Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo
Con questa domenica concludiamo l’anno liturgico contemplando Gesù Cristo, Re dell’universo. Gesù accetta il titolo di re, nel senso che è il primo di tutta la storia umana sia per natura in quanto Figlio di Dio, sia per conquista, perché “ci ha liberati con il suo sangue, facendo di noi un regno“.
Leggendo il Vangelo, scopriamo che Gesù si è premurato di far capire il vero senso della sua regalità. Parecchie volte hanno tentato di proclamarlo re, ma Gesù ha accettato solo tre volte: nell’ingresso trionfale di Gerusalemme, come re di pace, cavalcando un umile asinello, di fronte a Pilato per testimoniare la verità a costo della vita, ma soprattutto sulla Croce in cui si dona totalmente per i suoi sudditi.
Il suo essere re si esprime nell’amare, che è “servizio, perdono, dono di sé“.
All’interno di questo Regno c’è la Chiesa, i cristiani che credono al primato di Gesù nella storia, alla sua morte e risurrezione, alla sua presenza tra noi e che hanno ricevuto il dono dello Spirito nel battesimo. I cristiani hanno ricevuto il grande dono della fede e insieme la grande responsabilità di essere segno vivo, con la loro vita, di questo Regno.
A questo ci richiama, anche la Giornata diocesana della Caritas: riscoprire tutta la vita come un dono che si realizza spendendola per gli altri. E’ quanto ci ricorda il nostro Arcivescovo nella sua Proposta Pastorale “ Viviamo di una vita ricevuta” da condividere con gli altri.
Riconosciamo, dunque, il Signore “Re“ della nostra vita, il suo amore per noi e chiediamogli di saperlo condividere, sempre e con tutti, nella vita con gli altri.
Il tema liturgico della settimana è la salvezza. Dio la vuole per tutti, ma essa esige la nostra disponibilità e accoglienza. Mercoledì celebreremo la solennità dei “Santi”, cioè i salvati, in piena comunione con Lui. Dice Sant’Agostino: Dio ci ha creati senza chiederci il parere o il permesso, ma non ci salva contro la nostra volontà.
Se rifiutiamo questo dono, il nostro destino sarà una condanna. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Come fare per vivere bene e camminare sulla strada della Santità? Le Letture mettono in luce due condizioni: riconoscere il primato di Dio e vivere seriamente la fraternità.
Tutti abbiamo la tentazione di far diventare delle creature o delle cose i nostri idoli, dimenticando che queste sono dono del Signore che ce le ha donate.
La seconda condizione è vivere pienamente la fraternità tra noi.
La salvezza è una cosa così preziosa che dovremmo sentirne anche noi il desiderio. Ricordiamoci che il giudizio sulla nostra vita sarà sull’amore che avremo gli uni per gli altri, immagine e partecipazione dell’amore di Dio per noi.
Chiediamo, al Signore di essere anche noi salvati e santi perché abbiamo riconosciuto il suo amore nella nostra vita e l’abbiamo condiviso. Facciamo in questa settimana nella Commemorazione di tutti i defunti, una preghiera per i nostri cari che ci hanno lasciato, perché siano “santi“, cioè nella piena comunione con Dio.
Chiediamo al Signore di “aprire la nostra mente per comprendere le Scritture, come ha fatto con gli apostoli, “donandoci lo Spirito Santo che il Padre ha promesso“. Senza questo aiuto, la lettura e l’ascolto della Parola è sterile per la nostra vita.
È lo Spirito Santo che permette a Pietro“ di rendersi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme, a qualunque nazione appartenga“.È lo Spirito Santo che dà la forza a Pietro e a Paolo di annunciare il Vangelo, che è “Cristo crocifisso e risorto”.
Pietro riassume tutta la vita di Gesù nel mistero centrale che è la Pasqua, di cui gli Apostoli sono testimoni. Paolo, a sua volta, ricorda che “Cristo mi ha mandato ad annunciare il Vangelo, Cristo crocifisso, potenza di Dio e sapienza di Dio“. Questo mandato riguarda non solo gli apostoli ed i discepoli, ma ciascuno di noi: tutti siamo chiamati ad annunciare l’amore del Padre che ci dona il Figlio, l’amore del Figlio che muore per noi, e che con la sua resurrezione ci fa creature nuove mediante il suo Spirito che ci dà la forza di vivere la carica rivoluzionaria del Vangelo.
