Categoria: SS. Siro e Materno

  • Comunità in cammino 9 febbraio 2020

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    COMUNITÀ PASTORALE
    SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO – DESIO

    NOTIZIARIO SETTIMANALE DELLA PARROCCHIA SS. SIRO e MATERNO

     COMUNITÀ IN CAMMINO

    Anno 18 – Numero 24 9 febbraio 2020

    CAMBIAMENTO DI EPOCA

    Secondo un’affermazione di papa Francesco oggi viviamo non un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca. Detta per la prima volta ai vescovi in Brasile, fu poi ripetuta al convegno della Chiesa italiana di Firenze nel 2015.

    Un’epoca di cambiamento presuppone qualche semplice aggiustamento e aggiornamento: ci si avvantaggia – anche per il messaggio cristiano – di nuovi strumenti e nuove tecniche, ma non cambia la visione della persona, delle relazioni, dei valori fondamentali.

    Nel cambiamento di epoca invece muta il modo con cui ciascuno intende se stesso e il mondo, dovendo fare i conti con lo strapotere di scienze e tecnologie (capaci persino di replicare e modificare il nostro patrimonio genetico), l’interdipendenza economica e sociale (un’epidemia condiziona sì salute e medicina, ma anche le Borse, i messaggi sui social, i pregiudizi etnici), il ruolo controverso delle religioni, la necessità di tutelare l’ambiente e la natura.

    I cristiani non sono estranei a nessuna epoca e a nessuna cultura: anche Gesù ha vissuto vantaggi e disagi del suo tempo e lì ha proclamato una buona notizia per tutti. Anche in mondi complessi e difficili da comprendere, il Vangelo può essere annunciato e diventare fonte di speranza, profezia di amore vero. Ricorda il Papa che «il Signore è attivo e all’opera nel mondo». Più che dolerci – perché sorpresi da fenomeni imprevisti, incluso un certo declino della vita cristiana –, possiamo aprirci allo Spirito per la singolare missione che ci è affidata.

    don Gianni

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  • Comunità in cammino 2 febbraio 2020

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    COMUNITÀ PASTORALE
    SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO – DESIO

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    Anno 18 – Numero 23  2 febbraio 2020

    QUALE VITA SE VINCE L’EGOISMO

    In questi giorni si parla molto del coronavirus che ha colpito la Cina e si sta espandendo altrove. Mi ha colpito la notizia che a Hong Kong è stato dato alle fiamme un edificio destinato a ospitare persone attaccate da questo virus. Nello stesso tempo in Italia alcuni cinesi sono stati maltrattati, quasi fossero portatori della malattia.

    In concomitanza con questi fatti si è ricordato l’anniversario della liberazione di Auschwitz e dei contemporanei allarmanti gesti di intolleranza e antisemitismo. Con milioni di ebrei, ai campi di concentramento nazisti e alle camere a gas furono destinate molti altri, anche di religioni diverse, tra cui eccelle san Massimiliano Kolbe (la cui cella abbiamo visitato nel pellegrinaggio dello scorso giugno, con commozione e in spirito di preghiera).

    La sovrapposizione di avvenimenti così disparati ha in comune la denuncia della vittoria dell’egoismo o dell’indifferenza, quando si pensa che “quando sto bene io, stanno bene tutti”.

    Nella Giornata per la Vita, tesa a tutelare i più deboli e indifesi – i bambini non ancora nati e i malati in fase terminale – risuona la domanda, umana e cristiana: perché e per chi vivo?

    Ci aiuta nella riflessione il messaggio dei Vescovi italiani: “L’ospitalità della vita è una legge fondamentale: siamo stati ospitati per imparare ad ospitare. Ogni situazione che incontriamo ci confronta con una differenza che va riconosciuta e valorizzata, non eliminata, anche se può scompaginare i nostri equilibri”. E concludono: “Il frutto del Vangelo è la fraternità”.

    don Gianni

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  • Comunità in cammino – 26 gennaio 2020

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    SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO – DESIO

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    Anno 18 – Numero 22 – 26 gennaio 2020

    FAMIGLIA, SCUOLA DI AMORE

    All’inizio del rito del Battesimo si formula la domanda: «Cari genitori, chiedendo il Battesimo per vostro figlio, voi vi impegnate a educarlo nella fede, perché, nell’osservanza dei comandamenti, impari ad amare Dio e il prossimo, come Cristo ci ha insegnato».

    A prima vista si stabilisce una condizione: vostro figlio sarà battezzato solo se siete disposti a educarlo nella fede. In realtà l’orizzonte è più ampio: educare nella fede un bambino coincide con il fatto che «impari ad amare Dio e il prossimo, come Cristo ci ha insegnato».

    L’educare nella fede – cioè a partire dalla propria fede di genitori ed educatori – comprende la missione tipica di ogni famiglia e di ogni realtà educativa: essere una scuola di amore.

