Categoria: SS. Siro e Materno

  • Comunità in cammino 263 – 7/12/2014

    NOTIZIARIO QUINDICINALE  DELLA  PARROCCHIA  S.S. SIRO E  MATERNO IN DESIO

    Anno 13 – Numero 7 – Domenica  7 Dicembre 2014

    CATTOLICI E ORTODOSSI: FRATELLI NELLA SPERANZA

    Nella recente visita in Turchia, Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo I hanno dato nuovo impulso all’impegno e al cammino verso la piena unità tra cattolici e ortodossi. Il problema interessa da vicino anche la comunità desiana.

    Premetto innanzitutto qualche precisazione sui termini e un rapidissimo cenno storico. Quando si parla di “ecumenismo” si fa riferimento al dialogo e allo sforzo di camminare verso la piena comunione tra gli appartenenti a diverse chiese cristiane. Siamo quindi nell’ambito dell’unica fede cristiana, che vede però i credenti non pienamente uniti. Quando si parla di “dialogo interreligioso” si fa riferimento ai rapporti tra persone che hanno un credo religioso diverso, non riconducibile a un’unica radice.

    Anche quest’ultimo problema è fortemente all’ordine del giorno di questi tempi, soprattutto per la tragica situazione creatasi in Iraq e in Siria. Ma io vorrei ora fermare un attimo l’attenzione su primo problema, ricordando che per un intero millennio dalla nascita del cristianesimo si può parlare di ‘chiesa indivisa’ poiché i credenti in Cristo erano sostanzialmente uniti nell’unica fede in Cristo e nell’unica Chiesa che si definitiva “cattolica” (come diciamo anche nel Credo, il simbolo di fede elaborato in due Concili ecumenici del IV secolo). E’ da notare però che questo termine manteneva il suo significato originario di “universale”, e soltanto dopo la prima grande divisione intervenuta nell’XI secolo (lo Scisma di Oriente) la parola ‘cattolico’ è passata ad indicare alcuni cristiani diversi da altri. Vorrei sottolineare – di passaggio – che quando ripetiamo questa parola recitando il Credo, dobbiamo intenderlo ancora oggi nel suo significato originario.

    Per venire alla situazione concreta che stiamo vivendo: sappiamo tutti che anche a Desio, ormai da diversi anni, vivono molte persone provenienti dai paesi dell’Est europeo: Romania, Moldavia, Ucraina, Bielorussia, Russia…e che la maggior parte di loro appartengono a un patriarcato ortodosso: il panorama dell’ortodossia infatti è variegato e ogni patriarcato fa a sé, nel senso che non esiste un’autorità centrale. Soltanto il Patriarca ecumenico di Istanbul (Costantinopoli o antica Bisanzio, come la vogliamo chiamare) ha un “primato di onore” sugli altri patriarchi, ma non una vera giurisdizione. Ebbene è proprio con l’attuale Patriarca, Bartolomeo I, che Papa Francesco si è incontrato nella sua visita recente in Turchia, dove si è rinnovato quell’ abbraccio tra il beato Paolo VI e il Patriarca Atenagora, avvenuto il 5 gennaio 1965, che fu un evento straordinario perché in quell’occasione sono state cancellate le reciproche scomuniche che si erano  lanciate la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse almomento della divisione.

    Non solo, ma da quel momento si è instaurata una significativa tradizione per cui ogni Pontefice romano, nel secondo anno del suo pontificato, si reca a far visita al Patriarca di Costantinopoli, come hanno fatto anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

    L’incontro a Istanbul è avvenuto in un clima di grande rispetto e affetto fraterno, e si è dato risalto anche al fatto che il Papa è successore di Pietro, mentre la Chiesa di Costantinopoli ha considerato (a posteriori) suo primo patriarca e patrono S. Andrea, fratello di Simon Pietro. E’ nella fraternità trai due apostoli (che era di sangue e poi si compì nella fede e nel martirio) che trova quindi simbolico fondamento il rapporto tra cattolici e ortodossi. Durante la permanenza del Papa, culminata proprio nel giorno della festa di S. Andrea, sono state fatte da entrambe le parti affermazioni importanti, a partire dall’omelia pronunciata dal Papa durante  la  Messa  che  ha  presieduto   nella Cattedrale dello Spirito Santo e avendo come     conclusione       la    Dichiarazione Congiunta firmata da entrambi i Pastori. Non potendo riportare qui i molti passaggi significativi dei vari interventi, mi limito a trascrivere qualche frase, appunto, della Dichiarazione finale:

