Categoria: Tra arte e fede

  • L’ambone – Geografia pastorale d’Avvento

    L’ambone – Geografia pastorale d’Avvento

    In questo Avvento riprendiamo contatto con gli ambienti che frequentia mo per la preghiera, riconoscendone il senso e il rimando liturgico che essi ci affidano. Guarderemo con semplicità ai luoghi primari (altare, ambone, cattedra) e secondari (battistero e tabernacolo). Lo scopo è rileggere gli spazi che abitualmente frequentiamo ma con uno sguardo diverso, comprendendo il senso della loro architettura e il rimando più profondo alla teologia pastorale che li accompagna.

    L’Ambone

    Da un punto di vista etimologico, la più comune fra le possibili origini del termine “ambone” risiede nel verbo greco anabaino (= salire). In tal senso, l’ambone farebbe riferimento a una postazione elevata verso la quale si sale per proclamare un annuncio importante. Il sostrato antropologico richiama, quindi, un luogo alto dal quale si pronunciano non parole comuni, ma proclami che posseggono rilevanza e significato particolari sia per chi li annuncia che per chi li ascolta.

    Nella prospettiva iconologica, l’ambone è il luogo della proclamazione della parola di Dio e, in particolare, dell’annuncio della risurrezione di Cristo. L’introduzione al messale romano dice: L’importanza della parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunciata, e verso il quale, durante la Liturgia della Parola, spontaneamente si rivolga l’attenzione dei fedeli. Conviene che tale luogo generalmente sia un ambone fisso e non un semplice leggio mobile (OGMR, 309).

    L’iconologia dell’ambone si precisa a partire dalla teologia della parola di Dio proclamata nella celebrazione liturgica. Tale proclamazione non si riduce al racconto di un fatto avvenuto nel passato, ma è l’annuncio di una parola viva che si attua nel presente, che si fa evento nell’oggi della celebrazione, così che la voce di Dio/Cristo risuona nel suo popolo per mezzo della voce del diacono e del lettore. Non a caso al termine delle letture bibliche si declama: «Parola di Dio» e «Parola del Signore».

    L’ambone, non può essere un semplice leggio, seppure di nobile fattura, o una mera postazione da cui poter facilmente comunicare. La sua collocazione non è necessariamente nel presbiterio. La rilevanza pasquale dell’ambone è indicata dalla presenza del candelabro per il cero pasquale, simbolo della luce del Signore risorto.

    A proposito dell’ambone, è necessario parlare anche del pulpito: questi due elementi architettonici sono apparentemente simili e spesso interscambiati, ma posseggono connotazioni decisamente diverse. Volendo schematizzare, possiamo dire che dalla fine del primo millennio sino alla riforma del Concilio Vaticano II la proclamazione della parola di Dio nella liturgia ha perso l’importanza che le spettava, e ciò per varie ragioni di ordine storico, teologico e contingente che tralascio di spiegare, per esigenze di tempo. Di conseguenza, anche l’ambone non ha più rivestito l’importanza e il ruolo che prima possedeva. Il pulpito e l’ambone quindi non sono da confondere, poiché hanno origini e funzioni differenti.

    don Flavio

  • GEOGRAFIA PASTORALE D’AVVENTO

    In Avvento riprendiamo contatto con i luoghi che frequentiamo per la preghiera, riconoscendone il senso e il rimando liturgico che essi ci affidano. Guarderemo con semplicità ai luoghi primari (altare, ambone, cattedra) e secondari (battistero e tabernacolo) ed in prima battuta l’aula assembleare, quella che normalmente riduciamo a “chiesa”. Lo scopo è rileggere quello che già frequentiamo ma con uno sguardo diverso, comprendendo il senso della loro architettura e il rimando più profondo alla teologia pastorale che li accompagna.

    L’aula della assemblea

    La chiesa in quanto domus Ecclesiæ è costituita come spazio per il popolo di Dio che si raduna per la celebrazione della liturgia.

