Categoria: Omelie

  • Terza settimana di Quaresima

    Terza settimana di Quaresima

    Vivere da figli

    Si dice spesso che fare il genitore non sia il mestiere più facile del mondo. E probabilmente è vero. Spesso, però, anche vivere da figli non è altrettanto semplice.

    Corriamo il rischio di confondere la nostra posizione, e vivere come schiavi, più che come figli. Spesso riteniamo che siamo oggetto del “destino” o delle scelte che Dio fa per noi. Spesso cadiamo nell’amare i doni che ci vengono consegnati, piuttosto di colui che ce li consegna.

    Ci dimentichiamo che Dio ama la nostra libertà più di ogni cosa al mondo. È un
    padre che vuole essere amato per ciò che è, per ciò che rappresenta nella nostra
    vita. E’ un padre che ci riempie di doni, che sa che spesso e volentieri ci allontaniamo da lui e come figli ingrati pretendiamo che ci vengano esauditi desideri
    senza dare nulla in cambio. “Voi mietete ciò che altri hanno seminato” ci ripete Gesù nel Vangelo.

    È questo può essere il paradigma dell’amore di Dio, amore di padre che si preoccupa costantemente per i propri figli, anche quando sono lontani, e che
    ogni volta che ci allontaniamo da Lui, ci aspetta con trepidazione, con un amore
    viscerale che non conosce confini. Amore di un padre che si dona completamente per i propri figli; padre disposto ad educare, ad ascoltare, a farsi presente in maniera silenziosa e discreta.

    In questa settimana vogliamo meditare sulla preghiera più semplice e importante
    che ci è stata consegnata direttamente da Gesù: una preghiera che inizia proprio
    con l’appellativo di “padre nostro” per indicare la figliolanza che abbiamo tutti grazie a Gesù.

    Vogliamo prenderci qualche minuto nelle nostre giornate per recitare questa preghiera che ci avvicina a Dio più di ogni altra preghiera, lentamente e meditando
    ogni parola che contiene, per comprendere che spesso non è necessario esternare soliloqui, ma basta un semplice “Padre nostro” per sentirci davvero uniti a Lui.

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Prima settimana di Quaresima

    Il dramma della libertà

    La libertà può essere un dramma? A volte sì. Seguendo le parole di San Paolo nella sua lettera ai romani, si comprende tutto il sentimento di un uomo lacerato da ciò che sa che è giusto e non compie, e di ciò che compie con i suoi gesti e dice con le sue parole, pur sapendo che è sbagliato. Riconosciamo che c’è il desiderio di bene dentro di noi, come una fiammella che continua a ardere nonostante le nostre inquietudini e i nostri peccati. Eppure, nonostante questo, ci accorgiamo di continuare a commettere “il male che non voglio”.

    Noi siamo piccoli e limitati e non siamo in grado di uscirne da soli. Abbiamo bisogno di Lui. Abbiamo bisogno di lasciarci salvare dal Signore dentro questa libertà. Abbiamo bisogno di riconoscerlo in quella croce che spesso vediamo attaccata ai muri di casa nostra, nelle chiese, o sul nostro petto, ma che troppo spesso dimentichiamo e scegliamo di non considerare. “La croce pende dal nostro collo, ma non pende sulle nostre scelte” diceva don Tonino Bello.

    In questa settimana torniamo a quella croce che è espressione della nostra salvezza. Dobbiamo imparare a scegliere, ad essere liberi di scegliere, a non dire o fare ciò che va di moda. Dobbiamo imparare ad essere originali, come diceva il beato Carlo Acutis. Dobbiamo avere la libertà di volgere lo sguardo verso quella croce che ci accompagna in questo periodo di Quaresima e che troverà il suo culmine in quel venerdì santo che tra poco vivremo e rinnoveremo nel memoriale della passione di Gesù.

    In questa settimana, allora, il nostro impegno sarà quello di cercare la croce, fermarci davanti ad essa, contemplare lo sguardo dell’uomo dei dolori preannunciato dal profeta e che si presenta davanti a noi con tutto il suo dramma. Perché anche Gesù ha vissuto lo stesso dramma della libertà: la libertà di consegnarsi alla croce per amore e non perché si è costretti. Chiediamo a quella croce di lasciarci guidare nella nostra libertà, e ogni volta che ne sperimentiamo il dramma, possiamo compiere la scelta più giusta.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Ultima domenica dopo l’Epifania

    Questa pagina di Vangelo è rivoluzionaria per il nostro modo di pensare. Quale padre concede al figlio l’eredità prima della morte epoi, quando questi ha sperperato tutto, lo riaccoglie senza nessun rimprovero, anzi con una grande festa?