    “Il nostro ricordo degli Apostoli, che proclamarono la buona novella del Vangelo al mondo, attraverso la predicazione e la testimonianza del martirio, rafforza in noi il desiderio di continuare a camminare insieme al fine di superare, con amore e fiducia, gli ostacoli che ci dividono…Esprimiamo la nostra sincera e ferma intenzione, in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, di intensificare i nostri sforzi per la promozione della piena unità tra tutti i cristiani, e soprattutto tra cattolici e ortodossi…. Assicuriamo la nostra fervente preghiera come Pastori della Chiesa, chiedendo ai fedeli di unirsi a noi nella comune invocazione che <<tutti siano una cosa sola…perché il mondo creda>> (vangelo di Giovanni 17,21).

    Don Elio Burlon

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  • Notizie Oratorio BVI 2014-11-23

    BVI-logoanno ORATORIANO 2014-2015
    “io sono l’Immacolata Concezione”

    La candela che non voleva bruciare  (Bruno Ferrero)

    Questo non si era mai visto: una candela che rifiuta di accendersi. Tutte le candele dell’armadio inorridirono. Una candela che non voleva accendersi era una cosa inaudita! Mancavano pochi giorni a Natale e tutte le candele erano eccitate all’idea di essere protagoniste della festa, con la luce, il profumo, la bellezza che irradiavano e comunicavano a tutti. Eccetto quella giovane candela rossa e dorata che ripeteva ostinatamente: -No e poi no! Io non voglio bruciare. Quando veniamo accesi, in un attimo ci consumiamo. Io voglio rimanere così come sono: elegante, bella e soprattutto intera-.

    -Se non bruci è come se fosse già morta senza essere vissuta-, replicò un grosso cero, che aveva già visto due Natali. -Tu sei fatta di cera e stoppino ma questo è niente. Quando bruci sei veramente tu e sei completamente felice-.

    -No, grazie tante- rispose la candela rossa. – Ammetto che il buio, il freddo e la solitudine sono orribili, ma è sempre meglio che soffrire per una fiamma che brucia-.

    La vita non è fatta di parole e non si può capire con le parole, bisogna passarci dentro-, continuò il cero. -Solo chi impegna il proprio essere cambia il mondo e allo stesso tempo cambia se stesso. Se lasci che la solitudine, buio e freddo avanzino, avvolgeranno il mondo-.

    Vuoi dire che noi serviamo a combattere il freddo, le tenebre e la solitudine?-.

    -Certo- ribadì il cero. -Ci consumiamo e perdiamo eleganza e colori, ma diventiamo utili e stimati. Siamo i cavalieri della luce-.

    -Ma ci consumiamo e perdiamo forma e colore-.

    -Sì, ma siamo più forti della notte e del gelo del mondo- concluse il cero.

    Così anche la candela rossa e dorata si lasciò accendere. Brillò nella notte con tutto il suo cuore e trasformo in luce la sua bellezza, come se dovesse sconfiggere da sola tutto il freddo e il buio del mondo. La cera e lo stoppino si consumarono piano piano ma la luce della candela continuò a splendere a lungo negli occhi e nel cuore degli uomini per i quali era bruciata.

     

    Questa storia raccontata alla Messa della Prima domenica vuole essere un forte invito ad impegnarsi in questo AVVENTO. Abbiamo visto che con gioia avete ritirato le candele.. ma sta a voi decorarle e portarle in oratorio come testimonianza che stare insieme è ricevere dall’altro qualcosa di speciale. GENITORI vi state accorgendo che in oratorio tutto quello che si fa parte dall’INCONTRO con GESU’ che ci spinge ad essere TESTIMONI. Non pretendete solo che i ragazzi si facciano solo giocare, che abbiano tutto e che possano saltare le cose più impegnative e che richiedono SACRIFICIO. E voi date una mano con il tempo che potete mettere a disposizione se volete!!!

