Il prossimo 6 febbraio la Chiesa ricorda la 44a Giornata Nazionale per la Vita a cui i vescovi italiani hanno dedicato un messaggio
Quest’anno è inevitabile parlare dell’attuale pandemia che ha colpito in modo diverso e in tempi diversi ogni fascia della popolazione. Anziani e ammalati sono stati coloro che hanno risentito maggiormente l’effetto del virus sul benessere del corpo, lasciando scolpite in maniera indelebile le statistiche delle terapie intensive e dei decessi avvenuti in questo ultimo anno. Ma il Covid ha colpito anche i giovani e i giovanissimi, soprattutto dal punto di vista dei contraccolpi psicologici che hanno condotto a un generale clima di sfiducia verso il futuro. L’incredibile aumento esponenziale dei disagi psicologici degli adolescenti e dei giovani richiama l’attenzione sugli effetti nascosti di questa pandemia, a cui si affianca il disagio dovuto alle condizioni di isolamento e di paura dei soggetti psicologicamente più deboli, che contribuiscono ad aumentare le conseguenze negative della crisi pandemica.
Infine, ricordiamo le disastrose conseguenze per l’economia, costretta a subire contraccolpi dovuti alle sospensioni delle attività, alle chiusure degli esercizi commerciali, al cambiamento sulle modalità lavorative di ciascuno di noi, che come sempre hanno avuto le conseguenze più gravi sulle famiglie.
Papa Francesco ha più volte richiamato alla fiducia e all’impegno a custodire la vita sul modello di San Giuseppe, a cui è stato dedicato un intero anno di preghiera e riflessione. Il modello vincente in questo periodo così funesto si è dimostrato essere quello della solidarietà. Eppure, “non sono mancate manifestazioni di egoismo, indifferenza e irresponsabilità, caratterizzate spesso da una malintesa affermazione di libertà e da una distorta concezione dei diritti.” Sono tornati ancora una volta alla ribalta i temi del “diritto all’aborto” del “diritto alla rinuncia alla vita”. La Chiesa da sempre e per sempre continua ad affermare il messaggio del Vangelo che ci ricorda che non è espressione di compassione aiutare a morire, poiché questo vuol dire rinunciare a instaurare e mantenere relazioni. Colui che soffre va aiutato a ritrovare la speranza di vivere, e non a ripiegare su un diritto a morire. “Mettere termine a un’esistenza non è mai una vittoria, né della libertà, né dell’umanità, né della democrazia: è quasi sempre il tragico esito di persone lasciate sole con i loro problemi e la loro disperazione.”
La sfida per la Chiesa di oggi è quindi affermare ancora una volta che la vita è un dono da custodire e coltivare, come il giardino affidato da Dio all’uomo fin dalle origini della sua stessa vita. Nonostante le difficoltà che bisogna affrontare, la vita è un dono, e come tale impegna ciascuno di noi al sano esercizio di custodire il creato di cui fa parte ogni forma di vita.
Diac. Fabrizio Santantonio
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