    Gesù ci mostra un Dio fuori dai nostri schemi e porta questa parabola per giustificare il suo comportamento verso i peccatori.

    Dio gode del ritorno del peccatore. S. Ambrogio dice, commentando la creazione: “Dio si riposò dopo aver creato l’uomo perché, finalmente, aveva qualcuno a cui potesse perdonare i peccati”. Nel perdono Dio rivela la caratteristica più profonda della sua natura: l’amore fedele, gratuito e totale.

    Questa gioia deve essere condivisa: per questo il comportamento del fratello maggiore, che non sa e non vuole partecipare a questa gioia, anzi ne prova fastidio, è la nota stridente.

    Questa pagina suscita degli interrogativi. Quale concetto di Dio abbiamo? Il nostro Dio è un Dio misericordioso oppure un Dio castigatore? Quando ci confessiamo siamo certi di incontrare un Padre che ci ama con un sentimento di gratitudine? Ci sentiamo come il figlio maggiore o il prodigo? C’è sempre la tentazione di sentirsi tra i puri, tra quelli a posto. Con chi sbaglia qual è il nostro atteggiamento? Moralista, di accusa, di superiorità o di accoglienza fraterna e gioiosa?

    Oggi è la domenica del perdono: chiediamo al Signore di credere nel suo amore che perdona sempre e di renderci capaci, a nostra volta, di perdonare

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Penultima domenica dopo l’Epifania

    La liturgia di oggi ci prepara alla Quaresima richiamando una componente che ci aiuta a scoprire la realtà del peccato e la misericordia del Signore. Da qui il sottotitolo: domenica della “divina clemenza”.

    Il brano di Vangelo ci mostra tutta la delicatezza, la bontà, la passione di Gesù per la salvezza della peccatrice. Un comportamento che è sembrato fin troppo buono, tanto che in alcuni manoscritti antichi è stato tralasciato. L’adulterio esigeva una penitenza pubblica e poteva essere perdonato una sola volta. Al rigorismo morale, Gesù contrappone l’accoglienza ed il perdono. Non sminuisce la gravità del peccato, ma invita chi accusa la donna a rientrare in sé per riscoprire le proprie debolezze e fa sentire alla accusata che è amata.

    Ai nostri giorni una scena simile susciterebbe reazioni diverse: chi invocherebbe la lapidazione, chi si scandalizzerebbe scomunicando chi ha sbagliato e altri avrebbero accusato Gesù di buonismo.

    Gesù rischia l’accusa di essere contro la legge mosaica. Lui, invece, è il vero interprete della legge fatta non per schiacciare l’uomo, ma per aiutarlo a vivere, poiché la legge è prima di tutto perdono.

    Facciamo nostra la preghiera di Israele riportata nella lettura: “Signore nostro Dio, allontana da noi la tua collera. Ascolta la nostra preghiera. Liberaci per il tuo amore”.

    È una preghiera che potremmo fare quando ci accostiamo al sacramento della Riconciliazione: un incontro che ci fa riscoprire tutte le nostre debolezze ma anche l’amore misericordioso del Signore.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    V domenica dopo l’Epifania

    Il Vangelo ci riporta il secondo segno operato da Gesù a Cana di Galilea, ed è un miracolo un po’ strano.

    Innanzitutto, viene operato a distanza: Gesù si trova a Cana e guarisce “il figlio di un funzionario del re” che abita a Cafarnao. È l’unico caso in cui si fa una verifica d’orario tra il momento in cui Gesù dice “va’, tuo figlio vive“ e “l’ora in cui il figlio aveva cominciato a star bene“ . Ma, soprattutto, il miracolo è fatto in favore di un pagano. Gesù realizza quanto era stato preannuniato da Isaia nella 1a lettura “Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue”.

    La salvezza non è legata all’appartenenza ad una stirpe, ma alla fede. La fede è un dono e una conquista: è la capacità di vedere il mondo, la nostra vita e la nostra storia con gli occhi di Dio, ma esige che ci lasciamo aprire gli occhi dal Signore e illuminare da Lui.

    Oggi, “Giornata della Vita”, i nostri Vescovi ci invitano a guardare con gli occhi della fede al dono fondamentale della vita.

