COMUNITÀ PASTORALE S. TERESA DI GESU’ BAMBINO
NOTIZIARIO QUINDICINALE DELLA PARROCCHIA S.S. SIRO E MATERNO IN DESIO
Anno 14 – Numero 1
La nuova lettera pastoral dell’Arcivescovo
Educarsi al pensiero di Cristo
«Accoglienza, tutti dobbiamo sentirci responsabili»
di Annamaira Braccini
Tanti i temi, gli argomenti e gli eventi – con al “cuore” alcuni punti cruciali, concretissimi – da affrontare nella logica suggerita dalla Lettera pastorale presentata questa mattina in Duomo, di una cultura della fede, relativa, per esempio, alla «famiglia, con le problematiche scottanti che si collegano a tale questione su cui rifletterà il Sinodo – dice l’Arcivescovo nella conferenza stampa svoltasi al termine del Pontificale – Occorre un cambiamento di mentalità radicale. La cosiddetta politica familiare è stata fin qui un prendersi cura della famiglia, intesa come oggetto di cura anche da parte delle parrocchie. Essa invece deve diventare soggetto del’annuncio di Cristo a partire dall’esperienza quotidiana. All’interno di questo dato sarà possibile affrontare, allora, le grandi sfide, come quella delle famiglie ferite. Se viene meno tale impegno quotidiano della famiglia nel vivere ogni giorno in riferimento a Cristo, il cristianesimo perde forza». Non a caso, nella Lettera uno dei paragrafi è dedicato alla famiglia, con l’indicazione di ben diciotto modalità con cui tale soggetto può vivere un nuovo protagonismo a partire dal ruolo dei nonni «L’autentica cultura della fede nasce dall’esperienza quotidiana… Il riferimento cnn può che essere al presente con i suoi drammi: «Ciò che è successo in Germania e in Austria è importante, perché testimonia che esiste un ultimo “costume di compassione”. Bisogna passare da uno schema di emergenza ad una visione strutturale del fenomeno migratorio e questo chiama in causa i soggetti che accolgono coloro che arrivano, nella loro diversità, implicando diversità di compiti. La Chiesa fa molto, fa il buon samaritano, sostituisce il welfare dell’emergenza, cerca di porre un primo rimedio e dare un’accoglienza, ma ben altro è il compito delle istituzioni, che devono elaborare una visione politica. Per quel che capisco, le decisioni della Merkel, di Hollande e dell’Austria, sono importanti perché mi pare che possano avviare proprio il passaggio dall’emergenza alla soluzione strutturale del problema. Bisgona ripensare il processo immigratorio, facendosi carico, in maniera diversa, della situazione africana, per quanto riguarda l’Europa, e facendo, come Italia, una politica mediterranea differente (avremmo dovuto farla da sempre, gestendo una leadership che, con la Spagna, abbiamo a livello appunto di rapporti con il Mediterraneo). Bisogna fare una proposta politica organica: ora è importante trovare un’identità precisa ai profughi ed a chi fugge dalle guerre, e nle futuro elaborare un progetto. L’immigrazione è un processo di meticciamento, di mescolanza che è in atto in tutto il pianeta: 800 milioni di persone sono in movimento». Infatti la Lettera pastorale si apre col ricordo personale di quanto l’Arcivescovo ha visto e toccato con mano a Erbil, con miglia di persona che in una notte hanno dovuto abbandora le loro case e vivono ora in container a oltre cinquanta gradi: «Cristo con la croce ci pone di fronte al martirio, spesso cruento, e questo non si può dimenticare». Se i processi non possono essere fermati, possono però essere orientati. «Penso – scandisce Scola – che il meticciamento che riguarda l’Europa sia fondamentale dal punto di vista del configurarsi del nuovo cittadino europeo».
Anche la grande metropoli, in quanto ale, è tra i destinatari ideali – non potrebbe essere altrimenti – della Lettera: «Milano ha tutti gli elementi per autocomprendersi come metropoli, ma la frammentazione e la prova della povertà delle periferie non favoriscono quella presa di coscienza unitaria che ho chiamato anima» … «Tutti abbiamo convenuto che l’epoca moderna non è finita, ma siamo meno che balbettanti sul futuro. Per questo abbiamo deciso di avviare, come strumento prettamente laito, i “Dialoghi di vita buona”. Parole come diritto, giustizia, solidarietà, amore, sofferenza, scienza, neuroscienze, bioingegnerie genetiche, che contenuto hanno? … Il narcisismo ha intaccato la vita, nel senso che anche per i cristiani vi è difficolta pratica nel vedere il nesso tra la fede e l’azione quotidiana. Ciò colpisce soprattutto la generazione di mezzo, trai 30 ed i 55 anni, che non sono contrari alla Chiesa, ma non capiscono più cosa abbia che fare Cristo con la loro vita. Non riusciamo così a proporre uno stile cristiano. Non dimentichiamo che quando il Papa parla della Chiesa in uscita intende un’uscita antropologica, sociale, “ecologica”. È impossibile che io apra la mia casa ai profughi o faccia volontariato con anziani ed ammalati, senza pormi, almeno implicitamente, la domanda del perché e del per Chi lo faccio. … Dobbiamo uscire dallo schema per cui la Chiesa è una cosa a parte rispetto alla società: nulla e nessuno è lontano, perché tutti siamo interessati dalle esperienze base della vita. Vita che ci è stata data e che dobbiamo donare a nostra volta.. Ognuno deve sentirsi responsabile in prima persona anche nel’accoglienza.
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