Oggi, festa dei papà, riscopriamo la figura del padre terreno di Gesù, modello di virtù umane e religiose, attraverso un capolavoro dell’arte lombarda
Capita spesso di emozionarsi di fronte all’immagine cara e familiare della Madonna col Bambino. Per questo innumerevoli sono le raffigurazioni di Maria che regge il piccolo Gesù: testimonianza straordinaria del Mistero del Dio che si fa uomo per amore e allo stesso tempo esperienza a tutti comune .
Giuseppe in tutto questo rischia di rimanere in disparte: presente in ogni Natività, ma come in secondo piano, nell’ombra. Lui che è padre, ma putativo. Lui che deve accettare qualcosa che va al di là dell’umana comprensione. Lui che, in quelle poche pagine dei Vangeli in cui compare, non dice una parola. Obbediente, fiducioso, premuroso.
Per questo vogliamo proporre una sua immagine artistica particolare, dove per una volta non è Maria a tenere in braccio il Bambino Gesù, a cullarlo, a rimirarlo, ma proprio lui, Giuseppe.
Nel Museo Diocesano di Milano, è conservato un dipinto di struggente bellezza (raffigurato qui a lato), capolavoro del pittore bolognese Guido Reni.
Giuseppe è raffigurato in piedi, mentre sorregge il Divino infante, nudo e libero dalle fasce, che giace quieto, come nella mangiatoia di Betlemme. La testolina di Gesù e il profilo del padre putativo si stagliano sullo sfondo di un paesaggio montano, con la diagonale della cresta che separa e unisce cielo e terra, richiamando così la duplice natura del Cristo, vero uomo e vero Dio.
Ogni singolo dettaglio è sorprendente in questa magnifica tela: il roseo e realistico incarnato del neonato; la resa del panneggio del mantello dell’uomo; il virtuosistico effetto dei ciuffi argentati della barba e dei capelli; fino alla scena della fuga in Egitto, che si scopre inaspettatamente dietro alle spalle di Giuseppe.
L’opera databile attorno al 1630, può essere considerata la prima di una serie di quadri con san Giuseppe che “culla” il Bambin Gesù, realizzati fino agli ultimi anni e oggi conservati all’Ermitage di San Pietroburgo e in altre collezioni.
A ben osservare il quadro milanese, tuttavia, si può cogliere come, oltre alla dolcezza della scena, vi sia come una nota malinconica, quasi un fremito di timore. Giuseppe e Gesù, del resto, non si stanno guardando negli occhi. Mentre il Cristo leva gli occhi al cielo, infatti, quelli del padre putativo sembrano fissarsi in un pensiero tutto interiore, come una premonizione: una sensibilità che qui sembra manifestarsi anche in Giuseppe, quasi concentrato sul destino di questo “figlio”, porgendolo inconsciamente alla nostra contemplazione nel gesto dell’offerta sacrificale…
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.