    Non è quindi una platea per spettatori, ma uno spazio per fedeli che, ciascuno secondo il proprio ruolo ministeriale, sono veri e propri protagonisti dell’azione rituale. Pensiamo al fatto che con il battesimo TUTTI siamo diventati SACERDOTI, cioè “celebranti”. È lo spazio per il popolo di Dio in preghiera, preghiera di cui questo popolo è attore in prima persona. L’assemblea liturgica è, infatti, il popolo sacerdotale che nella sua totalità, pur nella differenziazione dei ministeri, in forza del Battesimo e della Cresima, è deputato alla celebrazione della liturgia cristiana. É molto importante ricordare, ora, ciò che a questo riguardo scrive il Concilio, e cioè che ogni celebrazione liturgica è «opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa» (SC 7).

    Parlando dell’assemblea liturgica, ci riferiamo al soggetto della liturgia nella sua componente umana, che, in quanto inserita in Cristo, agisce a pieno titolo nella celebrazione liturgica cristiana. Di conseguenza, il luogo di culto è la domus Ecclesiæ, lo spazio per il popolo di Dio in preghiera, inteso come uno spazio aperto dove la Trinità è il protagonista qualificante. Accanto alla globalità dell’assemblea liturgica è da considerare il ruolo di coloro che svolgono un ministero specifico. Si
    tratta del presidente dell’assemblea, ordinariamente il vescovo o il presbitero, i diaconi, i lettori, gli accoliti, i ministranti, i ministri musicali (coro, salmista, solisti, organista/strumentisti). Lo spazio che viene occupato da tutti questi soggetti è espressivo del loro servizio ministeriale, a significare non la separazione dal resto dell’assemblea ma la distinzione del compito specifico che viene esercitato.

    Possiede un ruolo rilevante lo spazio chiamato “presbiterio” o “area presbiteriale”. Quest’area è qualificata dalla presenza dell’altare e, eventualmente ma non necessariamente, anche dell’ambone e della cattedra. Per l’importanza primaria delle azioni che vi si svolgono e degli spazi rituali che lo costituiscono, il presbiterio deve essere distinto come un’area qualificante, sebbene non separato, dal resto dell’aula liturgica.

    don Flavio Speroni

  • L’arte celebra la città

    L’arte celebra la città

    I luoghi simbolo di Desio, i suoi monumenti e i suoi scorci più caratteristici raccontati su tela

    1 – 9 OTTOBRE 2022 EX BAR DE IL CENTRO PARROCCHIALE VIA CONCILIAZIONE 15, DESIO

    Iniziativa finalizzata alla raccolta fondi per la manutenzione straordinaria dell’organo Tamburini, prezioso strumento della Basilica Parrocchia SS. Siro e Materno | Desio

    ALLA RISCOPERTA DI DESIO ATTRAVERSO LA PITTURA

    C’è tanto da scoprire e celebrare!

    La Basilica con la sua cupola rinnovata e il suo campanile medievale, la piazza Conciliazione, la casa natale di Pio XI, Villa Traversi Tittoni, la torre del Palagi, il centro storico e i suoi scorci, i monumenti e i luoghi simbolo della città

    Sei un pittore e vuoi raccontare la città di Desio?

    Realizza la tua opera e donala per la raccolta fondi ! Sei un privato e hai un quadro che mostra un angolo della città?

    Sogno di dipingere e poi dipingo il mio sogno

    Vincent Van Gogh

    Donalo per la raccolta fondi!

    ADERISCI AL PROGETTO scrivendo una mail a info@desioelasuabasilica.it o telefonando al numero 0362/626266 entro e non oltre il 10/07/2022

  • Maggio, il mese dedicato a Maria, nostra Madre

    Maggio, il mese dedicato a Maria, nostra Madre

    È una devozione popolare antica e ancora praticata da molti fedeli quella del mese di maggio dedicato tradizionalmente alla Madonna e vissuto con vari momenti di preghiera, dalla recita del Rosario ai pellegrinaggi ai santuari. Papa Francesco ci invita a pregare Maria in modo più intenso in questo tempo particolare di prova che stiamo vivendo. “Cari fratelli e sorelle, contemplare insieme il volto di Cristo con il cuore di Maria, nostra Madre, ci renderà ancora più uniti come famiglia spirituale e ci aiuterà a superare questa prova…”
    (dalla lettera del Santo padre Francesco ai i fedeli, maggio 2020)