Proviamo a chiederci se condividiamo queste verità, se la nostra vita è di persone che credono nell’amore del Padre e vivono la fraternità in Cristo.
Oggi, giornata missionaria, vogliamo pregare in particolare per i nostri fratelli di fede, che sono in prima linea nell’annuncio del Vangelo.
La loro presenza sia un richiamo per noi ad essere missionari nel nostro ambiente: aperti a tutti come Pietro, con la gioia e la passione di Paolo.
Alcune domande a don Alberto che, da venerdi 13 ottobre alle 15.30 presso il Centro, invita tutti agli incontri di catechesi biblica e liturgica.
Don Alberto, ci spieghi come e quando nasce l’idea di questi incontri?
Da quando sono qui a Desio, cioè dal 2017, tengo questi incontri settimanali: allora c’erano corsi dell’università del tempo libero e io ho preso il posto di Don Elio Burlon, che era malato. Da qualche anno invece questi incontri sono a cura della nostra Comunità Pastorale come momento di approfondimento sulla Parola di Dio, che per un cristiano è il centro della propria fede.
Tutti possono partecipare? Chi di solito li frequenta? Servono particolari qualità?
In questi anni la frequenza è sempre stata buona, circa 20-25 fra pensionati e casalinghe, visto che gli incontri si tengono sempre al venerdi pomeriggio, provenienti da varie zone di Desio. La partecipazione è libera, non serve la laurea o sentirsi un esperto, ma tutti possono scoprire in quel libro, forse poco conosciuto dai cristiani, che è la Bibbia, quel tesoro di cui abbiamo bisogno per orientare la nostra vita e i nostri pensieri. In ogni caso, se ci fossero richieste, potrei rendermi disponibile anche in orario serale.
Quali sono i temi che vengono trattati e come funziona l’incontro?
Negli anni scorsi abbiamo trattato vari temi quali il libro dell’Esodo o la storia dei concili, o la visione della donna nella Bibbia. L’anno scorso abbiamo iniziato il libro degli Atti degli Apostoli e nel 2024 arriveremo alla fine del testo. La modalità è semplice. Ognuno porta da casa la Bibbia, si legge un capitolo, io ne faccio la lectio, cioè metto a fuoco i messaggi centrali, le parole chiave, i luoghi; da ultimo pongo alcune domande per capire cosa dice a me quel testo. Segue un dialogo e un confronto libero. Questa parte dura 45 minuti circa e l’ultimo quarto d’ora lo dedichiamo al pensiero liturgico, con la meditazione sulle letture della domenica. Come vedi un metodo semplice e alla portata di tutti.
Cosa dice a noi cristiani del 2023 un testo come quello degli Atti?
Descrive la vita della Chiesa dei primi anni del cristianesimo, ma si resta stupiti nel percepire che i problemi o le difficoltà vissute ormai 2000 anni fa siano molto simili a quelli di oggi. Pensiamo ad esempio ai dissidi tra Pietro e Paolo, al dibattito sull’apertura al mondo esterno, all’uso dei beni. Possiamo scoprire che anche i primi cristiani non erano certo dei perfetti, un po’ come noi oggi. Mi dà un motivo per cui val la pena partecipare a questi corsi? Oggi un cristiano è chiamato a confrontarsi con un mondo spesso indifferente e a saper dire quali sono le ragioni della propria fede: queste motivazioni si trovano solo nella Parola di Dio e nei Vangeli di Gesù Cristo. Da lì dobbiamo partire.
Il pensiero della settimana – Dedicazione del Duomo di Milano
La Chiesa ambrosiana celebra oggi la festa della Dedicazione del Duomo, cioè l’anniversario della sua consacrazione. La parola “Duomo“ deriva dal latino domus e significa casa, che ritorna come immagine nelle letture di oggi.
Della “Casa del Signore”, che è il Tempio, parla Gesù nel Vangelo, rimproverando i suoi contamporanei che lo avevano trasformato in un luogo di commercio.