    Il compito appare impegnativo: siamo sicuri di sapere cosa significa amare? come esprimerlo veramente? come amare nelle difficoltà e nelle avversità? Non ci sono risposte immediate.

    La domanda che precede il Battesimo dei bambini svela però ai credenti che possono contare su qualche speciale risorsa: l’amore del prossimo è l’altra faccia della medaglia dell’amore di Dio e non si può separarli; l’insegnamento di Cristo non è parole, ma la sua vita donata, fino alla croce. L’amore dunque mai sarà possessivo – ossia amore di sé attraverso l’altro –, ma oblativo – amore per l’altro nel dono di sé –, disinteressato, senza contropartite.

    Alla scuola dell’amore tuttavia non ci si mette senza riconoscere Gesù, la sua storia, la sua parola: ecco perché una scuola di amore è pure scuola di preghiera, anche in famiglia.

    don Gianni

  • Comunità in cammino – 19 gennaio 2020

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    Anno 18 – Numero 21 19 gennaio 2020

    SANTA FAMIGLIA E NOSTRE FAMIGLIE

    L’ultima domenica di gennaio – la prossima, alla quale ci prepariamo – è dedicata dalla liturgia ambrosiana alla Santa Famiglia di Nazaret: Gesù, Maria e Giuseppe.

    A parte i racconti evangelici sul Natale, non poi così dettagliati, e poche altre pagine, ciò che possiamo dire della Santa Famiglia è frutto più di deduzione che di narrazione. I testi però ci forniscono una chiave di lettura quando affermano che Gesù cresceva in età, sapienza e grazia: un’osservazione che si può estendere ai circa trenta anni della vita nascosta a Nazaret.

    Si potrebbe dire che la normalità si accompagnava a intensità: una famiglia non rassegnata a semplici ripetizioni di gesti o ad abitudini di affetti e relazioni. Una vita scandita sì dallo scorrere degli anni (età), ma capace di accrescere conoscenze ed esperienze (sapienza) e fondata su un rapporto con Dio né banale, né formale (grazia).

    Più che aiutarci a curiosare nella famiglia di Gesù, questo paradigma può diventare, a tutte le età, lo stesso per le nostre famiglie di oggi, per dare colore e sapore ai loro progetti, profondità ai loro desideri e gioia costante nell’inesorabile passare del tempo.

    don Gianni

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  • Comunità in cammino 12 gennaio 2020

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    COMUNITÀ PASTORALE SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO – DESIO

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    Anno 18 – Numero 20 12 gennaio 2020

    SI OTTIENE QUANTO SI SPERA

    Il mese di gennaio da oltre cinquant’anni è dedicato dalla Chiesa cattolica al tema della pace. Si apre con la Giornata Mondiale della pace, nel quale si medita il messaggio del Papa, ed è caratterizzato poi da incontri di preghiera, conferenze, fiaccolate ecc.

    Nel decanato di Desio – che comprende anche Nova Milanese, Bovisio Masciago e Muggiò – ogni anno la Marcia della Pace è una proposta aperta a tutti per rilanciare l’impegno a favore di una convivenza che, dalle famiglie alle nazioni, metta al bando violenze e conflitti, riduca l’aggressività di parole e comportamenti, informi correttamente sui pericoli e le minacce, ma anche sui percorsi virtuosi di singoli e gruppi per costruire concordia e riconciliazione.

    Domenica 19 gennaio la Marcia della Pace toccherà alcuni luoghi simbolici di Desio: una casa a servizio di persone disabili; un edificio sequestrato alla mafia e riconsegnato alla collettività per il bene comune; una piazza di mercato; piazza Conciliazione, cuore civile e religioso della città; si concluderà nella piazza di fronte al Municipio.

    Sarà testimone Abdoulaye Mbodj: nato a Dakar (Senegal) nel 1985, in Italia dal 1991, laureato a pieni voti in Giurisprudenza presso l’Università Cattolica di Milano e dal 2012 il primo avvocato di origine africana del Foro di Milano. È di religione musulmana ed è grande estimatore e conoscitore di Papa Francesco.

    Nel suo messaggio il Papa ha concluso: “Non si ottiene la pace se non la si spera”. Una marcia non risolve i problemi, ma può dichiarare una speranza profonda e condivisa.

    don Gianni

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  • Comunità in cammino 29 dicembre 2019

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    Anno 18 – Numero 18 29 dicembre 2019

    INTERPRETAZIONE DI UN PRESEPIO

    Siamo tutti molto grati alle persone che hanno dedicato tempo, fantasia e manualità a preparare il presepio ammirato da tanti all’interno della nostra basilica.