    Questo pensiero del Papa ci dà la possibilità di intuire come la chiesa da secoli veda in Maria la nuova Eva, colei che generando Cristo, l’uomo nuovo, ci permette attraverso di Lui di ritornare al Padre, di essere per mezzo della sua intercessione e guida, capaci di gridare anche noi come Gesù: “Abbà, Padre…”! Maria ci dimostra com’è possibile vivere santamente. La sua santità e grandezza stanno in primo luogo nell’essere la prima discepola di Gesù. Lei non parla delle cose di Dio, ma vive in Dio… Se guardiamo a lei, capiamo che la santità è possibile a tutti, perché è fatta di cose semplici, quotidiane: proprio nel fare ogni giorno piccole cose si diventa capaci di accettare la croce, di restare sotto la croce con dignità e corresponsabilità…

    Dopo la morte, la resurrezione e l’ascensione al cielo di Gesù, gli apostoli si appoggiano a Maria, questa donna diventa il loro sostegno. Lei è con loro a continuare l’opera di suo Figlio. Infatti, negli Atti degli Apostoli si dice che gli apostoli erano assidui e concordi nella preghiera insieme con Maria, la madre di Gesù. Da allora e per sempre Lei continua anche in noi e con noi l’opera di suo Figlio. Gesù dalla croce ci ha affidati tutti a Lei. Chiamiamo Maria con il nome di “mamma” perché Gesù, prima di morire, «dice alla madre: “Donna, ecco tuo figlio”; poi dice al discepolo: “Ecco tua madre”». Il nome con il quale ci viene affidata è “madre”! Dio ha voluto che tutti gli uomini e le donne avessero bisogno di una madre che potesse dare loro la vita e li aiutasse a crescere, così è anche nello Spirito.

    Anche per suo figlio, Dio ha voluto che facendosi uomo si incarnasse nel grembo di Maria, e Gesù ha voluto lasciare anche a noi suoi fratelli la stessa Madre, per essere ugualmente da lei cresciuti e custoditi. Perché anche noi potessimo sentire la sua presenza amorevole che ci rinfranca e ci solleva dopo ogni fatica o caduta, che ci spinge a sperare nell’amore immenso di Dio anche quando non riusciamo a sentirlo, che ci prende per mano e prega con noi e per noi. Non dobbiamo temere di invocare spesso il suo nome, Lei come la più buona delle madri, non desidera altro dai suoi figli, che solo possano affidarsi a lei, per poterli aiutare e far sentire loro il suo Amore di Madre.

    Fabrizio Zo

  • Lunedì dell’Angelo

    Lunedì dell’Angelo

    La tradizione secolare cristiana ricorda nel primo giorno dopo la domenica di Pasqua, il lunedì dell’Angelo.
    È una ricorrenza liturgica, ma anche una festività civile riconosciuta in molti paesi tra cui il nostro.

    Il ricordo di questa giornata si collega direttamente all’Angelo che annunzia la resurrezione di Gesù. Non tutti i vangeli sono però concordi: Luca narra l’apparizione di due uomini in vesti bianchissime che invitano a non cercare tra i morti colui che è vivo. Marco racconta di un giovane vestito di bianco che indica alle donne il sepolcro vuoto. Matteo invece narra espressamente di un angelo del Signore che si accosta al sepolcro e rotola la pietra, mettendosi a sedere su di essa. Giovanni, secondo il suo stile, si differenzia dagli altri vangeli e non fa alcun riferimento agli angeli, ma semplicemente al sepolcro vuoto.

    Comunque sia, la scena della Resurrezione è dominata dalla presenza di questo Angelo che dà l’annuncio della vittoria di Cristo sulla morte. Nei vangeli (ma anche nell’Antico Testamento) i grandi annunci sono portati sempre dagli angeli che parlano a nome del Signore: come l’Annunciazione a Maria, l’annuncio a Zaccaria, anche nella Resurrezione l’annuncio di questo importante avvenimento è portato da un angelo.

    Il ruolo degli angeli nella tradizione biblica cristiana è di manifestare una volontà divina agli uomini, Il loro nome deriva dal greco ángelos, che vuol dire “messaggero”. Per l’ebraismo, il cattolicesimo e l’islamismo gli angeli sono comunque creature di Dio, ma con natura diversa da quella umana: svolgono la funzione di messaggeri e vengono in aiuto agli esseri umani.