    Buon cammino carissimi genitori e figli!!! … e collaboratori tutti!. Don gi

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  • Comunità in cammino 2014-11-22

    Da “virtuale” a “virtuoso”

    Nel nostro linguaggio corrente ci sono alcune parole che di volta in volta si impongono all’uso comune e altre che scompaiono o perlomeno si eclissano per un certo tempo. Al primo gruppo appartiene certamente il termine “virtuale”, di cui oggi si fa largo uso, in concomitanza con gli strumenti dell’informatica e delle telecomunicazioni. Del secondo invece fa parte una parola simile, ma di significato ben diverso, cioè “virtuoso”,che deriva, ovviamente, da “virtù”.

    Non solo oggi è diventato molto raro sentir parlare di virtù, ma sembra addirittura un discorso superato, obsoleto, quasi incomprensibile. Andiamo allora a dare un’occhiata a qualche dizionario. Sul primo si trova: “Amore attivo del bene che induce l’uomo a perseguirlo e a praticarlo costantemente, tanto nell’ambito della sua vita privata che di quella pubblica”. Un secondo presenta espressioni forse più tradizionali: “La disposizione costante della volontà a uniformarsi alla legge morale; l’abitudine di fare il bene diventata una seconda natura”.

    Un autore cristiano, Pascal Ide, in un suo libro (Progetto Personalità, guida alla maturità interiore, ed. S. Paolo, Torino 1994) propone un itinerario che aiuti a cogliere e sviluppare in noi quelle qualità inesplorate che potrebbero diventare punti-forza per una crescita armonica della nostra personalità.      Nella visione cristiana, naturalmente, tutto inizia e cresce sull’adesione di fede a Cristo, che è “l’Uomo nuovo” che mediante il suo Spirito ci rende conformi a sé: per questo la nostra maturazione personale è soprattutto un fatto di “grazia”, cioè di dono gratuito che Dio comunica mediante Cristo a ogni persona che si apre a lui nella fede. Le virtù fondamentali del cristiano, perciò, sono quelle chiamate “teologali”, perché hanno come sorgente e come termine il mistero stesso di Dio: fede, speranza e carità.

    Ciò però non toglie che nella vita del cristiano ci sia spazio (e necessità) anche per le virtù “morali”, quelle cioè che richiedono l’intervento della nostra volontà e del nostro impegno perché, possibilmente possano diventare “una seconda natura”. Al di là della classificazione che ne avevano fatto gli antichi, noi possiamo ricavare dalla stessa Scrittura alcuni nomi di queste virtù: l’umiltà, la fortezza, la letizia, la perseveranza, lo zelo, la capacità di accoglienza, la sincerità, la lealtà ecc. Questi atteggiamenti, sempre innestati sulla base del rinnovamento che lo Spirito di Cristo opera in noi, esigono di essere sperimentati, esercitati, coltivati e mantenuti attivi nel nostro impegno quotidiano. Le virtù possono essere rafforzate anche utilizzando le pulsioni istintive che ritroviamo in noi e indirizzandole verso obiettivi positivi e non distruttivi. Se analizziamo bene i vizi e impariamo a riconoscerli, potremmo arrivare a cogliere che la radice da cui nascono non è sempre negativa in sé, poiché forse si tratta del desiderio – che ciascuno di noi porta dentro – di vita, di gioia, di bellezza e di pienezza. Il guaio si produce quando queste tensioni vengono indirizzate verso gli obiettivi sbagliati, verso – per usare le immagini evangeliche – un cibo che non sazia e un’acqua che non disseta, verso chimere che presto svaniscono.

    In conclusione possiamo dire che i  vizi sono virtù impazzite e le virtù sono le forze dei vizi usate con intelligenza. In ognuno di noi c’è un potenziale simile all’impeto delle acque di un torrente. Potrebbe diventare un’energia utile o una forza che distrugge. Il primo passo per valorizzare queste energie è conoscerle, assumerle, scoprirne le motivazioni e i meccanismi.