    Per un credente la vita è un dono del Signore che chiama all’esistenza una creatura. È un dono che ci viene dato da Dio in usufrutto, perché sappiamo spenderla bene per noi e per gli altri, realizzando il
    progetto che Dio ha su di noi.

    Il cristiano deve essere il primo a promuovere e difendere una vita. Preghiamo per quei genitori che, per i motivi più diversi, sono tentati di rifiutare o di sopprimere questo dono, e ringraziamo il Signore del dono della vita, ricordando i nostri genitori che sono stati i suoi collaboratori nel donarcela.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Santa Famiglia di Gesù, Maria, Giuseppe

    La festa di oggi, dopo il S. Natale, ci fa meditare sulla famiglia di Gesù, modello di ogni famiglia.

    Oggi la famiglia non sta vivendo un momento facile della sua storia perché forze disgregatrici la minacciano: l’instabilità affettiva della coppia, il salto generazionale velocissimo che rende più difficile il rapporto genitori-figli, le preoccupazioni economiche e la difficoltà di avere un lavoro sicuro. È un valore, quindi, da promuovere e da difendere in tutti i modi, con il contributo di ciascuno di noi.

    Dio ha voluto la famiglia perché la prima esperienza di un bambino fosse l’esperienza di un amore gratuito, totale, capace di perdonare: in fondo che fosse l’immagine più bella della Sua natura che è Amore.

    L’ha voluta perché collaborasse, anche, nel compito più grande e bello di trasmettere la vita.

    L’ha voluta per il Figlio che si è incarnato, perché fosse esempio concreto, modello vivente del suo progetto per la famiglia.

    Quando e a quali condizioni la nostra famiglia assomiglia a quella di Nazareth?

    San Paolo ricorda quali sono i sentimenti che devono regnare in una famiglia cristiana: “tenerezza, bontà, umiltà, manusetudine, perdono”. E poi ci dà una regola di vita: “La Parola di Cristo abiti in voi; rendete grazie al Signore; tutto avvenga nel nome del Signore”.

    Preghiamo insieme quest’oggi per le nostre famiglie, chiedendo l’intercessione della S. Famiglia di Nazareth e chiediamo di riscoprire la bellezza del Sacramento del Matrimonio

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    III Domenica dopo l’Epifania

    Con questa domenica si conclude il ciclo dell’epifania del Signore. Nel miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, Gesù “ha compassione” per le folle che lo seguono. Compassione è il termine per esprimere l’amore senza limiti di Dio per l’umanità.

    Gesù si preoccupa della folla che da tre giorni lo segue e ha esaurito il cibo. Chiede di raccogliere i pochi pani e i pesci che ci sono e di organizzare la loro distribuzione curando che tutti ne mangino a sazietà, raccogliendo, poi, gli avanzi. Gli Apostoli, come i servi di Cana, si fidano di Gesù, che compie il miracolo, e attuano quanto da Lui richiesto.

    Perché Gesù non interviene, anche oggi, a sfamare i milioni di persone che soffrono la fame? Perché non ripete il miracolo della manna che ha sfamato il popolo di Israele nel deserto del Sinai? (1a lett.)

    Dio non ha abbandonato l’umanità e ha, anche oggi, compassione di chi soffre, ma anche oggi chiede la nostra collaborazione. Ha dato risorse sufficienti all’umanità.
    Ci chiede di sfruttare queste ricchezze e di condividerle, soprattutto con i più poveri: non possiamo accettare che il 20% della popolazione mondiale consumi l’80% delle risorse disponibili. Ma c’è anche uno stile che Gesù vuole dai suoi discepoli: “Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi”. Non è un amore dall’alto in basso, ma una condivisione fraterna.

    Il dono all’altro deve essere fatto liberamente e con la gioia di poter essere utili gli uni agli altri, ringraziando il Signore che ci chiede di essere collaboratori del suo amore.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    II Domenica dopo l’Epifania

    La Liturgia oggi ci presenta il primo miracolo di Gesù. Si tratta di un matrimonio salvato, nella sua gioia, da Gesù.

    Oltre al racconto in sé, c’è il significato biblico del vino che è segno di gioia. All’acqua delle fredde giare di una vita monotona, alla routine di un amore che non ha più nulla da dire, Gesù porta la forza dell’amore che dà sorriso e gioia e tutto questo, come sempre, in modo imprevedibile. Si tratta di un miracolo operato per la mediazione di Maria: Gesù pare resistere alla osservazione della mamma, ma nell’insistenza di Maria vede la volontà del Padre e opera il miracolo.