    Gli angeli partecipano insieme agli uomini al trionfo pasquale di Cristo, assistendo e aiutando a vivere e a celebrare questi misteri di amore e redenzione che Dio ci concede in Suo Figlio Gesù. La ragione è semplice: sono stati presenti a quegli avvenimenti, sono stati testimoni di quei momenti di passione di Nostro Signore.

    La missione dell’Angelo della Pasqua non è fine a se stessa: lo stesso annuncio dato dall’Angelo si riversa anche alle donne a cui viene affidato il medesimo compito: andate ad annunciare ai discepoli che è risorto! E anche noi oggi, all’annuncio della Resurrezione dobbiamo farci portatori di questa gioia verso i nostri fratelli e sorelle, specialmente coloro che non hanno avuto la grazia di contemplare questo mistero di grazia.

    don Marco A.

  • La Corona d’Avvento

    La Corona d’Avvento

    La corona d’Avvento, di origini nordiche, è divenuta sempre più un “segno” delle festività natalizie anche nelle nostre abitudini. Ma come nasce questa usanza?

    Nel 1840 il pastore luterano Wichern nella Germania del Nord prese l’abitudine di incontrare la sua Comunità nel periodo precedente il Natale, per vivere insieme alcuni momenti di riflessione e preghiera comune, stigmatizzando questi incontri con una candela accesa al centro del tavolo come simbolo della Luce e di presenza dell’Eterno.

    Un suo amico provvide a recuperare una ruota di carro, posta al centro del tavolo, su cui fissare di Domenica in Domenica una candela in più. Successivamente altri si preoccuparono di abbellire la ruota con rami di pino, fiori, bacche, frutti, etc…arricchendola di settimana in settimana.

    Solo tra il 1930 e il 1940 la Corona d’Avvento entrò nella tradizione cattolica, sia come “grande simbolo” al centro della Chiesa durante le funzioni liturgiche, sia soprattutto nelle famiglie e nelle case.

    Le grandi candele (quattro nel rito romano, sei nel nostro rito ambrosiano), accese in successione una per ogni Domenica d’Avvento fino alla Vigilia di Natale, rappresentano il senso dell’attesa, della nostra speranza in Cristo luce nel mondo, della riconciliazione, dell’allontanamento delle tenebre nella gioia della sequela di Cristo.

    È davvero bello vedere una corona d’avvento nelle case e nelle famiglie, con le candele accese, per esempio ogni domenica a pranzo.

    La proposta bella è quella di imbastirla con le proprie mani, con il contributo di tutti, anche a testimoniare l’unità della famiglia stessa che insieme vive l’attesa di un Gesù tra noi.

    Guido Feltrin

  • La Messa di mezzanotte nella Brianza contadina

    Ecco quindi giungere il tanto atteso giorno di Natale, con l’immancabile Messa di Mezzanotte, seguita, secondo diverse usanze in Brianza, da un buon piatto di trippa (büsèca), che rappresentava in un certo senso una
    rivalsa alimentare nei confronti sia della vigilia, allora giorno di magro
    e digiuno, che dell’intero tempo di Avvento.

    La Messa era celebrata in chiese gelide talvolta con candele di ghiaccio che spuntavano da sotto le balaustre. C’era in proposito chi, nella stagione fredda, portava in chiesa da casa un piccolo braciere, soprattutto se la strada da percorrere era lunga.

    È ancora presente nei più anziani il ricordo di quei fedeli che, anche in anni più recenti, si recavano in chiesa con un mattone refrattario appena tolto dalla stufa nascosto sotto il tabarro. A scaldare il clima, oltre la folta presenza di fedeli, contribuiva in questa santa notte la suggestiva celebrazione della memoria della Natività.

    Il parroco utilizzava spesso per l’omelia le parole del Mattutino
    del breviario di questa solennità “O magnum mysterium…ut animalia
    viderent Dominum natum jacentem in praesepio”, il cui contenuto bene
    si addiceva a un uditorio che aveva quotidianamente a che fare con gli
    animali e le mangiatoie, accennate nel testo latino. L’ingresso processionale
    del celebrante, che portava con sé la statuetta del Bambinello, i canti, la musica dell’organo e il profumo dell’incenso creavano un’ovattata atmosfera, che favoriva perfino l’attenuarsi di eventuali rancori maturati tra i fedeli.