    Due aspetti colpiscono: la cura dei particolari di personaggi, professioni, interni: viene mostrata una vita fatta di lavoro, casa, famiglia, arte, preghiera; e poi: la capanna di Gesù non sta nel mezzo, ma di lato, eppure è più illuminata di tutto il resto. Mi vengono alla mente due possibili interpretazioni, mentre altri ne troveranno di diverse e probabilmente migliori.

    Anzitutto che la nascita di Gesù si definisca anche come “incarnazione”: prendere carne in un contesto umano preciso, descrivibile, quotidiano; non solo Gesù si fa uomo abitando nel tempo degli uomini, nelle loro città, nelle loro attività, ma può dare luce anche ai particolari più minuti, incoraggiare le speranze più fragili, santificare le azioni più consuete.

    Egli però – ed è la seconda riflessione – si pone a fianco: lo fa per sostenere discretamente tutto ciò che è umano o, forse, perché viene tenuto fuori, messo da parte, considerato estraneo? Ha detto il papa nel discorso natalizio alla Curia romana: «Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata».

    Il nostro presepio non dà un’unica risposta, ma sollecita la libera scelta di chi lo contempla: ho messo Gesù da parte o mi lascio sostenere in tutto da Lui?

    don Gianni

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  • Comunità in cammino 22 dicembre 2019

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    Anno 18 – Numero 17 22 dicembre 2019

    DIO SCONCERTA… BUON NATALE!

    benedizioni-2019Con i preti, i diaconi e le Ausiliarie diocesane che vivono a servizio della Comunità pastorale, desidero far arrivare a tutti gli auguri per questo Natale con le parole di Papa Francesco, scritte nella recente lettera Admirabile Signum sul significato e il valore del presepe.

    Dio sconcerta… è fuori dai nostri schemi”: così il Papa ci invita a vivere il Natale per raggiungere il senso ultimo della vita, così che questa festa cristiana non cada nell’abitudine, non ceda alle mode, non si arrenda alle prove della vita. Buon Natale a tutti!

    don Gianni

    Dio si presenta così, in un bambino, per farsi accogliere tra le nostre braccia. Nella debolezza e nella fragilità nasconde la sua potenza che tutto crea e trasforma. Sembra impossibile, eppure è così: in Gesù Dio è stato bambino e in questa condizione ha voluto rivelare la grandezza del suo amore, che si manifesta in un sorriso e nel tendere le sue mani verso chiunque. Il modo di agire di Dio quasi tramortisce, perché sembra impossibile che Egli rinunci alla sua gloria per farsi uomo come noi. Che sorpresa vedere Dio che assume i nostri stessi comportamenti: dorme, prende il latte dalla mamma, piange e gioca come tutti i bambini! Come sempre, Dio sconcerta, è imprevedibile, continuamente fuori dai nostri schemi. Dunque il presepe, mentre ci mostra Dio così come è entrato nel mondo, ci provoca a pensare alla nostra vita inserita in quella di Dio; invita a diventare suoi discepoli se si vuole raggiungere il senso ultimo della vita. (Lettera sul significato e il valore del presepe n. 8)

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  • Comunità in cammino – 15 dicembre 2019

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    Anno 18 – Numero 16 15 dicembre 2019

    LUCI NELLE PIEGHE DELLA CITTÀ

    Torno ancora sull’esperienza della visita alle famiglie. I sacerdoti, il diacono, le suore, accolti quasi sempre con cordialità e disponibilità, propongono di condividere una semplice preghiera. C’è chi aderisce con convinzione, altri forse per abitudine, qualcuno con un po’ di impaccio.

    Là dove si vive l’intensità della fede e della preghiera si accende una luce, non solo per quella casa, chi la abita, la famiglia, ma per l’intero condominio, i vicini, il rione, la città.

    Si intuisce che per qualcuno la preghiera non sia consuetudine o che la fede sia inquieta, o anche superficiale o smarrita o assente o muta, e che accogliere l’annuncio del Natale possa presentare qualche difficoltà. In questa molteplicità di situazioni, non pochi perseverano tenendo accesa una luce di speranza, di preghiera, di delicata attenzione alle esigenze del prossimo, di fede vissuta, umile, operosa. Non ultimo chi vive malattie gravi o preoccupazioni gravose e continua a confidare nella benevolenza di Dio.

    Ci incoraggia un antichissimo testo cristiano, la Lettera a Diogneto: “I cristiani non si differenziano dagli altri uomini né per territorio, né per il modo di parlare, né per la foggia dei loro vestiti. Infatti non abitano in città particolari, non usano qualche strano linguaggio, e non adottano uno speciale modo di vivere. Risiedono in città sia greche che barbare, così come capita, e pur seguendo nel modo di vestirsi, nel modo di mangiare e nel resto della vita i costumi del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, come tutti hanno ammesso, incredibile”. I cristiani possono portare luce per tutti nelle pieghe e nelle ombre della città.

    don Gianni

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