Categoria: SS. Siro e Materno
Comunità in cammino – 9 ottobre 2016
COMUNITÀ PASTORALE S. TERESA DI GESU’ BAMBINO
NOTIZIARIO QUINDICINALE DELLA PARROCCHIA S.S. SIRO E MATERNO – DESIO DESIO
Anno 15 – Numero 3 Domenica 9 Ottobre 2016
Il nuovo prevosto scrive
Una settimana dopo l’ingresso ufficiale nella Comunità Pastorale di Desio, il mio primo pensiero è di gratitudine.
Gratitudine al Signore che ha custodito fin qui la mia chiamata, come è stato ben sottolineato dal messaggio del Consiglio Pastorale letto nell’occasione: non è così scontato che si sappia rimanere fedeli nel servizio ecclesiale; le nostre forze non ci sostengono e solo il Signore Gesù custodisce in ciascuno di noi la sua chiamata, anche nei semplici battezzati.
Gratitudine alla comunità che in così poco tempo ha saputo stringersi attorno a una persona nuova e per lo più sconosciuta. Ho sentito il calore e la cordialità di tanti e sono impaziente di presentarmi in tutte le parrocchie a iniziare la condivisione di un cammino comune.
Gratitudine a don Elio che mi ha consegnato queste comunità con il loro consolidato percorso di fede: quando diremo il Credo, ricorderemo quanto lui ha fatto per rafforzare la professione di fede di ciascuno di voi e far vivere così una comunità di credenti.
Permettetemi di essere grato anche alla Comunità Pastorale di Peschiera Borromeo e agli altri amici, specialmente quelli impegnati nella missione, che mi hanno amabilmente “sequestrato” al termine della celebrazione, per la loro presenza fraterna e il loro sostegno in questo passaggio.
Il percorso di ingresso nella città ha previsto tre tappe prima della celebrazione eucaristica: l’incontro con gli anziani, la visita alla casa dei Padri Saveriani, il ricevimento delle autorità a Villa Tittoni: sono stato sorpreso da accoglienze tutt’altro che formali e ho avvertito il desiderio di stabilire buone relazioni. Mi sono reso conto di come questo – vivere buone relazioni – sia essenziale per le nostre comunità e per la nostra città, anche se sono un po’ spaventato dalle dimensioni del compito. L’aiuto dei sacerdoti della città, che mi sono stati molto vicini in questi primi giorni e che ringrazio, e di tanti collaboratori potrà facilitare l’incontro prima che la valutazione di iniziative e attività.
Tra le riflessioni che ho fatto ultimamente, due premono in modo particolare per aiutarci a interpretare il tempo che ci aspetta.La prima è l’immagine della Chiesa “pellegrina sulla terra”, comunità che vive tra le case della gente, che non alza muri né presidia un passato pure glorioso di vita cristiana, ma che cammina incontro al Signore invitando uomini e donne di ogni condizione a unirsi al viaggio, a gioire della vita fraterna, a non crollare nelle inevitabili prove della vita – non rare anche dalle nostre parti –, ma a condividere la speranza del Vangelo.
Mi guida poi la frase di Papa Francesco circa il nostro periodo storico definito “non un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento di epoca”. Questo ci chiede di attrezzarci perché la Chiesa che stiamo edificando sotto la guida dello Spirito di Gesù sappia rispondere a nuove esigenze, che certamente non chiedono di allentare il rigore dell’esperienza cristiana, ma di vivere con slancio e scioltezza la novità dell’annuncio evangelico perché anche l’umanità del nostro tempo e della nostra città trovi concreta e convincente salvezza.
Don Gianni
Comunità in cammino – 25 settembre 2016
COMUNITÀ PASTORALE S. TERESA DI GESU’ BAMBINO
NOTIZIARIO QUINDICINALE DELLA PARROCCHIA S.S. SIRO E MATERNO – DESIO DESIO
Anno 15 – Numero 2 Domenica 25 Settembre 2016
Omelia del Prevosto emerito alla S. Messa di congedo dalla Comunita’ Pastorale di Desio. Domenica 18 settembre 2016
NEL SEGNO DELLA GRATITUDINEE’ giunto ormai il momento per ringraziare da parte mia il Signore per questi 14 anni trascorsi a Desio. Anni in cui abbiamo camminato insieme e che sono stati (per me sicuramente) un dono del Signore. Oltre che a Dio, la mia riconoscenza va a tutta la comunità, preti, laici, consacrati e, globalmente, a tutte le persone con cui ho condiviso un tratto di strada, specialmente se c’è stata l’occasione di servire insieme – in sintesi – il vangelo di Cristo e i fratelli.