    Non era raro vedere due regiù in astio da tempo uscire insieme al termine della Messa e scambiarsi borbottando gli auguri di rito: era sufficiente che uno dei due abbozzasse un sorriso, per vederli poi dirigersi insieme verso la vicina osteria. Di una simile metamorfosi comportamentale potevano esser protagoniste anche quelle due donne anziane, che si odiavano da tempo per questioni amorose di un lontano passato: la grande solennità costituiva occasione per tornare a parlarsi, magari col pretesto di ricordare la salute dei rispettivi nipoti.

    Da “Terra e Cielo” di G. Monga – edizione 2015

  • Avvento: 5 cose da sapere sul tempo che prepara al Natale

    Avvento: 5 cose da sapere sul tempo che prepara al Natale

    È il tempo liturgico di preparazione al Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini. Contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi.

    1. Cosa vuol dire?
      La parola Avvento deriva dal latino adventus e significa “venuta” anche se, nell’accezione più diffusa, viene indicato come “attesa”.
    2. Qual’è l’origine storica?
      L’origine del tempo di Avvento viene individuata tra il IV e il VI secolo. La prima celebrazione del Natale a Roma è del 336, ed è proprio verso la fine del IV secolo che si riscontra in Gallia e in Spagna un periodo di preparazione alla festa del Natale.
      Non desta meraviglia il fatto che l’Avvento nasca con una configurazione simile alla quaresima, infatti la celebrazione del Natale fin dalle origini venne concepita come la celebrazione della risurrezione di Cristo nel giorno in cui si fa memoria della sua nascita.
    3. Qual’è il significato teologico?
      La teologia dell’Avvento ruota attorno a due prospettive principali. Da una parte con il termine “adventus” (= venuta, arrivo) si è inteso indicare l’anniversario della prima venuta del Signore; d’altra parte designa la seconda venuta alla fine dei tempi. Il Tempo di Avvento ha quindi una doppia caratteristica: è tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi.
    4. L’Avvento ambrosiano è diverso dal rito romano?
      Nel rito ambrosiano si compone di sei domeniche e dura sei settimane poichè la liturgia ambrosiana ha sempre conservato l’uso primitivo delle sei settimane d’Avvento. Inizia la prima domenica dopo il giorno di San Martino (11 novembre) e termina con la vigilia di Natale.
      Prevede sempre 6 domeniche e quando il 24 dicembre cade di domenica, è prevista la celebrazione di una Domenica Prenatalizia.
      L’Avvento di “rito romano”, che si diffonderà in tutta la Chiesa latina occidentale, fu accorciato a quattro settimane con la riforma liturgica promossa da Papa Gregorio Magno verso la metà del secolo VI.
    5. Le domeniche e le feriae
    6. Le letture del Vangelo hanno nelle singole domeniche una loro caratteristica propria.
      ★ La prima domenica “della venuta del Signore” invita a rivivere la dimensione dell’attesa del ritorno di Cristo alla fine dei tempi.
      ★ La seconda e la terza domenica introducono la figura di Giovanni Battista, il precursore, che prepara la via al Signore: è lui che invita alla conversione (2a domenica) e porta a compimento le profezie (3a domenica).
      ★ La quarta domenica propone la pagina evangelica dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme, tipica della tradizione ambrosiana, da leggere attraverso il filtro simbolico dell’Avvento, cioè come invito all’incontro salvifico con Cristo che fa il suo ingresso nella storia umana.
      ★ La quinta domenica vede di nuovo in primo piano la figura di Giovanni Battista, il precursore: il Vangelo, tratto da Giovanni, mette in luce il rapporto del Battista con il Messia che sta per manifestarsi.
      ★ La sesta domenica è la primitiva festa mariana della liturgia ambrosiana e commemora il mistero dell’incarnazione del Signore e della divina maternità della Vergine: è la mèta ultima del cammino di Avvento.
      ★ Il 16 dicembre, riprendendo una tradizione ambrosiana che San Carlo volle confermare, è stata re-introdotta la cosiddetta “commemorazione dell’annuncio a Giuseppe”, per mettere in giusta evidenza il ruolo che questo uomo giusto e santo ebbe, con la sua obbedienza, nel mistero dell’incarnazione del Verbo.
      ★ Dal 17 al 24 dicembre decorrono le cosiddette “ferie prenatalizie”, che nel rito ambrosiano hanno conservato l’antico nome di feriae de exceptato nel senso del verbo “accogliere” (exceptato da exceptare = accogliere, accettare).
      ★ È previsto il colore liturgico morello, tranne che nell’ultima domenica (detta “dell’Incarnazione”) nella quale si usa il bianco.