    Il cammino per “rigenerare” in senso positivo il nostro potenziale interiore è naturalmente molto lungo, dura tutta la vita. L’importante è seguire la guida giusta, cioè Colui che si è presentato come la Via, la Verità e la Vita, e continuare a muoversi nella direzione giusta.

    don Elio Burlon

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  • Comunità in cammino 2014-10-12

    PAPA PAOLO VI PROCLAMATO BEATO

    …nell’indagine sulla santità di Giovanni Battista Montini

    è chiaramente emerso che al cuore della sua intera esistenza

    è la persona di Gesù Cristo…

    (di giuseppe grampa, da “Il Segno” di ottobre)

    Domenica 19 ottobre, in piazza San Pietro, papa Francesco proclamerà beato Giovanni Battista Montini. Tutta la Chiesa gioirà per questo suo figlio, divenuto per grazia di Dio Sommo Pontefice col nome di Paolo VI dal 1963 al 1978. Gioia grande nella terra bresciana, dove il futuro Papa nacque nel 1897,e nella nostra Diocesi di Milano, che lo ebbe come suo Arcivescovo dal 1955 al 1963.E,aggiungo,gioia del tutto particolare per i lettori de Il Segno…. La Chiesa proclama qualcuno “beato” e lo propone alla nostra imitazione solo dopo una lunga indagine sulla vita, le opere, gli scritti, perché siano limpidamente coerenti con l’Evangelo, unico criterio di santità cristiana. Sono certo che un tratto della figura spirituale di Giovanni Battista Montini è chiaramente emerso da questa accurata indagine: al cuore dell’intera esistenza di Montini è la persona di Gesù Cristo. Lo scrive Lui stesso nello stupendo Pensiero alla morte, riflessione scritta di suo pugno e pubblicata dopo la morte dal suo segretario monsignor Pasquale Macchi: «Poi io penso, qui davanti alla morte, maestra della filosofia della vita, che l’avvenimento fra tutti più grande fu per me, come lo è per quanti hanno pari fortuna, l’incontro con Cristo, la vita… meraviglia delle meraviglie, il mistero della nostra vita in Cristo». Per il Papa, come per ogni cristiano, l’avveni-mento più grande è l’incontro con la persona di Cristo nel Battesimo. In un altro testo di singolare chiarezza Giovanni Battista Montini afferma la centralità di Cristo per la vita della Chiesa. Siamo nei primi giorni del Concilio. Montini è a Roma e il 18 ottobre 1962 scrive al cardinale Cicognani, Segretario di Stato, una lettera di preoccupata valutazione dei lavori preparatori del Concilio appena avviato. Il giudizio di Montini è lucido e di grande durezza per l’assenza di un disegno coerente, come se per realizzare il Concilio si fosse raccolto tanto materiale, ma senza elaborare un progetto organico. E dopo questa diagnosi impietosa, ecco la proposta per conferire ai lavori conciliari unità e coerenza, nel segno del primato e della centralità di Cristo: «Allora il Concilio deve incominciare con un pensiero a Gesù Cristo, nostro Signore. Egli deve apparire come il principio della Chiesa, che ne è l’emanazione e la continuazione». Nel suo primo intervento in aula, il 15 dicembre 1962, Montini ribadisce, con una punta di ironia, la sua visione cristocentrica del Concilio: «Con interiore gioia ho inteso che in questo Concilio si vuole glorificare San Giuseppe, patrono della Chiesa; con gioia ancora più grande apprendo che si vuole onorare la Beata Vergine Maria come Madre della santa Chiesa; ma io proverei somma gioia e con me credo tutti i Padri, se questa amplissima assemblea celebrasse piamente, solennemente e deliberatamente il nostro Signore Gesù Cristo».

    In una bellissima preghiera Montini ci ha confidato il suo amore per Cristo. Nella prima lettera pastorale alla nostra diocesi nel 1955, si domanda: «E che cosa vi dirò in questa prima lettera pastorale…? Io vi dirò cosa che tutti già conosciamo… ed è questa: essere Gesù Cristo a noi necessario. Sì, GESÙ CRISTO, NOSTRO SIGNORE È A NOI NECESSARIO».