Non è il Signore che ha bisogno del tempio, della chiesa: l’universo è la sua abitazione. Il tempio, la chiesa è un gesto d’amore gratuito da parte di Dio, segno della sua presenza e benevolenza.
Dobbiamo anche noi avere rispetto della “Casa del Signore”, come Gesù ha chiesto ai suoi contemporanei (con il silenzio, l’abbigliamento, l’ordine ecc.).
Nella Chiesa ciascuno ha il suo posto e il suo compito, ma, ricorda Paolo, la santità di una persona non dipende dal compito che ha, ma da come lo adempie.
Può essere Santo il cristiano più sconosciuto, più del parroco, del vescovo, del Papa.
In tutte le immagini il protagonista è il Signore che accetta, per un atto d’amore gratuito, di farsi uno di noi, di venire ad abitare in mezzo a noi, e che ci ha chiamati a far parte della sua Chiesa.
Tra tutte le chiese la liturgia ci ricorda il Duomo, la chiesa cattedrale, detta così perché il vescovo ha lì la sua “cattedra”.
Cerchiamo sempre di fare attenzione alle parole del vescovo, alle sue indicazioni pastorali, perché egli è successore degli Apostoli.
Riportiamo l’omelia della Messa d’ingresso che mons. Mauro Barlassina, nuovo responsabile della Comunità Pastorale di Santa Teresa di Gesù Bambino, ha rivolto ai fedeli della città di Desio in occasione della festa patronale della Madonna del Rosario.
In questi giorni, entrando in Basilica e fermandoci qualche minuto per la preghiera, quasi spontaneamente siamo attratti dal volto della patrona della nostra Comunità Pastorale: Santa Teresina.
Anch’io ho osservato il ritratto che sta davanti ai nostri occhi e, pur conoscendo le fatiche e la lotta interiore vissuta da questa piccola grande donna, sono rimasto affascinato dallo sguardo puro e pacificante che traspare. Qual è il segreto che sta all’origine della confidenza assoluta di Teresina in Cristo Gesù? Qual è il segreto che sostiene il cammino della Comunità cristiana in questa città?
Rileggendo la pagina biblica di questa prima domenica di ottobre, è possibile individuare dove sta il segreto di una Chiesa che, pacificata, sa vivere e trasmettere fiducia e speranza anche in un tempo di complessità.
Il primo segreto è la centralità dell’ascolto della Parola di Dio che plasma il nostro cuore e lo rende capace di amare nella modalità di un amore che si dona. Come ci ricorda il nostro Arcivescovo, il Cristiano che ascolta e si nutre quotidianamente della Parola di Dio è colui che impara a “vivere di una vita ricevuta”. Santa Teresina, gradualmente, arriverà a vivere la confidenza totale nell’amore di Dio perché scoprirà che la sua vocazione è l’amore che si dona e che non cerca riscontri e conferme.
Il nostro concittadino Pio XI, nell’omelia per la canonizzazione di Teresina, dà un nome preciso a questo ascolto della Parola che genera Amore che si dona, quando afferma: “Oggi ci auguriamo che nei discepoli di Cristo si instauri un certo desiderio di praticare l’infanzia spirituale vissuta da Teresina, la quale consiste in questo: che tutto ciò che il fanciullo fa e pensa per immediatezza, anche noi lo facciamo per esercizio di virtù”.
Dal primo segreto ne scaturisce un secondo intimamente legato, perché ascoltare la Parola e coltivare una relazione quotidiana con Gesù e, attraverso Gesù, con ogni altra persona, non è semplicemente cercare di volersi bene o di andare d’accordo, ma “amarsi come Cristo ci ha amati”. È vivere nella relazione di un Amore che si dona.
A volte si obietta l’impossibilità di vivere tale Vangelo, mentre un altro nostro concittadino (don Luigi Giussani), ha più volte ricordato che: “non è realistico che l’uomo viva senza agognare (cercare) l’impossibile, senza questa apertura all’impossibile”.