  • Mostra sul restauro della Chiesa della Natività di Betlemme

    Mostra sul restauro della Chiesa della Natività di Betlemme

    In occasione della festa patronale di Desio sarà allestita da domenica 26 settembre a lunedì 4 ottobre la mostra “Bethlehem reborn. Le meraviglie della Natività”, che valorizza la chiesa della Natività dopo un restauro durato sette anni.

    La mostra verrà ospitata presso il Centro parrocchiale, nello spazio dell’ex bar.

    Orari di apertura della mostra:

    • feriali, dalle ore 17 alle ore 19;
    • festivi e lunedì 4 ottobre, dalle 10 alle 12 e dalle 16.30 alle 19.

    L’inaugurazione avverrà domenica 26 settembre alle ore 11 presso il teatro de Il Centro. Interverranno Raffaella Zardoni, ATS Pro Terra Sancta, e don Vincent Nagle, cappellano della Fondazione Maddalena Grassi e autore del libro “Viaggio in Terra Santa”.
    È possibile prenotare la visita guidata, telefonando al numero 339.2330520 (dalle ore 18 alle ore 20).

     L’ingresso alla mostra è consentito dietro presentazione del Green Pass.

  • La chiesa della Madonna Pellegrina

    La chiesa della Madonna Pellegrina

    La storia della chiesa della Madonna Pellegrina inizia nel 1950, quando in una sera di aprile, il signor Giuseppe Carpanelli, nello svoltare in auto verso il cortile del suo mobilificio, venne investito con l’auto dal tram, però senza gravi conseguenze.

    Resosi conto dello scampato pericolo, il signor Carpanelli fece un voto di ringraziamento alla Madonna, proponendosi di far erigere una cappella a lei dedicata in zona, anche a beneficio del rione, che andava sempre più popolandosi.

    Superando alcune difficoltà il 29 giugno 1951 venne posta la prima pietra della chiesetta, che fu ultimata e benedetta il 14 settembre 1952 dal prevosto mons. Giovanni Bandera.

    La statua lignea della Madonna venne donata dall’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro, mentre il pavimento marmoreo provenne dal Tempio ebraico di Milano, a quell’epoca in rifacimento.

    La dedicazione alla Madonna Pellegrina è da mettere in relazione al pellegrinaggio di una statua mariana, in atto nel dopoguerra in tutta la Diocesi, promosso dal cardinale Ildefonso Schuster.

    Le attività pastorali furono assolte dai padri missionari Saveriani che vi si avvicendarono fino al 1965, quando venne fondata la nuova parrocchia dei santi Pietro e Paolo. Con la costruzione della nuova chiesa dedicata ai santi Pietro e Paolo, la chiesetta assunse un ruolo secondario: in essa si celebrò per diversi anni la sola Messa festiva, oltre ai riti mariani del mese di maggio e a diversi matrimoni.

    Nel 1991 la chiesa fu oggetto di un piccolo restauro, nel 2002 vene rifatto il tetto, mentre tra il 2003 e il 2004, per iniziativa del parroco don Antonio Niada, grazie alla generosità dei parrocchiani, venne operato un radicale rifacimento interno, su progetto dell’arch. Sr. Michelangela Ballan, che conferì alla chiesa l’attuale assetto.

    Tra gli arredi è da menzionare la pala del vecchio altare, raffigurante i quattro Evangelisti (situata nel transetto di destra), il quadro ‘la Madonna della Tenerezza’, ex-voto dell’artista desiano Alessandro Savelli (transetto di sinistra) e un crocefisso ligneo dello scultore ligure Ceccardi posto sulla parte di fondo. Sul presbiterio sono presenti un artistico leggio, mentre sopra il tabernacolo insiste un delicato motivo pittorico, eseguito dall’artista Daniela Benedini.

    La chiesa della Madonna Pellegrina che quest’anno festeggia il 70° di Fondazione, costituisce una tappa dell’itinerario spirituale “Cammino di Sant’Agostino” .

    Giuseppe Monga