    Gesù ha voluto con sé nel suo disegno d’amore la mamma: Maria è presente nel presepe, qui al primo miracolo, e ai piedi della croce! Il suo compito è, come dice il Vangelo, di ricordarci che dobbiamo “fare quanto Egli ci dirà“.

    Oggi la Chiesa deve essere “segno “ della presenza di Gesù nel mondo: i miracoli di Gesù, che erano l’occasione della fede in chi ascoltava, si devono ripetere oggi nella vita della Chiesa.

    Tutta la vita cristiana vissuta con coerenza, anche se con difficoltà e sbagli , è un miracolo vivente, è segno che il Signore è presente. Pensando a Maria, dobbiamo riconoscere che l’attenzione
    agli altri, ai problemi materiali e spirituali, in un mondo sempre più chiuso e diffidente, è un miracolo che non può lasciare indifferenti.

    Chiediamo al Signore di aiutarci ad essere “segno” vivente del suo amore nel mondo, attraverso l’intercessione di Maria.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Domenica Battesimo del Signore

    L’Epifania, rivelazione di Gesù, continua nel suo Battesimo. Egli rivela chi è (“Il Figlio prediletto”) e che cosa è venuto a fare nel mondo (in fila con i peccatori). Gesù non ha bisogno di questo gesto di penitenza perché è l’Agnello di Dio, senza peccato. Il fatto di mettersi in fila con i peccatori vuole indicare la sua scelta di campo: è venuto per loro, per chi è peccatore e desidera essere salvato. Si deve notare la differenza del Battesimo di Giovanni da quello di Gesù. Il primo è un gesto penitenziale in cui la persona si riconosce peccatrice e domanda perdono, mentre quello di Gesù dà il dono dello Spirito che ricrea (lo Spirito sulle acque primordiali) e che porta pace (l’immagine della colomba del diluvio) e rinnova. A noi accoglierlo, viverlo riconoscendoci peccatori, bisognosi del perdono. Dobbiamo, poi, lasciarci trasformare da questo Spirito che ci dà degli occhi nuovi (la fede), una forza nuova (la speranza) e un cuore nuovo (la carità).

    È un dono da riscoprire sempre più profondamente, non dando nulla per scontato. Ripensiamo al nostro
    Battesimo e poniamoci qualche domanda: sappiamo la data del nostro Battesimo?

    Abbiamo ringraziato, qualche volta, i nostri genitori che lo hanno chiesto per noi? Siamo riconoscenti al Signore per il dono dello Spirito? La lettura della Bibbia è davvero per noi il metterci in ascolto del
    Padre, che ci ha scritto questa bellissima Lettera? Ringraziamo di cuore il Signore per il dono dello Spirito Santo che ci ha fatto con il S. Battesimo e chiediamogli di viverlo in pienezza.

    don Alberto

  • Il pensiero della settimana

    Il pensiero della settimana

    Ottava del Natale – Circoncisione di Gesù

    Facciamo nostro, all’inizio dell’anno, l’augurio e la benedizione che abbiamo ascoltato nella Prima Lettura, dal Libro dei Numeri: “Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il Suo volto e ti conceda la pace”.

    Il Signore chiede a ciascuno di noi di essere strumento di pace, dono annunciato nel mistero del Natale, sulla capanna di Betlemme e donatoci in pienezza nel mistero della Croce.

    A Pasqua, Gesù ci ha donato il suo Spirito che, come ci ricorda Paolo nella Seconda Lettura, “grida con noi Abbà, Padre”: questo Spirito ci ha resi suoi figli, togliendo ogni divisione tra noi e rendendoci un unico popolo, mettendo le premesse della pace.

    L’augurio della Liturgia, alla fine dell’Ottava di Natale, è quello di ripetere l’esperienza dei pastori che “se ne tornarnom glorificando Dio per tutto ciò che avevano udito e visto” e come quella dei Magi che ritornarono nei loro paesi comunicando l’esperienza che avevano vissuto.

    Tornando alle nostre case cerchiamo di portare, la gioia dell’incontro con il Signore che, facendoci riscoprire figli dello stesso Padre, ci invita ad essere nel mondo strumenti di pace.

    Proprio sul tema della pace, continuando la tradizione iniziata da Paolo VI, Papa Francesco ha mandato al mondo un messaggio

    don Alberto