    «O Cristo, nostro unico mediatore, tu ci sei necessario: per venire in comunione con Dio
    Padre, per diventare con te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi, per essere rigenerati nello Spirito Santo…
    Tu ci sei necessario, o fratello primogenito del genere umano, per ritrovare le ragioni vere della fraternità tra gli uomini, i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace… Tu ci sei necessario, o vincitore della morte, per liberarci dalla disperazione e dalla negazione e per avere certezze che non tradiscono in eterno. Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi, per imparare l’amore vero e per camminare nella gioia e nella forza della tua carità, lungo il cammino della nostra via faticosa, fino all’incontro finale con te amato, con te atteso, con te benedetto nei secoli».

    G.B. Montini (1955)

    APPUNTAMENTI IN VISTA

    Domenica 12 ottobre – VII Domenica dopo il Martirio di San Giovanni il Precursore

     GIORNATA DIOCESANA DELL’AZIONE CATTOLICA

    Letture del giorno: Dt 6,4-12; Sal 17; Gal 5,1-14; Mt 22,34-40

    •  Ore 9,00: presso la Parrocchia dei Ss. Pietro e Paolo a Desio incontro delle “FAMIGLIE INSIEME”
    • Ore 10,30: riprende la S. Messa festiva nella Chiesa del S. Cuore in via Segantini.
    • Ore 15,30: presso “Il Centro”, GIORNATA PARROCCHIALE DELL’AZIONE CATTOLICA e primo incontro per i soci e i simpatizzanti di tutta la Comunità pastorale. Presentazione del percorso dell’anno a cura della presidente cittadina e raccolta delle adesioni.
    • Ore 16,00: presso il teatro de “Il Centro”, nell’ambito della nona edizione della rassegna di spettacoli per bambini, ragazzi e famiglie “DOMENICA A TEATRO”, primo spettacolo della stagione 2014 dal titolo: “Il SOGNO DI TARTARUGA” con la Compagnia teatrale “Il Baule volante” di Ferrara.

    SABATO 11 E DOMENICA 12 OTTOBRE 2014

    RACCOLTA STRAORDINARIA PER I POVERI DELLA CITTA’ NELLA NOSTRA PARROCCHIA DOPO LE Ss. MESSE  (pasta e articoli di igiene personale)

     MARTEDÌ 14 OTTOBRE

     Ore 14,30: presso la sala Castelli de “Il Centro”, inizio dei corsi dell’anno accademico dell’Università del tempo libero.

     Ore 14,45: presso l’Oratorio B.V.I. inizio della Scuola di italiano per stranieri per i gruppi di sole donne.

     Ore 20,45: presso “Il Centro” inizio della Scuola di italiano per stranieri per gli adulti.

     GIORNATE EUCARISTICHE
    (sante Quarantore)

     16 – 19 ottobre 2014

    GIOVEDÌ 16 OTTOBRE

    Ore 15.30: in Basilica il Movimento Terza Età partecipa all’ora di adorazione guidata (Ss. Quarantore).

    Ore 21.00: S. MESSA unitaria di apertura per la città (presso la Basilica di Ss. Siro e Matterno)

     ATTENZIONE:  nelle giornate di GIOVEDI’ – VENERDI’ – SABATO il SS. Sacramento sarà esposto in Basilica: il mattino dalle 9.30 alle 11.00 e il pomeriggio dalle 15.30 alle 18.15. Le Ss. Messe delle 18.30 saranno precedute dalla celebrazione dei Vespri.

    SABATO SERA:

    dopo la Messa vespertina di vigilia il SS. Sacramento sarà esposto nella chiesa di S.Maria. L’adorazione notturna proseguirà fino alle 8 del mattino di Domenica.

     Chi intende partecipare è pregato di scrivere il proprio nome sulla tabella-orario esposta in Basilica.

     La SOLENNE ADORAZIONE conclusiva con la BENEDIZIONE EUCARISTICA si terrà – come di consueto – la DOMENICA (19 OTTOBRE) alle ore 15.30.

