Tag: GEOGRAFIA PASTORALE D’AVVENTO

  • Il Tabernacolo

    Il Tabernacolo

    SCOPRIAMO UN ALTRO ELEMENTO DELLA CHIESA

    Continuiamo a prendere contatto con gli ambienti che frequentiamo per la preghiera, riconoscendone il senso e il rimando liturgico che essi ci affidano. Rileggiamo gli spazi che abitualmente frequentiamo ma con uno sguardo diverso, comprendendo il senso della loro architettura e il rimando più profondo alla teologia pastorale che li accompagna.

    Prima di precisare l’iconologia del tabernacolo, sono da richiamare alcuni dati storico-teologici. La teologia eucaristica basata prevalentemente sulla presenza di Cristo nelle specie consacrate ha avuto delle importanti conseguenze anche sull’organizzazione dello spazio liturgico. Da un punto di vista teologico, è stata notevolmente ridimensionata la dimensione conviviale e celebrativa dell’Eucaristia, e di conseguenza la mensa dell’altare ha assunto una rilevanza architettonicamente meno significante; si è dato invece un valore straordinario, se non addirittura sproporzionato, alla presenza eucaristica e quindi dal punto di vista architettonico al tabernacolo. Se si armonizzano le due dimensioni, è evidente come la presenza di Cristo sia frutto della celebrazione eucaristica e da essa dipenda. Oggi, sia la teologia che il magistero affermano il primato della celebrazione, da cui deriva e dipende la presenza. Tradotto in termini architettonici, ciò significa che in una chiesa il centro è rappresentato non dal tabernacolo ma dall’altare. Il tabernacolo, o luogo dove si custodisce l’Eucaristia (da qui l’espressione “custodia eucaristica”), cioè il pane consacrato che avanza dalla celebrazione, non va sovrapposto all’altare né in termini valoriali né in termini spaziali. Il magistero è chiaro nell’indicare come scopo primario della conservazione dell’Eucaristia la comunione ai malati e ai morenti e, secondariamente, la comunione fuori della messa e la preghiera di adorazione. «Scopo primario e originario della conservazione della Eucaristia fuori della Messa è l’amministrazione del Viatico; scopi secondari sono la distribuzione della comunione e l’adorazione di nostro Signore Gesù Cristo, presente nel Sacramento» (RCCE 5). Da ciò deriva che l’Eucaristia non può essere custodita sull’altare dove si celebra la messa (vietato dalle norme liturgiche, cfr. OGMR 315), ma in un luogo nobile anche nel presbiterio o, preferibilmente, in una cappella o altro spazio ben visibile e adatto per la preghiera privata silenziosa di adorazione.

    don Flavio Speroni

  • Geografia pastorale d’Avvento: il Battistero

    Geografia pastorale d’Avvento: il Battistero

    In questo Avvento riprendiamo contatto con gli ambienti che frequentiamo per la preghiera, riconoscendone il senso e il rimando liturgico che essi ci affidano. Rileggiamo gli spazi che abitualmente frequentiamo ma con uno sguardo diverso, comprendendo il senso della loro architettura e il rimando più profondo alla teologia pastorale che li accompagna.

    Il Battistero

    La tradizione ci consegna straordinari battisteri come edifici distinti dalla chiesa cattedrale. Sono testimoni di un’epoca in cui l’iniziazione cristiana seguiva un percorso articolato nella sua preparazione (catecumenato) e nella celebrazione dei tre sacramenti del Battesimo, Cresima ed Eucaristia. Questi tre sacramenti – meglio sarebbe dire questo unico sacramento celebrato in tre tappe – incorporano l’uomo a Cristo e lo introducono nel popolo di Dio che è la Chiesa. Le cattedrali, quando non hanno il battistero come costruzione autonoma, hanno di solito l’area battesimale in una delle cappelle prossime all’ingresso. Tutto ciò esprime i valori che sottostanno a queste scelte architettoniche, cioè l’iconologia del battistero. A partire dal simbolismo antropologico battesimale, cioè del bagno rigeneratore e purificatore, l’iniziazione cristiana si articolasecondo un percorso sacramentale che dona la nuova vita in Cristo nel Battesimo, primo e porta dei sacramenti, prosegue con il dono dello Spirito nella Cresima e culmina nella comunione al Corpo e al Sangue del Signore nell’Eucaristia. Ciò si traduce in un percorso architettonico nello spazio della chiesa che parte dall’ingresso, dove sta il battistero col fonte battesimale, e conduce il battezzato sino all’altare, cioè alla piena partecipazione alla preghiera della Chiesa con l’Eucaristia. Oggi per varie ragioni storiche, sociali ed ecclesiali vi è una ripresa numerica dell’iniziazione cristiana degli adulti. Normalmente, la celebrazione dei sacramenti in questi casi spetta al vescovo, per cui la cattedrale è il luogo dell’iniziazione cristiana degli adulti. Se non in tutto il suo percorso, che può essere compiuto anche nelle parrocchie di appartenenza, almeno la celebrazione dei sacramenti del Battesimo, Cresima ed Eucaristia nella veglia pasquale dovrebbe compiersi nella chiesa cattedrale.

