindi, la reazione di sbigottimento e anche di rifiuto: solo nell’Ultima Cena, ricordata da Paolo nella seconda Lettura, Gesù dimostrerà il senso di quelle parole, facendosi cibo per i suoi discepoli.

    Noi crediamo che Cristo Gesù è presente nell’Eucarestia in modo misterioso, ma reale. Da qui deve scaturire il rispetto, il raccoglimento e l’adorazione. È per questo che la Chiesa esige la purezza di cuore per la Comunione.

    L’Eucarestia è il pane di vita, non è un cibo di lusso o una torta per le grandi occasioni, ma è il pane, la cosa più semplice e quotidiana, la condizione per avere la vita di Gesù e la forza di vivere il Vangelo.

    È un pane che dà la vita eterna che inizia in questa vita e che si realizza pienamente in Paradiso.