E se questo vale per tutti, è anzitutto per noi preti, per i diaconi e le consacrate perché, come afferma don Tonino Bello: “Chi si alza dalla tavola dell’Eucaristia deve ‘deporre le vesti’. Le vesti del tornaconto, dell’interesse personale, per assumere la nudità della comunione.
Le vesti della ricchezza, del lusso, dello spreco, per indossare le trasparenze della modestia, della semplicità, della leggerezza”. Il messaggio che ci viene dalla Parola è limpido, coinvolgente e permette di individuare alcune priorità per il cammino comune alle nostre Parrocchie dentro la città:
siamo chiamati nel concreto a non agire da singoli ma in comunione, a scegliere di affrontare le sfide dell’annuncio insieme, a passare dall’io al noi;
siamo chiamati nel concreto a dare priorità all’ascolto della Parola che ci permette di entrare in dialogo con tutti e con ogni situazione umana, rimanendo nella verità di chi è radicato nell’Amore che si dona;
siamo chiamati a intercettare le domande della gente come Comunità cristiana, senza pregiudizi e preoccupazioni, intuendo che, cambiare alcune forme nella vita pastorale, non è rinunciare al Vangelo, ma vivere il Vangelo dentro la storia di oggi e continuare ad offrire la buona notizia in un tempo di profonde trasformazioni;
siamo chiamati a deporre le divisioni, ad abbandonare ogni forma di rivalità per lavorare insieme in un progetto comune, che è la gioia del Vangelo che ci fa uomini e donne di speranza.
Concludo con un’altra riflessione di don Tonino Bello: “Gareggiamo nello stimarci a vicenda. Portiamo il peso uni degli altri […] L’olio profumato della comunione ci faccia camminare insieme e ci raccolga a tavola insieme”.
Maria, Vergine del Rosario, Madre della fraternità degli apostoli, prega per noi e per tutta la Chiesa all’inizio del Sinodo, in comunione, partecipazione e missione.
Il pensiero della settimana – V dopo il martirio di S. Giovanni
Nel Vangelo di questa domenica un dottore della legge che chiede “Qual’è il più grande comandamento della legge?”.
Gesù risponde citando I’Antico Testamento e precisamente lo “Shemà Israel”, “Ascolta Israele”, la preghiera che il buon ebreo recita due volte al giorno e che contiene il dovere dell’amore verso Dio, e un brano sull’amore verso il prossimo. La domanda è allora: c’è una novità nel Vangelo o Gesù si limita a riportare l’Antica Legge?
I due comandamenti sono uno solo. Gesù li mette sullo stesso piano: “il secondo è simile al primo”. Ora questo era inammissibile per i giudei per i quali il primo comandamento superava infinitamente il secondo e si praticava separatamente. Per Gesù, invece, questa divisione è impossibile: l’amore di Dio, che impegna tutta la persona trova la sua prova, nell’amore verso il prossimo.
Gesù non minimizza l’amore verso Dio: ed è per essere fedele a quest’amore che Gesù muore in croce, ma proprio in croce dimostra che amare Dio è dare la vita per noi uomini.
Noi invece siamo tentati di staccare i due impegni, di fare la questione: “è più giusto pregare o darci da fare per gli altri?” È una questione che per Gesù non esiste: mi do da fare per gli altri perché, nella preghiera, mi sono riscoperto amato da Dio e non posso, dopo una preghiera, in particolare dopo la S. Messa, non sentire l’esigenza di amare gli altri .
L’amare gli altri è la prova è la via del nostro amore verso Dio.