In questo momento di saluto – che inevitabilmente diventa anche un po’ un bilancio – vorrei esprimere in maniera più esplicita le convinzioni, i sentimenti e le intenzioni che hanno guidato il mio servizio qui a Desio e non solo. Sono infatti le motivazioni essenziali che hanno orientato la mia opera in qualunque comunità io sia stato.
Parlavo di convinzioni, sentimenti… e anche “intenzioni”: ma quest’ultima è una parola pericolosa, perché c’è un proverbio che dice: ‘Di buone intenzioni è lastricato l’inferno…’.
Spero allora che – tra le varie mie intenzioni – siano poche quelle rimaste puramente tali e quindi destinate a tale triste uso.
E’ ovvio che volersi paragonare ai grandi della storia è segno di stoltezza e presunzione. Ritengo invece utile e saggio tenerli davanti a sé come modelli e cercare di imitarli seguendone le orme, anche se molto da lontano. Per questo ho voluto inserire come II lettura di questa Eucaristia il brano di S.Paolo nella I lettera ai cristiani di Corinto, poiché il mio obiettivo principale – quando entravo a servizio di una parrocchia – è sempre stato quello di annunciare Gesù Cristo, Crocifisso e Risorto, e di favorire l’incontro di ogni persona con Lui, Via, Verità e Vita, specialmente attraverso l’ascolto della sua Parola. Infatti se S. Paolo dice: “…sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo” (I Cor 4,15), S. Pietro gli fa eco dicendo: “siete stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma…dalla parola di Dio viva ed eterna” (I Pt 1,23). Questo è sempre stato quanto mi sono proposto di fare, quanto poi vi sia riuscito, lo sa soltanto il Signore.
L’altro obiettivo, strettamente legato al primo, è stato quello di edificare la chiesa viva, la chiesa-comunità. Il pastore deve essere segno di unità e fare in modo che le eventuali tensioni non diventino divisioni. Ho cercato sempre di curare in particolare l’unità del gruppo dei preti, pur in presenza delle inevitabili diversità di sensibilità e di inclinazione. Di fatto poi le circostanze e i bisogni del complesso parrocchiale, specialmente della parrocchia centrale di Desio, mi hanno obbligato a dedicare molto tempo alle strutture materiali (con vari interventi più o meno radicali). Ciò sicuramente ha tolto un po’ di spazio alla cura delle relazioni personali e di amicizia, a cui di per sé terrei molto. (segue pag.2)
Ma la necessità non rinviabile era questa e, già al momento della mia nomina, i superiori mi avevano detto chiaramente: guarda che devi subito metter mano alla ristrutturazione della casa parrocchiale.
Ho cercato di andare incontro alle persone secondo i loro bisogni, favorendo anche –possibilmente – l’espressione delle loro capacità. Un altro compito del pastore è quello di riconoscere e attivare i carismi, i doni di ciascuno: anche questo non sempre riesce come si vorrebbe e se qualche persona non si è sentita accolta e trattata da me come riteneva giusto, chiedo sinceramente scusa.
Ho fatto attenzione anche ad instaurare rapporti di vera collaborazione con l’amministrazione civile, negli obiettivi condivisibili, pur nella distinzione dei ruoli…e magari anche con un po’ di dialettica e di confronto critico, se necessari. Ultimamente abbiamo avviato insieme il “Fondo solidarietà per il lavoro” e spero che possa davvero decollare con una buona partecipazione della cittadinanza.
Entrando in questa nuova fase della vita, detta “di riposo”, ma in realtà continuando a esercitare il ministero pur senza responsabilità dirette, mi pare che debba emergere la condizione di base di ogni cristiano, che è quella di essere innanzitutto “discepolo”. Questo è lo statuto fondamentale del battezzato, qualunque funzione poi sia chiamato a svolgere nella Chiesa. Talvolta il ruolo che ricopriamo rischia di mettere in ombra questo aspetto. Tornando ora a un servizio non di primo piano, è più facile rimettere in luce la “sequela”, che è appunto l’essenziale.