    Per questo occorre fare in modo che anche gli spazi liturgici legati a questi sacramenti siano pensati secondo le specifiche esigenze, compresa la possibilità del Battesimo per immersione. In ogni caso sono da pensare soluzioni stabili, escludendo i fonti battesimali mobili da spostare all’occorrenza davanti all’altare.

    don Flavio Speroni

  • GEOGRAFIA PASTORALE D’AVVENTO

    GEOGRAFIA PASTORALE D’AVVENTO

    In questo Avvento riprendiamo contatto con gli ambienti che frequentiamo per la preghiera, riconoscendone il senso e il rimando liturgico che essi ci affidano. Rileggiamo gli spazi che abitualmente frequentiamo ma con uno sguardo diverso, comprendendo il senso della loro architettura e il rimando più profondo alla teologia pastorale che li accompagna

    La cattedra episcopale

    La cattedra condivide i valori generali della sede del sacerdote (vescovo o presbitero) che presiede l’assemblea. Cioè mostra il compito del vescovo di guidare l’assemblea liturgica in nome di Cristo e indica il vescovo come segno di Cristo capo della Chiesa, sommo ed eterno sacerdote. In aggiunta vi sono dei valori propri della cattedra episcopale, cioè della sede per il vescovo che si trova solo nella chiesa cattedrale (da cui deriva il nome dell’edificio) e che in quanto tale la connota. Vi è un valore primario in quanto segno della successione apostolica, che rimanda direttamente a Cristo e assicura che l’assemblea radunata attorno al vescovo è la Chiesa di Cristo; in dipendenza da ciò troviamo un valore secondario in quanto segno del magistero del vescovo, che è guida nella fede del popolo a lui affidato e segno di unità. La cattedra è segno del magistero e della potestà del pastore di una Chiesa particolare, nonché segno dell’unità dei credenti in quella fede che il vescovo, quale pastore del gregge, annuncia.
    La cattedra è un seggio semplice e solenne al tempo stesso: pur non essendo un trono, è tuttavia una sede monumentale (nel senso dell’importanza e non delle dimensioni) che esprime i suoi valori iconologici e si differenzia dagli altri seggi. In particolare si deve differenziare dalla sede del presidente non vescovo, che pure deve esserci. La cattedra, inoltre, deve essere possibilmente fissa, come stabile è la guida di Cristo, e deve consentire la presidenza del vescovo durante l’intera celebrazione senza essere spostata. Nelle nostre chiese la sede è il luogo della presidenza delle liturgie, in particolare la S. Messa, e può essere addobbata con i colori della liturgia, o drappi che ricordano alcuni momenti celebrativi.

  • L’ambone – Geografia pastorale d’Avvento

    L’ambone – Geografia pastorale d’Avvento

    In questo Avvento riprendiamo contatto con gli ambienti che frequentia mo per la preghiera, riconoscendone il senso e il rimando liturgico che essi ci affidano. Guarderemo con semplicità ai luoghi primari (altare, ambone, cattedra) e secondari (battistero e tabernacolo). Lo scopo è rileggere gli spazi che abitualmente frequentiamo ma con uno sguardo diverso, comprendendo il senso della loro architettura e il rimando più profondo alla teologia pastorale che li accompagna.

    L’Ambone

    Da un punto di vista etimologico, la più comune fra le possibili origini del termine “ambone” risiede nel verbo greco anabaino (= salire). In tal senso, l’ambone farebbe riferimento a una postazione elevata verso la quale si sale per proclamare un annuncio importante. Il sostrato antropologico richiama, quindi, un luogo alto dal quale si pronunciano non parole comuni, ma proclami che posseggono rilevanza e significato particolari sia per chi li annuncia che per chi li ascolta.

    Nella prospettiva iconologica, l’ambone è il luogo della proclamazione della parola di Dio e, in particolare, dell’annuncio della risurrezione di Cristo. L’introduzione al messale romano dice: L’importanza della parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunciata, e verso il quale, durante la Liturgia della Parola, spontaneamente si rivolga l’attenzione dei fedeli. Conviene che tale luogo generalmente sia un ambone fisso e non un semplice leggio mobile (OGMR, 309).