Il pensiero della settimana – IV dopo il martirio di S. Giovanni
Il brano di Vangelo di questa domenica segue immediatamente il racconto del miracolo della moltiplicazione dei pani. Il popolo, sfamato dal pane miracoloso, “ricerca Gesù“ a Cafarnao. Con pazienza Gesù cerca di fare capire alla folla che la sua missione non è quella di assicurare il pane materiale con un miracolo, per certi aspetti simile a quello operato da Dio con la manna nel deserto, ma di donare il pane del cielo. Gesù è questo Pane di vita e alla domanda “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”, Gesù risponde “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”. Gesù realizza pienamente il desiderio dell’umanità espresso dal profeta Isaia nella prima Lettura. Se non ci mettessimo in ascolto del Signore, verificando quanto la parola di Dio ha risonanza nel nostro cuore, potrebbero sembrare solo belle parole. Proviamo a domandarci. Siamo alla ricerca del Signore per un incontro sempre più intimo e profondo? Per che cosa cerchiamo il Signore? Per avere la sua benedizione con una vita tranquilla, senza problemi o perché scopriamo in Lui, colui che può dare senso alla nostra vita e alla storia? Ci sentiamo, come dice Isaia, poveri peccatori, incapaci di realizzare pienamente la vita e la missione che il Signore ci ha affidato? Abbiamo qualcosa da cambiare e da farci perdonare? Ripetiamo in questi giorni il salmo responsoriale “Vieni o Signore a salvare il tuo popolo” e fa’ che il nostro cuore ti accolga e si lasci salvare.
Il pensiero della settimana – III dopo il martirio di S. Giovanni
Nel Vangelo di questa domenica, Gesù domanda “chi sono io per voi”, indicando le condizioni per seguirlo: “chi vuol venire dietro a me, prenda la sua croce, ogni giorno, e mi segua”.
Innanzitutto la domanda “Ma voi chi dite che io sia?“
È più facile rispondere al “chi sono io per la gente?”: Per sapere che cosa pensa la gente di Gesù, si fa un bel sondaggio di opinioni, si fanno statistiche…
Ma è difficile porsi la domanda “chi è Gesù per me?“
Proviamo a immaginarci questa domanda rivolta a ciascuno di noi. Chi è Gesù nella vita del cristiano? Difficile rispondere, è come chiedere a un bambino chi è la sua mamma: saprà dire il nome, ma non chi è e che cosa rappresenta… Perché per lui è tutto.
Così è Gesù per il cristiano. Se qualcuno vuole andare dietro a lui, deve rinnegare se stesso e prendere la propria croce, ogni giorno.
Se camminiamo dietro a un Crocifisso, è inevitabile anche per noi portare la croce: quella che ci viene richiesta per essere coerente al Vangelo è quella che, come Gesù, si accetta perché rientra in un disegno d’amore del Padre in cui la croce diviene strumento di salvezza.
La croce più grande è quella di rinnegare noi stessi, mettere da parte i nostri progetti per assumere quelli di Gesù, con la certezza che la fine del cammino non è la croce o il sepolcro, ma è la risurrezione, la vita nuova. Il cristiano non è un condannato a morte, ma un destinato alla vita senza fine.
Il pensiero della settimana – II dopo il martirio di S. Giovanni
La liturgia di questa domenica ci aiuta ad entrare sempre più nel mistero di Gesù per esserne, poi, testimoni veri. In questa domenica il Vangelo ci rivela il volto di Gesù: la Parola, fatta carne, che ci mostra il Padre.
Il brano di questa domenica è un ritornello continuo in questo senso: “il Figlio da sé stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre”. Ma queste sono poche frasi che riflettono tutto il Vangelo, in cui Gesù si rivela in comunioneII dopo il martirio di S. Giovanni piena con il Padre.
Le prime e le le ultime parole di Gesù riportate dal Vangelo, riguardano il Padre: a 12 anni ”Non sapevate che devo occuparmi delle cose del padre mio?”, sulla croce “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”.
Certo del Padre, Gesù rivela soprattutto l’amore e le sue sono parole di perdono, le sue azioni sono gesti di attenzione a chi soffre, anche i miracoli che compie, più che prova della sua divinità, manifestano innanzitutto l’amore del Padre.
Ma tutto questo non è limitato alla fase terrena della vita di Gesù. Gesù è anche oggi luce, gioia, forza; Gesù rivela il Padre perché, come ricorda Paolo nella seconda Lettura, Gesù è vivo, è risorto ed è il senso di tutta la storia umana. Gesù continua la sua rivelazione del Padre, mediante la Chiesa. Anche noi siamo mandati ad annunciare il Vangelo, ad essere segno dell’amore del Padre, ad essere testimoni della gioia della resurrezione con una speranza ed un ottimismo ad oltranza. Chiediamo al Signore, di essere davvero suoi testimoni nel mondo.
don Alberto
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