    VENERDÌ 17 OTTOBRE

     Ore 21,00: presso il Missionari Saveriani in via Don Milani n. 2 a Desio, a cura del Centro Culturale “G. Lazzati” e della Commissione Cittadina di Pastorale Sociale, incontro sul tema: “Appello per la terra – Comunità, territorio, futuro” con la relazione di don Albino Bizzotto, fondatore dell’Associazione “Beati i costruttori di pace”.

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  • Comunità in cammino 2014-06-22

    Comunità in cammino 2014-06-22

    Un ringraziamento grande… quanto la Comunità

    logo-cic-basilicaA distanza di una settimana vivo ancora un po’ nel clima di Domenica scorsa, quando nei vari momenti della festa – che la Comunità Pastorale ha voluto così largamente offrirmi – ho ricevuto tante attestazioni di affetto e di riconoscenza che sicuramente superano di molto i miei meriti personali (e lo dico in piena sincerità).

    La mia gratitudine quindi è davvero sconfinata e si rivolge a tutti i membri della Comunità, anche se un plauso particolare va a coloro che in prima persona hanno contribuito alla preparazione e all’organizzazione delle diverse fasi di questo ritrovo festoso, oltre a tutte le persone che hanno voluto farmi pervenire – in vari modi – il loro segno di vicinanza e di amicizia: sono davvero così numerosi che non arriverei mai a ricordarli tutti. Spero di riuscire a far pervenire a ciascuno il mio “grazie”, anche se non potrà essere nell’immediato, poiché credo che ci vorrà un po’ di tempo.

    Mi preme comunque mettere in evidenza che un’occasione di questo genere, in ultima analisi, non è rivolta tanto alle caratteristiche e all’azione della mia persona, ma contribuisce a richiamare a tutti i cristiani l’importanza del ministero sacerdotale nella vita della Chiesa. Sulla base della comune rigenerazione e consacrazione battesimale, che ci inserisce come popolo sacerdotale nel mistero di Cristo, il Signore Gesù ha voluto conferire ad alcuni all’interno della comunità il dono e il compito di partecipare più direttamente alla sua funzione di Pastore, per condurre i fratelli all’incontro con Lui e per svolgere il ‘servizio dell’unità’, facendo in modo che i doni di ciascuno possano davvero – come dice S. Paolo – essere messi al servizio del bene comune. E anche per far sì che ogni comunità locale e la chiesa tutta insieme, in comunione con il suo Signore, diventi sempre meglio segno della sua presenza e del suo amore davanti a tutti gli uomini.

    Perché però questa importante funzione del presbitero non favorisca il “clericalismo” (che è una deriva sempre possibile) è importante che il prete stesso non pensi di accentrare in sé ogni aspetto e iniziativa della vita comunitaria; si diceva già tempo fa: lui ha ‘il carisma della sintesi’, ma non ‘la sintesi dei carismi’. Ma è anche necessario che i fedeli laici (cioè tutti i battezzati che non vivono una speciale consacrazione) si sentano responsabili della conduzione e del cammino della comunità in tutti suoi vari aspetti (liturgia, educazione, catechesi, formazione, carità ecc.).

    Da questo punto di vista devo dire che fin dall’inizio della mia presenza a Desio ho potuto constatare quanto numerose fossero le persone veramente impegnate nel lavoro comune e quindi anche questo è un motivo speciale (e certamente tra i primi per importanza) della mia gratitudine verso tutti quei fratelli che – in parrocchia e  nell’intera città – portano avanti con generosità tanti aspetti della vita comunitaria. E’ davvero bello e importante poter sempre meglio “camminare insieme”.

    Per non dilungarmi oltre, concludo quindi dicendo che: non solo i doni (di ogni tipo, materiale e spirituale) che ho ricevuto in occasione del mio 50° di ordinazione, ma tutta la ricchezza di vita, di testimonianza e di fede delle parrocchie e dei cristiani di Desio, è per me un forte stimolo a svolgere il mio servizio pastorale con impegno e dedizione rinnovata, per tutto il tempo che il Signore mi concederà e che i superiori mi concederanno.