    L’iconologia dell’ambone si precisa a partire dalla teologia della parola di Dio proclamata nella celebrazione liturgica. Tale proclamazione non si riduce al racconto di un fatto avvenuto nel passato, ma è l’annuncio di una parola viva che si attua nel presente, che si fa evento nell’oggi della celebrazione, così che la voce di Dio/Cristo risuona nel suo popolo per mezzo della voce del diacono e del lettore. Non a caso al termine delle letture bibliche si declama: «Parola di Dio» e «Parola del Signore».

    L’ambone, non può essere un semplice leggio, seppure di nobile fattura, o una mera postazione da cui poter facilmente comunicare. La sua collocazione non è necessariamente nel presbiterio. La rilevanza pasquale dell’ambone è indicata dalla presenza del candelabro per il cero pasquale, simbolo della luce del Signore risorto.

    A proposito dell’ambone, è necessario parlare anche del pulpito: questi due elementi architettonici sono apparentemente simili e spesso interscambiati, ma posseggono connotazioni decisamente diverse. Volendo schematizzare, possiamo dire che dalla fine del primo millennio sino alla riforma del Concilio Vaticano II la proclamazione della parola di Dio nella liturgia ha perso l’importanza che le spettava, e ciò per varie ragioni di ordine storico, teologico e contingente che tralascio di spiegare, per esigenze di tempo. Di conseguenza, anche l’ambone non ha più rivestito l’importanza e il ruolo che prima possedeva. Il pulpito e l’ambone quindi non sono da confondere, poiché hanno origini e funzioni differenti.

    don Flavio

  • Geografia pastorale d’Avvento: l’Altare

    Geografia pastorale d’Avvento: l’Altare

    In questo Avvento riprendiamo contatto con gli ambienti che frequentiamo per la preghiera, riconoscendone il senso e il rimando liturgico che essi ci affidano. Guarderemo con semplicità ai luoghi primari (altare, ambone, cattedra) e secondari (battistero e tabernacolo). Lo scopo è rileggere gli spazi che abitualmente frequentiamo ma con uno sguardo diverso, comprendendo il senso della loro architettura e il rimando più profondo alla teologia pastorale che li accompagna

    L’altare

    L’altare è il centro del culto sacrificale, non solo nell’ebraismo e nel cristianesimo, ma in tutte le religioni.

    L’altare è il segno della presenza divina; Mosè suppone questo quando spruzza metà del sangue delle vittime sull’altare e l’altra metà sul popolo, che in tal modo entra in comunione con Dio; e lo stesso Paolo, quando dice: “Coloro che mangiano le vittime non sono forse in comunione con l’altare?” (1Cor 10,18 ).

    In Cristo giunge a compimento la realtà dei sacrifici dell’Antico Testamento: il suo è il sacrificio perfetto, Gesù è al tempo stesso sacerdote, vittima ed altare.
    Il rituale pontificale afferma: «L’altare è Cristo.»

    La struttura di una chiesa cattolica prevede la presenza del presbiterio, al cui centro sta l’altare: su di esso si celebra la liturgia eucaristica della Messa, e su di essa si pone l’ostensorio per la solenne adorazione eucaristica.

    Le norme liturgiche prescrivono che l’altare sia rivestito, durante le celebrazioni liturgiche, di una tovaglia, al fine di mettere in evidenza il suo carattere di mensa, cosicché viene espresso il duplice carattere dell’Eucaristia: essa è sacrificio conviviale e convito sacrificale. La riforma liturgica promossa dal Concilio Vaticano II collocò l’altare in modo tale che il celebrante fosse rivolto verso l’assemblea, al fine di favorire la piena partecipazione dei fedeli alla ricchezza dell’azione liturgica.
    L’altare deve essere:

    • fisso in quanto Cristo è pietra angolare
    • ben visibile
    • degno nelle fattezze e nella iconografia
    • Unico, perché comunichi l’Unico Cristo e l’unica Eucarestia
    • collocato nell’area presbiterale e rivolto al popolo
    • praticabile tutt’intorno e possibilmente di forma quadrangolare

    A mo’ di provocazione, se l’altare deve richiamare la mensa delle nostre case, è ancora usanza la tavola, il pranzare insieme o la nostra società moderna ci ha fatto dimenticare la convivialità e così anche il senso della “mensa eucaristica e dell’altare”?

    don Flavio Speroni