Cercando sempre di guardare i grandi, vorrei riassumere il mio servizio a Desio con una frase pronunciata dal nostro Papa, Pio XI, verso la fine del suo mandato quando disse: “Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”; avendo attenzione però a non intenderla come segno di autocompiacimento, ma in riferimento alla frase di Gesù: “anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Luca 17,10).
Per concludere, un riconosciuto maestro spirituale, il monaco trappista Thomas Merton diceva che il tempo che passa è come sabbia che scorre tra le nostre dita: si tratta di vedere se insieme alla sabbia lasciamo cadere anche qualche seme sul terreno. Spero proprio che in questi quattordici anni, oltre a tanti granelli di sabbia, tra le mie dita siano passati anche alcuni buoni semi, che possano attecchire e portare frutto anche per il futuro.
Ringrazio di nuovo tutti i presenti, innanzitutto i confratelli, (compreso Mons.Carlo Sironi, da cui ho ricevuto una lettera davvero commovente) e tutta la Comunità pastorale, augurando un buon cammino con il nuovo Prevosto, verso nuovi e più ambiziosi traguardi.
don Elio
Comunità in cammino
Anno 14 – Numero 22 – Domenica 11 Settembre 2016
Comunità in Cammino
NOTIZIARIO QUINDICINALE DELLA PARROCCHIA S.S. SIRO E MATERNO IN DESIO
Un vero prete
L’assenza di un vero prete è, in una vita, una miseria senza nome.
Il più grande regalo che si possa fare, la più grande carità che si possa arrecare,
è un prete che sia un vero prete. Egli è l’approssimazione più grande che si possa attuare quaggiù della presenza visibile del Cristo. Nel Cristo c’è una vita umana e una vita veramente divina. La disgrazia è questa: molti preti sembrano come amputati sia dell’una che dell’altra.
Ci sono dei preti che sembra non abbiano mai avuto una vita d’uomo. Non sanno pesare le difficoltà di un laico, di un padre o di una madre di famiglia, con il loro vero peso umano. Non percepiscono veramente, realmente, dolorosamente, che cosa sia la vita di un uomo o di una donna. Quando dei laici cristiani incontrano finalmente un prete che li capisce, che entra con il suo cuore d’uomo nella loro vita e nelle loro difficoltà, non ne perdono più il ricordo. A una condizione: che, se egli immerge la sua vita nella nostra, lo faccia senza vivere in tutto e per tutto come noi. Per molto tempo i preti hanno trattato i laici da minorenni; oggi, alcuni preti, passando all’estremo opposto, divengono dei compagni. Vorremmo invece che restassero padri. Quando un padre di famiglia ha visto crescere suo figlio, non lo tratta più come un bambino, ma ormai come uomo, pur considerandolo sempre suo figlio: un figlio uomo!
Abbiamo ugualmente bisogno che il prete viva di una vita divina. Il prete, pur rimanendo in mezzo a noi, deve rimanere al di fuori. I segni che attendiamo di questa presenza divina? La preghiera: ci sono dei preti che non si vedono mai pregare (quello che si chiama pregare!). La gioia: quanti preti sono affaccendati o angosciati! La forza: il prete deve essere colui che tiene; sensibile, vibrante, mai però demolito. La libertà: vogliamo il prete libero da ogni formula, liberato da ogni pregiudizio. Il disinteresse: talvolta ci sentiamo utilizzati da lui; egli dovrebbe, al contrario, aiutarci a portare a compimento la nostra missione.
La discrezione: deve essere colui che tace (si perde la fiducia in chi ci fa troppe confidenze). La verità: sia colui che dice la verità.
La povertà: essenziale; qualcuno che è libero di fronte al denaro, colui che è soggetto come a “una legge di gravità”, che lo trascina istintivamente verso i più piccoli, verso i più poveri. Il senso della Chiesa, infine; non parli mai con leggerezza della Chiesa, come se fosse uno che viene da fuori: un figlio è subito giudicato, se si permette di giudicare sua madre.
Ma spesso una terza vita invade le prime due e le sommerge. Il prete diventa l’uomo della “vita ecclesiastica”, dell’ambiente clericale”: il suo vocabolario, il suo modo di
vivere, la sua maniera di chiamare le cose, il suo gusto dei piccoli interessi e delle piccole contese di influenza, tutto questo gli mette una maschera, che ci nasconde dolorosamente il prete, questo prete che, senza dubbio, rimane dietro di essa. L’assenza di un vero prete è, in una vita, una miseria senza nome, la sola miseria.
Madeleine Delbrel
Mons. Elio Burlon
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