    Con un nuovo, sentito e davvero grande “grazie”,

    il Prevosto

    Mons. Elio Burlon

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  • La Cresima dei nostri ragazzi

    La Cresima dei nostri ragazzi ricorda ai cristiani adulti il dono ricevuto e l’impegno che ne consegue

    Il fatto che questa Domenica vengano cresimati 100 ragazzi della nostra parrocchia è l’occasione per richiamare a tutti noi il valore del sacramento della Cresima (o Confermazione) che a suo tempo abbiamo ricevuto e che forse non
    teniamo sempre presente nel nostro cammino di credenti.

    Il Catechismo degli Adulti (pubblicato dai Vescovi italiani) a p. 324 così si esprime: “Nei primi secoli della vita della Chiesa, si è diffusa ovunque la pratica di aggiungere dopo il battesimo i riti dell’imposizione delle mani e dell’unzione crismale [cioè con l’olio consacrato dal Vescovo e chiamato ‘crisma] sulla fronte, accompagnati dalla preghiera per avere un dono più abbondante di Spirito Santo. Questi riti significano anche il pieno inserimento nella chiesa e nella sua missione, e perciò, specialmente in occidente, venivano riservati al Vescovo…Oggi, a motivo della vastità delle diocesi sempre più spesso vengono delegati alcuni preti per aiutare il vescovo in questa celebrazione”.

    Ciò che comunque va tenuto presente in partenza è lo stretto legame di questo sacramento con il Battesimo, di cui costituisce, per così dire, il “prolungamento”. Nelle chiese orientali, ad esempio, ancora oggi viene amministrato subito dopo il Battesimo anche quando questo è celebrato per i neonati. IL ministro che conferisce la Cresima a nome del Vescovo, durante la celebrazione della Messa, dopo l’ascolto della Parola e l’omelia, stende le mani verso i candidati e i loro padrini
    invocando un’abbondante effusione dello Spirito Santo, poi ‘segna’ ciascuno sulla fronte ungendola in forma di croce. Così si esprime la partecipazione alla consacrazione messianica di Gesù e il dono dello Spirito che abilita ad essere testimoni del vangelo. Nella formula che viene pronunciata: “Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono”, viene indicato il rafforzamento del battesimo e l’appartenenza incancellabile a Cristo, il “sigillo”, ad opera dello Spirito. L’introduzione
    che commenta il rito della Confermazione dice chiaramente che “Questo dono dello Spirito Santo rende i fedeli conformi in modo più perfetto a Cristo e comunica loro la forza di rendere a lui testimonianza, per l’edificazione del suo corpo (la Chiesa) nellafede e nella carità”. Con la comunicazione dell’abbondanza dei doni dello Spirito (i “sette doni”), nel cristiano “confermato” si consolida l’incorporazione battesimale a Cristo e alla Chiesa e la capacità di svolgere la missione, di “diffondere e difendere la fede con la parola e con l’azione”. La Cresima ci abilita quindi a vivere come veri
    discepoli di Cristo e testimoni non paurosi della fede in lui, unico Signore della nostra vita e della storia.

    Poiché, come dice S. Paolo ai Corinzi: «a ciascun membro della Chiesa (nessuno escluso) è donata una manifestazione
    particolare dello Spirito per l’utilità comune», ogni cristiano “confermato” – cioè completo e adulto nella fede – è chiamato a dare il – proprio contributo attivo all’edificazione della comunità cristiana, perché essa possa diventare sempre meglio “segno visibile ed efficace” della presenza di Cristo e del suo amore verso ogni uomo. Sempre S. Paolo agli Efesini scrive: vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben coordinato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità. Nella nostra società contemporanea, dove ormai la fede consapevole
    e convinta è un fatto minoritario, il cristiano è chiamato a testimoniare senza paura – con forza e dolcezza al medesimo tempo – la sua fede in Cristo e ad annunciare, con la vita e con la parola, la libertà e la vita nuova che scaturiscono dall’incontro con il Signore risorto, riconosciuto come propria “via, verità e vita”. I nostri ragazzi potranno consolidare in se stessi la consapevolezza e (diciamo pure) la fierezza di questo dono e di questo compito se lo potranno scorgere e riconoscere esercitato da noi cristiani adulti.

    Don Elio Burlon